LA C.E.I. E LA LEGGE ANTI OMOFOBIA

In questi ultimi giorni si fa un gran parlare della proposta di legge contro l’omofobia in discussione in Parlamento. I toni della discussione si sono scaldati e molti soggetti sono scesi in campo.

Seguendo il modo di procedere tipico di Progetto Gay, prima di qualunque altra considerazione è opportuno conoscere con precisione il testo della Proposta di Legge in discussione, tenendo ben presente che l’Italia  è una Repubblica che si riconosce nei valori affermati e protetti dalla Costituzione e che gli Organi dello Stato  hanno l’obbligo di rendere effettivi ed operanti i principi costituzionali, che sono principi giuridici laici e assolutamente aconfessionali.

Il 17 maggio 2020, in occasione della Giornata internazionale contro l’omobofia, la transfobia e la bifobia, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«La ricorrenza del 17 maggio è stata scelta, in ambito internazionale, per promuovere il contrasto alle discriminazioni, la lotta ai pregiudizi e la promozione della conoscenza riguardo a tutti quei fenomeni che, per mezzo dell’omofobia, della transfobia e della bifobia, perpetrano continue violazioni della dignità umana.

Le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale costituiscono una violazione del principio di eguaglianza e ledono i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della personalità umana che trovano, invece, specifica tutela nella nostra Costituzione e nell’ordinamento internazionale.  

È compito dello Stato garantire la promozione dell’individuo non solo come singolo, ma anche nelle relazioni interpersonali e affettive. Perché ciò sia possibile, tutti devono essere messi nella condizione di esprimere la propria personalità e di avere garantite le basi per costruire il rispetto di sé. La capacità di emancipazione e di autonomia delle persone è strettamente connessa all’attenzione, al rispetto e alla parità di trattamento che si riceve dagli altri.

Operare per una società libera e matura, basata sul rispetto dei diritti e sulla valorizzazione delle persone, significa non permettere che la propria identità o l’orientamento sessuale siano motivo di aggressione, stigmatizzazione, trattamenti pregiudizievoli, derisioni nonché di discriminazioni nel lavoro e nella vita sociale».

Nella stessa giornata, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte così è intervenuto sullo stesso argomento:

La Giornata internazionale contro l’omofobia non è una semplice ricorrenza, un’occasione celebrativa. Deve essere anche un momento di riflessione per tutti e, in particolare, per chi riveste ruoli istituzionali ad attivarsi per favorire l’inclusione e il rispetto delle persone.

Come ha ricordato oggi il Presidente Mattarella le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale ledono i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della personalità umana. Queste discriminazioni sono contrarie alla Costituzione perché calpestano il valore fondamentale della dignità della persona e il principio di uguaglianza e si alimentano di pregiudizi che celano arretratezza culturale.

Per questo il mio invito a tutte le forze politiche perché possano convergere su una legge contro l’omofobia che punti anche a una robusta azione di formazione culturale: la violenza è un problema culturale e una responsabilità sociale.”

Devo sottolineare che il Presidente Mattarella, come è suo dovere, in quanto primo garante dei valori costituzionali, non ha espresso un suo parere personale ma una stretta valutazione giuridica relativa all’applicazione del dettato costituzionale. Mattarella non ha invitato a provvedere a qualcosa che a lui sembrava opportuno, ma ha richiamato il Governo al dovere di provvedere alla tutela effettiva dei diritti costituzionalmente garantiti.

La risposta di Conte non è un semplice atto di omaggio al Presedente della Repubblica, ma la presa d’atto di un dovere costituzionale al quale non ci si può sottrarre.

Tanto premesso, riporto integralmente qui di seguito la Relazione al Progetto di Legge, d’iniziativa dei Deputati Laura Boldrini e Roberto Speranza, presentata il 23 marzo 2018.

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

  1. 107

PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei deputati
BOLDRINI, SPERANZA

Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, e al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, per il contrasto dell’omofobia e della transfobia nonché delle altre discriminazioni riferite all’identità sessuale

Presentata il 23 marzo 2018

  Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge riproduce, con alcune modificazioni e integrazioni, il contenuto della proposta di legge atto Camera n. 245, di Scalfarotto e altri, presentata all’inizio della XVII legislatura e approvata dalla Camera dei deputati il 19 settembre 2013 in testo unificato con le proposte di legge atti Camera nn. 280 e 1071. Il provvedimento non è stato poi approvato dal Senato ove l’esame si è arrestato in Commissione.
Obiettivo della proposta di legge è quello di sanzionare, modificando la legge Mancino-Reale, le condotte di istigazione e di violenza finalizzate alla discriminazione in base all’identità sessuale della persona, definita come l’insieme, l’interazione o ciascuna delle seguenti componenti:

   a) il sesso biologico della persona;

   b) la sua identità di genere (la percezione che una persona ha di sé come uomo o donna, anche se non corrispondente al proprio sesso biologico);

   c) il suo ruolo di genere (qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse all’essere uomo o donna);

   d) l’orientamento sessuale (l’attrazione emotiva o sessuale nei confronti di persone dello stesso sesso, di sesso opposto o di entrambi i sessi).

  A differenza del testo unificato approvato dalla Camera il 19 settembre 2013, la presente proposta di legge intende dunque colpire non soltanto i casi di omofobia e di transfobia ma le condotte di apologia, di istigazione e di associazione finalizzata alla discriminazione, comprese quelle motivate dall’identità sessuale della vittima.
Si tratta di un intervento reso quanto mai necessario e urgente dalle dimensioni impressionanti che hanno assunto nel nostro Paese i casi di discriminazione di violenza nei confronti delle donne e delle persone LGBTI.
La relazione finale della Commissione Jo Cox sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio istituita nella XVII legislatura dalla Presidente della Camera dei deputati ha evidenziato come tali categorie di persone siano i principali bersagli di odio nel nostro Paese.
Per quanto riguarda le donne, l’11,9 per cento di esse ha subìto, nell’ambito delle relazioni di coppia, aggressioni verbali violente, intimidazioni e violenze psicologiche dal proprio partner. Un’analoga situazione riguarda l’8,5 per cento delle donne che lavorano e cercano lavoro.
Il 31,5 per cento delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subìto almeno una volta una violenza fisica o sessuale, per lo più da un partner o ex partner. Il 16,1 per cento ha subìto stalking.
Le donne sono di gran lunga le maggiori destinatarie del discorso d’odio on line. A livello europeo, una donna su dieci dai 15 anni in su è stata oggetto di cyberviolenza. In generale le donne corrono più rischi di aggressioni e molestie virtuali su tutti i social media.
L’indagine svolta dall’Osservatorio VOX sulle comunicazioni via Twitter ha rilevato che le donne sono oggetto del 63 per cento di tutti i tweet negativi rilevati nel periodo agosto 2015-febbraio 2016.
Per quanto riguarda le persone LGBTI, la relazione finale della Commissione Jo Cox riporta che ha subìto minacce o aggressioni fisiche il 23,3 per cento della popolazione omosessuale o bisessuale a fronte del 13,5 per cento degli eterosessuali. Analogamente, è stato oggetto di insulti e umiliazioni il 35,5 per cento dei primi a fronte del 25,8 per cento dei secondi.
A livello dei social media, le persone LGBT sono a pari merito con i migranti come oggetto d’odio nei messaggi su Twitter: secondo l’indagine VOX rispettivamente nel 10,8 per cento e nel 10,9 per cento dei casi, a grande distanza dalle donne.
Questa situazione richiede con evidenza e urgenza che si appresti un quadro organico di misure preventive e di contrasto mediante interventi a livello legislativo, culturale e comunicativo. La presente proposta di legge intende essere un primo, necessario tassello di questa strategia di intervento.
Passando all’illustrazione del contenuto della presente proposta di legge, l’articolo 1 definisce l’identità sessuale, con la finalità di circoscrivere il campo d’applicazione delle fattispecie penali novellate dagli articoli successivi, al fine di evitare la censura – che era stata mossa ad analoghi progetti di legge in tema di omofobia presentati nella XV legislatura – di indeterminatezza della fattispecie penale. Nella definizione delle componenti dell’identità sessuale sono compresi l’identità o i ruoli di genere, nonché i diversi orientamenti sessuali (omosessuale, eterosessuale o bisessuale) così come pacificamente riconosciuti dalla legislazione e dalle scienze psico-sociali, che nulla hanno in comune con comportamenti genericamente afferenti alla sfera sessuale, siano essi leciti o illeciti.
L’articolo 2 interviene sul delitto di apologia e istigazione alla discriminazione previsto dalla legge n. 654 del 1975:

   per inasprire la pena, sostituendo (lettera a)) le pene alternative della reclusione o della multa con la sola pena della reclusione (confermandone la durata massima in un anno e sei mesi);

   per sostituire il verbo propagandare con il verbo diffondere («idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico») e specificare che la diffusione può avvenire «in qualsiasi modo»;

   per sostituire il verbo istigare con il verbo incitare («a commettere o commette atti di discriminazione»). Con riguardo sia agli atti di discriminazione sia alla commissione di violenza o di atti di provocazione alla violenza, la proposta di legge intende dunque reintrodurre il testo originario di questa disposizione della legge del 1975, in vigore fino al 2006, ovvero fino all’entrata in vigore dell’articolo 13 della legge n. 85 del 2006 che ha novellato il testo;

   per inserire tra i motivi della discriminazione l’identità sessuale della vittima.

  Le pene previste differiscono per la gravità delle condotte realizzate. In caso di incitamento a commettere o di commissione di atti di discriminazione, è mantenuta l’attuale previsione della reclusione fino a un anno e sei mesi – a tanto ridotta dalla riforma del 2006 – eliminando, tuttavia, l’alternatività con la multa. Analogamente, in caso di incitamento alla violenza o di commissione di atti violenti, non viene modificata la pena prevista, che va da sei mesi a quattro anni.
La scelta di non modificare le pene attualmente previste, anziché inasprirle così com’era nel testo vigente prima della riforma del 2006, si giustifica alla luce delle modifiche alle sanzioni accessorie, come si dirà nell’illustrazione del successivo articolo 4 della proposta di legge. Coerentemente con il principio costituzionale della rieducazione del condannato, cui devono tendere le pene, appare più efficace – in materia di reati d’odio – l’applicazione di sanzioni accessorie, piuttosto che la reclusione.
Ai fattori di discriminazione considerati dall’articolo 3 della legge Mancino-Reale la presente proposta di legge aggiunge l’identità sessuale.
L’articolo 3 della proposta interviene sul decreto-legge n. 122 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 205 del 1993, apportandovi alcune modificazioni. In primo luogo, con finalità di coordinamento, aggiunge la discriminazione motivata dall’identità sessuale della vittima nel titolo del provvedimento, nella rubrica del primo articolo e tra le finalità che aggravano i delitti comportando un aumento di pena sino alla metà. In particolare, per quanto riguarda le novelle all’articolo 3 del decreto-legge (circostanza aggravante), la proposta di legge sostituisce l’espressione «finalità» (di discriminazione) con l’espressione «motivi».
Quindi, sulla base delle modifiche, le pene per i reati punibili con pena diversa dall’ergastolo sono aumentate fino alla metà ove tali reati siano commessi per motivi relativi all’identità sessuale della vittima (ovvero per motivi di discriminazione o di odio etnico).
L’articolo 3 della proposta di legge, inoltre, sostituendo all’articolo 3 del decreto-legge il comma 2, specifica che l’aggravante prevista dal comma 1 è da ritenersi sempre prevalente sulle eventuali attenuanti. Rispetto al testo dell’atto Camera n. 245 si consente tuttavia al giudice di valutare quale circostanza attenuante, la minore età dell’autore del reato (articolo 98 del codice penale).
L’articolo 4 della proposta di legge sostituisce la disciplina della pena accessoria dell’obbligo di prestare un’attività non retribuita in favore della collettività. A tal fine la proposta di legge (comma 3 dell’articolo 4):

   a) elimina dall’articolo 1 del decreto-legge n. 122 del 1993 tutte le disposizioni che attualmente regolamentano tale pena accessoria, come una delle possibili pene accessorie cui il giudice può ricorrere (articolo 1, comma 1-bis, lettera a), e commi da 1-ter a 1-sexies);

   b) introduce un nuovo articolo nel decreto-legge n. 122 del 1993.

  Dalla novella dell’articolo si ricava che in sede di condanna il giudice:

   dovrà sempre disporre la pena accessoria dei lavori di pubblica utilità;

   potrà disporre la pena accessoria dell’obbligo di dimora (lettera b)), della sospensione della patente o dei documenti per l’espatrio (lettera c)), del divieto di partecipare per un minimo di tre anni ad attività di propaganda elettorale (lettera d)).

  L’articolo 5 della proposta di legge, riprendendo un’espressa raccomandazione rivolta più volte all’Italia dal Consiglio d’Europa e ripresa dalla Commissione Jo Cox della Camera, istituisce l’Autorità garante della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni, che sostituisce l’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni (UNAR). Rispetto a tale Ufficio, l’Autorità garante è configurata quale autorità indipendente e può dunque svolgere le proprie funzioni da una posizione di maggior autonomia. A tal fine, la nomina dei componenti è affidata all’intesa dei Presidenti di Camera e Senato, che dovranno scegliere tra persone di notoria indipendenza. L’Autorità potrà, tra l’altro, ricevere i reclami e le segnalazioni delle vittime di discriminazione e svolgere, nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dell’autorità giudiziaria, inchieste al fine di verificare l’esistenza di fenomeni discriminatori e, in caso di accertamento di violazioni, formulare specifiche raccomandazioni.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Definizioni relative all’identità sessuale).

