COPPIE GAY TRA SESSO E AMORE

Caro Project, leggo da anni il forum, che mi piace e mi fa anche riflettere, vorrei dire che in certi casi mi mette in guardia contro problemi e situazioni che non avevo previsto. Ho 30 anni, il mio ragazzo ne ha 33, non siamo più giovanissimi, le cose tra noi vanno abbastanza bene, nel senso che in qualche modo vanno.

Siamo entrambi non dichiarati pubblicamente, io però tengo di più alla mia privacy, lui la sua la trascura un po’ ed è quasi convinto che le mie insistenze su questo tema siano esagerate, ma le accetta perché viviamo in ambienti molto diversi, sia a livello familiare che di lavoro. Noi non conviviamo, e la ragione, o almeno la ragione ufficiale, è essenzialmente una: la salvaguardia della mia privacy, però, anche prima che si parlasse di coming out e di convivenza, lui aveva messo bene in chiaro che l’idea di convivere con me non gli veniva affatto spontanea e che l’avrebbe considerata una forzatura.

Noi ci vediamo spesso, diciamo almeno una volta alla settimana, non di più perché i nostri orari di lavoro non si combinano e perché non viviamo nella stessa città ma in città vicine, collegate della ferrovia. La maggior parte delle volte vado io da lui, lui viene raramente a casa mia. Tra noi c’è una regola non scritta, che a me non piace per niente, cioè che non si resta a dormire a casa dell’altro e si va via in orario tale che permetta di prendere l’ultimo treno della sera, poco prima di mezzanotte. Questa regola non l’abbiamo mai decisa e non ne abbiamo mai parlato, ma l’abbiamo sempre rispettata.

Considera che lui a casa sua ha un letto solo e ne avevo uno solo anche io, poi mi venne l’idea di comprare un secondo letto, e quando lui lo vide mi chiese per chi fosse. Era evidente che era per lui, ma gli ho dovuto dire che nel caso fosse venuto a trovarmi un amico, avrebbe anche potuto restare una sera a casa mia, a lui è venuto in testa che quel letto potesse essere magari per un ragazzo che io potevo vedere quando lui non c’era, questo lo ha pensato, anche se è del tutto assurdo, ma penso che non gli sia nemmeno passato per la mente che quel letto potesse essere stato messo lì per lui e questo, non lo posso negare, mi ha indisposto parecchio, ma ci sono anche altre cose che non riesco a capire.

Un giorno siamo andati fuori insieme in campagna e ci siamo portati il pranzo al sacco ma ciascuno si è portato le provviste per sé, una volta arrivati a destinazione io ho provato a offrirgli un panino fatto da me, basandomi sui suoi gusti, ma non lo ha voluto e mi ha detto che aveva i suoi, che ovviamente non mi ha offerto. Si comporta come se io potessi contagiarlo con chissà che cosa e questo succedeva ben prima del covid. Ultimamente è molto restio a venire a casa mia, e se io insisto, lui preferisce saltare del tutto l’appuntamento per quella settimana, nell’ultimo mese, per esempio sono andato sempre io da lui e mai vice versa. Certe volte mi viene in mente che potrebbe ritenermi repellente per qualche ragione, al punto di attuare una specie di distanziamento sociale, ma poi, quando facciamo sesso, non esiste più nessuna remora, allora io vado bene al 100% e non si fa complessi di nessun genere.

Non so che peso lui dia al sesso ma penso che lo consideri molto importante ma non come elemento comunicativo, almeno quando ne parla sembra che sia così, ma quando stiamo a letto insieme non è affatto così, ma poi finita la serata di sesso (lui non usa mai la parola amore che sente come un vincolo e una limitazione), sembra quasi pentirsi di essersi lasciato andare e tornano gli atteggiamenti di distanziamento sociale e di svalutazione di quello che ha appena fatto e francamente questo atteggiamento mi crea forte disagio. È come se dopo aver fatto sesso con la massima partecipazione, ci ripensasse e si rendesse conto di avere fatto qualcosa che non voleva fare o alla quale avrebbe dovuto resistere, e allora si comporta come se fossi stato io a portarlo a fare sesso con me. Può essere anche vero che io ho favorito la strada verso il sesso, ma lui poteva benissimo dirmi di no.

In altri tempi lui aveva altri ragazzi coi quali aveva un rapporto affettivo che a me sembrava serio, in una situazione simile posso anche capire che lui svalutasse la serata di sesso passata con me, perché magari la vedeva come un tradimento nei confronti del ragazzo di cui allora si sentiva innamorato, ma adesso? Forse ha ancora un ragazzo che lui considera veramente il suo ragazzo e magari è innamoratissimo di quel ragazzo, però dico solo forse, perché non mi sembra che sia così e non posso nemmeno chiederglielo perché ho paura della risposta, e francamente sapere che nel nostro rapporto io conto per quello che faccio e non per quello che sono, mi riesce inaccettabile.

È vero che alla fine si accetta tutto o comunque molto di più di quello che si pensava, però il disagio si sente. Insomma, Project, che senso ha tutto questo? E la risposta non è così semplice, perché lui ha anche atteggiamenti che sembrano smentire del tutto questi comportamenti, con me non tende a prevalere, ha dei momenti di dolcezza e di affettività che non ti aspetteresti assolutamente. È vero che certe volte mi sento a disagio con lui ma certe volte ci sto veramente bene, paradossalmente sto bene con lui quando lui sta peggio perché magari è depresso o frustrato nelle cose che a lui interessano veramente, ma quando la depressione lascia spazio ad altri progetti io mi sento del tutto marginale e penso di staccarmi da lui, cosa che forse non sarebbe nemmeno così difficile, basterebbe non farsi sentire, non rispondere un paio di volte alle sue chiamate e penso che la cosa finirebbe da sé.

Lo penso, però non lo so e qualche volta non lo penso affatto, anzi penso proprio il contrario. Però forse, e sottolineo forse, lo sto svalutando perché magari ho chiuso le porte del mio cervello sulla base delle mie frustrazioni, che potrebbero venire anche dalle mie fisse piuttosto che dai suoi atteggiamenti. Certe volte mi chiedo: “Ma come si fa a dare al sesso solo un valore connesso al fatto in sé senza pensare all’altro in termini anche affettivi?” E penso che io non ci riesco e lui sì, o almeno così mi sembra. Però non è realmente così, lui non si sente a suo agio nemmeno riducendo il sesso a una cosa essenzialmente fisica, in sostanza non è che quei comportamenti lo fanno stare bene, lui in realtà non sta bene in nessun modo.

Dell’affettività ha evidentemente paura, mi allontana e mi scoraggia quando cerco di portarlo sul mio terreno, mi dice che devo parlargli chiaro e che se viglio fare sesso con lui glielo devo dire, ma se gli dico che non vorrei che si riducesse tutto al sesso e basta, lui mi dice che sono ipocrita e che non devo fargli discorsi “appiccicosi” che lo mettono in difficoltà. Però quando gli dico che una sua telefonata mi ha fatto piacere, lui mi risponde: “Anche a me…” e sono convinto che sia vero, cioè un contatto affettivo vero c’è e questo non lo posso negare.

All’inizio non avevo minimamente previsto una involuzione così complicata, pensavo che mi sarei dovuto adattare a lasciarlo libero o addirittura ad incoraggiarlo verso i ragazzi di cui si innamorava, ma alla fine il problema non è stato questo. Lo vedo profondamente diviso, ha paura di finire nei vincoli di una relazione troppo stretta che non gli piacerebbe affatto, ma nello stesso tempo si sente gratificato dall’essere cercato proprio come persona e non solo come partner sessuale. Questa sensazione per lui è nuova e originale ma comincia ad apprezzarla. Una relazione con la convivenza l’avevo anche sognata, ma con lui è una cosa impensabile e forse è impensabile qualsiasi tipo di relazione codificata, e qui mi sarebbe venuto di scrivere “slavo, ammesso che abbia realmente un senso, una relazione di solo sesso”, però devo dire che se per lui le cose codificate non vanno bene, una relazione vera con lui esiste e questo non lo posso negare, sembra che sia basata soprattutto sul sesso e anche lì con la presenza costante di ripensamenti e di malumori e in apparenza senza serenità.

Però lui si merita di più, lo sto denigrando senza un vero motivo. Io ho un difetto di fondo, gioco sempre di rimando, perché tra noi le cose sono complicate, e in tutto questo casino io che faccio? Semplicemente non faccio niente e aspetto che faccia tutto lui, che faccia quello che vuole ma che prenda finalmente una posizione chiara che temo che comunque non ci sarà mai. Non sarà mai il mio ragazzo, o meglio lui non accetterà mai questa definizione, ma sarà di fatto il mio ragazzo. Comincia ad avere paura che resterà solo, anche se sa che non succederà mai, ma allo stesso tempo ha allontanato tutti quelli che forse a lui ci tenevano almeno un po’ e certe volte mi sembra che stia allontanando anche me, ma solo certe volte, perché altre volte, non so se lo fa coscientemente o meno, mi ascolta con attenzione e mi gratifica in modo inatteso quanto desiderato, e forse nemmeno se ne rende conto.

Quando mi gira male, io mi convinco che non faccio che aspettarlo, settimana dopo settimana, e penso che prima o poi si stancherà anche di me, o meglio anche di fare sesso con me, perché di me, da tutti gli altri punti di vista, si è stancato da un pezzo, e forse da prima di cominciare. Ma ci sono momenti in cui credo che non ci sia uomo migliore di lui perché sento proprio la sua presenza accanto a me.

Sono un po’ frastornato, Project, comincio a pensare che cercare di vederlo tutto di una tinta unica sia proprio una partita persa. Non gli do mai colpe, non per mia generosità ma perché probabilmente proprio non ne ha, ma vedo che sta male e questo non mi piace per niente. Se lo vedessi sereno con un altro ragazzo prenderei le distanze senza ripensamenti, ma nella situazione in cui sono oggi, penso che nel suo mondo potrei esserci rimasto solo io, anche qui posso dire che lo penso, ma non lo so, perché di queste cose non parla mai. Vedremo che cosa ci porterà il futuro per il momento posso solo continuare ad a volergli bene.

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RELAZIONI GAY SERIE MA NON ESCLUSIVE

Il mio ragazzo ha tanti difetti, non è come me lo sognavo, ma per certi aspetti è pure meglio. Ha una sua personalità, non è un’ameba. È uno che mi tiene testa ma con buon senso. È un bel ragazzo, almeno fino ad un certo punto questo è vero, non è bellissimo, cioè non è una statua greca, ma mi piace. Non ho mai pensato di potermi cercare un ragazzo più bello, lui è soprattutto dolce, ma dolce in modo maschile, in modo un po’ ruvido, in certi momenti mi guarda negli occhi e incanta. La sua presenza è ormai una costante della mia vita, non stiamo appiccicati come due fidanzatini che non vedono l’ora di stare insieme, spesso non ci vediamo per lunghi periodi. Io gli voglio bene e lo ammiro perché tutto quello che ha realizzato lo ha fatto con le sue forze, ha passato momenti bruttissimi in cui ho avuto paura che potesse cedere rovinosamente, ma non è successo. Stiamo insieme da anni, più di 10 ormai, le nostre telefonate sono piuttosto rare ma molto significative, ci cerchiamo reciprocamente quando ne abbiamo veramente bisogno. Tra noi non si fanno complimenti, si parla chiaro. Le incomprensioni ci sono ma lui non accetterebbe mai di mettere in crisi il nostro rapporto per queste cose. Le incomprensioni ci sono sempre state e ci saranno sempre, voglio dire tra noi, lui non pretende di prevalere, è quasi sempre più conciliante di me nella sostanza, non sempre nella forma, non vuole vincere la partita a tutti i costi ma vorrebbe che tra noi non ci fossero tensioni, che però sono una cosa rara. Lui mi rimprovera una certa tendenza al fatalismo che, nei rapporti con gli altri, non con lui, mi porta a rinunciare allo scontro non tanto per la sfiducia nella mia capacità di avere successo, quanto per quieto vivere. Lui però mi rimprovera a parole ma alla fine fa come faccio io. Col passare degli anni è cambiato. Prima era fumantino, scattava molto facilmente quando qualcuno gli faceva un torto o quando vedeva qualcosa che non gli stava bene, anche adesso interviene e pure con fermezza, ma non c’è più l’aggressività. I nostri discorsi oscillano tra il serissimo, quando parliamo dei nostri problemi più profondi, e il gioco un po’ standardizzato quando si parla di sesso. Questo tipo di gioco gli piace molto. All’inizio lui era molto disinibito e io ero praticamente bloccato, poi, con gli anni, abbiamo trovato un nostro equilibrio. Il mio problema, se lo vogliamo chiamare problema, è uno, lui ha altri ragazzi, che per lui sono importanti. Il rapporto con me c’è ma c’è anche il resto e non è una cosa marginale. Prima pensavo che fosse marginale ma poi ho dovuto prendere atto che non era marginale per niente e che lui tiene ad uno di questi ragazzi forse più di quanto tiene a me. Me ne ha parlato, non è stato un tradimento, mi ha detto che doveva dirmi una cosa e mi ha detto che mi voleva bene però non voleva bene solo a me. Un po’ me lo aspettavo, ma quando ho capito che l’altro ragazzo per lui era veramente importante ci sono rimasto male e ho pensato di allontanarmi, di sparire in modo tranquillo per non creare traumi, ma poi non ce l’ho fatta e sono rimasto con lui, magari a metà, e adesso con la consapevolezza piena che è una cosa a metà. Però questa cosa a metà esiste veramente. Al principio pensavo, o meglio mi auguravo che sarebbe stato lui a tagliare, dato che aveva una storia più importante della nostra, cercavo di diradare le già rade telefonate, ma lui mi chiamava e non strappava quel filo che ci teneva uniti e il rapporto con me non diventava comunque banale. Questo modo di fare mi ha colpito, perché non me lo aspettavo. Uno in una situazione come la sua, secondo me, prima o poi dovrebbe tagliare i rapporti con me per andarsene con l’altro ragazzo, ma non è successo così. Una volta sola ci siamo andati vicino, io gli ho detto che avremmo fatto bene a tagliare, lui ha detto che non mi avrebbe chiamato più, ma poi, dopo un paio di settimane, mi ha chiamato lo stesso, è venuto a casa mia e abbiamo passato la notte insieme. Avrebbe fatto una cosa del genere se mi avesse considerato un ramo secco da tagliare? Penso proprio di no. Lui dà assolutamente per scontato che la nostra relazione andrà avanti indefinitamente, forse non si rende conto di quanto mi costa dal punto di vista emotivo. Però lui c’è, non è un fantasma e quando facciamo l’amore (o facciamo sesso, come dice lui) sento che lui c’è veramente. In certi momenti di intimità comincio a pensare  a lui che fa l’amore con l’altro ragazzo, e mi viene da allontanarlo, come se io potessi pretendere l’esclusività. Caro Project, queste situazioni sono veramente difficili da gestire, non sai mai che cosa fare, sei sempre contento a metà, realizzato a metà e guardi il futuro senza vederci niente di chiaro. È uno strano modo di volersi bene, che non avrei mai accettato prima di conoscerlo, poi ci siamo conosciuti e, nonostante tutte queste complicazioni, tra noi si è creato un rapporto vero.

