DISAMORE GAY

Ciao Project, sono un ventisettenne milanese apparentemente senza problemi: mi sono laureato, ho un lavoro che non amo e non odio ma che mi permette di essere autonomo, vengo da una famiglia di medio livello, sono figlio unico e i miei genitori sono persone dignitose, che sanno di me e non mi hanno creato problemi. Fin qui, più normale (banale) di così non si può.

Ho avuto le mie esperienze con i ragazzi, ma sono finite presto e senza rimpianti, salvo l’ultima che dura tuttora ma solo in un certo senso. I miei amici (amici?) non sanno di me, sul lavoro meno che mai, ho se mai il problema di tenere lontane le ragazze, ma non quello di avvicinare i ragazzi perché, molto schiettamente, mi sento affettivamente molto refrattario.

Non sogno di avere un ragazzo, anche quando sono stato con qualche ragazzo il coinvolgimento era molto relativo, si poteva fare di tutto, ovviamente sesso compreso, ma di coinvolgimento ce ne era oggettivamente molto poco, per non dire che non ce n’era affatto. Voglio dire che non mi sono mai innamorato di un ragazzo, non sono né etero né bisex, sono gay, su questo non ho mai avuto dubbi, tempo fa pensavo che prima o poi avrei trovato il ragazzo adatto e mi sarei innamorato ma non è mai successo.

Non sono certamente dipendente dal sesso (se mai dal lavoro) e non ho proprio voglia di mettermi a cercare un ragazzo. L’ultimo ragazzo che ho avuto, e che in un certo senso ho ancora, (lo chiamerò Carlo) è stato un po’ la mia vaccinazione contro il virus dell’innamoramento. Non odio Carlo né il suo modo di vedere la vita, semplicemente non lo capisco. Standogli vicino ho avuto modo di rendermi conto di tante cose e in primo luogo che probabilmente io non sono fatto per la vita di coppia e certamente non sono fatto per la vita di coppia con lui.

Lui percepiva già dopo le prime settimane che al di là delle apparenze io non c’ero veramente, voleva convincersi e convincermi del contrario, ma io non ero innamorato di lui e non ero nemmeno interessato a costruire qualcosa con lui, qualunque cosa fosse. Mi trattava con una certa sufficienza perché sapeva che restando vicino a me stava perdendo tempo. Abbiamo continuato a vederci per mesi e a fare quello che teoricamente dovrebbero fare gli innamorati, ma noi non eravamo innamorati, ci studiavamo reciprocamente per sapere fino a che punto la storia sarebbe andata avanti. Ci salutavamo praticamente ogni sera alle 21 in punto, era l’unica cosa chiara tra noi, in un certo senso su questo c’era una mezza complicità reciproca, ma niente di più.

Lui è un bel ragazzo e la tentazione per me era quella, ma poi, al di là di questo, non c’era proprio niente altro, aveva grandi idee per la testa, forse perché la sua famiglia gli dava tutti i quattrini che voleva, mi faceva proposte che potevano andare bene per una rivista di gossip, lasciamo perdere poi la politica … proprio stendiamo un velo pietoso, io gli ho detto tante volte che si deve trovare un ragazzo del suo mondo, ma lui pensa di poter avere un’attrattiva su di me proprio perché ha i quattrini, ma io gli ho detto che l’unica cosa che mi attira di lui è che è un bel ragazzo, e che del resto non mi interessa nulla. Non voglio essere comprato da nessuno, se vuole un cane da passeggio se lo compri come gli pare, io voglio un uomo, non un deficiente.

Certe volte mi mette i puntini sulle i perché vuole sentirsi adulare, ma ha proprio sbagliato indirizzo, certe volte lo sto a sentire proprio per vedere se si ferma o continua a sparare stronzate una appresso all’altra senza nessun limite. Lui vorrebbe che io lo stoppassi per cominciare la solita filippica dei valori!! Sì, hai capito bene, dei valori!! Ma io nemmeno gli rispondo, e quando si zittisce cambio discorso, come se nemmeno lo avessi sentito.

Certe volte mi chiamava al telefono mentre stavo al lavoro, ho provato a dirgli di non chiamare in quegli orari, ma lui continuava, e allora ho messo il suo numero tra quelli indesiderati, perché quando lavoro non mi posso distrarre. Perché non mi importa niente dei ragazzi? Io la risposta ce l’ho, sto cercando di costruire una cosa alla quale tengo moltissimo.

Adesso lavoro a buon livello, ma come dipendente, beh, io voglio cercare in tempi accettabili di aprire una mia piccola impresa. Sto accumulando competenze, proprio su come si parte con una piccola impresa, sto cercando di capire come muovermi tra banche, autorizzazioni, fisco, contratti e cose varie. A giorni comincerò un master proprio su questo e mi serve non per fare curriculum, ma per avere una competenza pratica. Io lavoro in settori molto innovativi a livello tecnico ma mi manca del tutto una preparazione di tipo manageriale-giuridico, ma sto cercando di crescere anche in quel settore.