  1. Ai fini della legge penale, si intende per:

   a) «identità sessuale»: l’insieme, l’interazione o ciascuna delle seguenti componenti: sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere e orientamento sessuale;

   b) «identità di genere»: la percezione che una persona ha di sé come uomo o donna, anche se non corrispondente al proprio sesso biologico;

   c) «ruolo di genere»: qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse all’essere uomo o donna;

   d) «orientamento sessuale»: l’attrazione emotiva o sessuale nei confronti di persone dello stesso sesso, di sesso opposto o di entrambi i sessi.

Art. 2.
(Modifiche all’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654).

  1. Il comma 1 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, è sostituito dal seguente:

   «1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione dell’articolo 4 della convenzione, è punito:

   a) con la reclusione fino a un anno e sei mesi chiunque, in qualsiasi modo, diffonde idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima;

   b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima».

  2. Al comma 3 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima».

Art. 3.
(Modifiche al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205).

  1. Al titolo del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «e religiosa» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosa o motivata dall’identità sessuale della vittima».
2. Alla rubrica dell’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima».
3. Al comma 1 dell’articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) le parole: «per finalità» sono sostituite dalle seguenti: «per motivi»;

   b) dopo le parole: «o religioso» sono inserite le seguenti: «o relativi all’identità sessuale della vittima».

  4. Il comma 2 dell’articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, è sostituito dal seguente:

   «2. La circostanza aggravante prevista dal comma 1 è sempre considerata prevalente sulle circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98 del codice penale, ai fini del bilanciamento di cui all’articolo 69 del codice penale».

Art. 4.
(Pena accessoria dell’attività non retribuita in favore della collettività).

  1. Dopo l’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, come modificato dalla presente legge, è inserito il seguente:

   «Art. 1-bis. – (Attività non retribuita in favore della collettività). – 1. Con la sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, o per uno dei reati previsti dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962, il giudice dispone la pena accessoria dell’obbligo di prestare un’attività non retribuita in favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità, secondo le modalità stabilite ai sensi del comma 2.
2. L’attività non retribuita in favore della collettività, da svolgere al termine dell’espiazione della pena detentiva per un periodo da sei mesi a un anno, deve essere determinata dal giudice con modalità tali da non pregiudicare le esigenze lavorative, di studio o di reinserimento sociale del condannato.
3. Possono costituire oggetto dell’attività non retribuita in favore della collettività: la prestazione di attività lavorativa per opere di bonifica e di restauro degli edifici danneggiati con scritte, emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui al comma 3 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654; lo svolgimento di lavoro in favore di organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, quali quelle operanti nei confronti delle persone disabili, dei tossicodipendenti, degli anziani, degli stranieri o in favore delle associazioni di tutela delle persone omosessuali, bisessuali, transessuali o transgender; la prestazione di lavoro per finalità di protezione civile, di tutela del patrimonio ambientale e culturale e per altre finalità pubbliche.
4. L’attività può essere svolta nell’ambito e in favore di strutture pubbliche o di enti e organizzazioni privati».

  2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato con decreto del Ministro della giustizia sono determinate le modalità di svolgimento dell’attività non retribuita in favore della collettività, di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, introdotto dal comma 1 del presente articolo.
3. La lettera a) del comma 1-bis e i commi 1-ter, 1-quater, 1-quinquies e 1-sexies dell’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, sono abrogati.

Art. 5.
(Autorità garante della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni).

  1. È istituita l’Autorità garante della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni, di seguito denominata «Autorità».
2. L’Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione ed è organo collegiale costituito dal presidente e da due membri, nominati con determinazione adottata d’intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Essi sono scelti tra persone di notoria indipendenza, non dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che assicurano autonomia e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani.
3. I componenti dell’Autorità restano in carica per cinque anni non prorogabili e non possono ricoprire cariche istituzionali, anche elettive, ovvero incarichi in partiti politici.
4. L’Autorità ha diritto di corrispondere con tutte le pubbliche amministrazioni e con gli enti di diritto pubblico, nonché di chiedere ad essi, oltre a notizie e informazioni, la collaborazione per l’adempimento delle sue funzioni.
5. All’Autorità sono attribuite le seguenti funzioni:

   a) fornire assistenza, nei procedimenti giurisdizionali o amministrativi intrapresi, alle persone che si ritengono lese da comportamenti discriminatori;

   b) esaminare i reclami e le segnalazioni relativi a discriminazioni presentati dagli interessati o dalle associazioni operanti nel settore;

   c) svolgere, nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dell’autorità giudiziaria, inchieste al fine di verificare l’esistenza di fenomeni discriminatori e, in caso di accertamento di violazioni, formulare specifiche raccomandazioni;

   d) promuovere misure specifiche, compresi progetti di azioni positive, dirette a evitare o compensare le situazioni di svantaggio connesse alla razza, all’origine etnica o all’identità sessuale;

   e) diffondere la massima conoscenza possibile degli strumenti di tutela vigenti anche mediante azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul principio della parità di trattamento e la realizzazione di campagne di informazione e comunicazione;

   f) formulare pareri su questioni connesse alle discriminazioni per razza, origine etnica e identità sessuale, nonché proposte di modifica della normativa vigente;

   g) redigere una relazione annuale per le Camere sull’effettiva applicazione del principio di parità di trattamento e sull’efficacia dei meccanismi di tutela, nonché una relazione annuale al Presidente del Consiglio dei ministri sull’attività svolta;

   h) promuovere studi, ricerche, corsi di formazione e scambi di esperienze anche con le altre organizzazioni non governative operanti nel settore e con gli istituti specializzati di rilevazione statistica, anche al fine di elaborare linee guida in materia di lotta alle discriminazioni.

  6. L’Autorità si avvale di personale proveniente dalle pubbliche amministrazioni, anche in posizione di comando o di distacco, ove consentito dai rispettivi ordinamenti.
7. È soppresso l’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215.
8. Per il funzionamento dell’Autorità è autorizzata la spesa di 200.000 euro a decorrere dal 2018. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.”

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La C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) ha diffuso ieri, 10 Giugno una presa di posizione ufficiale sulla Proposta di Legge, dal titolo “Omofobia: non serve una nuova legge” di cui è bene conoscere l’intero testo, che riposto qui si seguito:

“Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”, sottolinea Papa Francesco, mettendo fuorigioco ogni tipo di razzismo o di esclusione come pure ogni reazione violenta, destinata a rivelarsi a sua volta autodistruttiva.

Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.

Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.

Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni.

Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.

Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto.

Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese.

Roma, 10 giugno 2020                                               La Presidenza della CEI”

L’intervento delle C.E.I. va considerato attentamente.

Si parte da una premessa che sembra concordare con il discorso di Mattarella:

Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.

ma subito dopo si esprime in maniera diametralmente opposta a quella di Mattarella:

Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.

Mi chiedo che cosa succederebbe se qualcuno presentasse una Legge per escludere dalle tutele della Legge Mancino-Reale le discriminazioni su base religiosa, sostenendo che “un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.”

Ma la C.E.I va oltre.

“Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni.”

Nel linguaggio velato e diplomatico che le è proprio la C.E.I. non attacca il testo della Proposta di Legge in sé ma esprime preoccupazione e ritiene che non vi sia urgenza di nuove disposizioni.

Finalmente, dopo tante premesse, si giunge ad esprimere le preoccupazioni di fondo:

“Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.”

La C.E.I. si presenta quindi come preoccupata della difesa dei valori costituzionalmente garantiti e in specie del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, sancito dal primo comma dell’art. 21 della Costituzione:

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”

Contro gli abusi repressivi di questo diritto derivanti dalla derive liberticide conseguenti alla introduzione della legge anti omofobia, la C.E.I. si fa paladina della libertà! Mi chiedo quali siano le scelte educative cui si riferisce la C.E.I. Ricordo a questo proposito che il Catechismo della Chiesa cattolica e i documenti pontifici in tema di omosessualità parlano di “grave depravazione”, “funesta conseguenza di un rifiuto di Dio”, “mancanza di evoluzione sessuale normale”, “costituzione patologica”, “comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale”. San Pio X, nel suo Catechismo del 1910, classifica il “peccato impuro contro natura” come secondo per gravità solo all’omicidio volontario, fra i peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio”. E il Catechismo aggiunge “Questi peccati diconsi gridare vendetta al cospetto di Dio, perché lo dice lo Spirito Santo e perché la loro iniquità è così grave e manifesta che provoca Dio a punirli con più severi castighi”, per non parlare del giudizio del papa emerito che ritiene il “matrimonio omosessuale” un segno del potere spirituale dell’Anticristo. Mi chiedo se la C.E.I. considera queste affermazioni come manifestazioni del libero pensiero tutelate dell’art. 21 della Costituzione. Sorvoliamo sulla “funesta conseguenza di un rifiuto di Dio” e sulle valutazioni della gravità dei peccati operata da San Pio X, perché queste valutazioni sono tutte interne alla Chiesa, ma francamente ritengo oltraggioso, oltre che falso, parlare di omosessualità come grave depravazione, come mancanza di evoluzione sessuale normale, come costituzione patologica e come comportamento intrinsecamente cattivo da un punto di vista morale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha smentito più volte categoricamente queste affermazioni della Chiesa cattolica. La morale non è appannaggio di nessuna chiesa e il primo principio della morale è il rispetto del prossimo. Che cosa direbbe la C.E.I. se qualcuno sostenesse pubblicamente che farsi prete è conseguenza di una “mancanza di evoluzione sessuale normale,” che il celibato è una grave depravazione contro natura e un comportamento patologico?

Ma per capire che cosa c’è sotto la dichiarazione della C.E.I. è opportuno leggere un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede “Alcune Considerazioni concernenti la Risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, del 24 luglio 1992. Per dovere di completezza riporto il testo per intero.

PREMESSA

Recentemente, in diversi luoghi è stata proposta una legi­slazione che renderebbe illegale una discriminazione sulla base della tendenza sessuale. In alcune città le autorità municipali hanno reso accessibile un’edilizia pubblica, per altro riservata a famiglie, a coppie omosessuali (ed eterosessuali non sposate). Tali iniziative, anche laddove sembrano più dirette a offrire un sostegno a diritti civili fondamentali che non indulgenza nei confronti dell’attività o di uno stile di vita omosessuale, possono di fatto avere un impatto negativo sulla famiglia e sulla società. Ad esempio, sono spesso implicati problemi come l’adozione di bambini, l’assunzione di insegnanti, la necessità di case da parte di autentiche famiglie, legittime preoccupazioni dei proprietari di case nel selezionare potenziali affittuari.

Mentre sarebbe impossibile ipotizzare ogni possibile conseguenza di proposte legislative in questo settore, le seguenti osservazioni cercheranno di indicare alcuni principi e distinzioni di natura generale che dovrebbero essere presi in considerazione dal coscienzioso legislatore, elettore, o autorità ecclesiale che si trovi di fronte a tali problemi.

La prima sezione richiamerà passi significativi dalla Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali pubblicata nel 1986 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. La seconda sezione tratterà della loro applicazione.

PASSI SIGNIFICATIVI DELLA «LETTERA» DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

1) La Lettera ricorda che la Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale pubblicata nel 1975 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede «teneva conto della distinzione comunemente operata fra condizione o tendenza omosessuale e atti omosessuali»; questi ultimi sono «intrinsecamente disordinati» e «non possono essere approvati in nessun caso» (n. 3).

2) Dal momento che «nella discussione che seguì la pubblicazione della (summenzionata) Dichiarazione, furono proposte delle interpretazioni eccessivamente benevole della condizione omosessuale stessa, tanto che qualcuno si spinse fino a definirla indifferente o addirittura buona», la Lettera prosegue precisando che la particolare inclinazione della persona omosessuale, «benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata. Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile» (n. 3).

3) «Come accade per ogni altro disordine morale, l’attività omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio. Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l’omosessualità, la Chiesa non limita ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona, intese in modo realistico e autentico» (n. 7).

4) Con riferimento al movimento degli omosessuali, la Lettera afferma: «Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione» (n. 9).

5) «È pertanto in atto in alcune nazioni un vero e proprio tentativo di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi Pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile. Il fine di tale azione è conformare questa legislazione alla concezione propria di questi gruppi di pressione, secondo cui omosessualità è almeno una realtà perfettamente innocua, se non totalmente buona. Benché la pratica dell’omosessualità stia minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone, i fautori di questa tendenza non desistono dalla loro azione e rifiutano di prendere in considerazione le proporzioni del rischio, che vi è implicato» (n. 9).

6) «Essa (la Chiesa) è consapevole che l’opinione, secondo la quale l’attività omosessuale sarebbe equivalente, o almeno altrettanto accettabile, quanto l’espressione sessuale dell’amore coniugale, ha un’incidenza diretta sulla concezione che la società ha della natura e dei diritti della famiglia, e li mette seriamente in pericolo» (n. 9).

7) «Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei Pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.

Tuttavia, la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata. Quando tale affermazione viene accolta e di conseguenza l’attività omosessuale è accettata come buona, oppure quando viene introdotta una legislazione civile per proteggere un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto, né la chiesa né la società nel suo complesso dovrebbero poi sorprendersi se anche altre opinioni e pratiche distorte guadagnano terreno e se i comportamenti irrazionali e violenti aumentano» (n. 10).

8) «Dev’essere comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa. In realtà anche nelle persone con tendenza omosessuale dev’essere riconosciuta quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le conferisce la sua particolare dignità» (n. 11).