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PREGIUDIZI E RIPENSAMENTI GAY

Caro Project,
leggere il forum a pezzettini, cioè andare a scavare nei vecchi post e leggerli uno per volta, perché molti sono pure lunghi, è diventato uno dei miei sport serali preferiti. Alcuni mi lasciano quasi indifferente, ma altri sono proprio belli, nel senso che mi ci ritrovo. Vedo ragazzi che ragionano come me e vivono cose che, salvo qualche condizione esterna di contorno, sono molto simili a quelle che vivo o che ho vissuto io. Apprezzo molto i post di quei ragazzi che ammettono di aver cambiato atteggiamento e non credono che la coerenza sia sempre una virtù. Quando sei molto giovane hai comunque le tue idee in testa che per te sono oggetto di fede, sono cose nelle quali tu credi, alle quali dai un valore assoluto. Tutto quello che non è in linea con le tue idee ti sembra sbagliato o comunque estraneo. Spari giudizi assoluti e senza appello e soprattutto presumi che non cambierai mai atteggiamento. È capitato così anche a me. A vent’anni sognavo di trovarmi un ragazzo che per me fosse tutto, che vivesse solo per me in un rapporto assolutamente esclusivo che avrebbe dovuto rappresentare la felicità perfetta per lui e per me. Ho provato ad approcciarmi al mondo gay con queste idee per la testa. Immaginavo che una coppia gay fosse un analogo della coppia etero, magari senza ruoli o con ruoli piuttosto sfumati, che le mie fantasie sessuali fossero identiche a quelle di tutti gli altri ragazzi e che tutti gli altri ragazzi ragionassero esattamente come me. Credevo che essere innamorati significasse stare ore al telefono, mandarsi messaggini, farsi regaletti, dirsi tutto e per contro trovare anche una risposta adeguata, sentirsi gratificati dal proprio ragazzo e mettere da parte malumori e sofferenze di qualsiasi genere, in pratica pensavo che innamorarsi fosse la felicità perfetta. Mi sentivo in grado di giudicare, pensavo di capire tutto e di essere pienamente padrone di me stesso. Ero molto propenso a dare credito a chiunque mi promettesse amore e fedeltà totale, davo molto peso alle parole e ai buoni propositi e avevo in mente un mio modello di innamorato, totalmente altruista e dominato dai buoni sentimenti. Per contro davo giudizi molto netti e taglienti sui ragazzi che davano molto valore al sesso, che non erano “fedeli” al loro partner, che non erano propensi a parlare d’amore con trasporto lirico e ne parlavano solo in termini di sesso. Mi sentivo in qualche modo moralmente migliore, diciamo così, uno scalino più in alto, mi sentivo un gay di altro profilo morale e umano. In realtà ero uno che non sapeva nulla del mondo e credeva di sapere tutto. Ho incontrato ragazzi che mi sono sembrati il coronamento dei miei sogni, ai quali avrei dato anche l’anima, che poi si sono dimostrati l’esatto contrario di quello che apparivano, ho incontrato altri bravi ragazzi come me (e lo dico con ironia) che si sono rivelati fragilissimi e i cui “fortissimi” sentimenti sono svaniti di fronte alla prima difficoltà. A 25 anni ho incontrato Livio (nome di fantasia), che aveva un anno meno di me e mi piaceva molto. Per la prima volta, con lui, mi sono trovato di fronte alle mie contraddizioni. Proprio perché istintivamente mi piaceva molto, ho messo da parte ogni forma di prudenza e ho provato subito a contattarlo, un comportamento del tutto al di fuori della mia teoria dell’amore. Livio è stato gentile con me ma penso che mi abbia considerato anche con enorme distacco, perché mi sentiva molto diverso da sé. Non lo vedevo gran che coinvolto. Un po’ sì, ma non si comportava affatto come il mio innamorato ideale avrebbe dovuto. Io non l’ho mollato, ho insistito, con la mia tecnica di approccio: sms, mezze paroline affettuose, ecc. ecc.. A un certo punto mi ha detto: “Se vuoi venire a letto con me, dillo subito, senza tante smancerie, per me si può anche fare.” Io gli ho detto: “Ma prima bisogna conoscersi bene, perché mettersi in coppia è una cosa impegnativa.” Lui mi ha guardato perplesso e mi ha detto: “Io ho parlato di andare a letto insieme, non di vivere la vita insieme. Conoscersi … sì, e come? No! .. Le cose troppo serie non sono per me. Sei un bel ragazzo, se vuoi fare un po’di sesso con me si può fare ma non ti mettere in testa idee assurde.” Ricordo che lo trovai estremamente sgradevole, aggressivo e volgare, assolutamente incapace di sentimenti profondi. Non ci misi molto a trovarmi un ragazzo che mi piaceva e che corrispondeva al mio modelli di innamorato ideale. Si chiamava Bruno (nome di fantasia), non era bello come Livio ma era il classico bravo ragazzo, parlava poco di sesso e molto di grandi sentimenti. Mi piaceva quello che diceva, ci ritrovavo lo stesso mio modo di ragionare. Bruno mi affascinava perché mi gratificava dicendomi che per lui io ero tutto, e che lui non poteva vivere senza di me, era diventato il mio mito. Non era delle mia regione e passavamo ore al telefono come due innamorati. Poi ci siamo anche incontrati dal vivo. Di persona era meglio che in chat, lui non parlava di sesso, o meglio, diceva che quello è l’ultimo dei problemi e non il primo, mi sorrideva in modo dolcissimo e io mi scioglievo nei suoi occhi. Poi a un certo punto, da un giorno all’altro, è sparito e non si è fatto più vivo, cioè ha proprio bloccato i miei contatti, mi ha isolato, e ho saputo da un amico comune che si era trovato un altro ragazzo e ci sono rimasto malissimo, cioè ho saputo che se lo era trovato ben prima di incontrarmi di persona. Non capivo come si potesse dire a un ragazzo le cose che mi diceva lui e nello stesso giorno dire le stesse cose pure ad un altro, eppure era proprio quello che era accaduto. Io l’ho paragonato a Livio e ne ho concluso che erano della stessa specie, una specie che non mi piaceva affatto. Qui ho commesso il mio primo errore grave, ho pensato di poter dire a Bruno quello che pensavo di lui, io, che pensavo di avere il pieno controllo su me stesso, ho fatto una cosa veramente incredibile, mi sono fatto dire dal nostro amico comune come ritrovare Bruno all’università (ma proprio in una città a più di 200 km dalla mia), ci sono andato in treno e l’ho aspettato alla fine delle lezioni. Quando mi ha visto ha cercato di cambiare strada ma io l’ho inseguito e lui non ha potuto sgattaiolare da nessuna parte ed è stato costretto a parlare con me. Gli ho detto, anzi meglio, gli ho vomitato addosso tutto il livore che mi portavo dentro per essere stato tradito e lui mi ha guardato come se fossi un mentecatto e mi ha detto: “Ma chi ti credi di essere? Sei proprio fuori dal mondo… Lasciami in pace che ho da fare!” L’incontro è finito così e io sono tornato nella mia città con un senso terribile di rabbia repressa. Avevo finito male le mie due prime storie e mi sono messo alla ricerca di un altro ragazzo, questa volta tramite un’Ap, e così ho trovato Paolo, che a prima vista mi piaceva molto ed era pure della mia città. Le chiacchierate in chat sono durate molto poco, ci siamo incontrati dopo pochissimi giorni. Era veramente un bel ragazzo, diciamo così, il mio tipo. Non c’è voluto molto per arrivare a parlare anche di sesso, non aveva mai avuto un ragazzo e questo fatto mi tranquillizzava molto, allora non pensai che era una cosa un po’ strana per un gay 25enne. Sicuramente lo avevo già incontrato all’università ma incredibilmente non mi aveva colpito particolarmente e non sapevo spiegarmi il perché. Esco con Paolo, mi sembra timido, imbranato, anche se fisicamente è proprio bello, non sembra vantarsene molto. Parliamo degli studi, io gli racconto di Livio e di Bruno e lui mi sta a sentire e mi dà ragione su tutta la linea, mi dice che ragazzi come quelli è meglio perderli che trovarli, che quelli non sanno niente dell’amore, ecc. ecc.. Con Paolo sto bene, non corre troppo col sesso, dice cose molto tenere, mi manda sms affettuosi agli orari più incredibili del giorno e della notte, io mi aspetto che prima o poi mi faccia qualche proposta anche di tipo sessuale, ma anche minima, anche di coccole, o anche solo di tenersi la mano, ma non succede, Paolo non mi tocca, discorsi ne fa tanti e da manuale ma mi chiedo dove sia il suo interesse sessuale verso di me, lui dice che le cose devono venire da sé ma i giorni passano e non succede nulla. Un sabato sera lo vedo da lontano per strada, potrei chiamarlo, fermarlo, ma non lo faccio, comincio a seguirlo, vedo che si ferma in piazza e si siede su una panchina da solo, io penso che sia una cosa strana e continuo ad osservarlo da lontano. Lui è di spalle e certamente non mi vede. Dopo 10 minuti tira fuori il cellulare e fa una chiamata al telefono, poi va in una pasticceria e ne esce con un pacchetto, poi suona il citofono ad un portone sotto i portici e sale su. Dal comportamento è ovvio che non è salito a casa sua. Vado a vedere il citofono ma ci sono tanti nomi e non ho praticamente nessuna possibilità di capire dove sia andato. Decido di aspettarlo, ma non esce si fanno le undici, poi mezzanotte e Paolo non esce. Io mi trovo una panchina che sia un punto di osservazione riparato, che nello stesso tempo consente di tenere sotto osservazione un lungo tratto di strada davanti al portone dove lui era entrato. Per fortuna era estate e non faceva freddo. Ho cercato di resistere anche alla necessità di andare a fare pipì, che si faceva sentire, e non ho perso d’occhio il portone. Ho passato lì tutta la notte perché dovevo capire e quando mi ci metto vado fino in fondo. La mattina della domenica, poco prima delle nove, Paolo è uscito dal portone insieme con una ragazza e l’ha accompagnata fino ad un altro portone non molto lontano, dove la ragazza ha suonato ed è salita. Si sono salutati “molto” affettuosamente, poi Paolo è andato a prendere il tram della linea che prende sempre, probabilmente per tonare a casa. In sintesi: la ragazza non era sua sorella né una sua parente, lui c’è andato portando il pacchettino della pasticceria, ci ha passato tutta la notte e poi l’ha riaccompagnata a casa dei genitori. La mia logica mi diceva che Paolo mi aveva detto la verità quando mi aveva detto che non aveva avuto nessun ragazzo, ma non me l’aveva detta tutta perché non mi aveva detto che aveva una ragazza e se uno ha una ragazza e passa la notte con lei, poi è ovvio che non si senta tanto trasportato dall’idea di fare sesso con un ragazzo! Il quadro sembrava decisamente coerente. Faccio mente locale e mi ricordo di avere visto Paolo all’università, ho proprio un flash e rivedo la scena, lui sta scherzando con una ragazza e lo sta facendo talmente di cuore che, pure se lui è un bel ragazzo, lo mette del tutto fuori dei miei possibili interessi. Tiro le conclusioni: è meglio prendere le distanze da Paolo, non voglio fare scenate con lui, scelgo una via soft, quando mi chiama gli dico che non me la sento di andare avanti e lui non mi sembra affatto sconvolto e anzi mi sembra piuttosto sollevato che il problema della pseudo-relazione con me si sia risolto in modo spontaneo. Non gli ho nemmeno detto che sapevo della ragazza e che lui mi aveva detto solo la metà della verità. Abbiamo chiuso la telefonata dicendoci che saremmo rimasi amici ma io non l’ho più chiamato e lui si è guardato bene dal farlo lui. Così era finita anche la mia terza storia e avevo messo anche Paolo nella lista dei fallimenti. Tempo dopo ho conosciuto Leone, bello, forte, di classe, è stato il primo ragazzo col quale sono andato a letto, era un seduttore, non proprio quello che avrei sognato, ma mi piaceva molto, aveva però un difetto che io ho potuto notare solo a distanza di tempo, pensava di essere il mio padrone, mi teneva legato col suo fascino e con una serie di comportamenti che io non potevo ricambiare, era ricco, molto educato, formalmente, ma era intimamente convinto di poter fare tutto quello che voleva con i ragazzi. All’inizio sembrava un ragazzo assolutamente normale ma poi, piano piano ha cominciato ad alzare il tiro delle sue proposte che sono finite rapidamente fuori della mia portata, ma evidentemente non della sua. Quando gli dicevo che su quel terreno non lo potevo seguire, perché proprio non me lo potevo permettere, lui mi rispondeva: “Ma non è un problema.” Io le prime volte davo a questa risposta un senso tutto mio, cioè che lui avrebbe rinunciato ai suoi progetti, per fare qualcosa che fosse accessibile pure per me, ma mi sbagliavo, lui non rinunciava ai suoi progetti e pensava che il problema fosse solo nel fatto di trovare i soldi e non capiva che io mi sentivo a disagio a pensare che le spese le doveva pagare lui, anche se, in effetti le spese non le pagava nemmeno lui, perché non lavorava, e quindi le spese le pagava la sua famiglia. La prima volta mi sono adattato, la seconda volta l’ho vissuta proprio come una forzatura, mi sono sentito come una mantenuta che va appresso al suo protettore, una sensazione veramente sgradevolissima. Ma la terza volta non c’è stata. Gli detto: “Mi sono sentito a disagio per tutto il tempo, è meglio che io torni nel mio mondo…” Lui ha cercato in tutti i modi di farmi cambiare idea, c’è rimasto malissimo, non era abituato all’idea che un ragazzo potesse dirgli di no, si è addirittura messo a piangere e a dire che avrebbe cambiato modo di fare ma se uno non si accorge nemmeno che tu stai a disagio e che ti sta mettendo i piedi in testa, non è credibile che possa cambiare cervello da un momento all’altro. Sono stato irremovibile e devo dire che ne avevo proprio le scatole piene delle storie coi ragazzi. Ne ho conosciuti altri, comunque, ma mi vedevano molto diffidente e ironico se non addirittura cinico con loro e se ne andavano quasi subito. Poi ho conosciuto casualmente un ragazzo che conosceva Livio e che era anche stato con lui, gli avrei raccontato volentieri la mia storia con Livio anche solo per sfogarmi, ma ho preferito aspettare e vedere che cosa mi avrebbe raccontato lui e sono rimasto stupito, mi ha detto che lui voleva bene a Livio, che si vedevano ancora qualche volta, il che nel suo linguaggio voleva dire che qualche volta andavano a letto insieme, era evidente che stimava Livio, che lo considerava uno come si deve. Gli ho chiesto: “Ma è il tuo ragazzo?” e mi ha risposto: “No! Non è il tipo che si mette stabilmente con qualcuno…” Ho insistito: “Ma ti ha tradito?” Lui mi ha guardato sorridendo e mi ha detto: “Che cosa? … No! Io lo sapevo benissimo, me lo aveva detto lui…” Qui mi sono cadute le braccia è ho insistito: “Come, te lo aveva detto lui? E tu che hai fatto?” Mi ha risposto: “Io gli voglio bene perché è uno come si deve ma se ha bisogno anche di altro, bisogna che segua la sua strada…” Io ho insistito: “Ma vi sentite ancora?” E lui mi ha risposto: “Sì, perché? Ti sembra strano?” Io gli ho detto: “Ma se lui ha un ragazzo?” E mi ha risposto: “Ma il ragazzo lo sa…” Io ero proprio frastornato da questi discorsi e gli ho detto: “Ma in che mondo vivete?” E lui mi ha risposto: “Ma in che mondo vivi tu?” Gli ho chiesto: “Ma riesci ad essere felice così?” e mi ha risposto: “Beh, sì, abbastanza, Livio mi vuole bene, non è che mi vuole bene di meno perché qualche volta sta con un altro ragazzo, perché Livio vuole bene anche a lui. Quel ragazzo non mi sta rubando niente…” Allora mi è venuta in mente una domanda assurda ma non mi sono trattenuto e gliel’ho fatta: “Ma, puta caso, io mi mettessi con Livio, o meglio se Livio facesse un po’ di sesso anche con me, tu come la prenderesti?” Mi ha risposto: “E come la devo prendere? Se almeno un po’ vi volete bene, ok, dove sta il problema? Non credo che Livio troncherebbe i contatti con me per questo, quindi sentiti libero… dico sul serio, non mi crolla proprio nulla!” Io gli ho detto che avevo conosciuto Livio e che tra noi tutto era finito prima che cominciasse, e lui mi ha detto che Livio gli aveva detto di un ragazzo che non voleva stare con lui se non ci fosse stato un rapporto tipo fidanzamento, che gli aveva parlato pure bene di quel ragazzo (cioè di me) e che gli era dispiaciuto che io mi fossi allontanato del tutto. Dopo una quindicina di giorni ho fatto una cosa che pensavo non avrei mai fatto. Ho ricontattato Livio e ci siamo rivisti. Devo dire che è stato molto contento di vedermi, siamo andati a prendere un caffè e abbiamo parlato un po’, non ci sono state proposte di nessun genere né da parte sua né da parte mia, però ci siamo lasciati con un abbraccio molto caloroso. Che cosa potrà succedere non lo so, in effetti è stato l’unico ragazzo che non mi ha raccontato balle, nei prossimi giorni dovrò prendere una decisione, o forse no, però il mio giudizio su Livio è radicalmente cambiato e le mie prospettive si sono molto allargate. Tutto qui.