Quando comincerò, comincerò dal piccolo, da un’impresa unipersonale, poi sarà quello che sarà, mai fare il passo più lungo della gamba! Le persone che sanno che cosa ho in mente, voglio dire le persone veramente competenti del settore, pensano che il mio progetto non sia una follia ma pensano che sarà una cosa che mi assorbirà comunque totalmente e mi hanno anche detto che un progetto del genere è sostitutivo della vita affettiva, cosa che io non condivido affatto.

Non so se avrò mai una vita affettiva, non escludo nulla, se succederà sarò il primo ad esserne contento, ma non mi metterò certo a cercarmi un ragazzo perché non ho tempo da perdere. Non ho progetti in questo settore, intendo in quello affettivo, e non sono nemmeno fissato con l’idea dell’impresa, se funzionerà ne sarò contento, se poi vedrò che il gioco non vale la candela, beh, allora me ne tornerò al mio lavoro di adesso e non penso che avrò particolari difficoltà.

Non ho sublimato l’eros nel lavoro, penso che ogni tanto, se capita, ci potrà pure essere qualche avventura, ma guai a crederci troppo! Non credo negli impegni assoluti e definitivi, nelle scelte per la vita e cose simili. Non amo i matrimoni etero, e figurati quelli gay!

Se vuoi stare con me ok, va benissimo se sta bene pure a me, quando poi ti stufi tu o mi stufo io, beh allora ciao e si passa oltre. Potrebbe anche durare tutta la vita, ma se sarà così lo si capisce solo con gli anni. Si può cominciare, poi si vede che cosa succede. Gli amori a prima vista non li ho mai capiti. Intanto devo tagliare i rapporti col mio ultimo ragazzo (Carlo) e non credo che sarà difficile, penso che si sia stancato di me da un pezzo e onestamente a me piace solo fisicamente, il che ovviamente non basta. Quindi “Ciao Carlo!” e si passa oltre! Non intendo che si passa ad un altro ragazzo, ma che si gira pagina sul capitolo ragazzi, lo si mette in stand by per un po’, poi quello che succede succede.

Vedi, Project, io non sono asessuale, no! Io uso un po’ di pornografia, anche lì con una moderazione non forzata ma assolutamente spontanea, vado avanti con la fantasia e per il momento mi basta, anche perché quando facevo sesso coi ragazzi ero veramente ossessionato dall’idea della prevenzione, certo fare sesso con un ragazzo è diverso dal vedere un video, ma con un video il rischio è proprio zero, con un ragazzo vero non ti puoi mai fidare al 100%, se cerchi di essere scrupoloso nella prevenzione ti prendono per deficiente e allora abbassi la guardia, ma poi ti vengono mille scrupoli … ne vale la pena per stare con un ragazzo che domani se ne va con un altro? Io penso proprio di no.

Ma c’è un motivo serio per cercarsi un ragazzo? Se arriva e i primi segnali indicano che potrebbe essere quello giusto, allora mi sta benissimo, ma non è obbligatorio vivere in coppia, e poi vivere in coppia è un vincolo che si può accettare solo quando c’è una motivazione seria. Io penso che voler bene a un ragazzo, o meglio, il fatto che due ragazzi si vogliano bene è certamente possibile, ma deve succedere ed è un fatto comunque molto improbabile. Anche quando succede non succede mai al 100%, c’è sempre una necessità di adattamento reciproco, ma, diciamo, se l’adattamento è al 10-20% allora è pure accettabile ma solo se è reciproco, ma adattarsi a qualunque cosa, beh, questo non lo sopporterei proprio.

Sarò pure rigido di mentalità, ma c’è un’espressione che non mi piace affatto ed è quando uno dice che è “innamorato perso” cioè ha praticamente perso la testa, io penso che o questo è solo un modo di dire molto retorico ma pure molto stupido e ingannatore, oppure uno è veramente fuori di cervello. C’è troppo romanticismo zuccheroso su queste cose, che tutti a chiacchiere condividono ma nessuno condivide nella vita pratica.

Che c’è di diverso tra un’amicizia seria e un innamoramento? Tutti dicono: il sesso! Ma il mio ragazzo, allora, se e quando ci sarà, dovrà essere prima di tutto mio amico, il che vuol dire che dovremmo avere visioni della vita e dovremmo avere modi di agire sostanzialmente simili. Beh questo fino adesso non mi è mai capitato! Certo poi c’è il sesso, ma poi! Perché se tutto si regge sul sesso basta poco per fare crollare il castello di carte!