9) «Nel valutare eventuali progetti legislativi, si dovrà porre in primo piano l’impegno a difendere e promuovere la vita della famiglia» (n. 17).

II APPLICAZIONI

10) La «tendenza sessuale» non costituisce una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc. rispetto alla non­ discriminazione. Diversamente da queste, la tendenza omosessuale è un disordine oggettivo (cf. Lettera, n. 3) e richiama una preoccupazione morale.

11) Vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale: per esempio, nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare.

12) Le persone omosessuali, in quanto persone umane, hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone incluso il diritto di non essere trattate in una maniera che offende la loro dignità personale (cf. n. 10). Fra gli altri diritti, tutte le persone hanno il diritto al lavoro, all’abitazione, ecc. Nondimeno questi diritti non sono assoluti. Essi possono essere legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno obiettivamente disordinato. Ciò è talvolta non solo lecito ma obbligatorio, e inoltre si imporrà non solo nel caso di comportamento colpevole ma anche nel caso di azioni di persone fisicamente o mentalmente malate. Così è accettato che lo stato possa restringere l’esercizio di diritti, per esempio, nel caso di persone contagiose o mentalmente malate, allo scopo di proteggere il bene comune.

13) Includere la «tendenza omosessuale» fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l’omosessualità quale fonte positiva di diritti umani, ad esempio, in riferimento alla cosiddetta «affirmative action» o trattamento preferenziale nelle pratiche di assunzione. Ciò è tanto più deleterio dal momento che non vi è un diritto all’omosessualità (cf n. 10) che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali. Il passaggio dal riconoscimento dell’omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può portare facilmente, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell’omosessualità. L’omosessualità di una persona sarebbe invocata in opposizione a un asserita discriminazione e così l’esercizio dei diritti sarebbe difeso precisamente attraverso l’affermazione della condizione omosessuale invece che nei termini di una violazione di diritti umani fondamentali.

14) La «tendenza sessuale» di una persona non è paragonabile alla razza, al sesso, all’età, ecc. anche per un’altra ragione che merita attenzione, oltre quella sopramenzionata. La tendenza sessuale di un individuo non è in genere nota ad altri a meno che egli identifichi pubblicamente se stesso come avente questa tendenza o almeno qualche comportamento esterno lo manifesti. Di regola, la maggioranza delle persone a tendenza omosessuale che cercano di condurre una vita casta non rende pubblica la sua tendenza sessuale. Di conseguenza il problema della discriminazione in termini di impiego, alloggio, ecc. normalmente non si pone.

Le persone omosessuali che dichiarano la loro omosessualità sono in genere proprio quelle che ritengono il comportamento o lo stile di vita omosessuale essere «indifferente o addirittura buono» (cf. n. 3), e quindi degno di approvazione pubblica. È all’interno di questo gruppo di persone che si possono trovare più facilmente coloro che cercano dì «manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi Pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile» (cf n. 9), coloro che usano la tattica di affermare con toni di protesta che «qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali…è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione» (cf. n. 9).

Inoltre, vi è il pericolo che una legislazione che faccia dell’omosessualità una base per avere dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge.

15) Dal momento che nella valutazione di una proposta di legislazione la massima cura dovrebbe essere data alla respon­sabilità di difendere e di promuovere la vita della famiglia (cf. n. 17), grande attenzione dovrebbe essere prestata ai singoli provvedimenti degli interventi proposti. Come influenzeranno l’adozione o l’affido? Costituiranno una difesa degli atti omosessuali, pubblici o privati? Conferiranno uno stato equivalente a quello di una famiglia a unioni omosessuali, per esempio, a riguardo dell’edilizia pubblica o dando al partner omosessuale vantaggi contrattuali che potrebbero includere elementi come partecipazione della «famiglia» nelle indennità di salute prestate a chi lavora (cf. n. 9)?

16) Infine, laddove una questione di bene comune è in gioco, non è opportuno che le Autorità ecclesiali sostengano o rimangano neutrali davanti a una legislazione negativa anche se concede delle eccezioni alle organizzazioni e alle istituzioni della Chiesa. La Chiesa ha la responsabilità di promuovere la vita della famiglia e la moralità pubblica dell’intera società civile sulla base dei valori morali fondamentali, e non solo di proteggere se stessa dalle conseguenze di leggi perniciose (cf. n. 17).”

Non mi pongo il problema se le affermazioni contenute in questo documento siano libere manifestazioni del pensiero tutelate dall’articolo 21 della Costituzione o se possano costituire istigazione alla discriminazione delle persone omosessuali incriminabile ai sensi della definenda Legge anti-omofobia, una sola cosa è del tutto evidente: quanto affermato nel documento è in radicale contrasto con i principi della Costituzione italiana. Non entro in questioni concernenti la religione, ma il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede rappresenta una lesione sostanziale dei diritti costituzionalmente garantiti e pertanto è inaccettabile per chiunque sia abituato ad atmosfere di libertà. Concludo con una citazione di Carducci:

“Ahi giorno sovra gli altri infame e tristo,

Quando vessil di servitú la Croce

E campion di tiranni apparve Cristo!”

(Juvenilia – Voce dei preti)

 

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1) Catechismo della Chiesa cattolica, 2357.

2) Congregazione per la Dottrina della Fede. Persona Humana. Alcune questioni di etica sessuale – 29 Dicembre 1975, n. 8 – Relazioni omosessuali.

3) Ibidem.

4) Ibidem.

5) Congregazione per la Dottrina della Fede – Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 3.

6) Catechismo maggiore, n. 966.

7) n.967.

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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul Forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=73&t=6884

AMORI GAY INDUSTRIALI

Caro Project,
parto dall’inizio, ho quasi 27 anni, ho sempre saputo di essere gay e la cosa per me è stata naturale, mai nessun problema e mai nessun dubbio. I problemi non li avevo io, ma li avevano gli altri e io non potevo che pagarne le conseguenze. Non sono mai stato bravo a scuola e ho sempre avuto parecchi complessi anche per questo, però forse questo mi ha aiutato e ha convogliato l’attenzione dei miei genitori sui problemi scolastici, evitando che si concentrasse sul fatto che non avevo ragazze intorno. Dopo la maturità ho fatto un corso semestrale molto specialistico e lì me la sono cavata piuttosto bene, anche meglio degli altri ragazzi. Alla fine del corso mi hanno chiamato per un colloquio in una grossa azienda, e contro ogni mia aspettativa mi hanno preso. I miei genitori erano contrari perché sarei dovuto andare fuori della mia regione in un posto molto lontano e il salario era basso e mio padre mi avrebbe dovuto pagare un alloggio vicino all’Azienda. Comunque poi mio padre ha finito per dirmi di sì e sono partito.

Avevo compiuto ventidue anni da qualche mese e mi sentivo finalmente libero, ma ero anche molto spaventato, ho fatto un tirocinio di sei mesi e mi hanno confermato a tempo indeterminato. Il salario reale era meglio di quello che mi aspettavo e poi non avevo spese, perché dal lunedì al sabato, a pranzo, mangiavo in Azienda, ma siccome la produzione era a ritmo continuo, c’era la mensa anche per la cena, e anche la mattina per la colazione, ma la cena e la colazione le dovevo pagare, ma costavano veramente poco e non erano niente male. Insomma, dopo tre mesi, ho detto a mio padre che ce la facevo a pagarmi l’alloggio da me e che non avrebbe più dovuto farmi il bonifico mensile, perché i miei non sono affatto ricchi.

Mi sono messo in giro per cercare una casetta in affitto, anche un buco ma che doveva essere solo mio, ne ho trovato una non vicinissima all’Azienda, più o meno un chilometro e mezzo, a piedi 35 minuti di buon passo, ma era una casetta singola con un pezzettino di orto di non più di 400 mq. Appena ho potuto, anche rimettendoci a quattrini, ho lasciato la stanza che avevo affittato e mi sono trasferito. Avevo scoperto che in Azienda si poteva dare la disponibilità per fare turni di lavoro straordinari, io non avevo carichi di famiglia e con gli straordinari riuscivo non solo a pagarmi la casetta ma anche a mettere un po’ di soldi da parte e a fare qualche spesa extra (macchina fotografica, e con qualche sforzo un PC nuovo).

Mi sentivo un re, ma ero solo. Ovviamente in Azienda avevo cominciato a guardarmi intorno, come fanno tutti i ragazzi gay, a caccia di altri come me, ma francamente erano tutti molto più grandi di me, tutti o quasi sposati con figli. Nel reparto dove lavoravo io, il più giovane dopo di me aveva 36 anni, era pelato e aveva la pancia che gli usciva fuori della cinta e probabilmente era pure etero. Nel reparto si lavorava e non si perdeva tempo, io cercavo di fare del mio meglio. Vedevo che i capi qualche volta rimproveravano qualcuno degli addetti che aveva fatto male il suo compito, ma a me non mi rimproveravano mai.

Un giorno però viene da me il Capo turno e mi dice che so fare il mio lavoro e che lo faccio bene. Io mi sento molto incoraggiato. Nel settore affidato a me avevo notato che una delle macchine che io conoscevo meglio non era impostata nel modo migliore e che c’erano delle operazioni che, con quelle impostazioni richiedevano molto più tempo e molto più intervento umano di controllo. Mi viene in mente che ci potrebbe essere una soluzione, lo dico al Capo turno che però non mi prende troppo sul serio e mi dice solo che ne parlerà con l’ingegnere responsabile dell’automazione. Io penso che me lo abbia detto tanto per dire una cosa e penso che la storia sia finita lì.

Due giorni dopo viene da me il Capo reparto e mi dice che l’Ingegner Bordin (nome modificato) vuole parlare con me a fine turno. Io mi sento molto gratificato, a fine turno mi lavo bene le mani e la faccia e vado in Amministrazione. L’ambiente è lussuoso ma senza esagerare, trovo lo studio dell’Ingegnere, la segretaria, una signora sui 55, mi dice che l’Ingegnere arriverà a minuti e mi fa accomodare nella stanza. Mi sento intimidito, c’è un computer acceso con dei disegni di linee di produzione e faldoni di carte dappertutto. Dopo neppure 5 minuti arriva l’Ingegnere e qui mi prende un infarto, io mi aspettavo uno anziano e invece è un bellissimo ragazzo che secondo me non ha nemmeno trent’anni, mi sorride subito, mi dà la mano, una bella mano calda e forte e poi mi dice che il Capo turno gli ha detto che si potrebbe modificare il settaggio di una macchina industriale e che glielo avevo proposto io, e mi chiede di che si tratta. Io cerco di spiegarglielo, ma è evidente che sono cose delle quali lui non capisce nulla.

A un certo punto mi chiede: “Ma lei è sicuro di quello che dice?” Io gli dico che penso di esserne abbastanza sicuro ma che bisognerebbe fare una prova, cioè bisognerebbe resettare la macchina nel nuovo modo e vedere che cosa succede facendole fare le lavorazioni che fa adesso, per vedere se è in grado di fare tutto in automatico. Lui mi chiede quanto potrebbe durare la prova, gli dico: “Al massimo 10-15 minuti”, lui mi dice di fare la prova e di fargli sapere se la cosa funziona, se il Capo reparto fa storie devo dirgli che sono stato autorizzato da lui. Aggiunge che devo fargli avere quanto prima una relazione sull’esito della prova, poi mi sorride, mi dà la mano e mi congeda.

Mi precipito dal Capo reparto che apre le braccia e mi dice: “Vabbe’, però interrompiamo la linea per il tempo minore possibile.” Restiamo d’accordo che avrei fatto la prova tra le 3.00 e le 3.30 della notte, quando l’impianto funziona a regime più basso, tutto per minimizzare gli effetti provocati dall’interruzione della linea di produzione. Io torno a casa, mi studio tutti i manuali tecnici, scrivo il programma di resettaggio, rileggo i programmi decine di volte, monto il simulatore sul mio PC e procedo ad avviare l’esecuzione standard del pezzo. Sembra che tutto funzioni alla perfezione. Carico il programma sulla pennetta e mi metto a scrivere la relazione per l’Ingegnere, dando per scontato che tutto funzionerà come previsto anche sulla macchina vera. All’una e trenta di notte esco dalla mia casetta e vado in Azienda. Do il segnale di fermo della produzione per 15 minuti, “causa manutenzione” alle 3.05 in punto. Carico il programma di resettaggio, inserisco un pezzo da lavorare e alle 3.09.10 il pezzo esce dalla macchina perfetto, addirittura migliore anche a occhio rispetto a quello che si otteneva con la vecchia procedura.

Lascio la macchina con il mio settaggio e alle 3.12.00 riavvio il ciclo di produzione. Prendo un pezzo fatto con la vecchia tecnica e quello fatto con la nuova sul quale metto una goccia di vernice rossa. Poi torno a casa, completo la relazione. In pratica coi nuovi settaggi il tempo si riduceva da 7 minuti e 10 secondi a 4 minuti e 10 secondi e non compariva sul pezzo nessun segno di discontinuità di lavorazione. Torno a casa sfinito ma contento. La mattina alle 7.00 inizio il turno. Vado dal Capo turno, gli dico che ho fatto la prova e che è andata bene, mi risponde che ha visto una velocizzazione della linea e mi dice che ho fatto un buon lavoro. Gli chiedo se posso andare dall’Ingegnere, lui mi dice di sì e io vado.