SESSO GAY E STANCHEZZA

Ti scrivo perché mi sento strano e non posso parlare con nessuno. Sono un quarantenne che convive da 15 anni con un compagno poco più giovane di lui (nemmeno due anni). La nostra convivenza è stata molto bella, in sostanza la cosa più bella della mia vita, ed è andata avanti per 15 anni, ma ormai da quasi un anno comincia a crearmi qualche difficoltà. Quando ci siamo conosciuti eravamo entrambi giovani e belli, io forse un po’ meno di lui, ma a lui sono piaciuto subito e la nostra storia è cominciata perché è stato lui a volerla cominciare. Poi gli anni sono passati, lui ora è un po’ meno giovane e forse un po’ meno attraente di 15 anni fa ma ha un aspetto e un modo di fare che sono l’immagine della salute, in pratica potresti dargli tranquillamente dieci anni di meno, io invece ho avuto i miei problemi seri di salute che ho superato ma che mi hanno condizionato e mi condizionano ancora parecchio. In pratica io, dal di fuori sembro ancora un tipo piacente e giovanile ma di problemi di salute ne ho proprio tanti.

Tu potresti pensare che ti sto scrivendo per parlarti dei suoi tradimenti con ragazzi più giovani e molto più baldanzosi di me, ma sono almeno dieci anni che siamo una coppia rigorosamente monogamica, e lo vedo dal fatto che lui ha con me un’attività sessuale molto frequente e il problema, incredibilmente, è proprio questo. Tieni presente che ne sono tuttora innamorato e che gli voglio bene, fare sesso con lui mi piace o meglio mi piaceva molto, non che oggi non mi piaccia più, ma lui non si rende conto che non posso stare al suo livello, mi dice che lo schivo, che con lui cerco scuse, che lo tengo a distanza, in realtà è che certe volte, per me, fare sesso con lui è veramente stressante, non a livello psicologico, ma proprio nel senso di faticoso a livello fisico e lui questo non lo capisce.

Lui, a 38 anni, fa 40 flessioni di seguito, io non riesco nemmeno a sdraiarmi per terra, ma se provo a digli che non ce la faccio non ci crede e si sente in dovere di stimolarmi e di provocarmi, come se mi mancasse una motivazione sessuale. Quando gli dico che non ce la faccio ci rimane malissimo, non mi tratta male, non lo ha mai fatto, ma pensa che io non ce la metta tutta per venirgli incontro. Mi dice che ho 40 anni e che non posso non essere all’altezza della situazione e porta se stesso ad esempio di vita sana e sportiva, quasi che il mio declino fisico fosse dovuto al mio mancato impegno nelle attività sportive.

Ti dico che certe volte comincio ad averne paura, no, paura no, diciamo meglio a temere un po’ le sue reazioni e a sentirmene condizionato. Sarebbe tanto semplice capire come stanno le cose e magari accontentarsi di quello che io posso fare senza doverne risentire, ma questo non succede, lui mi vede ancora bello, giovane e soprattutto performante come lui, ma io non sono affatto così. Noi conviviamo da 15 anni, non penso proprio che lui abbia in mente di mandare tutto in malora, se siamo andati avanti 15 anni ci sarà pure una ragione anche al di là del sesso. Il fatto è che non vorrei vederlo reagire come un cane bastonato.

Certe volte penso che lui avrebbe bisogno di uno come lui o di uno più giovane, capace di stare al suo livello. Siccome lui si può permettere di fare tutto quello che gli viene in mente perché il suo fisico lo supporta in ogni caso, lui pensa che sia così per tutti. Io spero che arrivi a capire che il suo modello non si adatta a chiunque, perché altrimenti mi troverei a convivere con un uomo non solo insoddisfatto, ma convinto di essere stato rifiutato dall’uomo che ama. Certe volte è geloso, cosa che mi sembra incredibile, mi fa domande sui nostri amici, mi chiede se ho un cellulare segreto, perché pensa che la mia stanchezza derivi magari dal fatto che vado a fare sesso con qualcuno mentre lui non c’è, cosa che non mi è mai passata per l’anticamera del cervello.

Mi sento molto scoraggiato dai suoi atteggiamenti e non so che fare perché quando provo a spiegargli come stanno le cose mi zittisce e si arrabbia come se io stessi cercando di fargli digerire l’idea che ormai lui non mi interessa più, il che non è assolutamente vero. Qualche volta ho provato a parlarci seriamente e, sul momento, mi sta pure a sentire e sembra che abbia capito, poi la volta successiva siamo da capo a 12 e ricomincia con l’idea che io non mi ci impegno abbastanza e che faccio troppe parole e pochi fatti. Il fatto che siamo praticamente coetanei per lui significa che siamo sostanzialmente uguali e che quello che può fare lui lo posso automaticamente fare anche io. Insomma, lui pensa che basti la volontà per fare tutto, perché nel suo caso basta veramente, ma nel mio non basta affatto. Tra l’altro lui sa dei miei problemi di salute e tende a minimizzarli o meglio ad insistere sul fatto che io, col mio atteggiamento, finisco per esagerare il negativo e per precludermi tante cose che per lui sono scontate.

Non so se questo problema è un problema oggettivamente stupido, ma certo è che finisce per condizionare soprattutto la nostra sessualità, io mi sento giudicato, lui mi considera un rinunciatario che si crede vecchio quando non lo è affatto, ma non è una questione di età ma di salute e questo lui non lo capisce. Io con lui sto bene e non credo che starei meglio con nessun altro e lui lo sa, certi momenti, quando facciamo sesso un po’ più tranquillo, sono proprio bellissimi, ma quando parte in quarta pretende che io gli vada appresso e io mi stanco e lui non lo capisce e mi rimprovera, lì per lì fa una sfuriata, poi se ne pente e cerca di ridimensionare. Che posso fare? Certe volte sono proprio scoraggiato. Vorrei solo vederlo contento.

Certe volte torna a casa di ottimo umore, cominciamo a fare sesso e tutto sembra andare bene, se provo a dirgli che faccio fatica a stargli appresso l’incantesimo crolla e la serata finisce col broncio. Queste non sono tragedie, lo so, ma sono certamente incomprensioni, alla fine non mi creano un grande disagio ma comincio ad avere paura di fare sesso con lui perché la possibilità che cominci bene e finisca male è molto concreta. Qualche volta l’esito di tutto questo è che mi sento in colpa e penso che il fatto di avere almeno in un certo senso paura di lui mi impedisce di fargli veramente capire come stanno le cose. Sia ben chiaro, noi ci vogliamo bene, di questo non ho dubbi, però qualche volta comincio a pensare che lui possa sentirsi veramente a disagio.

Qualche volta penso con terrore a quello che succederebbe se non mi trovassi più in condizioni fisiche tali da poter fare sesso con lui, magari in tono minore, e penso che faticherebbe a capire il perché. Tra noi c’è comunicazione, parliamo spesso e anche seriamente ma su questo punto specifico il dialogo è difficile. Lui per parecchi anni mi ha considerato un partner all’altezza della situazione e non riesce ad accettare l’idea che non è più così. Forse questo è conseguenza di un’intesa sessuale veramente forte durata per parecchi anni. Io penso che invecchierò molto più rapidamente di lui e che questi problemi potranno diventare sempre meno facili da gestire.

Negli ultimi giorni (tre o quattro) lui non ha più preso l’iniziativa sessuale, forse per non mettermi in difficoltà, non credo che lo abbia fatto per punirmi perché non ha mai fatto cose del genere, ma l’iniziativa sessuale non l’ho presa nemmeno io e siamo andati a dormire senza coinvolgimenti sessuali e questo, per noi, non è una cosa normale. Io l’iniziativa la prenderei, ma vorrei che fosse una cosa più tranquilla e più adatta a me, ma so che una cosa del genere lo deluderebbe, comunque non posso fare passare altri giorni e domani mi farò coraggio. Non che mi dispiaccia, anzi, tutt’altro … comunque è un peccato che per lui le coccole siano banalità o poco più! Una cosa posso fare, quando sto a letto con lui, posso parlare meno, perché in certi momenti le parole possono essere pericolose, questo credo sarebbe utile e sarebbe anche facile da realizzare.

Certe volte, dopo una serata di sesso, mi sento stremato e l’indomani, quando suona la sveglia, fatico ad alzarmi. Mi dispiace di non essere alla sua altezza ma non ci posso fare niente, piacerebbe anche a me essere come lui vorrebbe, cioè come sono stato fino a qualche anno fa, perché questo lo metterebbe di buon umore, ma non saranno queste cose a metterci in crisi. In qualche momento comincio a pensare che potrei anche recitare un po’ per compiacerlo, ma temo di non avere la resistenza fisica per farlo e di scivolare un altro scalino più in basso. Io penso già da qualche anno che la nostra giovinezza è finita, o almeno la mia, e che ormai siamo uomini di mezza età, lui invece si vede ancora come un ragazzo, ha un modo di fare da ragazzo che in un certo senso mi affascina e in un certo senso mi spaventa.

Mi dice che mi faccio ossessionare dalla vecchiaia, ma lui invece rimuove del tutto l’idea e beato lui che lo può fare! Mi dice pure che faccio la vittima, magari sarà anche un po’ vero, ma penso solo marginalmente. Forse comincio veramente a sentirmi vecchio dentro, all’apparenza ancora non lo sono e lui guarda solo all’apparenza, è un peccato che non si accorga del resto. Ti allego il mio contatto [… omissis …] nel caso ti andasse di fare due chiacchiere. Ovviamente con la mail puoi fare quello che vuoi, cioè la puoi anche mettere nel forum, se non la vedi troppo strana.