Project, non sai quanti ragazzi bellissimi e deficienti ho incontrato, gente che dovrebbe parlare poco perché ci guadagnerebbe e invece ha la smania di parlare e così spreca quel po’ di sex appeal che ha avuto da madre natura. Qualcuno diciamo così a prima vista passabile l’ho conosciuto, ma poi la prima impressione era facilmente capovolta dalla seconda e definitiva.

Vorrei aggiungere una cosa, tanto per precisare, io non mi ritengo né Apollo né Einstein, sono un ragazzo comunissimo, niente a che vedere con tanti bellissimi che vedo per strada, perché bisogna dare a Cesare quello che è di Cesare. E non penso nemmeno che quelli che a me sembrano stupidi poi lo siano realmente, magari faranno successo nella vita cento volte più di me facendo i fotomodelli! (La volpe e l’uva!) Dico solo che a me sembrano stupidi. Certo alla fine dei giochi lo stupido che perde la partita potrei essere proprio io, ma preferisco perdere la partita giocando a modo mio più che imitare le mosse degli altri.

Scusami questo sproloquio, Project, ma oggi ho incontrato persone che mi hanno dato “consigli”, una cosa che io non sopporto affatto, e dovevo pure sfogarmi un po’.

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SESSO GAY E STANCHEZZA

Ti scrivo perché mi sento strano e non posso parlare con nessuno. Sono un quarantenne che convive da 15 anni con un compagno poco più giovane di lui (nemmeno due anni). La nostra convivenza è stata molto bella, in sostanza la cosa più bella della mia vita, ed è andata avanti per 15 anni, ma ormai da quasi un anno comincia a crearmi qualche difficoltà. Quando ci siamo conosciuti eravamo entrambi giovani e belli, io forse un po’ meno di lui, ma a lui sono piaciuto subito e la nostra storia è cominciata perché è stato lui a volerla cominciare. Poi gli anni sono passati, lui ora è un po’ meno giovane e forse un po’ meno attraente di 15 anni fa ma ha un aspetto e un modo di fare che sono l’immagine della salute, in pratica potresti dargli tranquillamente dieci anni di meno, io invece ho avuto i miei problemi seri di salute che ho superato ma che mi hanno condizionato e mi condizionano ancora parecchio. In pratica io, dal di fuori sembro ancora un tipo piacente e giovanile ma di problemi di salute ne ho proprio tanti.

Tu potresti pensare che ti sto scrivendo per parlarti dei suoi tradimenti con ragazzi più giovani e molto più baldanzosi di me, ma sono almeno dieci anni che siamo una coppia rigorosamente monogamica, e lo vedo dal fatto che lui ha con me un’attività sessuale molto frequente e il problema, incredibilmente, è proprio questo. Tieni presente che ne sono tuttora innamorato e che gli voglio bene, fare sesso con lui mi piace o meglio mi piaceva molto, non che oggi non mi piaccia più, ma lui non si rende conto che non posso stare al suo livello, mi dice che lo schivo, che con lui cerco scuse, che lo tengo a distanza, in realtà è che certe volte, per me, fare sesso con lui è veramente stressante, non a livello psicologico, ma proprio nel senso di faticoso a livello fisico e lui questo non lo capisce.

Lui, a 38 anni, fa 40 flessioni di seguito, io non riesco nemmeno a sdraiarmi per terra, ma se provo a digli che non ce la faccio non ci crede e si sente in dovere di stimolarmi e di provocarmi, come se mi mancasse una motivazione sessuale. Quando gli dico che non ce la faccio ci rimane malissimo, non mi tratta male, non lo ha mai fatto, ma pensa che io non ce la metta tutta per venirgli incontro. Mi dice che ho 40 anni e che non posso non essere all’altezza della situazione e porta se stesso ad esempio di vita sana e sportiva, quasi che il mio declino fisico fosse dovuto al mio mancato impegno nelle attività sportive.

Ti dico che certe volte comincio ad averne paura, no, paura no, diciamo meglio a temere un po’ le sue reazioni e a sentirmene condizionato. Sarebbe tanto semplice capire come stanno le cose e magari accontentarsi di quello che io posso fare senza doverne risentire, ma questo non succede, lui mi vede ancora bello, giovane e soprattutto performante come lui, ma io non sono affatto così. Noi conviviamo da 15 anni, non penso proprio che lui abbia in mente di mandare tutto in malora, se siamo andati avanti 15 anni ci sarà pure una ragione anche al di là del sesso. Il fatto è che non vorrei vederlo reagire come un cane bastonato.