L’Ingegnere non c’è ma la segretaria lo chiama al cellulare e mi dice di accomodarmi e di aspettare. Arriva dopo pochi secondi, mi sorride, mi dice che è contento di vedermi e mi informa che il Capo turno ha rilevato un’accelerazione di linea quasi del 7%. Gli do la relazione, la sfoglia più che leggerla, poi mi offre un caffè. Temo che mi chieda qualcosa sulla scuola, ma non lo fa, si fa portare due caffè e prendiamo il caffè insieme, poi parliamo un po’, mi chiede da quanto tempo sto in Azienda, dove abito, dove ho lavorato prima, come mi trovo coi colleghi di lavoro, io mi azzardo a girare a lui le stesse domande e mi risponde in tono molto amichevole, si fida di me, mi dice che ha 29 anni, che sta in Azienda da tre anni ma che è molto stressato dal lavoro, non accenna a moglie o figli né a fidanzate, forse quelli sono discorsi troppo personali, poi mi chiede il numero di cellulare, lo scrive sulla mia relazione tecnica e la mette nel cassetto. Poi mi dice che gli dispiace dovermi rimandare al reparto perché si vede che sono un bravissimo ragazzo e mi congeda con una stretta di mano più forte e più calda del solito e che dura qualche istante di più del previsto. Io torno in reparto tutto gasato.

Il Capo turno mi chiama e mi chiede se mi intendo anche di un’altra macchina a controllo automatico, mi spiega che si sono dei problemi che non sono mai stati risolti, e mi dice che, quando ho tempo, potrei dare un’occhiata anche a quella macchina . Gli dico che va bene.

Project non vado oltre nel raccontare i dettagli, in tempo di due mesi tutte le macchine a controllo automatico sono state resettate e riprogrammate per ottimizzare la produzione, i tempi si sono ridotti quasi del 20% e lo standard di produzione è migliorato. Siccome sono giovanissimo, rispetto ai loro standard, i colleghi non mi guardano con invidia e i capi mi incoraggiano molto. Sono stato dall’Ingegnere quattro volte in un mese e si è creata una simpatia reciproca molto particolare, solo che lui è un dirigente e in Azienda c’è molta gerarchia e le regole bisogna rispettarle.

Be’, però una sera, dopo poco più di due mesi dal nostro primo incontro mi chiama al telefono dandomi del lei, io penso che sia per questioni legate alle macchine, ma non è così, parla di altre cose, della vita che non soddisfa, del lavoro che disillude e stressa, del tempo che passa, io penso ad ogni momento che finiti i preamboli comincerà a parlarmi di lavoro ma non succede. Stiamo al telefono più di un’ora, poi mi chiede: “Possiamo darci del tu? … Però solo fuori Azienda, se no sembra strano.” È una richiesta che fa accendere molte lucine nel mio cervello! Io gli rispondo che va benissimo, lui mi dice che si chiama Stefano e io gli dico che mi chiamo Dario. Lui mi fa: “Grazie, Dario, è stato veramente un piacere parlare con te stasera, tu hai il mio numero, se mi chiami mi fa piacere, non te lo dimenticare!” Dice queste cose con voce molto esitante e questo mi fa una grande tenerezza. Io gli dico. “Grazie, Stefano, mi farò vivo a breve, ci puoi contare!”

Quando chiudo il telefono mi brillano chi occhi, è evidente che Stefano è gay e che tra noi si è creato un feeling speciale e poi è un bellissimo ragazzo, non mi mette in soggezione per niente, anzi è lui che si sente in imbarazzo con me.

Lui sapeva i miei turni di lavoro e io i suoi, e in Azienda non ci incontravamo mai, perché poteva essere imbarazzante per tutti e due, ma dopo un altro mesetto, eravamo arrivati al punto che ci sentivamo tutti i giorni e ci vedevamo un giorno alla settimana, quando eravamo liberi tutti e due. Io prendevo il pullman di linea e andavo nel secondo paesetto verso monte e lui arrivava lì in macchina, parcheggiava e si andava in giro per i boschi, poi la sera mi riportava a casa in macchina. È stato proprio in una di queste passeggiate che siamo arrivati a parlare chiaro, è stato tutto molto più facile di come lo avevo immaginato. Gli ho detto: “Beh, mi sa che comincio io … io sono gay e penso che mi sto innamorando di te…” Lui mi guarda e sorride con un sorriso larghissimo, poi mi dice: “Lo avevo capito la seconda volta che ci siamo visti!”

Project, non pensare che quello che è venuto dopo sia stato facile e senza problemi, perché è stato esattamente il contrario. Era parecchio complessato dal fatto che lui aveva 29 anni e io non ne avevo ancora 23, ma non dimostrava affatto 29 anni, forse la mia età se non pure meno. Dal canto mio io ero complessato dal fatto che lui fosse ingegnere e fosse già uno che contava parecchio nell’Azienda e mi comportavo di conseguenza con lui, ma lui non alimentava questo mio complesso, non dava per niente l’aria di sentirsi superiore, anzi, era molto timido e impacciato. Lui vedeva solo la differenza di età, che poi non era niente di eccessivo, e si sentiva in colpa, come se lui potesse derubarmi della mia giovinezza, cioè quasi che lui potesse approfittare di me perché sono più giovane.

Un giorno gli ho chiesto quanto guadagnava e lui mi ha fatto vedere l’accredito dello stipendio. Guadagnava un bel po’ più di me ma non poi così tanto più di me. Non poteva fare straordinari perché il suo contratto non prevedeva un orario di ufficio ma il suo lavoro era soggetto solo alla valutazione del Direttore del personale, be’, col suo lavoro guadagnava il 60% più di quello che potevo guadagnare io facendo tutti gli straordinari possibili, però anche se non aveva un orario di ufficio, stava in Azienda anche 12-16 ore al giorno, molto più di me! E poi era stressato dal lavoro, dalle preoccupazioni e del fatto che il top manager lo tenesse sempre sotto pressione.

Un giorno andiamo al solito paese e siccome l’indomani è festa nazionale decidiamo di restare lì in albergo, lui è ansioso fin dalla mattina, mi confessa che non ha mai avuto rapporti sessuali con nessuno e che ha una “fottuta” (parola sua, che non mi sarei mai aspettato!) paura delle malattie. Gli dico che fa benissimo ad avere paura delle malattie e che nemmeno io sono mai stato con nessuno. Lui me lo fa giurare. La sera ce ne andiamo in un albergo “diffuso” cioè in pratica ci mandano in una piccola baita separata ma perfettamente attrezzata. Stefano è ansiosissimo. Ci siamo stesi sul letto vestiti ma faceva freddo e abbiamo acceso il riscaldamento. In pratica abbiamo solo parlato tutta la notte. Io pensavo che lui avesse non dico amiche ma amici e invece non ne aveva, non vedeva nessuno fuori dell’Azienda, salvo me. I genitori non sapevano della sua omosessualità e fino a 29 anni aveva pensato “solo” a studiare e a lavorare.

Quando io parlavo del sesso sulla base di quello che avevo letto su Progetto Gay, lui mi stava a sentire con estremo interesse. Mi ha confessato le sue fantasie sessuali: masturbazione reciproca, “anche” sesso orale, ma penetrazione anale no, quella proprio nelle sue fantasie non c’era mai stata e lui era preoccupato da questo fatto perché pensava che fosse l’idea fissa dei gay. L’ho guardato negli occhi e gli ho detto che nemmeno io avevo mai pensato di fare sesso anale, che non avevo nulla contro la cosa in sé perché ciascuno deve potere fare quello che vuole. Stefano aveva ancora la concezione del sesso come gioco proibito, l’idea che il sesso fosse una forma d’amore gli sembrava strana, troppo dissacrante rispetto ai suoi principi.

Project, tu mi sei stato utilissimo, gli ho raccontato tante cose di quelle che hai scritto sul manuale e lui era sempre più perplesso. Abbiamo dormito solo dalle cinque fino alle 9.00, perché entro le 9.30 bisognava fare colazione in un bar in paese. Abbiamo camminato nei boschi per ore e ogni tanto c’è stato qualche contatto fisico, cioè ci siamo tenuti per mano. Lui mi lasciava totalmente l’iniziativa ma io avevo paura di fare qualche passo falso, di metterlo in difficoltà. A un certo punto gli chiedo: “Ti posso abbracciare?” Mi risponde con gli occhi e io lo abbraccio. Fremeva tutto, era proprio in estasi e anche io. Sentivo il corpo di un ragazzo che si faceva abbracciare da me ed era contento di farsi abbracciare da me, sentivo il suo cuore battere fortissimo, come il mio, sentivo il suo fiato sulla mia guancia e sentivo che mi stringeva fortissimo, siamo stati abbracciati così per lunghissimi minuti, poi ci siamo lasciati, ma non ci siamo baciati, avrei voluto che lui prendesse l’iniziativa ma non lo ha fatto.

Quando siamo tornati a casa mi ha chiesto di fargli vedere la mia casetta, io ero restio perché era tutto in disordine, ma lui insisteva e allora gli ho detto di sì. Lui è entrato e questa volta mi ha stupito, si è buttato sul mio letto e mi ha detto: “E se stasera resto a dormire con te?” Io gli ho detto che però avevo un letto solo e lui mi ha fatto notare che c’era una poltrona reclinabile e che avrebbe dormito lì, ma che aveva bisogno di restare con me. Abbiamo preparato una cenetta rapidissima e poi la fatica degli ultimi due giorni ha cominciato a farsi sentire: lui si è messo sul mio letto, ovviamente completamente vestito e io mi sono messo sulla poltrona reclinabile, anche quella volta non c’è stato sesso a nessun livello perché ci siamo addormentati quasi subito.

Adesso io e Stefano stiamo insieme da tre anni, viviamo formalmente da single per ragioni di lavoro, cioè per tenere il nostro rapporto del tutto al di fuori dell’ambiente di lavoro, però ci sentiamo al telefono tutti i giorni e passiamo insieme ogni settimana una serata, la notte, tutta la giornata successiva e poi la notte successiva, poi ricomincia la settimana di lavoro, ma riusciamo a passare due notti insieme alla settimana e io lo vedo felice, adesso le sue fissazioni del fatto che è troppo più grande di me gli sono passate. Ci abbiamo messo più di un anno ad avere i primi contatti sessuali ma poi è successo, è stato molto meno semplice di quello che mi ero immaginato, ma alla fine tra noi c’era un’ottima armonia anche a quel livello.

Purtroppo c’è una cosa che non mi fa stare tranquillo ed è lo stress al quale Stefano è sottoposto, perché è letteralmente ossessionato dal lavoro. È vero che guadagna di più, ma secondo me il gioco non vale la candela, se cambiasse mestiere guadagnerebbe di meno ma starebbe molto meglio e avremmo più tempo per noi. Ho in mente che, se potesse, cambierebbe lavoro anche a costo di rimetterci a livello economico, ma al momento l’unica alternativa sarebbe fare il libero professionista, cosa che potrebbe anche fare, ma è rischiosa e lo terrebbe comunque sulla corda.

Quando andavo a scuola io avevo professori ingegneri che facevano poco o niente, guadagnavano poco ma non facevano letteralmente niente! Adesso devo cercare di capire come potrebbe fare Stefano a fare l’insegnante, penso sia un po’ complicato, ma devo capire se c’è una strada e quale, poi dovrò cercare di parlargliene, perché secondo me si vuole sentire incoraggiato da me a fare un passo di quel genere, perché i suoi genitori gli direbbero certamente che è una follia.

La mia storia finisce qui, anzi comincia qui!
Ti abbraccio, Project, anche se non ci conosciamo, e ti ringrazio per tutto il supporto che indirettamente mi hai dato.

Dario

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OMOFOBIA TRA VECCHI E GIOVANI