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VATICANO E PROPOSTA DI LEGGE ZAN

Il rapporto tra la Chiesa cattolica e l’omosessualità, nella storia, è sempre stato di condanna senza appello. Il catechismo della Chiesa cattolica e i documenti pontifici in tema di omosessualità parlano di “grave depravazione” [1], “funesta conseguenza di un rifiuto di Dio” [2],“mancanza di evoluzione sessuale normale” [3], “costituzione patologica” [4], “comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale” [5]. San Pio X, nel suo Catechismo del 1910, classifica il “peccato impuro contro natura” come secondo per gravità solo all’omicidio volontario, fra i peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio” [6]. E il Catechismo aggiunge [7] “Questi peccati diconsi gridare vendetta al cospetto di Dio, perché lo dice lo Spirito Santo e perché la loro iniquità è così grave e manifesta che provoca Dio a punirli con più severi castighi”. Queste affermazioni sono “la dottrina ufficiale della Chiesa circa l’omosessualità” e non hanno bisogno di commento. Non vi è dubbio che un omosessuale per essere cattolico dovrebbe considerare l’omosessualità il peggiore dei vizi.

Insegnare queste “verità” significa oggettivamente emarginare e perseguitare gli omosessuali. Benedetto XVI, quando era ancora Prefetto della Congregazione per la dottrina delle fede, nella LETTERA AI VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA SULLA CURA PASTORALE DELLE PERSONE OMOSESSUALI – 1° ottobre 1986, e nelle CONSIDERAZIONI CIRCA I PROGETTI DI RICONOSCIMENTO LEGALE DELLE UNIONI TRA PERSONE OMOSESSUALI- 3 giugno 2003,[8] è arrivato a scrivere cose che suscitano reazioni di sdegno morale in qualsiasi coscienza libera. Papa Francesco ha alleggerito i toni ma la Chiesa ha alla spalle secoli di tradizioni omofobe e di predicazione dell’odio e della discriminazione dietro l’apparenza della “cura pastorale”. La dottrina della Chiesa in materia di sessualità afferma cose che sono l’esatto contrario di quelle affermate dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Questa predicazione di odio e il risultato del radicale rifiuto di aprire gli occhi su una realtà che non può essere valutata sulla base di preconcetti dogmatici ma deve essere affrontata con onestà intellettuale, se la si vuole capire veramente. Non ci si può aspettare dalla Chiesa il rispetto di una visione laica della vita, cioè di una visione che guarda alla realtà e non a San Paolo e ad altre siffatte autorità per interpretare fenomeni reali che coinvolgono la vita di milioni di persone, persone che non reclamano affatto una “cura pastorale” ma la libertà di essere quello che sono e qui non parlo di cattolici ma di chi cattolico non ci si sente per nessun motivo. La Chiesa, nonostante le apparenze non cambia, proprio perché sul messaggio di Cristo si è costruita una struttura che col messaggio di Cristo ha ben poco a che vedere. Cristo non è patrimonio esclusivo di nessuno ed è un esempio anche per chi è radicalmente laico e, francamente, pensare che il messaggio di Cristo si debba tradurre nel diritto “concordatario” della Chiesa di professare dottrine sostanzialmente d’odio, fa rabbrividire. Basti pensare alle cosiddette terapie riparative che la Chiesa ha sostenuto e che l’IRCT (International Rehabilitation Council for Torture Victims) nel suo Thematic Report 2020, dedicato alle “reparative therapies”, “It’s Torture Not Therapy” (https://issuu.com/irct/docs/irct_resear … 8/78929238) considera esplicitamente come forme di tortura. Rinvio chiunque voglia comprendere di che cosa stiamo parlando ad un noto articolo di Davide Varì, rapidamente sparito da Internet, ma qui reperibile: http://progettogaytest.altervista.org/t … rative.htm. Chi ha orecchio per intendere intenda.
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[1] Catechismo della Chiesa cattolica, 2357
[2] Congregazione per la Dottrina della Fede. Persona Humana. Alcune questioni di etica sessuale – 29 Dicembre 1975, n. 8 – Relazioni omosessuali
[3] Ibidem.
[4] Ibidem
[5] Congregazione per la Dottrina della Fede – Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 3.
[6] Catechismo maggiore, n. 966.
[7] n.967.
[8] Entrambi i documenti si possono leggere nell’articolo: 

https://gayproject.wordpress.com/2013/0 … essualita/

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LA C.E.I. E LA LEGGE ANTI OMOFOBIA

In questi ultimi giorni si fa un gran parlare della proposta di legge contro l’omofobia in discussione in Parlamento. I toni della discussione si sono scaldati e molti soggetti sono scesi in campo.

Seguendo il modo di procedere tipico di Progetto Gay, prima di qualunque altra considerazione è opportuno conoscere con precisione il testo della Proposta di Legge in discussione, tenendo ben presente che l’Italia  è una Repubblica che si riconosce nei valori affermati e protetti dalla Costituzione e che gli Organi dello Stato  hanno l’obbligo di rendere effettivi ed operanti i principi costituzionali, che sono principi giuridici laici e assolutamente aconfessionali.

Il 17 maggio 2020, in occasione della Giornata internazionale contro l’omobofia, la transfobia e la bifobia, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«La ricorrenza del 17 maggio è stata scelta, in ambito internazionale, per promuovere il contrasto alle discriminazioni, la lotta ai pregiudizi e la promozione della conoscenza riguardo a tutti quei fenomeni che, per mezzo dell’omofobia, della transfobia e della bifobia, perpetrano continue violazioni della dignità umana.

Le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale costituiscono una violazione del principio di eguaglianza e ledono i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della personalità umana che trovano, invece, specifica tutela nella nostra Costituzione e nell’ordinamento internazionale.  

È compito dello Stato garantire la promozione dell’individuo non solo come singolo, ma anche nelle relazioni interpersonali e affettive. Perché ciò sia possibile, tutti devono essere messi nella condizione di esprimere la propria personalità e di avere garantite le basi per costruire il rispetto di sé. La capacità di emancipazione e di autonomia delle persone è strettamente connessa all’attenzione, al rispetto e alla parità di trattamento che si riceve dagli altri.

Operare per una società libera e matura, basata sul rispetto dei diritti e sulla valorizzazione delle persone, significa non permettere che la propria identità o l’orientamento sessuale siano motivo di aggressione, stigmatizzazione, trattamenti pregiudizievoli, derisioni nonché di discriminazioni nel lavoro e nella vita sociale».

Nella stessa giornata, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte così è intervenuto sullo stesso argomento:

La Giornata internazionale contro l’omofobia non è una semplice ricorrenza, un’occasione celebrativa. Deve essere anche un momento di riflessione per tutti e, in particolare, per chi riveste ruoli istituzionali ad attivarsi per favorire l’inclusione e il rispetto delle persone.

Come ha ricordato oggi il Presidente Mattarella le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale ledono i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della personalità umana. Queste discriminazioni sono contrarie alla Costituzione perché calpestano il valore fondamentale della dignità della persona e il principio di uguaglianza e si alimentano di pregiudizi che celano arretratezza culturale.

Per questo il mio invito a tutte le forze politiche perché possano convergere su una legge contro l’omofobia che punti anche a una robusta azione di formazione culturale: la violenza è un problema culturale e una responsabilità sociale.”

Devo sottolineare che il Presidente Mattarella, come è suo dovere, in quanto primo garante dei valori costituzionali, non ha espresso un suo parere personale ma una stretta valutazione giuridica relativa all’applicazione del dettato costituzionale. Mattarella non ha invitato a provvedere a qualcosa che a lui sembrava opportuno, ma ha richiamato il Governo al dovere di provvedere alla tutela effettiva dei diritti costituzionalmente garantiti.

La risposta di Conte non è un semplice atto di omaggio al Presedente della Repubblica, ma la presa d’atto di un dovere costituzionale al quale non ci si può sottrarre.

Tanto premesso, riporto integralmente qui di seguito la Relazione al Progetto di Legge, d’iniziativa dei Deputati Laura Boldrini e Roberto Speranza, presentata il 23 marzo 2018.

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

  1. 107

PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei deputati
BOLDRINI, SPERANZA

Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, e al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, per il contrasto dell’omofobia e della transfobia nonché delle altre discriminazioni riferite all’identità sessuale

Presentata il 23 marzo 2018

  Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge riproduce, con alcune modificazioni e integrazioni, il contenuto della proposta di legge atto Camera n. 245, di Scalfarotto e altri, presentata all’inizio della XVII legislatura e approvata dalla Camera dei deputati il 19 settembre 2013 in testo unificato con le proposte di legge atti Camera nn. 280 e 1071. Il provvedimento non è stato poi approvato dal Senato ove l’esame si è arrestato in Commissione.
Obiettivo della proposta di legge è quello di sanzionare, modificando la legge Mancino-Reale, le condotte di istigazione e di violenza finalizzate alla discriminazione in base all’identità sessuale della persona, definita come l’insieme, l’interazione o ciascuna delle seguenti componenti:

   a) il sesso biologico della persona;

   b) la sua identità di genere (la percezione che una persona ha di sé come uomo o donna, anche se non corrispondente al proprio sesso biologico);

   c) il suo ruolo di genere (qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse all’essere uomo o donna);

   d) l’orientamento sessuale (l’attrazione emotiva o sessuale nei confronti di persone dello stesso sesso, di sesso opposto o di entrambi i sessi).

  A differenza del testo unificato approvato dalla Camera il 19 settembre 2013, la presente proposta di legge intende dunque colpire non soltanto i casi di omofobia e di transfobia ma le condotte di apologia, di istigazione e di associazione finalizzata alla discriminazione, comprese quelle motivate dall’identità sessuale della vittima.
Si tratta di un intervento reso quanto mai necessario e urgente dalle dimensioni impressionanti che hanno assunto nel nostro Paese i casi di discriminazione di violenza nei confronti delle donne e delle persone LGBTI.
La relazione finale della Commissione Jo Cox sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio istituita nella XVII legislatura dalla Presidente della Camera dei deputati ha evidenziato come tali categorie di persone siano i principali bersagli di odio nel nostro Paese.
Per quanto riguarda le donne, l’11,9 per cento di esse ha subìto, nell’ambito delle relazioni di coppia, aggressioni verbali violente, intimidazioni e violenze psicologiche dal proprio partner. Un’analoga situazione riguarda l’8,5 per cento delle donne che lavorano e cercano lavoro.
Il 31,5 per cento delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subìto almeno una volta una violenza fisica o sessuale, per lo più da un partner o ex partner. Il 16,1 per cento ha subìto stalking.
Le donne sono di gran lunga le maggiori destinatarie del discorso d’odio on line. A livello europeo, una donna su dieci dai 15 anni in su è stata oggetto di cyberviolenza. In generale le donne corrono più rischi di aggressioni e molestie virtuali su tutti i social media.
L’indagine svolta dall’Osservatorio VOX sulle comunicazioni via Twitter ha rilevato che le donne sono oggetto del 63 per cento di tutti i tweet negativi rilevati nel periodo agosto 2015-febbraio 2016.
Per quanto riguarda le persone LGBTI, la relazione finale della Commissione Jo Cox riporta che ha subìto minacce o aggressioni fisiche il 23,3 per cento della popolazione omosessuale o bisessuale a fronte del 13,5 per cento degli eterosessuali. Analogamente, è stato oggetto di insulti e umiliazioni il 35,5 per cento dei primi a fronte del 25,8 per cento dei secondi.
A livello dei social media, le persone LGBT sono a pari merito con i migranti come oggetto d’odio nei messaggi su Twitter: secondo l’indagine VOX rispettivamente nel 10,8 per cento e nel 10,9 per cento dei casi, a grande distanza dalle donne.
Questa situazione richiede con evidenza e urgenza che si appresti un quadro organico di misure preventive e di contrasto mediante interventi a livello legislativo, culturale e comunicativo. La presente proposta di legge intende essere un primo, necessario tassello di questa strategia di intervento.
Passando all’illustrazione del contenuto della presente proposta di legge, l’articolo 1 definisce l’identità sessuale, con la finalità di circoscrivere il campo d’applicazione delle fattispecie penali novellate dagli articoli successivi, al fine di evitare la censura – che era stata mossa ad analoghi progetti di legge in tema di omofobia presentati nella XV legislatura – di indeterminatezza della fattispecie penale. Nella definizione delle componenti dell’identità sessuale sono compresi l’identità o i ruoli di genere, nonché i diversi orientamenti sessuali (omosessuale, eterosessuale o bisessuale) così come pacificamente riconosciuti dalla legislazione e dalle scienze psico-sociali, che nulla hanno in comune con comportamenti genericamente afferenti alla sfera sessuale, siano essi leciti o illeciti.
L’articolo 2 interviene sul delitto di apologia e istigazione alla discriminazione previsto dalla legge n. 654 del 1975:

   per inasprire la pena, sostituendo (lettera a)) le pene alternative della reclusione o della multa con la sola pena della reclusione (confermandone la durata massima in un anno e sei mesi);

   per sostituire il verbo propagandare con il verbo diffondere («idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico») e specificare che la diffusione può avvenire «in qualsiasi modo»;

   per sostituire il verbo istigare con il verbo incitare («a commettere o commette atti di discriminazione»). Con riguardo sia agli atti di discriminazione sia alla commissione di violenza o di atti di provocazione alla violenza, la proposta di legge intende dunque reintrodurre il testo originario di questa disposizione della legge del 1975, in vigore fino al 2006, ovvero fino all’entrata in vigore dell’articolo 13 della legge n. 85 del 2006 che ha novellato il testo;

   per inserire tra i motivi della discriminazione l’identità sessuale della vittima.