Certe volte penso che lui avrebbe bisogno di uno come lui o di uno più giovane, capace di stare al suo livello. Siccome lui si può permettere di fare tutto quello che gli viene in mente perché il suo fisico lo supporta in ogni caso, lui pensa che sia così per tutti. Io spero che arrivi a capire che il suo modello non si adatta a chiunque, perché altrimenti mi troverei a convivere con un uomo non solo insoddisfatto, ma convinto di essere stato rifiutato dall’uomo che ama. Certe volte è geloso, cosa che mi sembra incredibile, mi fa domande sui nostri amici, mi chiede se ho un cellulare segreto, perché pensa che la mia stanchezza derivi magari dal fatto che vado a fare sesso con qualcuno mentre lui non c’è, cosa che non mi è mai passata per l’anticamera del cervello.

Mi sento molto scoraggiato dai suoi atteggiamenti e non so che fare perché quando provo a spiegargli come stanno le cose mi zittisce e si arrabbia come se io stessi cercando di fargli digerire l’idea che ormai lui non mi interessa più, il che non è assolutamente vero. Qualche volta ho provato a parlarci seriamente e, sul momento, mi sta pure a sentire e sembra che abbia capito, poi la volta successiva siamo da capo a 12 e ricomincia con l’idea che io non mi ci impegno abbastanza e che faccio troppe parole e pochi fatti. Il fatto che siamo praticamente coetanei per lui significa che siamo sostanzialmente uguali e che quello che può fare lui lo posso automaticamente fare anche io. Insomma, lui pensa che basti la volontà per fare tutto, perché nel suo caso basta veramente, ma nel mio non basta affatto. Tra l’altro lui sa dei miei problemi di salute e tende a minimizzarli o meglio ad insistere sul fatto che io, col mio atteggiamento, finisco per esagerare il negativo e per precludermi tante cose che per lui sono scontate.

Non so se questo problema è un problema oggettivamente stupido, ma certo è che finisce per condizionare soprattutto la nostra sessualità, io mi sento giudicato, lui mi considera un rinunciatario che si crede vecchio quando non lo è affatto, ma non è una questione di età ma di salute e questo lui non lo capisce. Io con lui sto bene e non credo che starei meglio con nessun altro e lui lo sa, certi momenti, quando facciamo sesso un po’ più tranquillo, sono proprio bellissimi, ma quando parte in quarta pretende che io gli vada appresso e io mi stanco e lui non lo capisce e mi rimprovera, lì per lì fa una sfuriata, poi se ne pente e cerca di ridimensionare. Che posso fare? Certe volte sono proprio scoraggiato. Vorrei solo vederlo contento.

Certe volte torna a casa di ottimo umore, cominciamo a fare sesso e tutto sembra andare bene, se provo a dirgli che faccio fatica a stargli appresso l’incantesimo crolla e la serata finisce col broncio. Queste non sono tragedie, lo so, ma sono certamente incomprensioni, alla fine non mi creano un grande disagio ma comincio ad avere paura di fare sesso con lui perché la possibilità che cominci bene e finisca male è molto concreta. Qualche volta l’esito di tutto questo è che mi sento in colpa e penso che il fatto di avere almeno in un certo senso paura di lui mi impedisce di fargli veramente capire come stanno le cose. Sia ben chiaro, noi ci vogliamo bene, di questo non ho dubbi, però qualche volta comincio a pensare che lui possa sentirsi veramente a disagio.

Qualche volta penso con terrore a quello che succederebbe se non mi trovassi più in condizioni fisiche tali da poter fare sesso con lui, magari in tono minore, e penso che faticherebbe a capire il perché. Tra noi c’è comunicazione, parliamo spesso e anche seriamente ma su questo punto specifico il dialogo è difficile. Lui per parecchi anni mi ha considerato un partner all’altezza della situazione e non riesce ad accettare l’idea che non è più così. Forse questo è conseguenza di un’intesa sessuale veramente forte durata per parecchi anni. Io penso che invecchierò molto più rapidamente di lui e che questi problemi potranno diventare sempre meno facili da gestire.

Negli ultimi giorni (tre o quattro) lui non ha più preso l’iniziativa sessuale, forse per non mettermi in difficoltà, non credo che lo abbia fatto per punirmi perché non ha mai fatto cose del genere, ma l’iniziativa sessuale non l’ho presa nemmeno io e siamo andati a dormire senza coinvolgimenti sessuali e questo, per noi, non è una cosa normale. Io l’iniziativa la prenderei, ma vorrei che fosse una cosa più tranquilla e più adatta a me, ma so che una cosa del genere lo deluderebbe, comunque non posso fare passare altri giorni e domani mi farò coraggio. Non che mi dispiaccia, anzi, tutt’altro … comunque è un peccato che per lui le coccole siano banalità o poco più! Una cosa posso fare, quando sto a letto con lui, posso parlare meno, perché in certi momenti le parole possono essere pericolose, questo credo sarebbe utile e sarebbe anche facile da realizzare.