Caro Project,
più che raccontarti la mia storia di single venticinquenne, ovviamente gay, vorrei porre a te e ai ragazzi del forum alcune domande che riguardano i condizionamenti sociali che plasmano, ancora oggi, in larga misura, i comportamenti di noi gay, mi ci metto ovviamente anche io. Io vivo in un paesino della Lombardia, a circa 80 km da Milano. La gente si aspetta che sia un ambiente aperto e, diciamo così, gay-friendly, ma non è affatto così e la cosa che mi fa più rabbia è che le persone di mentalità più gretta sono i giovani. In paese c’è una signora anziana di più di 80 anni, che chiamerò Ada, che è rimasta sola e, in pratica, si affida alle cure dei vicini. Tra questi vicini si sono anche io e capita che la vada a trovare anche tre o quattro volte alla settimana, per portarle la spesa o per pagarle le bollette all’ufficio postale. Con la signora Ada si è creato un rapporto particolare, io la considero un po’ come una nonna e lei è proprio contenta quando mi vede. Un giorno che sono andato da lei ero di umore pessimo perché alcuni miei “amici” coi quali ero andato a vedere un film, avevano fatto dei commenti atroci su un ragazzo che loro considerano gay. La signora Ada mi ha visto proprio fuori di me e mi ha chiesto che cosa era successo e io giel’ho raccontato senza omettere niente. Lei mi ha risposto che chi fa quelle cose non capisce niente e si permette di giudicare cose che non conosce. La risposta mi ha colpito. Poi abbiamo continuato a parlare e alla fine ho sentito che mi potevo fidare e le ho detto che anche io sono gay e lei mi ha abbracciato, proprio abbracciato stretto e mi ha detto che mi doveva dire una cosa. In pratica, lei da giovane si era innamorata profondamente di un ragazzo gay, stava bene con quel ragazzo, senza sesso, ma c’ea rispetto e affetto. Lei lo avrebbe sposato anche solo con un matrimonio di facciata, ma aveva capito che quel ragazzo aveva bisogno di vivere la sua vita. In pratica, per non creare vincoli legali che avrebbero complicato molto le cose, ha accettato di recitare la parte dell’eterna fidanzata di quel ragazzo e lo ha incoraggiato a vivere la sua vita. Mi ha detto: “Io ho anche conosciuto il ragazzo del mio, diciamo così, fidanzato, e era un bravissimo ragazzo, ma sai eravamo all’inizio degli anni ’50 e non è che si potevano esporre troppo. Insomma loro si volevano bene ma hanno voluto bene pure a me, come una sorella, ma mi hanno voluto bene veramente, poi sono passati tanti anni e se ne sono andati a vivere in Belgio, ma ci siamo scritti spesso, e venivano in paese a Pasqua e a Natale, venivano per me, perché non avevano più nessuno, e stavamo qualche giorno insieme. Insomma, quando io sento “gay” è a loro che penso, e adesso penso pure a te! E guai a chi me li tocca i gay!” Le parole sono state più o meno queste. Quando stavo uscendo da casa sua mi ha detto: “Pregherò per te!” Io ho fatto una faccia un po’ perplessa e lei ha aggiunto: “Certo! Perché il Padre Eterno ti faccia essere felice come vuoi tu!”
In paese di vecchi che facessero discorsi omofobi non ne ho visti, strano ma vero, nemmeno uno. Quelli della mia età, e anche più giovani, se li prendi uno per uno non fanno discorsi omofobi, ma se li metti insieme, si scatenano e non si frenano più, è una cosa squallida, perché seguono proprio la logica del branco. La cosa non è nemmeno presa sul serio, si comincia con delle battute più o meno stupide e da lì parte l’escalation. Ci sono stati ragazzini giovanissimi, di terza media, che sono stati picchiati dai compagni e presi a sputi. I ragazzi più grandi, quelli degli ultimi anni della scuola sono meno stupidi e queste cose non le fanno, ma i ragazzini sono proprio feroci. Io mi chiedo che educazione hanno ricevuto in famiglia!
C’è un’altra cosa da considerare: io non sono pubblicamene dichiarato, ma nel mio paese “ufficialmente” di gay non ce ne sono, di ragazzi ce ne sono parecchi, almeno 200, se si vedono i pullman che la mattina li portano a scuola, ma di gay non ce ne sono! Proprio nessuno! Evidentemente hanno paura e si nascondono. Li capisco benissimo, perché l’ho fatto e lo faccio ancora pure io. A casa mia nessuno sa di me, non mi fanno domande, perché adesso i miei si impicciano solo del lavoro, un lavoro ce l’ho, non è un gran che ma per me va bene anche così, i miei invece vorrebbero la luna, ma mancano proprio i presupposti per un lavoro migliore. Anche a casa mia c’è omofobia, ogni tanto sento certi commenti da brivido e non posso ribattere, altrimenti sarebbe la guerra mondiale e non è proprio il caso. Non per niente sono single. Ho conosciuto alcuni ragazzi tramite internet, ma mai uno di persona, qui non sarebbe proprio possibile. Non so se è così anche nelle grandi città, ma io ho il mio lavoretto nel mio paesello e la grande città me la posso scordare! Fare il coming out pubblico, mi dicono in rete… e io rispondo che loro vivono su un altro pianeta. Che fare? Secondo me c’è poco da fare.

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AUGUST VON PLATEN OMOSESSUALE SECONDO RAFFALOVICH

Con il capitolo intitolato “Platen o l’uranista superiore”, André Raffalovich chiude il suo libro “Uranismo e Unisessualità”. Non è certamente un caso. Raffalovich ha sempre manifestato una notevole simpatia per von Platen e per la sua concezione dell’omosessualità, che viene celebrata da lui al termine del capitolo con accenti di autentico entusiasmo oltre che di condivisione morale.Va detto subito che Raffalovich, nella sua panoramica sugli omosessuali notevoli della storia e della letteratura si è fermato al primo ‘800, con l’unica eccezione di Wilde. Nel suo lavoro, quindi, non sono presenti personaggi fondamentali nella storia dell’omosessualità quali John Addington Symonds, Edward Carpenter e lo stesso Raffalovich, che appartengono alla seconda metà dell’800 e in qualche caso hanno esteso la loro attività anche ai primi decenni del ‘900.

Platen, come Grillparzer, Motitz, Goethe, e lo stesso Byron, appartengono ad un periodo, in cui il dibattito sull’omosessualità è ancora qualcosa di utopistico e di vago da collocare in un futuro di cui non si avvertono neppure gli albori.

La distruzione delle memorie e di molte lettere di Byron dopo la sua morte è il segno di quanto l’idea dell’omosessualità dell’autore fosse ritenuta improponibile.

Grillparzer e Moritz furono attentissimi nel difendere la loro onorabilità dal rischio di accuse di omosessualità. Tutti questi personaggi (con l’eccezione, forse di Byron) attraversarono periodi di dubbi, di oscillazioni e di incertezze circa la reale dimensione della loro sessualità perché del tutto o quasi privi di riscontri che potessero mettere in crisi il pregiudizio dominante. Vissero tutti storie eterosessuali in cui la partecipazione affettiva era veramente ridotta e che oggi non si faticherebbe a identificare come relazioni di copertura.

Byron, che aveva tenuto un comportamento più libero, fu costretto dal pettegolezzo ad abbandonare l’Inghilterra e non vi fece più ritorno.

Prima di Platen, i segni dell’omosessualità vanno ricercati in elementi biografici poco conosciuti o nelle ambiguità delle opere, dove sono quasi sempre trascritti in chiave eterosessuale. Per Platen non è così. Si potrebbe dire che Platen è il primo omosessuale nel senso moderno del termine, perché riconosce la sua omosessualità, almeno di fronte agli amici, che non lo rinnegano per questo, e afferma il suo diritto ad amare e ad essere amato da un amico di animo nobile, perché il suo sentimento non ha nulla di cui ci si debba vergognare. Ravvalovich interpreta il fatto che Platen ritenga dignitoso e altro il suo amore omosessuale ponendo per ipotesi l’idea che si trattasse di un amore senza sesso o quasi, e comunque con una sessualità estremamente sublimata, ipotesi proponibile forse per Platen giovane, ma probabilmente poco realistica per il periodo Italiano della vita del poeta.

Non va dimenticato che l’Italia, per tutto l’800, fu per i ricchi omosessuali del nord Europa un vero paradiso terrestre, del tutto privo del moralismo inglese e dell’ipocrisia tedesca in materia di sessualità.

Certo Platen, a quanto sembra, anche in Italia non condusse una vita sregolata al livello che sarà poi tipico di Wilde e sembra anzi mantenere atteggiamenti moralistici anche quando condanna poeti molto libertini che intendono creare un rapporto di amicizia con lui.

Ma Platen è moderno anche per un’altra ragione: il suo non circondare la sua vita e le sue poesie di troppe cautele lo espone al pettegolezzo e finisce per essere vittima di attacchi personali molto pesanti e triviali, ovviamente con l’accusa di omosessualità, avanzata nei modi più volgari da un personaggio come Heine, per altri versi eccellente e fine letterato di origini ebraiche. La polemica tra Heine e Platen naque per ragioni di orgoglio letterario, pare che Heine non avesse apprezzato molto una poesia di Platen e avesse espresso un giudizio molto critico, se non sprezzante, Platen rispose tirando in ballo le origini ebraiche di Heine e questi per tutta risposta si lasciò andare ad insulti contro Platen legati alla sua omosessualità.

La storia della querelle tra Platen e Heine è il segno di quanto l’accusa di omosessualità fosse (ed in parte sia ancora oggi) un’arma che si tiene in serbo e si può sfoderare ogni qual volta se ne presenti l’occasione.

Thomas Mann da dedicato un lungo saggio a Platen che, nella sua morte solitaria a Siracusa, per colera (forse), è l’Ispiratore di “Morte a Venezia”, da cui Visconti trasse il suo capolavoro cinematografico. Ma il lavoro di Mann su Platen, più che rappresentare una ipotetica lotta di Platen contro l’omosessualità, incarna in Platen l’analoga e ben più angosciosa lotta di Mann contro la propria omosessualità. Oggi, dopo la pubblicazione integrale dei diari di Platen, la lettura del personaggio fatta da Mann non può più essere condivisa. Platen, a differenza della stragrande maggioranza degli omosessuali colti della sua generazione (e anche di molti delle successive) aveva accettato la propria omosessualità e la considerava un valore irrinunciabile. Certo, in un mondo in cui l’omosessualità era penalmente perseguita in modo pesante e il negazionismo era l’unico atteggiamento di tutti, omosessuali compresi, un uomo come Platen passò la vita tra delusioni e frustrazioni, innamoramenti rivolti ad amici eterosessuali, incomprensioni e fraintendimenti, ma per lui l’omosessualità era una forma d’Amore con la A maiuscola e non si sarebbe certo abbassato all’idea del sesso mercenario, in questo è un personaggio che ha mantenuto alto, anche come omosessuale, il livello della sua moralità.

Ma lasciamo ora la parola a Raffalovich.
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PLATEN O L’URANISTA SUPERIORE

Vorrei presentare con chiarezza la nobile, interessante e melanconica figura del poeta Auguste, conte di Platen-Hallermünde.

È per eccellenza l’uraniana nato, destinato, sicuro di sé, retto, completo, coraggioso, elevato, tutto dedito al suo amore per la gloria poetica, per l’arte poetica, per la bellezza intellettuale e fisica, nel modo più vivo in cui lui la sente, e per come la sente in accordo con la sua dignità di uomo. Ha fortemente appassionato i suoi amici, il conte Fugger, Liebig, A. Kopisch, Gustav Schwab, ecc. e ha sollevato odi infami. Ancora oggi la biblioteca di Monaco detiene i diciotto volumi del diario di Platen, e questo deposito prezioso aspetta una pubblicazione rispettosa e intelligente, che i signori von Laubman e L. von Scheffler hanno promesso.

Nel 1860 Engelhardt ha pubblicato dei frammenti del diario che si fermano al 1828 – Platen era nato nel 1796 e morì nel 1838. È con l’aiuto di questo frammento autobiografico, delle sue opere, delle sue lettere e delle pubblicazioni dei suoi amici che cercherò di mostrare la sua fisionomia.

Auguste, conte di Platen-Hallermünde (o conte di Platen, come preferiva essere chiamato) nacque il 21 Ottobre 1796 a Ansbach dove suo padre era al servizio della Prussia. Il primo conte di Platen, Franz-Ernest, aveva ricevuto il suo titolo il 20 luglio 1689 Leopoldo I.

Il padre di Platen, nato nel 1740, aveva sposato in prime nozze la signorina von Reitzenstein, e da questo matrimonio erano nati sei figli, un maschio e cinque femmine. Il matrimonio fu infelice e portò ad un divorzio. Il conte Platen si risposò nel 1795 con Louise-Friederike Christiane Eichler von Auritz. Ebbero due figli, il primo fu il poeta, il più giovane morì a tre anni.

Auguste von Platen, o Platen come io lo chiamerò, quando era ancora molto piccolo, ebbe una lunga malattia, il famoso medico di Erlangen, Hildebrand, la considerò incurabile; ma il bambino crebbe ugualmente, allevato con semplicità, e come accadeva alla maggior parte dei bambini nobili nati dopo la Rivoluzione francese, gli fu insegnato a dare del tu ai suoi genitori e a sentirsi libero in loro presenza: non gli parlarono mai della sua nascita nobile. Platen ricordava che i suoi primi amici d’infanzia erano stati Simon Langenfoss e Jeannot Asimont, figli di un insegnante di francese, e due Liebeskind. Andava anche spesso al castello a giocare con la principessina, figlia del principe Luigi di Prussia, fratello del re. Incontrava lì anche le zie della bambina, la regina Luisa di Prussia e la principessa di Thurn und Taxis.

Il padre di Platen faceva tanti piccoli viaggi per visitare le foreste delle quali si doveva occupare e il bambino rimaneva solo con la madre. Lei gli leggeva ad alta voce e gli fece amare la lettura. Ben presto preferì i libri ai suoi molti giocattoli. Imparò anche presto a scrivere. Il primo libro che lesse da solo conteneva commedie infantili. Adorava il teatro, ci andava il più possibile, recitava delle commediole con i suoi compagni. Scrisse nel suo settimo anno una commedia pastorale e la inviò a un giovane amico.

Scrisse molte piccole parti in versi, piene di fate, streghe e maghi. Anche la mitologia si impossessò della sua immaginazione, ma le storie d’amore lo lasciavano indifferente. Considerava l’amore solo un artificio teatrale. Nonostante la sua predilezione per le favole era piuttosto scettico. Rispose ad un professore che non esisteva l’inferno. Voleva dire che non c’era un posto dove si arrostivano le anime.

La madre si ritirò completamente dal mondo per occuparsi unicamente di suo figlio. Lo spingeva al lavoro. Gli faceva scrivere delle lettere ad una ragazzina inglese della sua età, che lui non aveva mai visto, figlia di un amico d’infanzia della contessa. Una ragazzina, Caroline von Gemmingen, venne ben presto a vivere con loro. Platen e lei erano sempre in guerra.

Nel 1806 il bambino, nel suo nono anno, vide la sconfitta dei soldati dell’Imperatore d’Austria, Bernadotte che passava per Ansbach e la caduta della Prussia; e si interessò molto a tutti questi eventi.

Nello stesso anno il generale Werneck, capo del corpo dei Cadetti a Monaco di Baviera, amico d’infanzia del padre di Platen, gli offrì di incorporarlo tra i cadetti. Il padre accettò e la madre portò il bambino a Monaco.

Separarsi dalla madre fu per lui un grande dolore, e gli abiti rigidi e pesanti lo infastidirono – ma la novità lo divertì, e ciò che lo riconciliato con il suo nuovo stile di vita fu l’amicizia.