  Le pene previste differiscono per la gravità delle condotte realizzate. In caso di incitamento a commettere o di commissione di atti di discriminazione, è mantenuta l’attuale previsione della reclusione fino a un anno e sei mesi – a tanto ridotta dalla riforma del 2006 – eliminando, tuttavia, l’alternatività con la multa. Analogamente, in caso di incitamento alla violenza o di commissione di atti violenti, non viene modificata la pena prevista, che va da sei mesi a quattro anni.
La scelta di non modificare le pene attualmente previste, anziché inasprirle così com’era nel testo vigente prima della riforma del 2006, si giustifica alla luce delle modifiche alle sanzioni accessorie, come si dirà nell’illustrazione del successivo articolo 4 della proposta di legge. Coerentemente con il principio costituzionale della rieducazione del condannato, cui devono tendere le pene, appare più efficace – in materia di reati d’odio – l’applicazione di sanzioni accessorie, piuttosto che la reclusione.
Ai fattori di discriminazione considerati dall’articolo 3 della legge Mancino-Reale la presente proposta di legge aggiunge l’identità sessuale.
L’articolo 3 della proposta interviene sul decreto-legge n. 122 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 205 del 1993, apportandovi alcune modificazioni. In primo luogo, con finalità di coordinamento, aggiunge la discriminazione motivata dall’identità sessuale della vittima nel titolo del provvedimento, nella rubrica del primo articolo e tra le finalità che aggravano i delitti comportando un aumento di pena sino alla metà. In particolare, per quanto riguarda le novelle all’articolo 3 del decreto-legge (circostanza aggravante), la proposta di legge sostituisce l’espressione «finalità» (di discriminazione) con l’espressione «motivi».
Quindi, sulla base delle modifiche, le pene per i reati punibili con pena diversa dall’ergastolo sono aumentate fino alla metà ove tali reati siano commessi per motivi relativi all’identità sessuale della vittima (ovvero per motivi di discriminazione o di odio etnico).
L’articolo 3 della proposta di legge, inoltre, sostituendo all’articolo 3 del decreto-legge il comma 2, specifica che l’aggravante prevista dal comma 1 è da ritenersi sempre prevalente sulle eventuali attenuanti. Rispetto al testo dell’atto Camera n. 245 si consente tuttavia al giudice di valutare quale circostanza attenuante, la minore età dell’autore del reato (articolo 98 del codice penale).
L’articolo 4 della proposta di legge sostituisce la disciplina della pena accessoria dell’obbligo di prestare un’attività non retribuita in favore della collettività. A tal fine la proposta di legge (comma 3 dell’articolo 4):

   a) elimina dall’articolo 1 del decreto-legge n. 122 del 1993 tutte le disposizioni che attualmente regolamentano tale pena accessoria, come una delle possibili pene accessorie cui il giudice può ricorrere (articolo 1, comma 1-bis, lettera a), e commi da 1-ter a 1-sexies);

   b) introduce un nuovo articolo nel decreto-legge n. 122 del 1993.

  Dalla novella dell’articolo si ricava che in sede di condanna il giudice:

   dovrà sempre disporre la pena accessoria dei lavori di pubblica utilità;

   potrà disporre la pena accessoria dell’obbligo di dimora (lettera b)), della sospensione della patente o dei documenti per l’espatrio (lettera c)), del divieto di partecipare per un minimo di tre anni ad attività di propaganda elettorale (lettera d)).

  L’articolo 5 della proposta di legge, riprendendo un’espressa raccomandazione rivolta più volte all’Italia dal Consiglio d’Europa e ripresa dalla Commissione Jo Cox della Camera, istituisce l’Autorità garante della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni, che sostituisce l’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni (UNAR). Rispetto a tale Ufficio, l’Autorità garante è configurata quale autorità indipendente e può dunque svolgere le proprie funzioni da una posizione di maggior autonomia. A tal fine, la nomina dei componenti è affidata all’intesa dei Presidenti di Camera e Senato, che dovranno scegliere tra persone di notoria indipendenza. L’Autorità potrà, tra l’altro, ricevere i reclami e le segnalazioni delle vittime di discriminazione e svolgere, nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dell’autorità giudiziaria, inchieste al fine di verificare l’esistenza di fenomeni discriminatori e, in caso di accertamento di violazioni, formulare specifiche raccomandazioni.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Definizioni relative all’identità sessuale).

  1. Ai fini della legge penale, si intende per:

   a) «identità sessuale»: l’insieme, l’interazione o ciascuna delle seguenti componenti: sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere e orientamento sessuale;

   b) «identità di genere»: la percezione che una persona ha di sé come uomo o donna, anche se non corrispondente al proprio sesso biologico;

   c) «ruolo di genere»: qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse all’essere uomo o donna;

   d) «orientamento sessuale»: l’attrazione emotiva o sessuale nei confronti di persone dello stesso sesso, di sesso opposto o di entrambi i sessi.

Art. 2.
(Modifiche all’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654).

  1. Il comma 1 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, è sostituito dal seguente:

   «1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione dell’articolo 4 della convenzione, è punito:

   a) con la reclusione fino a un anno e sei mesi chiunque, in qualsiasi modo, diffonde idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima;

   b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima».

  2. Al comma 3 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima».

Art. 3.
(Modifiche al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205).

  1. Al titolo del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «e religiosa» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosa o motivata dall’identità sessuale della vittima».
2. Alla rubrica dell’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima».
3. Al comma 1 dell’articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) le parole: «per finalità» sono sostituite dalle seguenti: «per motivi»;

   b) dopo le parole: «o religioso» sono inserite le seguenti: «o relativi all’identità sessuale della vittima».

  4. Il comma 2 dell’articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, è sostituito dal seguente:

   «2. La circostanza aggravante prevista dal comma 1 è sempre considerata prevalente sulle circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98 del codice penale, ai fini del bilanciamento di cui all’articolo 69 del codice penale».

Art. 4.
(Pena accessoria dell’attività non retribuita in favore della collettività).

  1. Dopo l’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, come modificato dalla presente legge, è inserito il seguente:

   «Art. 1-bis. – (Attività non retribuita in favore della collettività). – 1. Con la sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, o per uno dei reati previsti dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962, il giudice dispone la pena accessoria dell’obbligo di prestare un’attività non retribuita in favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità, secondo le modalità stabilite ai sensi del comma 2.
2. L’attività non retribuita in favore della collettività, da svolgere al termine dell’espiazione della pena detentiva per un periodo da sei mesi a un anno, deve essere determinata dal giudice con modalità tali da non pregiudicare le esigenze lavorative, di studio o di reinserimento sociale del condannato.
3. Possono costituire oggetto dell’attività non retribuita in favore della collettività: la prestazione di attività lavorativa per opere di bonifica e di restauro degli edifici danneggiati con scritte, emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui al comma 3 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654; lo svolgimento di lavoro in favore di organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, quali quelle operanti nei confronti delle persone disabili, dei tossicodipendenti, degli anziani, degli stranieri o in favore delle associazioni di tutela delle persone omosessuali, bisessuali, transessuali o transgender; la prestazione di lavoro per finalità di protezione civile, di tutela del patrimonio ambientale e culturale e per altre finalità pubbliche.
4. L’attività può essere svolta nell’ambito e in favore di strutture pubbliche o di enti e organizzazioni privati».

  2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato con decreto del Ministro della giustizia sono determinate le modalità di svolgimento dell’attività non retribuita in favore della collettività, di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, introdotto dal comma 1 del presente articolo.
3. La lettera a) del comma 1-bis e i commi 1-ter, 1-quater, 1-quinquies e 1-sexies dell’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, sono abrogati.

Art. 5.
(Autorità garante della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni).

  1. È istituita l’Autorità garante della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni, di seguito denominata «Autorità».
2. L’Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione ed è organo collegiale costituito dal presidente e da due membri, nominati con determinazione adottata d’intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Essi sono scelti tra persone di notoria indipendenza, non dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che assicurano autonomia e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani.
3. I componenti dell’Autorità restano in carica per cinque anni non prorogabili e non possono ricoprire cariche istituzionali, anche elettive, ovvero incarichi in partiti politici.
4. L’Autorità ha diritto di corrispondere con tutte le pubbliche amministrazioni e con gli enti di diritto pubblico, nonché di chiedere ad essi, oltre a notizie e informazioni, la collaborazione per l’adempimento delle sue funzioni.
5. All’Autorità sono attribuite le seguenti funzioni:

   a) fornire assistenza, nei procedimenti giurisdizionali o amministrativi intrapresi, alle persone che si ritengono lese da comportamenti discriminatori;

   b) esaminare i reclami e le segnalazioni relativi a discriminazioni presentati dagli interessati o dalle associazioni operanti nel settore;

   c) svolgere, nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dell’autorità giudiziaria, inchieste al fine di verificare l’esistenza di fenomeni discriminatori e, in caso di accertamento di violazioni, formulare specifiche raccomandazioni;

   d) promuovere misure specifiche, compresi progetti di azioni positive, dirette a evitare o compensare le situazioni di svantaggio connesse alla razza, all’origine etnica o all’identità sessuale;

   e) diffondere la massima conoscenza possibile degli strumenti di tutela vigenti anche mediante azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul principio della parità di trattamento e la realizzazione di campagne di informazione e comunicazione;

   f) formulare pareri su questioni connesse alle discriminazioni per razza, origine etnica e identità sessuale, nonché proposte di modifica della normativa vigente;

   g) redigere una relazione annuale per le Camere sull’effettiva applicazione del principio di parità di trattamento e sull’efficacia dei meccanismi di tutela, nonché una relazione annuale al Presidente del Consiglio dei ministri sull’attività svolta;

   h) promuovere studi, ricerche, corsi di formazione e scambi di esperienze anche con le altre organizzazioni non governative operanti nel settore e con gli istituti specializzati di rilevazione statistica, anche al fine di elaborare linee guida in materia di lotta alle discriminazioni.

  6. L’Autorità si avvale di personale proveniente dalle pubbliche amministrazioni, anche in posizione di comando o di distacco, ove consentito dai rispettivi ordinamenti.
7. È soppresso l’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215.
8. Per il funzionamento dell’Autorità è autorizzata la spesa di 200.000 euro a decorrere dal 2018. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.”

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La C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) ha diffuso ieri, 10 Giugno una presa di posizione ufficiale sulla Proposta di Legge, dal titolo “Omofobia: non serve una nuova legge” di cui è bene conoscere l’intero testo, che riposto qui si seguito:

“Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”, sottolinea Papa Francesco, mettendo fuorigioco ogni tipo di razzismo o di esclusione come pure ogni reazione violenta, destinata a rivelarsi a sua volta autodistruttiva.

Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.

Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.

Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni.

Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.

Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto.

Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese.

Roma, 10 giugno 2020                                               La Presidenza della CEI”

L’intervento delle C.E.I. va considerato attentamente.

Si parte da una premessa che sembra concordare con il discorso di Mattarella:

Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.

ma subito dopo si esprime in maniera diametralmente opposta a quella di Mattarella:

Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.

Mi chiedo che cosa succederebbe se qualcuno presentasse una Legge per escludere dalle tutele della Legge Mancino-Reale le discriminazioni su base religiosa, sostenendo che “un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.”

Ma la C.E.I va oltre.

“Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni.”

Nel linguaggio velato e diplomatico che le è proprio la C.E.I. non attacca il testo della Proposta di Legge in sé ma esprime preoccupazione e ritiene che non vi sia urgenza di nuove disposizioni.

Finalmente, dopo tante premesse, si giunge ad esprimere le preoccupazioni di fondo:

“Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.”

La C.E.I. si presenta quindi come preoccupata della difesa dei valori costituzionalmente garantiti e in specie del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, sancito dal primo comma dell’art. 21 della Costituzione:

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”

Contro gli abusi repressivi di questo diritto derivanti dalla derive liberticide conseguenti alla introduzione della legge anti omofobia, la C.E.I. si fa paladina della libertà! Mi chiedo quali siano le scelte educative cui si riferisce la C.E.I. Ricordo a questo proposito che il Catechismo della Chiesa cattolica e i documenti pontifici in tema di omosessualità parlano di “grave depravazione”, “funesta conseguenza di un rifiuto di Dio”, “mancanza di evoluzione sessuale normale”, “costituzione patologica”, “comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale”. San Pio X, nel suo Catechismo del 1910, classifica il “peccato impuro contro natura” come secondo per gravità solo all’omicidio volontario, fra i peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio”. E il Catechismo aggiunge “Questi peccati diconsi gridare vendetta al cospetto di Dio, perché lo dice lo Spirito Santo e perché la loro iniquità è così grave e manifesta che provoca Dio a punirli con più severi castighi”, per non parlare del giudizio del papa emerito che ritiene il “matrimonio omosessuale” un segno del potere spirituale dell’Anticristo. Mi chiedo se la C.E.I. considera queste affermazioni come manifestazioni del libero pensiero tutelate dell’art. 21 della Costituzione. Sorvoliamo sulla “funesta conseguenza di un rifiuto di Dio” e sulle valutazioni della gravità dei peccati operata da San Pio X, perché queste valutazioni sono tutte interne alla Chiesa, ma francamente ritengo oltraggioso, oltre che falso, parlare di omosessualità come grave depravazione, come mancanza di evoluzione sessuale normale, come costituzione patologica e come comportamento intrinsecamente cattivo da un punto di vista morale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha smentito più volte categoricamente queste affermazioni della Chiesa cattolica. La morale non è appannaggio di nessuna chiesa e il primo principio della morale è il rispetto del prossimo. Che cosa direbbe la C.E.I. se qualcuno sostenesse pubblicamente che farsi prete è conseguenza di una “mancanza di evoluzione sessuale normale,” che il celibato è una grave depravazione contro natura e un comportamento patologico?

Ma per capire che cosa c’è sotto la dichiarazione della C.E.I. è opportuno leggere un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede “Alcune Considerazioni concernenti la Risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, del 24 luglio 1992. Per dovere di completezza riporto il testo per intero.

PREMESSA

Recentemente, in diversi luoghi è stata proposta una legi­slazione che renderebbe illegale una discriminazione sulla base della tendenza sessuale. In alcune città le autorità municipali hanno reso accessibile un’edilizia pubblica, per altro riservata a famiglie, a coppie omosessuali (ed eterosessuali non sposate). Tali iniziative, anche laddove sembrano più dirette a offrire un sostegno a diritti civili fondamentali che non indulgenza nei confronti dell’attività o di uno stile di vita omosessuale, possono di fatto avere un impatto negativo sulla famiglia e sulla società. Ad esempio, sono spesso implicati problemi come l’adozione di bambini, l’assunzione di insegnanti, la necessità di case da parte di autentiche famiglie, legittime preoccupazioni dei proprietari di case nel selezionare potenziali affittuari.

Mentre sarebbe impossibile ipotizzare ogni possibile conseguenza di proposte legislative in questo settore, le seguenti osservazioni cercheranno di indicare alcuni principi e distinzioni di natura generale che dovrebbero essere presi in considerazione dal coscienzioso legislatore, elettore, o autorità ecclesiale che si trovi di fronte a tali problemi.

La prima sezione richiamerà passi significativi dalla Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali pubblicata nel 1986 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. La seconda sezione tratterà della loro applicazione.

PASSI SIGNIFICATIVI DELLA «LETTERA» DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

1) La Lettera ricorda che la Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale pubblicata nel 1975 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede «teneva conto della distinzione comunemente operata fra condizione o tendenza omosessuale e atti omosessuali»; questi ultimi sono «intrinsecamente disordinati» e «non possono essere approvati in nessun caso» (n. 3).