Certe volte, dopo una serata di sesso, mi sento stremato e l’indomani, quando suona la sveglia, fatico ad alzarmi. Mi dispiace di non essere alla sua altezza ma non ci posso fare niente, piacerebbe anche a me essere come lui vorrebbe, cioè come sono stato fino a qualche anno fa, perché questo lo metterebbe di buon umore, ma non saranno queste cose a metterci in crisi. In qualche momento comincio a pensare che potrei anche recitare un po’ per compiacerlo, ma temo di non avere la resistenza fisica per farlo e di scivolare un altro scalino più in basso. Io penso già da qualche anno che la nostra giovinezza è finita, o almeno la mia, e che ormai siamo uomini di mezza età, lui invece si vede ancora come un ragazzo, ha un modo di fare da ragazzo che in un certo senso mi affascina e in un certo senso mi spaventa.

Mi dice che mi faccio ossessionare dalla vecchiaia, ma lui invece rimuove del tutto l’idea e beato lui che lo può fare! Mi dice pure che faccio la vittima, magari sarà anche un po’ vero, ma penso solo marginalmente. Forse comincio veramente a sentirmi vecchio dentro, all’apparenza ancora non lo sono e lui guarda solo all’apparenza, è un peccato che non si accorga del resto. Ti allego il mio contatto [… omissis …] nel caso ti andasse di fare due chiacchiere. Ovviamente con la mail puoi fare quello che vuoi, cioè la puoi anche mettere nel forum, se non la vedi troppo strana.

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RELAZIONI GAY E CONVIVENZA

In questo ultimo periodo mi è capitato spesso di incontrare in chat ragazzi gay che hanno un compagno ma che si sono trovati a dover fare i conti con disillusioni almeno parziali, cercherò quindi di schematizzare e di riassumere i nodi del problema.

Prima di tutto l’espressione “avere un compagno” è estremamente generica, si va dalla convivenza stabile ormai da diversi anni alla relazione che è ancora agli esordi ed è tutta da verificare, fino alla relazione a distanza in cui manca un contatto reale che non sia assolutamente episodico e breve. Ovviamente in una tale varietà di situazioni il concetto di “mitizzazione” assume connotati molto vari e scarsamente omogenei.

Il mito, di per sé, incarna un archetipo di comportamento che o viene recepito dall’esterno o viene creato autonomamente. La mitizzazione di persone reali è l’esempio tipico del mito auto-costruito, identificando la persona con il ruolo che ricopre o si vorrebbe che ricoprisse e proiettando su quella persona i nostri personali archetipi di quel ruolo. Attribuire anche solo ipoteticamente un ruolo a una persona equivale a rivestire quella persona di qualità e di attributi che spesso si danno per scontati, perché i meccanismi proiettivi ci portano a vedere soprattutto, se non esclusivamente, quello che vogliamo vedere.

Alcuni decenni or sono, quando non esistevano mezzi di comunicazione a distanza, la conoscenza delle persone era numericamente molto più limitata ma anche molto più diretta di quella che si realizza oggi tramite i social media. Oggi i social non ci permettono di vedere e di valutare i comportamenti degli altri ma soltanto di conoscere l’immagine che essi intendono darci di sé, cioè di conoscere la loro auto-rappresentazione. Ovviamente le rappresentazioni di sé variano a seconda degli scopi che si intende perseguire. Nella ricerca della cosiddetta anima gemella, spesso, l’immagine di sé che si tende a fornire viene costruita sul momento, sfruttando le informazioni che già conosciamo sul nostro interlocutore.

L’informazione fondamentale è la fotografia, con la quale si valuta istintivamente se l’altro è o non è per noi oggetto di interesse. Se non lo è, ossia se la foto non corrisponde ai nostri archetipi, il tono della conversazione è basso, gli apprezzamenti sono limitati, non si cerca di approfondire il rapporto ma di farlo scivolare verso la banalità e verso una dissoluzione a breve termine. Se invece la foto ci interessa, il tono del linguaggio cambia e si cerca di manifestare un interesse concreto, il discorso si scalda, si entra subito nel personale, si sta attenti a dare un’immagine positiva di sé secondo il metro dell’interlocutore. La prima cosa che si apprezza è la bellezza, che è l’elemento oggettivamente di maggior impatto al primo contatto visivo. L’ascolto si fa estremamente attento, si dà spazio all’interlocutore, cercando di raccogliere tramite le sue parole elementi utili a costruire una rappresentazione di noi stessi che sia quanto possibile seduttiva, anche a scapito della veridicità e della completezza. Si sottolineano tutte le similitudini e le analogie con l’interlocutore e si sorvola ampiamente su tutti i possibili punti di divergenza o di distanza. Si costruisce e si trasmette un’immagine di sé per specularità-complementarità (le due mani non solo uguali ma speculari e complementari e si adattano perfettamente a lavorare insieme).