Rimase quattro anni tra i Cadetti. Ha descritto molto bene la vita che lì si conduceva, – la scuola dei Cadetti era stata un monastero gesuita. C’erano un centinaio di cadetti. Quasi non si permetteva loro di leggere, le loro letture unitamente alla loro corrispondenza, venivano rigorosamente esaminate. I cadetti erano continuamente sorvegliati: durante le lezioni dagli insegnanti, durante la ricreazione dagli ufficiali, di notte dai domestici. Non venivano mai lasciati soli. Si insegnavano loro le matematiche, la geometria, la storia, la geografia, lo stile, il latino, la religione, il francese al quale si prestava grande attenzione, la scherma, la danza e quasi tutti gli strumenti musicali.

Ci si burlava dei suoi versi. Era sempre, ai pasti, a tavola nel mezzo: c’erano tre tavoli sui quali il cibo era proporzionale al progresso o alle recidive degli allievi. – Si recitavano commedie; il numero di commedie era limitato per la mancanza di ruoli femminili. Platen non ci recitò mai. – Nel suo decimo anno aveva probabilmente superato la malattia dell’infanzia, perché si ricordava, non senza piacere, di un viaggio a piedi fatto durante le vacanze con alcuni compagni e alcuni insegnanti, un viaggio nel Tirolo. Il Tirolesi gli sembravano gentili e premurosi. I cadetti dormivano sulla paglia, ma erano ben nutriti. Trascorse a casa il resto delle vacanze, felice di essere libero. Le costrizioni del collegio gli erano insopportabili. La sua ostinazione attirava su di lui talmente tante punizioni che finirono per aggravare questo tratto del suo carattere. Si trovò presto in cattivi rapporti con le autorità militari e con il professore di religione luterana. Platen, benché luterano, aveva preso le difese del cattolicesimo per spirito di contraddizione. La sua testardaggine, lo dice lui stesso, era punibile, ma era anche l’inizio della sua indipendenza di giudizio.

Amicizia, in fondo, gli diede il collegio sopportabile. L’amicizia era la dea della cadetti. Ciascuno poteva cercare e trovare un’anima affine alla propria, e nonostante i vincoli esterni, lì ci si poteva legare ad un amico per la vita.
Il suo primo confidente fu Friedrich Schnizlein, al quale affidò i suoi primi scritti. Era un confidente perfetto, ma non era favorevole al fervore del sentimento nell’amicizia.

Ludwig von Luder, ugualmente protestante, ricevette anche lui la confidenza letteraria del giovane Platen. Era più grande e molto intelligente, amante della scienza, senza inclinazioni disordinate. Rimase sempre l’amico sincero di Platen, e le loro discussioni furono solo a proposito della politica.

Tra i cadetti della sua classe vedeva spesso Ernst Wiebeking, il conte Sprety, Kasimir Baeumler, Tettenborn, etc.; tra quelli delle altre classi, Karl e Alexander Welden, Krazeisen, Brand, Kaeser, Normann, Wilhelm e Joseph Gumppenberg.

Max von Gruber lo attirava particolarmente. Non era molto dotato, ma pieno di volontà, un matematico amante della poesia, giusto, solido e senza pregiudizi.
Avrebbe perdonato a Voltaire il suo ateismo se Voltaire non lo avesse così spesso negato; – Non biasimava nessuna delle cattive azioni di Napoleone se facevano parte del suo ruolo di conquistatore. È comprensibile che il giovane Platen, che si doveva sentire diverso dagli altri, si aggrappasse a Max von Gruber, onesto e pieno di rispetto per le differenze essenziali tra gli uomini di valore o di genio. Rimasero sempre amici. Anche Gustav Jacobs, figlio del filologo, fu molto strettamente legato a Platen; era un ragazzo semplice e aperto, odiava la pedanteria, poco amato dalle autorità, biasimava le lamentazioni di Platen ma lodava molto le sue poesie e si interessava ad esse.

Anche i due fratelli Fugger amavano molto Platen, e Friedrich, il maggiore, entusiasta di Goethe, rimarrà nella storia della letteratura tedesca legato al nome di Platen, onorato dalla sua lunga, tenera e modesta amicizia.

Friedrich Fugger era legato soprattutto a Wilhelm Gumppenberg e unito a lui dall’amore per la musica. Il conte Fugger successivamente mise in musica molte poesie di Platen, e in collegio condivideva già la sua avversione per i canti dei bevitori.

Ma di tutte queste amicizie, la più tenera era quella per Joseph Xylander. Si erano visti in collegio durante tre anni, prima di conoscersi meglio. Ebbero questa felicità nel mese di marzo 1810, e fino all’autunno di quell’anno, quando Platen se ne andò, godettero di un’amicizia quasi romantica.

Platen scrisse per lui molte poesie che Xylander non vide mai. Scrisse anche un inno all’amicizia, delle novelle e una commedia, parodie e satire, che lo resero poco gradito nell’ambiente.

Tutte questi tentativi furono distrutti prima della fine del 1810. La lettura di Omero lo entusiasmò e lo trasportò nel mondo greco che gli fu così caro.

La guerra del 1809 con l’Austria gli insegnò a tacere.

I Bavaresi adoravano Napoleone: Platen avrebbe preferito il successo degli Austriaci, e quando Monaco fu occupata dagli Austriaci e gli ufficiali austriaci vennero a visitare la scuola dei Cadetti, Platen nascose le sue simpatie.

Nel settembre 1810 Platen lasciò i cadetti e divenne uno dei paggi del re. Prima di entrare nel gruppo dei paggi trascorse due mesi in casa di suo padre. Aveva molto sofferto lasciando Xylander.

A quattordici anni il carattere di Platen sembra già ben delineato: amore per la poesia e l’amicizia, l’amicizia per giovani della sua età, educati, seri, e allo stesso tempo un attaccamento esclusivamente sentimentale per qualcuno un po’ più giovane di lui, e poi molta testardaggine, sensibilità e capacità di soffrire, – un saldo punto di vista patriottico e il desiderio di amare, di essere amato, e di migliorarsi.

Questo è il ragazzo che a vent’anni scriverà nel suo diario che Dio, la castità, l’amicizia e l’apprendimento sono la base del suo sistema.

Rimase nel gruppo dei paggi dal 1810 fino al 1815. La sua prima impressione fu triste: non aveva amici. Lo guardavano con occhi indifferenti. Non aveva nessuno con cui confidarsi. Poco a poco si trovò bene. Il conte Kuenigl, che lui conosceva, gli venne in aiuto. Tra i paggi c’era molta più educazione che tra i cadetti, c’era più libertà, più pulizia, il cibo era migliore. Gli abiti erano più belli, e ci si poteva cambiare d’abito quando si voleva. Si era trattati come ragazzi grandi. Si poteva lavorare per conto proprio e si potevano leggere tutti i libri classici.

Amava il latino e il greco, l’italiano e l’inglese. Scriveva sempre molto e distruggeva quello che aveva scritto. Il re era molto buono con i paggi, e le cerimonie di corte erano per loro un divertimento. Platen piano piano si fece degli amici, ma non un amico intimo. Un certo conte Lodron Laterano ebbe per lui una qualche importanza, facendogli amare l’Italiano. Il barone Perglas, un giovane con uno zelo di ferro, lo stimolava al lavoro, così come i conti Gajetan Berchem e Saporta. Ma aveva soprattutto fiducia in un certo barone Massenbach, ragazzo molto onesto. Tutti furono utili alla sua educazione. Era debolmente religioso e pregò con fervore solo nei momenti spiacevoli, ma non si dimenticò mai del tutto di pregare decentemente, senza borbottare. La sua prima comunione, nel 1811, gli fece fare molti buoni propositi.

Il professor Hafner, l’uomo più importante della scuola dei paggi, faceva molto per divertire e far crescere i paggi. Li portava nei musei, presso l’Accademia, leggeva loro ad alta voce, e quando i paggi erano a letto raccontava loro delle storie.

Nel 1813 Platen si decise a diventare ufficiale, non per affetto verso lo stato militare, ma perché questo stato, secondo lui, comportava più tempo libero e più libertà.

Il suo futuro poetico lo tormentava sempre, voleva scrivere una tragedia su Corradino, l’amicizia del giovane Federico per Corradino doveva riempire più di una bella scena. È interessante il fatto che a diciassette anni si sentisse obbligato ad aggiungere anche una ragazza innamorata di Corradino, che lo seguiva travestita e non riconosciuta fino in Italia.

Non aveva ancora trovato la sua strada letteraria.

Qualche anno più tardi, riprende il tema di Corradino, trova l’amicizia di Federico e Corradino più che sufficiente e non ha più bisogno di inventarsi una ragazza.

Due giorni prima del suo diciassettesimo compleanno, Platen inizia il suo diario – e lo continuerà fino alla morte, per venticinque anni. – Ci sono dei pezzi di diario in Francese, altri in Inglese, in Italiano e in Portoghese.

Aveva la passione di leggere i poeti nella loro lingua, e imparò lo Spagnolo, lo Svedese, il Danese, il Persiano.

Nel suo diciottesimo anno, pensa di essere innamorato di una giovane marchesa Eufrasia, la più bella ragazza della corte. Va ad abitare nella stessa casa, la vede di tanto in tanto, ma si rende conto in quello stesso anno che si è sbagliato, e lascia la buona vedova, presso la quale è alloggiato, e la madre di questa eccellente persona, con molto più rammarico di quello provato nel lasciare la marchesa Eufrasia.

Egli nota questo errore sentimentale, l’unico della sua vita, a quanto pare, e rapidamente dissipato. Non credo che nessun’altra donna lo abbia veramente interessato dopo di allora. Questo interesse passeggero per Eufrasia è un momento curioso e istruttivo nella storia di Platen. La necessità di concentrarsi su qualcuno e di essere interessante, l’idea che si debba essere teneramente innamorati di qualcuno, la monotonia della sua vita, gli danno questa illusione.
Non molti unisessuali si sono lasciati illuminare così facilmente come Platen; il crollo di un amoretto ordinario ha fatto cercare loro con insistenza le sensazioni o le emozioni che dà alla donna, ma Platen non ricominciò affatto. Aveva già abbastanza desideri, abbastanza aspirazioni. Voleva vedere paesi stranieri, l’Italia, Londra, Roma.

Il 31 marzo 1814 diventa tenente. Non gli piace la compagnia degli ufficiali. Si consola leggendo molto, lavorando molto. È abbastanza sconvolto dalla licenza dei costumi intorno a lui. Viene a sapere che un giovane poeta, di nome Hesse, ha spedito dei versi a Goethe e ha ricevuto una risposta da lui. Ne resta molto colpito, si chiede se i suoi versi siano degni di una tale spedizione.

Nel bel mezzo della sua fantasia per Eufrasia un’amicizia improvvisa per un giovane uomo, Issel, basta a mostrare il più vivo interesse di Platen per l’amicizia.
Issel è un giovane pittore che il Granduca di Darmstadt fa viaggiare. All’inizio (l’amicizia comincia il 28 maggio e termina in giugno: quindi innanzitutto non ha avuto una lunga durata), Issel non lo ha interessato, poi ha notato in lui una grande molteplicità di interessi, un gusto puro nell’arte, molta cordialità, molte attenzioni. Issel sarebbe partito da lì a otto o nove giorni.

Venendo a sapere che Platen è interessato alla poesia, Issel gli racconta di aver ricevuto dal giovane Voss un ricciolo dei capelli di Schiller morto e si offre di dividerlo con lui.

Lasciati insieme dall’amico che li aveva fatti incontrare, parlano delle lingue straniere, delle opere di Goethe, della vita così breve e dell’arte così lunga. Issel abita presso Nathan Schlichtegroll e consiglia a Platen di fare la sua conoscenza. Poi discutono della riforma della scuola mistica di Schlegel, di Werner che Issel conosce. Issel chiede a Platen di accompagnarlo in Italia. Platen non capisce come un uomo di tanto spirito possa essere interessato a lui.

Si vedono spesso dopo questo primo incontro. Un giorno Issel supplica Platen di leggergli delle poesie [1] e gli legge le sue. L’indomani Platen gli legge parecchie altre poesie ma poi rimpiange di averlo fatto. Si sente triste, crede di aver profanato il paradiso dei suoi pensieri avendoci introdotto un estraneo. È possibile che Issel (poeta mediocre del resto), non avesse abbastanza apprezzato Platen. Platen si ripromette di smettere di scrivere i versi e si incupisce al pensiero della solitudine che lo attende. L’indomani arriva la riconciliazione: trascorrono una bella serata insieme.

Issel lo supplica di non abbandonare la poesia, e il giorno seguente gli invia i capelli Schiller e riceve una poesia in cambio. Il 6 giugno Issel gli racconta di avere scritto una tragedia (fischiata a Francoforte, sulla contessa Platen che ha giocato un ruolo importante alla corte del duca di Brunswick, padre di Giorgio I d’Inghilterra). Lo stesso giorno Platen viene a sapere che deve portare dei carri con delle tende a Battenberg in Tirolo. Issel lo consola, offrendosi di accompagnarlo La stessa sera beve alla sua fratellanza con lui e Schlichtegroll.

Il 9, Issel e Platen partono insieme, discutendo del Dr. Gall, che Issel conosceva, leggendo Wallenstein.

Il 10 Platen è felice di vedere un così bel paesaggio in una così cara compagnia. Lo stesso giorno hanno dei problemi. Issel ferisce il suo amor proprio, poi lo accusa di curiosità, di indiscrezione, etc. Platen trova offensivo giustificarsi. Non si parlano più.