2) Dal momento che «nella discussione che seguì la pubblicazione della (summenzionata) Dichiarazione, furono proposte delle interpretazioni eccessivamente benevole della condizione omosessuale stessa, tanto che qualcuno si spinse fino a definirla indifferente o addirittura buona», la Lettera prosegue precisando che la particolare inclinazione della persona omosessuale, «benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata. Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile» (n. 3).

3) «Come accade per ogni altro disordine morale, l’attività omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio. Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l’omosessualità, la Chiesa non limita ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona, intese in modo realistico e autentico» (n. 7).

4) Con riferimento al movimento degli omosessuali, la Lettera afferma: «Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione» (n. 9).

5) «È pertanto in atto in alcune nazioni un vero e proprio tentativo di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi Pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile. Il fine di tale azione è conformare questa legislazione alla concezione propria di questi gruppi di pressione, secondo cui omosessualità è almeno una realtà perfettamente innocua, se non totalmente buona. Benché la pratica dell’omosessualità stia minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone, i fautori di questa tendenza non desistono dalla loro azione e rifiutano di prendere in considerazione le proporzioni del rischio, che vi è implicato» (n. 9).

6) «Essa (la Chiesa) è consapevole che l’opinione, secondo la quale l’attività omosessuale sarebbe equivalente, o almeno altrettanto accettabile, quanto l’espressione sessuale dell’amore coniugale, ha un’incidenza diretta sulla concezione che la società ha della natura e dei diritti della famiglia, e li mette seriamente in pericolo» (n. 9).

7) «Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei Pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.

Tuttavia, la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata. Quando tale affermazione viene accolta e di conseguenza l’attività omosessuale è accettata come buona, oppure quando viene introdotta una legislazione civile per proteggere un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto, né la chiesa né la società nel suo complesso dovrebbero poi sorprendersi se anche altre opinioni e pratiche distorte guadagnano terreno e se i comportamenti irrazionali e violenti aumentano» (n. 10).

8) «Dev’essere comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa. In realtà anche nelle persone con tendenza omosessuale dev’essere riconosciuta quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le conferisce la sua particolare dignità» (n. 11).

9) «Nel valutare eventuali progetti legislativi, si dovrà porre in primo piano l’impegno a difendere e promuovere la vita della famiglia» (n. 17).

II APPLICAZIONI

10) La «tendenza sessuale» non costituisce una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc. rispetto alla non­ discriminazione. Diversamente da queste, la tendenza omosessuale è un disordine oggettivo (cf. Lettera, n. 3) e richiama una preoccupazione morale.

11) Vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale: per esempio, nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare.

12) Le persone omosessuali, in quanto persone umane, hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone incluso il diritto di non essere trattate in una maniera che offende la loro dignità personale (cf. n. 10). Fra gli altri diritti, tutte le persone hanno il diritto al lavoro, all’abitazione, ecc. Nondimeno questi diritti non sono assoluti. Essi possono essere legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno obiettivamente disordinato. Ciò è talvolta non solo lecito ma obbligatorio, e inoltre si imporrà non solo nel caso di comportamento colpevole ma anche nel caso di azioni di persone fisicamente o mentalmente malate. Così è accettato che lo stato possa restringere l’esercizio di diritti, per esempio, nel caso di persone contagiose o mentalmente malate, allo scopo di proteggere il bene comune.

13) Includere la «tendenza omosessuale» fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l’omosessualità quale fonte positiva di diritti umani, ad esempio, in riferimento alla cosiddetta «affirmative action» o trattamento preferenziale nelle pratiche di assunzione. Ciò è tanto più deleterio dal momento che non vi è un diritto all’omosessualità (cf n. 10) che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali. Il passaggio dal riconoscimento dell’omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può portare facilmente, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell’omosessualità. L’omosessualità di una persona sarebbe invocata in opposizione a un asserita discriminazione e così l’esercizio dei diritti sarebbe difeso precisamente attraverso l’affermazione della condizione omosessuale invece che nei termini di una violazione di diritti umani fondamentali.

14) La «tendenza sessuale» di una persona non è paragonabile alla razza, al sesso, all’età, ecc. anche per un’altra ragione che merita attenzione, oltre quella sopramenzionata. La tendenza sessuale di un individuo non è in genere nota ad altri a meno che egli identifichi pubblicamente se stesso come avente questa tendenza o almeno qualche comportamento esterno lo manifesti. Di regola, la maggioranza delle persone a tendenza omosessuale che cercano di condurre una vita casta non rende pubblica la sua tendenza sessuale. Di conseguenza il problema della discriminazione in termini di impiego, alloggio, ecc. normalmente non si pone.

Le persone omosessuali che dichiarano la loro omosessualità sono in genere proprio quelle che ritengono il comportamento o lo stile di vita omosessuale essere «indifferente o addirittura buono» (cf. n. 3), e quindi degno di approvazione pubblica. È all’interno di questo gruppo di persone che si possono trovare più facilmente coloro che cercano dì «manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi Pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile» (cf n. 9), coloro che usano la tattica di affermare con toni di protesta che «qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali…è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione» (cf. n. 9).

Inoltre, vi è il pericolo che una legislazione che faccia dell’omosessualità una base per avere dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge.

15) Dal momento che nella valutazione di una proposta di legislazione la massima cura dovrebbe essere data alla respon­sabilità di difendere e di promuovere la vita della famiglia (cf. n. 17), grande attenzione dovrebbe essere prestata ai singoli provvedimenti degli interventi proposti. Come influenzeranno l’adozione o l’affido? Costituiranno una difesa degli atti omosessuali, pubblici o privati? Conferiranno uno stato equivalente a quello di una famiglia a unioni omosessuali, per esempio, a riguardo dell’edilizia pubblica o dando al partner omosessuale vantaggi contrattuali che potrebbero includere elementi come partecipazione della «famiglia» nelle indennità di salute prestate a chi lavora (cf. n. 9)?

16) Infine, laddove una questione di bene comune è in gioco, non è opportuno che le Autorità ecclesiali sostengano o rimangano neutrali davanti a una legislazione negativa anche se concede delle eccezioni alle organizzazioni e alle istituzioni della Chiesa. La Chiesa ha la responsabilità di promuovere la vita della famiglia e la moralità pubblica dell’intera società civile sulla base dei valori morali fondamentali, e non solo di proteggere se stessa dalle conseguenze di leggi perniciose (cf. n. 17).”

Non mi pongo il problema se le affermazioni contenute in questo documento siano libere manifestazioni del pensiero tutelate dall’articolo 21 della Costituzione o se possano costituire istigazione alla discriminazione delle persone omosessuali incriminabile ai sensi della definenda Legge anti-omofobia, una sola cosa è del tutto evidente: quanto affermato nel documento è in radicale contrasto con i principi della Costituzione italiana. Non entro in questioni concernenti la religione, ma il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede rappresenta una lesione sostanziale dei diritti costituzionalmente garantiti e pertanto è inaccettabile per chiunque sia abituato ad atmosfere di libertà. Concludo con una citazione di Carducci:

“Ahi giorno sovra gli altri infame e tristo,

Quando vessil di servitú la Croce

E campion di tiranni apparve Cristo!”

(Juvenilia – Voce dei preti)

 

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1) Catechismo della Chiesa cattolica, 2357.

2) Congregazione per la Dottrina della Fede. Persona Humana. Alcune questioni di etica sessuale – 29 Dicembre 1975, n. 8 – Relazioni omosessuali.

3) Ibidem.

4) Ibidem.

5) Congregazione per la Dottrina della Fede – Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 3.

6) Catechismo maggiore, n. 966.

7) n.967.

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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul Forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=73&t=6884

SOLITUDINE DI UN ACCADEMICO GAY

Caro Project,
ti scrivo in un momento molto particolare in cui ho bisogno di raccontare come mi sento e quali emozioni mi porto dentro. Sono un quarantacinquenne che quando stava ormai mettendo da parte i suoi sogni d’amore, all’età di trent’anni, si è innamorato di un ventitreenne e ha vissuto con lui una bellissima storia, con alti e bassi, come tutte le storie vere, ma veramente una bellissima storia, una storia vera, appunto, anche se assolutamente fuori da tutti gli schemi. Dopo quasi 15 anni ho avuto la netta sensazione che questa relazione fosse andata in crisi, non saprei nemmeno dire per colpa di chi, perché anche io ho fatto la mia parte, e comunque parlare di colpa in queste cose non ha molto senso. Il mio ragazzo, se lo vogliamo chiamare così, perché aveva 38 anni, sembrava essersi allontanato da me, aveva avuto altre esperienze e a me sembrava che si sentisse molto più realizzato in quelle esperienze che nello stare con me. Non mi ha mai nascosto nulla, io sapevo che era alla ricerca di altre relazioni e che ne aveva bisogno. Potrà sembrare strano ma il nostro rapporto si reggeva su altri equilibri. Non abbiamo mai litigato, ma l’ho sentito allontanarsi sempre di più, poi un paio di mesi fa, è praticamente sparito e non l’ho più sentito, pensavo che avesse costruito un’altra storia e che avesse trovato la sua strada, ma una telefonata avrebbe anche potuto farmela, perché non è da lui sparire del tutto. Non sapevo che cosa pensare, mi chiedevo se avrei fatto bene a chiamarlo ma i dubbi erano tanti e così ho lasciato passare tanto tempo, poi finalmente mi sono deciso e l’ho chiamato. Abbiamo ricominciato a parlare come se quei due mesi non fossero proprio esistiti, sembrava che nel nostro rapporto non ci fosse mai stata una pausa, non gli ho chiesto del suo compagno ma dal discorso ho avuto l’impressione che fosse assolutamente solo. Si dedica ai suoi studi, perché è veramente uno scienziato, ma lascia andare tutto il resto. Nei giorni di festa non si rade, si alza tardissimo, non cucina nemmeno ed è praticamente abbandonato a se stesso. Mi chiede se mi va di andare a casa sua, io ci vado e trovo la più totale confusione, biancheria sporca dappertutto, piatti da lavare, letto in disordine, la scrivania piena di libri e di fogli di tutti i generi. Quando mi apre la porta ha la barba non rasata, i capelli arruffati e la faccia stravolta, a vederlo fa pensare a un drogato ma è drogato solo di caffè, i bicchierini di caffè sono sparsi dovunque. Mi chiede se mi va di fare sesso con lui. Gli dico: “Dopo! Adesso diamo una pulita.” Lavoriamo in due per un paio d’ore prima di dare alla casa un aspetto minimamente decente (ed è una casa piccolissima). Poi apro il frigo ed è una desolazione totale, praticamente ci sono solo avanzi vecchissimi. Nella dispensa c’è solo una scatola di fagioli, per fortuna c’è anche un po’ di pasta e una testa d’aglio in condizioni passabili. Facciamo due lavatrici, ma lui è distratto, non gli chiedo del suo ex, perché la risposta è evidente nei fatti: è di nuovo solo. Mangiamo una pasta e fagioli che però è buona e lo rimette di buon umore. Intorno alle tre del pomeriggio finiamo di pranzare, poi si mette in pedi di fronte a me, come fa quando vuole fare sesso, ma dovrei dire quando ha bisogno di fare sesso perché per lui è proprio un bisogno profondo. Io ero stanco morto e affaticato ma ho cercato di essere all’altezza della situazione. Lui voleva in tutti i modi cercare di coinvolgermi nelle sue fantasie sessuali che sono piuttosto diverse dalle mie, mi descriveva situazioni in cui si è trovato quando era ancora ragazzo, se non addirittura ragazzino, e che hanno lasciato tracce profonde dentro di lui. Il sesso con me era quasi un modo di rivivere quelle situazioni, mi chiedeva che cosa avrei fatto se mi fossi trovato in quelle situazioni, se per me erano eccitanti oppure no. Io cercavo di rispondere con la massima onestà, ma sempre col timore che le mie risposte fossero lontane da quelle che lui avrebbe voluto, vedevo il suo il suo tentativo di coinvolgermi nel suo mondo, nella sua sessualità e dovevo nello stesso tempo dire la verità e non deluderlo. Mi dice che devo cercare di andargli incontro, che devo farlo per lui, però pretende anche che io gli dica veramente quello che penso. Se fingessi si sentirebbe incoraggiato e confortato, ma prima o poi si renderebbe conto che quello che gli dico non è vero e una cosa del genere non l’accetterebbe proprio. Mi sono sempre chiesto se con gli altri suoi partner abbia mai affrontato certi discorsi ma credo che non sia mai successo. Una volta mi ha spiegato che agli altri non ha mai raccontato bugie e quando gli hanno fatto domande ha risposto dicendo la verità, ma nessuno era veramente interessato a quello che poteva passare per la sua testa. Con gli altri semplicemente ometteva gli argomenti più privati, lasciava tutto a un livello più superficiale e proprio per questo finiva col sentirsi uno che recita, perché omettere significa non considerare l’altro all’altezza di capire, non fidarsi di lui. Da me si sente accettato a un altro livello, non si sente giudicato e in effetti la cosa che in lui ho apprezzato più di qualunque altra è la tendenza spontanea a fidarsi istintivamente di me. In fondo io non mi aspetto da lui una fedeltà sessuale, forse prima o poi arriverà anche quella, probabilmente non a breve, ma non ha molta importanza, da lui mi aspetto invece il parlare chiaro, e su questo punto non è mai venuto meno. Certe volte, mesi fa, quando andavo a sentirlo quando teneva qualche conferenza, rimanevo incantato, anche se non capivo nulla di quello che diceva. Sembrava un’altra persona, era perfettamente in ordine, senza essere eccessivo in nulla. Lo vedevo assolutamente razionale, un vero scienziato, capace di un perfetto e spontaneo autocontrollo, non recitava una parte, trattava il suo pubblico quasi professionalmente, con la disinvoltura e nello stesso tempo col distacco di uno che è abituato alle relazioni sociali. Vedevo come lo trattavano con rispetto e quasi con deferenza, nonostante fossero quasi tutti più vecchi di lui, e di questo ero contento, ma sapevo che questo era solo un aspetto della sua vita, e non dei fondamentali. Dedica moltissimo tempo alla sostanza dei suoi lavori scientifici più che all’apparire, anche se l’interesse per la scienza, che gli fa passare tante notti in bianco e che ha qualcosa di ossessivo, viene probabilmente da un tono di fondo piuttosto depresso, cerca in quel modo di sfuggire a una solitudine sostanziale che lo isola a livello affettivo. Non è più giovanissimo ma è decisamente un bel ragazzo, se vogliamo dire così, perché ha ancora, soprattutto in privato, il modo di fare impulsivo e emotivo di un ragazzo, è affermato nel suo campo, è affascinante, ma dietro c’è un abisso di solitudine al quale nessuno fa caso. Io gli voglio bene e penso anche di essere importante per lui, lui dice che lo sono soltanto o quasi soltanto a livello sessuale, ma io credo che non sia così, non ama l’idea di legarsi a qualcuno, di dipendere affettivamente da qualcuno anche se di queste cose ha bisogno, non ha certo bisogno di dipendere ma di essere amato, ha bisogno di qualcuno che gli voglia bene per i suoi lati deboli. Lui sa che io non lo mollerò, che capisco quando non sta bene e che lo accetto com’è. Lui di me si fida e io mi fido di lui, non mi ha mai fatto trovare in situazioni imbarazzanti. Mi torna in mente una conferenza che tenne più o meno sei mesi fa. Prima che iniziasse, mi vide tra il pubblico e scese a salutarmi, dandomi del lei, come avrebbe salutato un luminare della scienza, quasi un premio Nobel, nessuna familiarità, solo rispetto. Ricordo che quando mi rimisi a sedere molti mi guardavano chiedendosi chi fossi. Alla fine della conferenza andai a stringergli la mano e lui mi rispose facendomi un piccolo inchino. Gli voglio bene, vorrei che fosse felice, prima pensavo che potesse essere felice con qualche altro, ma oggi comincio a pensare che forse non sarà mai felice nel vero senso della parola e che avrà comunque bisogno di essere capito e accettato con tutte le sue contraddizioni. Lui si è fidato di me come non ha fatto con nessun altro, mi ha fatto entrare nel suo mondo più intimo dove credo non sia mai entrato nessuno, non so se questo si chiama amore, ma credo di sì. La relazione che ho con lui non sarà mai una relazione standard, con una sessualità standard, sarà un mondo solo nostro, che visto dall’esterno potrebbe sembrare del tutto assurdo, se non addirittura patologico, Oggi so che non l’ho perduto e ne sono felice, ma non è una cosa da prendere alla leggera, non è una favola o un gioco con le parti già scritte, è una realtà tutta da costruire. Certe volte ho quasi paura che lui possa investire tutta la sua affettività su di me senza nemmeno rendersene conto, ho paura di non essere all’altezza, qualche volta penso pure che potrei morire molto prima di lui, sono più vecchio ed è nell’ordine delle cose. In certi momenti, molto nostri e molto intimi, sento che si scioglie totalmente, che si fa abbracciare, quasi proteggere, e sono i momenti più belli, altre volte mi mette in crisi con ragionamenti terribili o richiamandomi quando comincio a parlare a ruota libera e a ripetere le stesse cose. Certe volte mi dice che sono ipocrita ed è vero, che devo imparare a dire la verità brutale, che non devo nascondermi dietro le parole. Ho perso tanti amici ma non ho mai perso lui perché abbiamo creato quasi una simbiosi, forse si tratta proprio di questo. Non mi pongo più tante domande, mi sento semplicemente felice di stare vicino a lui anche se so che non sarà facile per niente.