Viene poi il tempo dell’immagine retrospettiva di sé, della propria storia, e in particolare della propria storia affettiva, e anche qui operano spesso a livello inconscio dei meccanismi di selezione-omissione dei contenuti, tramite i quali, nell’archivio della memoria individuale, si scelgono alcuni episodi come emblematici del proprio essere e del proprio agire e se ne omettono altri che sarebbero in dissonanza con i primi. Il linguaggio scivola molto facilmente verso espressioni che indicano forte coinvolgimento e apprezzamento (deriva del linguaggio amoroso). Tutto il processo appena delineato si può riassumere nella parola seduzione. Sedurre significa “portare in disparte”, “attrarre a sé” una persona.

Se il rapporto nasce simmetrico, cioè le valutazioni di primo impatto sono molto simili dalle due parti, si ha l’impressione di trovarsi davanti ad una bellissima storia d’amore o almeno al suo esordio e i meccanismi proiettivi entrano in funzione operando una progressiva mitizzazione sulla base di ciò che sappiamo dell’altro, nella presunzione che l’immagine che l’altro ci ha dato sia autentica. Ma i meccanismi di selezione dei contenuti, che operano spesso in modo inconscio, forniscono immancabilmente delle rappresentazioni quantomeno parziali, se non distorte della realtà. In altre parole, il contatto verbale o anche quello in audio-video non mostrano le reazioni dell’altro in situazioni reali ma esclusivamente ciò che l’altro, in modo più o meno consapevole, vuole farci vedere, o semplicemente ci fa vedere.

Ovviamente, l’incontro di persona, se episodico e breve, mantiene comunque questo medesimo schema e tende se mai a confermare la visione mitica dell’altro. Solo una reale convivenza in situazioni ordinarie e di lunga durata consente di capire e di valutare la personalità dell’altro con un’ampiezza e una profondità di un certo spessore.

Va sottolineato che se chi parla di sé ad una persona alla quale è interessato fornisce in ogni caso una rappresentazione edulcorata di sé, opera cioè una selezione dei contenuti da presentare, anche chi ascolta, in modo più o meno consapevole, opera una selezione tra i contenuti che gli vengono presentati, attribuendo valore a quelli che vanno nella direzione da lui voluta e trascurando o minimizzando quelli che vanno in direzione opposta, in questo modo l’immagine dell’interlocutore subisce una seconda deformazione indotta da chi ascolta sulla base dei propri archetipi e delle proprie proiezioni.

Al termine di un periodo, comunque breve, di incontri in chat alternati con brevi incontri di persona, si ha l’impressione di aver costruito una relazione stabile e di conoscersi approfonditamente, ma in realtà la conoscenza reciproca è minima e l’immagine dell’altro è fortemente deformata. Il mito supplisce alla realtà, la integra e la rafforza, fintanto che il contatto con la realtà non interviene a correggere la situazione.

Il vecchio detto: “il matrimonio è la tomba dell’amore” sta a significare che la convivenza fa di fatto crollare molti rapporti di coppia costruiti solo su proiezioni e miti assai lontani dalla realtà.

La demitizzazione che fa seguito alla convivenza reale può essere di tipo e grado molto diverso. Maggiore è il livello di mitizzazione nella fase pre-convivenza, maggiore è il livello di disillusione che consegue alla convivenza. La persona che dà di sé la migliore immagine possibile (auto-mitizzazione) è anche quella che ha la maggiore probabilità a priori di generare disillusioni profonde. La persona che invece non evita di parlare chiaro sui propri aspetti problematici, ha minore probabilità di avere successo nella fase di seduzione, ma, alla lunga, è assai meno esposta al rischio di creare disillusioni nel partner.

Nel mondo gay, oggi, le convivenze stabili sono più l’eccezione che la regola, le Unioni Civili sono rare, in parte perché comportano un coming out che in certi casi creerebbe problemi di difficile se non impossibile soluzione, ma soprattutto perché una convivenza di lungo periodo richiede delle scelte di fondo orientate alla stabilità e la capacità di agire su tempi lunghi in modo coerente con quelle scelte. Le storie brevi e comunque senza vincoli formali possono nascere molto facilmente e altrettanto facilmente possono finire, nascono già all’insegna del relativo, del rivedibile, del non definitivo e in sostanza del disimpegnato, e si reggono spesso su fragili mitologie destinate a frantumarsi quando si affronta una vera convivenza. Va detto però che la tendenza alle relazioni disimpegnate o, come si dice comunemente, libere, ha il suo motivo di fondo nella difficoltà di creare una relazione interpersonale profonda, che richiederebbe la presenza di forme di compatibilità tra i partner che sono decisamente poco comuni. In genere le prime esperienze dei ragazzi gay hanno come obiettivo la creazione di una coppia stabile, siccome però in moltissimi casi questo obiettivo resta di fatto irrealizzabile o comunque irrealizzato, si finisce per scegliere l’altra opzione, quella più disimpegnata, che è certamente più fragile ma rappresenta un obiettivo oggettivamente realizzabile anche in condizioni che non sono di per sé ideali.