Eppure, salendo una collina, incontra Issel, che ne discende, che gli urla di avere inciso il nome di Platen su una pietra. Quando lui e Issel si lasciando definitivamente, Platen rimpiange di averlo messo da parte per il suo umore irritabile e ammette che la sua testardaggine lo renderà infelice e allontanerà molti uomini da lui. E trascorre i due giorni dopo la partenza di Issel a scrivere diverse canzoni.

Il 17 giugno rientra a Monaco.

Ho raccontato dettagliatamente questo episodio, perché ci si ritrova ciò che caratterizza e distingue fortemente Platen: il suo entusiasmo per il giovane amico, intelligente, colto, o che voleva insegnare o imparare. Naturalmente malinconico lui stesso (da quando aveva lasciato a casa paterna) l’allegria di chi gli piace, l’umore dolce e pacato, le risate dell’amico, lo fanno trasalire di gioia. Issel era più grande di lui, è vero, ma Platen era allora molto giovane, aveva diciotto anni.
In seguito, quando arriverà a un più alto grado di maturità, il suo amico sarà un po’ più giovane, abbastanza giovane per dargli l’impressione di una bella gioventù, ma abbastanza grande per rassomigliargli, per condividere i suoi gusti.

L’amor platonico (filosofico o onorevole) ha sempre deliziato Platen; per quelli diversi da lui ebbe amicizia, affetto, riconoscenza, rispetto. Ma la sua passione si orientava verso coloro che gli sembravano suoi simili, con più bellezza e con la grazia virtuosa in più.

Questo episodio di Issel non durò a lungo, ma mostra Platen a 18 anni come a 12, che si innamorava subito, aspettandosi di trovare tutto e non trovando sempre grandi cose (come in questo Issel) ma in ogni caso non trovando la felicità.

È questo amore al tempo stesso intellettuale, appassionato e sentimentale che l’ha fatto soffrire così tanto, ma che l’ha anche mantenuto integro e dignitoso. Quando scrisse all’età di 20 anni le regole di condotta, una era di dimenticare ciò che è sensuale in lui; un’altra era di non studiare i misteri della fisionomia nelle persone che lo interessano, di non pensare gli assenti, di perfezionarsi, di migliorarsi.

Quando parla di non pensare gli assenti, non dobbiamo crederlo indifferente ai suoi amici; al contrario, è stato loro fedele, ma è a quello che è più di un amico che cerca di non pensare troppo per poter lavorare e vivere.

Possiamo già vedere la differenza che c’è tra Platen e un dissoluto; non cerca mai sensazioni rare, ma un amore duraturo e affascinante.

Avrebbe indietreggiato con orrore di fronte agli amori di Oscar Wilde, davanti agli amori venali che non sono la quintessenza di due esistenze nobili e virili.

A metà del 1814 non si riconosce né come uomo né come poeta, non si interessa abbastanza a Eufrasia perché lei possa ispirarlo o occuparlo. Lo stato militare non gli si addice, gli viene consigliato di studiare le scienze, la poesia ancora non gli appartiene, va a tentoni, non si è trovato. I suoi amici non sono a Monaco, sono dispersi. Non ha il tempo di leggere abbastanza. La natura non lo affascina quando è solo o annoiato. Legge comunque molto, in molte lingue, Petrarca, Dante, il Pastor Fido, Pope, Corneille, Voltaire, Racine, Boileau, ecc., e sempre Goethe. Si potrebbe applicare a Goethe, ha detto allora, quello che Goethe ha detto Hamann: “Le sue opere sono spesso libri sibillini che si capiscono solo quando ci si trova nella stessa situazione del poeta.” E vediamo, per esempio, Platen in diversi momenti della sua vita che legge e rilegge Goethe, con tanto profitto quanta ammirazione. E man mano che si trova in una situazione diversa, la stessa opera di Goethe diventa sempre più chiara, vera e commuovente. Per esempio, “La figlia naturale”, che egli non apprezza affatto all’inizio, e che poi ammira per il suo spirito nel 1814, diventa per lui nel 1821, dopo il tragico naufragio della sua grande passione per Otto von Bulow, uno specchio prezioso del suo dolore.

Ora si consola del suo vuoto e della sua noia, della sua vita che egli aspetta con l’impazienza scoraggiata della giovinezza, leggendo e scrivendo in Inglese con Perglas, leggendo con lui anche Virgilio e Tasso, pattinando, concentrandosi sulla politica. Quando Napoleone torna dall’isola d’Elba, prova un entusiasmo patriottico ma Wiebeking gli rovina questo sentimento: “Se voi doveste andare a servire come soldato semplice per la libertà dell’Europa potreste rivendicare una piccola parte di gloria, ma voi siete un ufficiale, e ci sono tanti ufficiali. Sarebbe facilissimo rimpiazzarvi. Voi potreste servire la vostra patria in un modo più utile.”

Il 30 novembre, legge in un giornale delle massime tratte dalla poesia orientale, e ne copia un certo numero, colpito senza sapere perché, emozionato come si è vagamente in presenza di un evento importante. La poesia persiana stava per esprimere da lì e poco tempo il suo segreto ideale.

Nella primavera del 1815 si sente più felice, va ogni mattina nel giardino inglese a raccogliere giunchiglie e a leggere il Pastor Fido. Scrive poesie patriottiche che gli uomini seri leggono con piacere. Il 15 aprile, il suo reggimento si mette in marcia e arriva a Fontainebleau il 19 luglio e Platen si trova nuovamente in Germania nel mese di novembre. Sembra aver ben sopportato i disagi della marcia, il caldo opprimente. Il suo diario è molto bello e simpatico. Si interessa gentilmente alla brava gente che incontra, legge molto Petrarca, Jacopone da Todi, Goethe, l’Eulenspiegel, Eloisa e Abelardo, di Pope, che rilegge continuamente. Ammira i giardini, i fiori, invidia le gioie calme e familiari, vorrebbe avere con Goethe solo una conversazione sul destino dell’umanità e lo spirito del cristianesimo; poi trova le vere lettere di Eloisa molto più belle di Pope, e così vere. Legge con grande piacere le lettere di sua madre, scrive in prosa e in versi a Xylander e ad altri amici. I contadini francesi lo affascinano, la loro gentilezza, la loro lingua lo incantano. Si trova abbastanza isolato tra gli ufficiali, detesta totalmente i loro eccessi e le loro conversazioni lascive alle quali non prende parte. Una poesia mostra quanto soffriva della immoralità antipatica dei suoi compagni. A Bar-le-Duc, è anche scioccato dalla corruzione dei libri francesi che ha trovato nella sua stanza – e la sua padrona di casa lo stupisce dicendogli: Leggere, amico mio, perché è la lettura che educa i giovani.

A Châlons ha la gioia non solo di incontrare il suo amico Schlichtegroll, ma anche di fare la conoscenza di un giovane tedesco, il segretario di Barclay de Tolly, che gli dice che lo conosce già molto bene attraverso i racconti di Schlichtegroll. Platen è abbastanza colpito da questa osservazione. A Nemours, è anche felice nel giardino di un certo medico Micheleau la cui moglie non è più giovane, ma è così dolce e premurosa. Parla francese con lei con piacere, e parla inglese con una vecchia signora inglese che gli presta dei libri inglesi. Lascia queste persone gentili con rammarico e anche un vecchio curato di 86 anni, molto realista, che dice Messa ogni Domenica, senza altra compagnia che del suo cane e soprattutto del suo canarino, che gli era stato dato da un certo Rouxelle, un radicale, anticristiano, separato dalla moglie cattolica, e che vive con la sua serva, non facendo battezzare suoi figli. “Uno può essere un buon uomo, diceva il curato, senza essere cristiano.”

Il sotto-prefetto di Tonnerre, una città deliziosa, gli piace molto, un giovane affascinante, il più bel modello immaginabile per un giovane romano. Il 6 ottobre, si ritrova con alcuni vecchi compagni e altri giovani uomini istruiti, e Platen può sinceramente gioire prendendo parte a una conversazione intelligente, senza ambiguità e in un dialetto puro. Il 2 novembre, scrive nel suo diario che la vergogna è naturale, la spudoratezza acquisita. È certo che Platen fosse fondamentalmente modesto e pieno di pudore. Il 3 novembre, a Troyes, compra Bérenice, la sua tragedia preferita di Racine. E annota di aver visto presso un ricco negoziante un impiegato che assomigliava molto al suo amico Xylander.

Tornato in Germania, cerca di formarsi un sistema di morale e di condotta basato su: Dio, una severa moralità, il desiderio di imparare, l’amore per gli amici. Senza questi principi, come si può essere felice? Come si può fare a meno di aspirare a ciò che c’è di più alto, come si può fare a meno della castità del corpo e dello spirito, dell’amore dello studio, degli amici? E trova sempre di più che non può discutere con dei giovani uomini che parlano solo di cavalli, di cani e di piaceri, che non hanno né serietà nel loro carattere, né il desiderio di perfezionarsi e di migliorarsi. Si sente arricchito da tutto quello che ha visto, letto, pensato quest’anno.

Nel 1816, si reca in Svizzera; nel 1817 tra le montagne della Baviera. Legge ancora molto Pascal, Ariosto, Omero, Orazio, Alfieri (col quale trova diverse somiglianze) [2], Tasso, Goethe, Byron, Camoens, Calderon, etc.. Fa molti progetti di tragedie, poemi eroici, o che ne so io, tutta l’effervescenza di un talento che vaga. Si riconosce in un libro sul temperamento nel capitolo: Del malinconico sensuale. Ci sono molti impulsi di amicizia-amore che non portano a nulla, e tuttavia è feroce conro quelli che lo cercano. Ha una natura molto maschile nelle sue virtù, come nei suoi difetti. Bisogna che sia lui quello che ama, che scopre, che distingue, e reclama una simpatia che non trova affatto. Si intravedere, confrontando i frammenti pubblicati del suo diario e le sue poesie di quel tempo, come un certo amico, ad esempio Voelderndorf, lo preoccupava e lo interessava. Riporta nel diario ogni volta che ha incontrato un giovane, educato e gentile; costruisce senza dubbio ogni volta un’impalcatura di speranze. Nota in una bella poesia l’improvvisa emozione di un amico alla vista di Platen e si chiede se è il poeta che ha fatto battere il cuore dell’amico, o se si tratta di una coincidenza. A quel tempo, Platen si accontenterebbe di molto poco, ma non si stupirebbe di ottenere tutto. Ritiene di essere diventato molto ragionevole, crede di aver rinunciato ai sogni che rendevano la sua vita sopportabile. È pieno di pudore, di diffidenza, non crede nella sua vocazione, è riconoscente quando viene incoraggiato. Vorrebbe avere un consigliere, ha troppa falsa vergogna per coltivare quelli che lo potrebbe aiutare. Trova un brano nelle Confessioni di Rousseau che si applica a lui, l’unione ” di un temperamento molto ardente, delle passioni vivaci e delle idee lente a nascere, imbarazzate, e che non si presentano se non col senno di poi.” Ritiene che il suo merito consista nella sua lotta per arrivare alla verità e al bene. I viaggi sono per lui una distrazione squisita. Credo che sia impossibile leggere le sue impressioni di viaggio senza provare simpatia per lui.

Il giorno prima del suo ventunesimo compleanno, una delle sue poesie viene pubblicata, ne manda subito delle copie ai suoi genitori, a Max von Gruber, a Fugger, a Dall’Armi, a Perglas, ecc.. Il suo amico Schlichtegroll, che ne aveva venticinque copie, ne manda una al pittore a Issel, e Platen e riceve da lui una foglia cresciuta sulla tomba di Virgilio.

Nonostante i suoi amici, che amano tutti le lettere e le scienze, per lui la vita a Monaco diventa insopportabile e la voglia di istruirsi, di imparare cresce talmente in lui, che ottiene che il re lo mandi in una Università, prima a Würzburg e poi a Erlangen, prima per una anno e poi per un periodo più lungo. Il re gli corrisponde 600 guldens l’anno (era un privilegio concesso a qualcuno dei paggi), suo padre gliene dà 300, e ne riceve come ufficiale 12 al mese. Dopo sei mesi di Würzburg, Schelling, che lui aveva conosciuto da bambino, lo trattiene a Erlangen. Platen ci resta fino al 1826.

Non appena arriva a Erlangen, il cambiamento di ambiente, i professori che si interessano a lui, gli studenti che sono intorno a lui, l’ardore del lavoro, gli fanno alla fine trovare la sua strada poetica. Inizia a scrivere canzoni ammirevoli che solo l’ingiustizia ha fatto conoscere meno di quelle di Heine.

Platen deve ora essere pervaso dal suo ideale maschile, dal suo amore maschile. Ama in silenzio, si dichiara. «Tu mi richiami a un dovere doloroso. Ancora per un’ultima volta ti abbraccerei, non mi ricordare nulla prima. Chi potrebbe avvicinarsi a te con l’indifferenza, Chi potrebbe con freddezza vedere la bella, la divina figura, la divina, la bella forma. – Studia la mia vita; esaminala per vedere se sono mai stato bruciato da un amore colpevole – è solo la tua presenza dionisiaca che ha conquistato il mio cuore.

“Tu dici che mi sono sbagliato, tu me lo giuri, ma io so che mi hai amato, ma ora non mi ami più. I tuoi begli occhi bruciavano, i baci bruciavano anche di più, tu mi amavi, confessalo, ma tu ora non mi ami più. Non conto su nessun ritorno del tuo amore. Confessa solo che mi hai amato e non mi ami più.”