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GAY E SINODO DEI GIOVANI

Nell’Ottobre del 2014, solo quattro anni fa, a conclusione del Sinodo sulla famiglia, mi trovai a scrivere un articolo intitolato “Il Sinodo sulla famiglia e il topolino gay”. Il titolo alludeva al fatto che dopo le grandi aspettative suscitate dall’”Instrumentum laboris”, cioè dal documento preparatorio, la “Relatio post discerptationem “ aveva enormemente ridimensionato le cose, e la “Relatio Synodi” cioè il documento finale, aveva definitivamente mortificato qualsiasi aspettativa, limitandosi alla materiale ripetizione dei contenuti delle ”Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali” firmata da Joseph Ratzinger, allora Prefetto delle Congregazione per la Dottrina della Fede, nel giugno del 2003. La montagna, dopo un lungo e faticoso travaglio, aveva partorito il topolino ma i padri sinodali ne erano rimasti così terrorizzati da affrettarsi a divorarlo prima che uscisse dall’aula del Sinodo. Ma “Sic transit gloria mundi!”

Il 28 Agosto di quest’anno scrissi un altro articolo “Papa Francesco non sa cosa sia l’omosessualità” quando Papa Francesco, nel volo di ritorno da Dublino, parlando a braccio, come è solito fare, rispondendo ad una domanda relativa all’atteggiamento che dovrebbe prendere un genitore di fronte al coming out del figlio, così si espresse:

“In quale età si manifesta questa inquietudine del figlio, è importante, una cosa è quando si manifesta da bambino, c’è… ci sono molte cose da fare… con la psichiatria… per vedere come… come sono le cose. Un’altra cosa è quando si manifesta un po’ dopo vent’anni o cose del genere, no?…”

Ero stupito che il Papa non avesse assolutamente le idee chiare su quello che la Psichiatria seria dice della omosessualità, anche se oggettivamente l’omosessualità non appare e non è certo la tematica fondamentale o il pensiero ossessivo di Papa Francesco. Va sottolineato però che, a parte questo cenno improvvido, negli atteggiamenti personali di Papa Francesco sono del tutto assenti i toni della crociata anti-gay tipici di Benedetto XVI, ai quali si ispirava anche il Sinodo sulla famiglia del 2014.

Da pochi giorni si è concluso il Sinodo sui giovani e cercherò qui di seguirne lo sviluppo relativamente al tema della omosessualità.

Il Documento finale pre-sinodale, così si esprime sul tema:

“Problemi come la pornografia distorcono la percezione della sessualità umana da parte dei giovani. La tecnologia usata in questo modo crea una ingannevole realtà parallela che ignora la dignità umana.”

“C’è spesso grande disaccordo tra i giovani, sia dentro che fuori la Chiesa, riguardo ad alcuni dei suoi insegnamenti che oggi sono particolarmente dibattuti. Tra questi troviamo: contraccezione, aborto, omosessualità, convivenza, matrimonio e la modalità di percezione del sacerdozio nelle diverse realtà della Chiesa. E’ importante notare che, indipendentemente dal livello di comprensione degli insegnamenti della Chiesa, continua ad esserci disaccordo e dibattito aperto tra gli stessi giovani su queste controverse questioni. Di conseguenza, può darsi che essi vogliano che la Chiesa cambi i suoi insegnamenti o, perlomeno, che fornisca una migliore spiegazione ed una maggiore formazione su tali questioni. Nonostante questo dibattito interno, i giovani cattolici le cui convinzioni sono in contrasto con l’insegnamento ufficiale della Chiesa desiderano comunque farne parte. Molti giovani cattolici accettano questi insegnamenti, trovando in essi una fonte di gioia. Desiderano che la Chiesa non solo continui ad attenervisi nonostante la loro impopolarità, ma che li proclami insegnandoli con maggiore profondità.”

“Noi, la Chiesa giovane, chiediamo alle nostre guide di affrontare in maniera concreta argomenti controversi come l’omosessualità e le tematiche del gender, su cui i giovani già discutono con libertà e senza tabù. Alcuni percepiscono la Chiesa come “antiscientifica”; per questo il dialogo con la comunità scientifica è certamente importante, in quanto la scienza è in grado di illuminare la bellezza della creazione.”

Vorrei soffermarmi in particolare su ciascuno di questi punti.

È un fatto evidente che la pornografia distorce la percezione della sessualità e non solo quella dei giovani, tuttavia la Chiesa condanna come pornografia anche la rappresentazione non distorta della sessualità. Ho insistito spesso anche io sul fatto che la pornografia non rappresenta correttamente la sessualità ma ritengo che una rappresentazione realistica della sessualità, che non la banalizzi e non la riduca a mera performance, sia non solo utile ma necessaria perché si capisca che la sessualità può essere espressione di un’affettività profonda, ma può anche essere vissuta in modo leggero ma comunque rispettoso dell’altro, e può perfino trasformarsi in una forma di sopraffazione e di violenza e questo vale sia in ambito gay che etero. Sento molti ragazzi gay usare espressioni del tipo: “Preferisco mille volte vedere una storia d’amore gay con un po’ di sesso che un porno, che alla fine non ha alcun senso ed è stato costruito solo per fini commerciali.” Bisognerebbe meditare sull’idea di una educazione sessuale (anche degli adulti) costruita sulla realtà per non lasciare spazio alla sola strumentalizzazione della sessualità, ma su questo terreno la Chiesa non si è mai espressa seriamente.

Quanto al disaccordo tra i giovani, sia dentro che fuori della Chiesa, su temi che adesso sono particolarmente dibattuti, tra i quali si trova anche l’omosessualità, va detto che il disaccordo non esiste solo tra i giovani ma anche tra le persone di età matura e anche all’interno della stessa Chiesa gerarchica. Quando il documento preparatorio parla di “giovani cattolici le cui convinzioni sono in contrasto con l’insegnamento ufficiale della Chiesa, che desiderano comunque farne parte” afferma che ci si può sentire cattolici e nello stesso tempo in contrasto con l’insegnamento ufficiale della Chiesa e questo accade proprio perché si ritiene che quell’insegnamento sia comunque non conforme allo spirito evangelico e sia viziato da visioni pregiudiziali, da eredità di altre epoche che andrebbero radicalmente riviste alla luce di una visione scientificamente fondata sulla realtà, basti a questo proposito ricordare che il Catechismo della Chiesa cattolica e i documenti pontifici in tema di omosessualità parlano di “grave depravazione”, “funesta conseguenza di un rifiuto di Dio”, “mancanza di evoluzione sessuale normale”, “costituzione patologica” , “comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale”. San Pio X, nel suo Catechismo del 1910, classifica il “peccato impuro contro natura” come secondo per gravità solo all’omicidio volontario, fra i peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio”.

Tutte queste cose sono, oltre che pericolose, perfino ridicole per chi ha un minimo di conoscenza della realtà, del tutto lontane della oggettività scientifica e frutto di puri pregiudizi, queste cose andrebbero riviste radicalmente con onestà intellettuale. L’idea della omosessualità come “colpa” o come “patologia” ha ormai fatto il suo tempo ed è stata archiviata dalla comunità scientifica da decenni. L’affermazione secondo la quale « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati », contenuta nell’art. 2357 del Catechismo della Chiesa Cattolica stride fortemente con l’affermazione più volte ripetuta dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo la quale l’omosessualità è “una variante naturale e non patologica” della sessualità umana.

Il documento preparatorio afferma che la dottrina della Chiesa è per molti cattolici fonte di gioia. Da quello che vedo ogni giorno tra i giovani gay, la dottrina della Chiesa in tema di omosessualità è una delle motivazioni di fondo per le quali i gay abbandonano la Chiesa, migrando talvolta verso altre confessioni religiose. I giovani gay abbandonano una Chiesa che li bolla come gravemente depravati, come persone che scontano le funeste conseguenze di un rifiuto di Dio, come individui sessualmente non normali, casi patologi che mettono in pratica comportamenti intrinsecamente cattivi dal punto di vista morale, secondi per gravità solo all’omicidio volontario! Mi chiedo come sia possibile provare gioia di fonte a queste affermazioni che non sono solo pericolose e violentemente omofobe ma sono radicalmente anticristiane.

Nel documento preparatorio si legge: “Noi, la Chiesa giovane, chiediamo alle nostre guide di affrontare in maniera concreta argomenti controversi come l’omosessualità e le tematiche del gender, su cui i giovani già discutono con libertà e senza tabù.”

Mi fermo su un solo elemento la cui presenza è sorprendente: il “gender”, una specie rimodernata di “araba fenice” di metastasiana memoria, una cosa della quale tutti parlano ma che nessuno ha mai visto! Ne parla Benedetto XVI in modo insistente, e questo non stupisce troppo, ma perfino papa Francesco ha espresso qualche preoccupazione per la teoria del gender, che però non ha alcun riscontro scientifico, né la sociologia né la psichiatria seria hanno mai parlato di questo fantomatico argomento e meno che mai nel modo assolutamente improbabile descritto dagli atti della Chiesa. La cosiddetta teoria del gender è un’invenzione di Mons. Tony Anatrella. «La teoria del “gender” ci prepara un mondo dove nulla sarà più percepito come stabile», dice lo psicanalista Tony Anatrella. «I danni provocati dal divorzio non sono nulla rispetto a quelli che può causare l’ideologia LGBT» (https://www.tempi.it/e-vietato-dirlo-ma-col-sesso-non-si-gioca/#.WBRzvPmLSUl). Aggiungo solo per inciso che Mons. Anatrella è accusato di abusi sessuali e l’articolo di Mediapart : «De nouveaux témoignages accablent Mgr Anatrella et ses thérapies sexuelles»  fornisce ampi ragguagli in proposito.

Mi chiedo come sia possibile dare spazio alle estemporanee teorie di Mons. Tony Anatrella e trascurare del tutto quello che l’Organizzazione Mondiale della Sanità va ripetendo ormai da diversi decenni. E ci si dovrebbe stupire che qualcuno possa accusare la Chiesa di anti-scientificità? Galileo docet: “il lupo perde il pel ma non il vizio.”

Vengo ora all’esame del documento finale del Sinodo relativamente alle parti concernenti l’omosessualità.

Comincio con un’osservazione: nel documento finale manca del tutto ogni riferimento alla teoria del gender, ed è un grande passo avanti, come dire che si è smesso di fare la lotta contro la befana! Era ora!

Devo aggiungere che la lettura integrale del documento, che richiede tempo e attenzione, lascia al lettore una qualche impressione di novità. I richiami al magistero di Benedetto XVI sono rari, le sottolineature della intangibilità della dottrina sono sostituite da qualche timida apertura alla necessità di un approfondimento, la tendenza è al dialogo e non all’arroccamento, non si individua un nemico in chi non condivide certi elementi della morale cattolica ma si cerca di mantenere aperto un dialogo.