Va sottolineato che una disillusione, per quanto pesante essa sia, non porta necessariamente alla rottura della relazione, perché, non fosse altro che per ragioni di inerzia, la relazione eventualmente incrinata si può ricucire o meglio rinsaldare, anche più di una volta, ma ovviamente quella relazione, segnata dalla disillusione, che è spesso reciproca, rischia di essere piano piano svuotata dall’interno, se altri meccanismi non intervengono a consolidarla.

L’idea che la disillusione non sia di per sé distruttiva del rapporto di coppia, spesso, è accettata solo come una soluzione di ripiego, ma andrebbe piuttosto vista, talvolta almeno, come un salutare ritorno alla realtà, perché la disillusione è tale in rapporto alla precedente illusione, ma vista nell’ottica del futuro può comportare una rivalutazione del rapporto che non è necessariamente una sua degradazione. Si tratta cioè di una presa d’atto della realtà dell’altro, o almeno di una sua immagine meno mitica e distorta, che può modificare profondamente e non sempre negativamente gli equilibri interni alla coppia. Superare le crisi di coppia, che spesso derivano da disillusioni, può addirittura consolidare il rapporto. Nei rapporti di coppia a distanza il coinvolgimento è legato in gran parte alla mitizzazione del partner, il rapporto è basato sulle parole e su situazioni facilmente controllabili. Nelle convivenze la possibilità di incomprensioni più o meno profonde col partner è molto concreta, ci si rende conto che anche la compatibilità sessuale è condizionata dal fatto che individui diversi hanno visioni diverse della sessualità e dello stesso essere gay. Comportamenti che per uno dei due sono desiderabili possono non esserlo affatto per l’altro, basti qui l’esempio del coming out, ma si potrebbero portare molti altri argomenti oggetto di frequenti incomprensioni all’interno della coppia. Nella convivenza gay è molto facile sbagliare anche quando esistono di fatto i presupposti per la costruzione di una coppia duratura. Le relazioni di convivenza stabile senza delusioni e senza incrinature non esistono, una certa dose di conflittualità è fisiologica per la sussistenza stessa della coppia. Per concretizzare una convivenza è indispensabile che i partner capiscano in partenza che gli errori ci saranno da entrambe le parti e che le posizioni rigide rischiano di destabilizzare anche le relazioni di coppia che avevano all’origine tutti i presupposti teorici della solidità.

Le disillusioni, come accennato, sono spesso reciproche, ma non è detto che siano palesi, o che lo siano da entrambe le parti. Spesso si tiene per sé la disillusione in attesa che possa essere smentita e questo indica che il mito è in crisi ma non è del tutto crollato. In questi casi, chi dissimula la propria delusione tende ad assumere un atteggiamento rivendicativo caratteristico, il permanere nella coppia assume per quella persona il senso dell’attesa della prova decisiva, finché la misura non è colma e si presenta il conto al proprio partner elencandogli o meglio rinfacciandogli tutte insieme le sue mancanze o presunte tali, è il momento della cosiddetta resa dei conti, in questi casi la risposta può essere fredda (la peggiore risposta), frustrata o anche rivendicativa, in questo ultimo caso chi si è visto presentare il conto presenta a sua volta il conto alla controparte, per mettere sulla bilancia aspettative e torti delle due parti. Anche in questi casi, però, non è affatto detto che la vita di coppia vada irrimediabilmente in pezzi, la situazione volge invece al peggio quando i due si separano senza aver né risolto né alleggerito la situazione di conflitto, cioè quando la risposta è rigida.

Ovviamente le convivenze sono equilibri instabili in cui, specialmente in una fase molto anticipata, piccole spinte correttive sono sufficienti a mantenere l’equilibrio. Va aggiunto che la convivenza, se per un verso può portare alla demitizzazione del partner, per l’altro ne può fare scoprire i pregi a prima vista meno evidenti. Uno dei pregi di un partner che emergono nelle convivenze lunghe è la non distruttività ossia la capacità di gestire le tendenze distruttive dell’altro, di raffreddare i toni e i conflitti, di minimizzare il negativo e di valorizzare il positivo di una relazione.

In ultima analisi la mitizzazione del partner nata nella fase seduttiva si scontra pienamente con la realtà solo quando si arriva ad una convivenza di lungo periodo. In questa fase subentra la demitizzazione del partner, che porta ad una rivalutazione degli elementi su cui si fonda la coppia. L’esito di questa nuova valutazione non è di per sé distruttivo, ma può portare ad una rifondazione della vita di coppia su presupposti meno proiettivi e più realistici.

Una considerazione a parte merita la cosiddetta “condiscendenza incondizionata”, cioè la tendenza a dire sempre e comunque sì al proprio partner al fine di conservare la relazione. Il concetto stesso di equilibrio dinamico comporta che le spinte devono essere bilanciate e che, se alle pressioni esercitate da uno dei due corrisponde sempre un cedimento dell’altro, l’equilibrio non si può mantenere, le richieste di adeguamento si estenderanno progressivamente a tutti i settori della vita condivisa e non solo, e quella parità che rappresenta il nucleo essenziale della coppia gay finirà per essere spazzata via. In questo modo non solo non si preserverà la vita di coppia ma la si ridurrà ad una serie di obblighi o ad una serie di dipendenze psicologiche e non solo.

Riporto qui di seguito alcuni brani di mail ad illustrazione di quanto detto.

LA SEDUZIONE

“Mi chiama in video e mi dice subito: Sei bellissimo! Ma bellissimo è lui! Sembra proprio un attore e poi ha una voce calda, sexy. Quando ha visto le mie foto la prima volta è rimasto senza parole e non credeva che fossi io! Mi ha detto che non ha mai visto un ragazzo bello come me, che ho gusto, che vesto bene, che so scegliere il taglio di capelli, che ascolto la musica giusta, la stessa che ascolta lui, che abbiamo gli stessi gusti. È un ragazzo solare ma non ha amici. Quando parliamo mi dice cose bellissime, io gli dico che io non sono come mi vede lui, che ho un sacco di difetti e che lui mi sta mitizzando e lui mi risponde che non vede l’ora di conoscermi di persona.”

IL LINGUAGGIO SESSUALE

“Ci sono alcune cose che non sopporto nel suo modo di fare, prima di tutto il linguaggio. Noi facciamo sesso tra noi, ma lui quando ne parla usa certi termini volgari che mi fanno proprio venire i nervi, mi chiedo dove ha imparato a parlare così. Lui mi dice che sono ipocrita e che voglio salvare la mia faccia da bravo ragazzo, e non sopporta che io voglia salvare la mia riservatezza. Mi dice che se le cose le faccio le devo chiamare col loro nome, solo che io quelle cose non le vedo come le vede lui, ammesso pure che lui le veda in un modo diverso dal mio, ma quando ne parla con me usa proprio termini volgari che non sopporto, poi, quando si arrabbia con me, lasciamo perdere, parla con un linguaggio degno dei peggiori porno e quando fa così lo strozzerei.”

LE FORZATURE

“Una cosa che non sopporto del mio ragazzo è il fatto che mi vuole imporre di fare cose di sesso che io non voglio fare e che lui evidentemente ha fatto con altri, su certe cose posso anche cedere ma su altre proprio me lo dovrei imporre con la forza e non lo voglio fare e basta. Quando gli dico di no in modo deciso, prima insiste e anche troppo, e poi sembra che passi oltre, come se non fosse successo nulla, ma quando ci capita che bisticciamo queste cose le tira fuori tutte e me le rinfaccia, mi dice: “Si deve fare sempre come dici tu!” (cosa, tra l’altro, che non è assolutamente vera), poi mi dice che non gli voglio bene veramente perché non faccio sempre quello che vuole lui, ma io dico: se stiamo insieme io cedo su una cosa e tu su un’altra! Perché lui non si rende conto che certe volte mi chiede proprio cose assurde, che io non sopporto proprio?”

LE MANOVRE DI RECUPERO

“L’altro giorno abbiamo avuto uno scontro su una questione molto stupida, o meglio il battibecco è cominciato tutto da lì: portare o no le calze quando facciamo sesso, lui porta quei calzini solo per il piede, io porto calze corte normali, ma lui voleva che me le togliessi e io non capivo perché, dato che lui le portava, da una cosa così stupida è partita una sfilza di lamentele sul mio comportamento, in pratica mi ha detto che non gli dicevo mai di sì e che dovevo discutere su tutto e poi, una volta partito in quarta, andava avanti e non si fermava più, a un certo punto si è rivestito come se se ne volesse andare via e io mi dicevo: Ma che fa? Se ne va veramente per una cosa del genere? Ma è proprio fuori di testa! Allora gli ho detto che mi sentivo un completo imbecille ad averlo cercato e che non sarebbe mai più successo, allora lui ha cambiato tono, si è spogliato di nuovo e si è rimesso sul letto e poi mi ha detto: Vieni qui! Io gli ho chiesto se mi avrebbe detto ancora le cose stupide che mi aveva appena detto e lui mi ha risposto che me ne aveva dette troppo poche e che le dice per il mio bene, anche se io non lo capisco. Comunque, almeno ha la dignità di tornare indietro!”

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