Preciso che il Vaticano ha pubblicato anche gli esiti delle votazioni relative ai singoli articoli del documento. È significativo che gli art. 149 e 150 che trattano di sessualità abbiano registrato il più alto numero di non placet nel Sinodo. L’art. 149, che tratta di sessualità in modo generico ha ottenuto 214 voti favorevoli e 26 contrari, l’art. 150, che tratta più specificamente di omosessualità “senza toni da crociata” ha ottenuto 178 voti favorevoli e 65 contrari, il massimo numero di voti contrari tra tutti gli articoli del sinodo. Ricordo che per essere approvato un articolo deve ottenere ameno i 2/3 dei voti dei presenti. L’articolo 150 è passato ma col quorum più basso rispetto a tutti gli altri articoli.

Colpiscono alcuni riferimenti al lato oscuro del web che è diventato “un canale di diffusione della pornografia e di sfruttamento delle persone a scopo sessuale o tramite il gioco d’azzardo.”

Il riferimento all’abuso sessuale e agli scandali sessuali interni alla Chiesa, che pure poteva suscitare polemiche, non è stato omesso.

Si afferma che “Insieme al permanere di fenomeni antichi, come la sessualità precoce, la promiscuità, il turismo sessuale, il culto esagerato dell’aspetto fisico, si constata oggi la diffusione pervasiva della pornografia digitale e l’esibizione del proprio corpo on line.” Si prende quindi coscienza di cose oggettive e oggettivamente pericolose.

Si coglie l’imbarazzo della Chiesa nel presentare e difendere la propria morale sessuale e si sottolinea che: “Frequentemente infatti la morale sessuale è causa di incomprensione e di allontanamento dalla Chiesa, in quanto è percepita come uno spazio di giudizio e di condanna. Di fronte ai cambiamenti sociali e dei modi di vivere l’affettività e la molteplicità delle prospettive etiche, i giovani si mostrano sensibili al valore dell’autenticità e della dedizione, ma sono spesso disorientati. Essi esprimono più particolarmente un esplicito desiderio di confronto sulle questioni relative alla differenza tra identità maschile e femminile, alla reciprocità tra uomini e donne, all’omosessualità.” E anche qui non emergono giudizi.

L’accenno all’autenticità come valore di fondo della sessualità non era mai stato presente nei documenti ufficiali della Chiesa.

Si accenna allo sfruttamento sessuale, agli stupri di guerra, tutti temi molto sentiti dalla morale laica. In sostanza la distanza tra la morale laica e quella cattolica sembra restringersi almeno marginalmente e forse non solo, perché molti dei grandi valori cristiani sono anche grandi valori laici.

Riporto qui di seguito per esteso gli art. 149-150 che riguardano più da vicino l’omosessualità:
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Sessualità: una parola chiara, libera, autentica

art. 149. Nell’attuale contesto culturale la Chiesa fatica a trasmettere la bellezza della visione cristiana della corporeità e della sessualità, così come emerge dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione e dal Magistero degli ultimi Papi. Appare quindi urgente una ricerca di modalità più adeguate, che si traducano concretamente nell’elaborazione di cammini formativi rinnovati. Occorre proporre ai giovani un’antropologia dell’affettività e della sessualità capace anche di dare il giusto valore alla castità, mostrandone con saggezza pedagogica il significato più autentico per la crescita della persona, in tutti gli stati di vita. Si tratta di puntare sull’ascolto empatico, l’accompagnamento e il discernimento, sulla linea indicata dal recente Magistero. Per questo occorre curare la formazione di operatori pastorali che risultino credibili, a partire dalla maturazione delle proprie dimensioni affettive e sessuali.

art. 150. Esistono questioni relative al corpo, all’affettività e alla sessualità che hanno bisogno di una più approfondita elaborazione antropologica, teologica e pastorale, da realizzare nelle modalità e ai livelli più convenienti, da quelli locali a quello universale. Tra queste emergono in particolare quelle relative alla differenza e armonia tra identità maschile e femminile e alle inclinazioni sessuali. A questo riguardo il Sinodo ribadisce che Dio ama ogni persona e così fa la Chiesa, rinnovando il suo impegno contro ogni discriminazione e violenza su base sessuale. Ugualmente riafferma la determinante rilevanza antropologica della differenza e reciprocità tra l’uomo e la donna e ritiene riduttivo definire l’identità delle persone a partire unicamente dal loro «orientamento sessuale» (CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1 ottobre 1986, n. 16).

Esistono già in molte comunità cristiane cammini di accompagnamento nella fede di persone omosessuali: il Sinodo raccomanda di favorire tali percorsi. In questi cammini le persone sono aiutate a leggere la propria storia; ad aderire con libertà e responsabilità alla propria chiamata battesimale; a riconoscere il desiderio di appartenere e contribuire alla vita della comunità; a discernere le migliori forme per realizzarlo. In questo modo si aiuta ogni giovane, nessuno escluso, a integrare sempre più la dimensione sessuale nella propria personalità, crescendo nella qualità delle relazioni e camminando verso il dono di sé.
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Mi limito ad osservare che il richiamo alla Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, redatta da Ratzinger nel 1986 è puramente di stile e cita uno degli elementi meno sostanziali di quel documento dell’oscurantismo più radicale, che suscitò, a dire poco, grosse perplessità.
La parte finale dell’art. 150 contiene una formula volutamente neutra di apertura, rivolta a tutti, nessuno escluso che non rimarca alcuna condanna o esclusione.

In sintesi, il documento finale del Sinodo sembra, almeno nel linguaggio, e forse non solo nel linguaggio, contenere qualche apertura verso un modo non solo più scientifico e oggettivo ma anche più evangelico di concepire l’omosessualità. È pur sempre vero che una rondine non fa primavera e che il vento (anche quello dello Spirito) soffia dove vuole e potrebbe cambiare sempre direzione, ma si avverte l’impressione che il lievito stia cominciando a far fermentare tutta la pasta, o almeno buone porzioni di essa. Il tempo ci permetterà di capire se si tratta solo di un fatto episodico o se è realmente l’inizio di un’apertura, sulla quale mantengo comunque tutte le mie riserve, perché il buon senso e l’esperienza inducono a frenare gli entusiasmi e a seguire l’esempio di San Tommaso.

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CONTINUO A SOGNARE AMORE GAY E SESSO GAY

Ciao Project, tu parli di affettività e di sessualità, ok, capisco quello che vuoi dire, però sono due cose che vanno comunque sempre insieme. Mi sono innamorato anche io e profondamente di alcuni ragazzi, forse l’aspetto affettivo era lievemente prevalente, ma dico forse, perché proprio non lo potrei dire, il sesso c’era eccome, trattenuto, frenato, sublimato, tutto quello che vuoi tu, ma c’era eccome. Allora c’erano pure i sogni erotici che oggi non ci sono più, ma allora c’erano e c’era la masturbazione, che invece c’è ancora, che, ok, si poteva fare con i porno ma quando eri innamorato ti bastava la fantasia, se poi su quel ragazzo avevi anche un minimo di ricordi sessuali, e io li avevo, bastava richiamarli alla memoria e non c’era bisogno di niente altro. Se devo essere onesto, non ho mai vissuto rapporti totalmente sublimati, cioè senza fantasie sessuali di nessun genere, anzi le mie storie importanti erano accompagnate sempre e comunque da fantasie sessuali molto intense. Pensa che io avevo avuto anche un ragazza e con le avevo anche avuto rapporti sessuali, ma poi quando mi sono trovato con il primo ragazzo della mia vita, la cosa è stata tutta così diversa, così più intensa, così spontanea, così senza complessi, così totalmente diversa dai rapporti con la mia ragazza, che mi sono detto che non sarei stato mai più con una ragazza e così è stato, perché se uno è gay, sì, può anche fare sesso con una ragazza, qualche volta, ma non è proprio quello che sta cercando. Un ragazzo che ti interessa ti sconvolge, ti crea un trasporto affettivo e sessuale insieme che non ha nessun possibile paragone con un’esperienza etero. Io voglio vivere con un uomo, ho cercato sempre di stare vicino ai ragazzi, di creare con loro legami forti, di amicizia e anche di sesso, il fatto è che non ci sono riuscito quasi mai, un paio di volte sì, ma poi, dopo qualche anno, anche quei rapporti sono purtroppo finiti. Vedo ancora quei ragazzi, ovviamente non per sesso, e con loro sto bene, ma il fuoco della passione, se vogliamo dire così, non esiste più. Ti sembrerà paradossale, Project, ma adesso che ho 36 anni comincio ad avere di nuovo paura di rimanere solo. Chissà perché non riesco a vivere relazioni stabili, non so nemmeno se è colpa mia o no, ma non succede. È come se oggi la voglia di coppia fosse diminuita, nessuno si vuole impegnare, nessuno sui vuole legare. Il sesso più o meno amichevole lo trovi anche, ma un ragazzo da amare no! È proprio una cosa terribile. Certe volte mi sono illuso, pensavo che sarebbe finalmente successo, ma non è successo, o meglio sembrava che fosse successo, ma dopo qualche mese la cosa era del tutto esaurita. Io sogno un ragazzo da amare, da amare in tutti i sensi, un ragazzo col quale vivere una sessualità veramente libera e soprattutto reciproca, cioè mi piacerebbe trovare una vera armonia sessuale, che in pratica non ho mai trovato al 100%, ma vorrei anche un ragazzo col quale condividere la vita ordinaria, le preoccupazioni di lavoro, quelle economiche, i progetti per il futuro. Sto ancora sognando a 36 anni? L’esperienza non mi ha insegnato proprio niente? Dovrei accontentarmi e dire: ok, mi sta bene il primo disponibile, così mi “sistemo”! Proprio come facevano le ragazze bruttine di una volta (se veramente lo facevano). No! Allora sto meglio solo, perché se sto solo almeno sono libero. Essere in due è bello se ci si vuole bene veramente, altrimenti è meglio restare soli, tanto un po’ di sesso senza grandi aspettative lo trovo anche con qualche amico sfigato come me, ed è già successo.

Ti saluto, Pro!

Giovanni81

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CAPODANNO GAY

Caro Project,

oggi è capodanno e io sono solo in casa e non ho proprio niente da celebrare. Ho 74 anni, ho lavorato una vita per comprare un piccolissima casetta e sono stato imbrogliato più volte da gente di infimo livello abituata a speculare su tutto, ma adesso questa casetta mia ce l’ho. Ho fratelli, sorelle  e nipoti, ma ovviamente loro hanno il loro mondo fatto di veglioni, di gite e di sciare sulla neve, perché hanno i soldi per farlo. La vita, per tutti, anche per loro, alla fine sarà comunque uno schifo, ancora adesso non se ne rendono conto e quando parlo con loro vedo che proprio non hanno capito niente e che mi trattano come un mezzo demente. Io sono gay, loro non lo sanno, forse lo immaginano, ma di certo io non ho mai parlato di queste cose e d’altra parte non ho mai avuto un compagno. Di una sola cosa mi sento orgoglioso, cioè di non avere messo al mondo figli destinati comunque a soffrire. La giovinezza, se sei ricco, è una ubriacatura di stupidaggini, corri appresso alle mode, al ruolo sociale, e non ti guardi intorno, non vedi in che squallore si vive, non vedi che c’è tanta gente abbandonata a se stessa che sta scivolando in abissi di miseria e di depressione. Eppure non si fa nulla per queste persone e si continua a mettere figli al mondo in modo del tutto irresponsabile. Io sono gay e ovviamente non ho figli, non ci sarà nessuno condannato a vivere per causa mia. Francamente non ho mai capito a che cosa sia servita a mia vita: niente figli, rapporti familiari falsi o inesistenti, qualche pia illusione tipo la religione, ma è durata poco, e per il resto solo un’attesa penosa che arrivi l’ora. Io in salute sto ancora relativamente bene, ma gli anni passano e ogni capodanno significa scendere uno scalino, altro che attesa del futuro! Io ormai sono in attesa di una cosa sola. Forse i vecchi non possono più capire il mondo dei giovani, i vecchi sono arrivati alla consapevolezza del non senso della vita ma non possono comunicarla a nessuno che sia in grado di capirla. Ieri ho comprato al supermercato due sopra-cosce di pollo, stamattina le ho messe a lessare, col brodo ci farò un po’ di riso, poi mezza sopra-coscia di pollo a pranzo e mezza a cena e un’arancia, questo sarà il mio capodanno. Non vedo l’ora che arrivi domani perché se ho bisogno del dottore almeno lo trovo. I miei tre fratelli e i miei otto nipoti si sono “dimenticati” di farmi gli auguri, e li capisco, perché la mia casetta, spartita tra otto eredi, è una cosa veramente misera e non vale la pena di perdere tempo con un vecchio zio. Ma io sto meglio così. Ho visto la messa del papa, è un vecchio pure lui, ci prova a dire qualcosa di buono, ma non lo ascolta nessuno, chissà che cosa pensa veramente dentro di sé. Ho sempre paura di addormentarmi col fuoco acceso, devo comprarmi una cucina con un sistema di sicurezza che spegna il fuoco se la temperatura si alza troppo, oppure, e forse meglio, una pentola elettrica a tempo, almeno posso stare tranquillo. Non ho comprato il telesalvalavita Beghelli, perché lo dovrei collegare coi telefoni dei miei fratelli e dei miei nipoti… e no, non è proprio cosa. Pensavo di fare testamento a favore di un’associazione benefica, ma sono ancora incerto, tanto i miei nipoti di soldi ne buttano tanti e non hanno certo bisogno dei miei. Alla fine di novembre ho saputo che è morto un signore che mi era molto simpatico, ci salutavamo sempre per le scale, poi non l’ho visto più perché è finito in ospedale e lì dopo tre settimane è morto. Adesso a casa sua è venuta un’agenzia a prendersi cura dell’appartamento (un appartamento molto meglio del mio) e hanno portato via tutti i mobili per fare la ristrutturazione, dal modo come hanno portato via i mobili era evidente che sarebbero finiti tutti in discarica, mobili, ma anche libri e tante altre cose, i ricordi di una vita tutti in discarica. Beh, non la faccio tanto lunga, tanto hai capito, e vado a vedere a che punto sta il brodo.

Non so se augurarti buon anno, perché mi sembrerebbe di prenderti in giro, ti dico solo che leggere qualcosa di Progetto mi tira un po’ fuori dal pozzo della malinconia. Ciao.

Filippo (da Milano)

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