È impossibile sapere a chi siano indirizzati questi versi, ma sono facili da decifrare. Platen, essendo sempre alla ricerca di un’anima fraterna e appassionata, deve aver avuto parecchie delusioni; era amato in modo calmo, superficialmente, ma non con passione, e, probabilmente, coloro che lo avrebbero amato con passione, fisicamente, non lo avrebbero attirato. Perché in lui i sensi si confondevano quando l’immaginazione si infiammava.

Nel 1820 scrive (il 24 febbraio): “Non indagare mai il mio segreto, tu non devi approfondirlo, la simpatia te lo svelerebbe, se noi ci capissimo. Non chiedere più che cosa ci separa. È sufficiente che siamo separati l’uno dall’altro. Quello che mi sta intorno, non mi comprende e mi travolge e mi spinge, ma se cerco di consolarmi nella poesia mi ritrovo del tutto.”

Platen, comprendendo finalmente il suo amore unisessuale, non è rimasto danneggiato o depravato da questo fatto.

Ha 24 anni, è ardente, innamorato, e vuole amare solo a modo suo e solo colui che egli crederà degno di essere amato.

Egli vuole appassionatamente trovarlo, si getta alla sua ricerca, si riprende, e allora è contento del riposo del suo cuore e del suo lavoro. Il 10 maggio 1820: “La primavera ha invitato tutti, ma non me. Mi ha visto prigioniero, ero attaccato alle sue guance, a quella faccia. Ora sono libero, ora arriva la primavera, solo ora posso godere appieno, anche se più tranquillo e più calmo dei ruscelli e delle rose.”

Nel mese di luglio si sente di nuovo innamorato. – Ma nel mese di agosto trova che solo l’eco gliene è rimasta. Il suo cuore chiede amore ma lui non sa chi amare. Questa condizione di incertezza del desiderio gli strappa molte delle poesie più belle della letteratura tedesca.

È molto interessato al Persiano, studia Hafiz, scrive degli affascinante Ghaselen molto ben accolti e apprezzati, poi arriva alla sua grande passione per Otto von Bulow nel 1821; il 13 luglio fa la sua conoscenza. Era un giovane ufficiale dei dragoni di Hannover, che aveva ricevuto il permesso di trascorrere un anno presso l’Università di Erlangen. Era gioioso, leggero, senza affettazione e senza arroganza, sempre gentile e amabile.

Platen, malinconico di natura, che annotava con gioia e stupore i due amici con i quali aveva riso molto nel corso della sua vita, si innamora perdutamente, appassionatamente, platonicamente di Otto von Bulow. Legge i sonetti di Shakespeare con avidità e ci ritrova tutto il suo affetto per Bulow. Pieno di Hafiz e del suo amore, ritrovando finalmente l’ideale sognato e desiderato, non ci si può stupire della rapidità con la quale la passione di Platen si esaltò per il suo “bell’amico”, come Fugger lo chiama nelle sue lettere a Platen. L’attività letteraria del poeta aumenta naturalmente molto; studia molto i libri e le letterature orientali, si fa arrivare libri da Londra, Vienna, Monaco. – Legge Calderon e Sofocle, e accoglie con favore il sentimento religioso profondo che penetra l’Aiace. – Durante una breve assenza di Bulow, scrive una poesia su di lui dove il nome di Bulow si ritrova in ogni strofa. Vediamo la sua gloria ma anche la paura che Bulow sul petto di una bella ragazza, prenda in giro forse il suo amico. – “Dovrei morire se non ti scrivessi; perdonami, Bulow, di amarti così tanto. Chi non sarebbe incatenato da questi occhi e da queste guance? A chi non piacerebbe una tale allegria, ma soprattutto un cuore così onesto? Il bel Bulow non lo cede che al bene.”

Questa felicità (penso sia ridicolo dubitare della castità di un amore così eloquente e esaltato in quel momento) non durò a lungo. All’inizio di settembre Bulow viene richiamato nel suo paese e Platen lo accompagna fino a Goettingen. Lì, abbandonato alla sua disperazione, compone la maggior parte dei “Ghaselen” dello Specchio di Hafiz, che riflette esclusivamente l’amore di Platen per Bulow. Legge Cervantes, Persiles e Sigismunde, e altri libri in diverse lingue.

Incontra Goethe, e altri ancora, ma senza trarne alcun profitto, perché riceve una lettera da Bulow che gli dice che è costretto a rimanere ad Hannover. La disperazione di Platen appare nelle sue lettere a Fugger. Giura di non scrivere più poesie prima di rivedere Bulow. Si riconosce la delicatezza di cuore e di spirito del fedele Fugger leggendo le sue lettere. Non cerca di consolare il suo povero amico raccomandandogli la rassegnazione o l’oblio. Gli consiglia, invece, di sperare in un incontro con Bulow; Bulow, dice, non potrà dimenticarlo né smettere di essergli riconoscenti[3]. Fugger viene anche a trascorrere un po’ di tempo con Platen, a Erlangen, per distrarlo.

Nel mese di dicembre 1821, Platen sogna di fare un lungo viaggio a Pasqua per rivedere Bulow. Avrebbe fatto il viaggio a piedi, spendendo circa due guldens al giorno. Non avrebbe avuto abbastanza denaro per vedere Bulow a lungo, ma almeno lo avrebbe visto; poteva anche andare al mare insieme con lui.

Legge la Bibbia ogni sera a letto, e il primo gennaio gli viene l’idea di scrivere un dramma su Davide e Jonathan, argomento che gli era già venuto in mente in passato.

Il 3 febbraio, vede l’affascinante Liebig e fa la sua conoscenza il il 17. Il famoso scienziato non aveva ancora 20 anni ed era allora, come molto tempo dopo, estremamente attraente. Una tenera amicizia lo legò subito a Platen. Il 17 Platen scrive: “Ha in tutto idee chiare e sa quello che vuole; più due uomini si avvicinano l’un l’altro, più cercano di svelarsi l’uno all’altro, più diventano enigmatici, e solo un uomo superficiale può credere che due uomini si conoscano veramente.” Scrive versi per Liebig. Liebig lascia Erlangen quasi subito e in maggio trascorre un paio di giorni con Platen a Darmstadt; non rivide mai più Platen, ma continuarono comunque a scriversi, ad amarsi, a rispettarsi, e Liebig, più tardi testimoniò pubblicamente la sua amicizia per Platen. Quest’ultimo non andò a raggiungere Bulow, per motivi che non conosco. Fu per mancanza di denaro, o Bulow si era troppo raffreddato nei suoi confronti?

In ogni caso, annuncia a Fugger, quando torna dal suo viaggio, che è andato solo fino a Colonia. Si spiega a voce.

Una nuova passione sembra aver preso possesso di lui, o meglio è la stessa passione per un ideale che non può addomesticare né trattenere. È Cardenio che egli considera il nuovo simbolo, la nuova incarnazione del suo idolo. Il 22 Luglio 1822, gli scrive una epistola in versi, un’altra il 19 agosto. – Scrive diversi ghaselen e nel 1823 sette sonetti a Cardenio, e il 13 marzo un ghasele (a Krieger, studente a Erlangen), che sembra chiudere l’episodio: “L’edificio di schiuma della speranza si disfa -, eppure stavamo così bene insieme – i capelli scuri, il mio viso … ” le poesie dedicate a Cardenio sono tra le più autobiografiche e le più chiare.

Platen nega sempre di bruciare di un amore proibito,[4] e si lamenta della crudeltà del suo amico. Cardenio è freddo e orgoglioso, sottile e dolce. -La sera Platen lo vedeva lavorare coi suoi capelli ricci illuminati dalla lampada. Cardenio è la sua ultima speranza, ci sono momenti in cui lui pensa che entrambi soffrano allo stesso modo. Non può capire se ispira odio, una predilezione per lui o indifferenza.

Ah! se potesse solo riposare sul petto amato di Cardenio. Ah! No, perché una testa più bella poggia sul suo petto; “Prendi questa lettera, dalla al tuo beneamato perché si chieda se sente in sé una consistenza come la mia.”

Desidera di essere la pipa tra le labbra di Cardenio, che riceve il suo bacio perpetuo, invidia il suo berretto, lui che non ha quasi mai potuto toccare i suoi capelli. È stato illuminato, una sera d’inverno da Cardenio che portava una torcia, e questo ricordo gli ispira un bellissimo sonetto. – Dopo lunghe prove e lunghi dubbi, sembra che dei nemici di Platen (i poeti ne hanno sempre, particolarmente quelli sobri, quelli chiusi e quelli austeri che no si concedono troppo) abbiano indisposto Cardenio nei confronti del suo amico. Un fatto casuale li lasciò soli per tutta la notte, e Platen osò mettere il suo braccio intorno a Cardenio e confessare il suo amore. Cardenio non sembrò affatto timido, e non si ritrasse, sembrava essere acquiescente col suo silenzio, e Platen lo lasciò, ebbro d’amore, credendo che le loro anime si stessero fondendo, che i loro cuori andassero a battere uno accanto all’altro, credendo Cardenio suo – ma i giorni che seguirono Cardenio divenne sempre più freddo, sempre più duro, e Platen si lascia andare ai lamenti armoniosi. Se il suo desiderio fosse stato colpevole avrebbe capito quella freddezza; tutto lo rattrista; aveva uno specchio senza macchia in cui specchiarsi, ora non può specchiarsi che in ciò che è morto, e nascondere tutti i dolori che gli si preparano.

I desideri di Platen si precisano: risposare sul petto di un amico intellettuale, bello e degno di fiducia sembra essere l’ideale amoroso di Platen. Si ritroverà, tre anni più tardi, nel 1826, lo stesso ideale nei sonetti a Karl-Theodor German, e anche nel grande sonetto trionfale che si trova verso la fine dei sonetti.

È questa aspirazione amorosa senza uno scopo sessuale o pronunciato o ammesso che ha fatto in modo che il furioso e triviale Heine chiamasse Platen uomo tribade.

In ogni caso il desiderio di Platen, nel suo orientamento e nella sua intensità è assolutamente uranista, unisessuale platonico. La sodomia, i rapporti sessuali sono molto lontani da questo amore; e questo è probabilmente quello che lo aiuta a risollevarsi, agli occhi di Platen, quello che glielo fa definire un amore non colpevole. – Dal punto di vista della religione o del codice delle convenzioni sociali, ovviamente, si potrebbe dire che questo tipo di castità è pericoloso e riprovevole, ma come potrà l’amante giudicare in questo modo di un amore tirannico, che non chiede nulla di quanto la dissolutezza domanda?

“Il mio amore può non essere lodevole, dice Platen un giorno, ma sembra temerario biasimarlo.”

Platen non è mai stato falso o ipocrita; e quando ha proclamato il suo amore per Otto von Bulow e per Cardenio, credeva sinceramente di amare in modo elevato e dignitoso. Egli ha creduto di decentralizzare l’istinto sessuale, di trasfigurare i sensi, facendo loro provare sensazioni spirituali, e di consolare l’anima insegnandole emozioni corporee. “Io sono per te ciò che l’anima è per il corpo, che il corpo è per l’anima, io sono per te quello che la donna è per l’uomo,[5] ciò che l’uomo è per la donna” dice in un ghasele, ed esprime così con franchezza la natura del suo amore. È la passione della similarità, dell’omosessualità, che spinge Platen.

L’uranismo, l’unisessualità si differenziano in lui in questo modo: messo da parte il sesso femminile, il suo amore non si indirizza né agli effeminati, né ai giovanissimi, né agli uomini maturi.

Platen è sempre stato tutto d’un pezzo, diretto, e come tale è stato anche trattato da tanti uomini illustri, con rispetto e considerazione. L’elenco dei contemporanei che hanno reso omaggio al suo carattere e al suo talento è lungo e contiene nomi nobili. “Io, che non ho mai amato l’arte o la bellezza a metà, ho il diritto, dice, di far sentire accenti raramente sentiti”, ed è certamente quello che anche i suoi amici hanno pensato. Goethe si è fatto un punto di onorare di rendere omaggio pubblicamente a Platen e di affermare la sua superiorità rispetto Ruckert.

Nel 1823, dopo la delusione di Cardenio, Platen scrive con ispirazione e facilità parecchie poesie, e grazie alle lettere di Liebig, grazie all’amicizia del professor Engelhardt, di Schelling, di Bruchmann, dello scienziato Doellinger, di Kernell, un giovane tisico col quale studiava lo Svedese, vide splendidi giorni. Questo è il culmine del suo soggiorno a Erlangen. In Platen, che non ha nulla dell’erotomane o del degenerato, le sofferenze d’amore sono seguite da una grande attività intellettuale, come accade a tutti gli uomini superiori che non cercano l’oblio nella dissipazione o nel piacere.

Egli scrive in cinque giorni “La scarpetta di vetro”, una favola. Il flemmatico svedese Kernell ne fu così affascinato che si gettò al collo Platen; – E il racconto, letto agli amici e alle loro mogli e sorelle, ebbe molto successo.

Le ultime Ghaselen furono molto ben accolte. Platen riceve da Cassel, da Ludwig-Sigismund Ruhl,[6] una lettera interessante. Ruhl gli dice che la simpatia è un mistero che non vuole approfondire. I primi versi di Platen gli avevano già fatto conoscere una simpatia che proviamo per poche persone. Sembra aver capito Platen prima che Platen stesso si capisse e non esita a dirglielo. Se mai si incontreranno, Platen potrà convincersi del rapporto tra le loro menti e le loro vite. Desidera una risposta. Platen gli chiede il suo ritratto e lo riceve accompagnato da una lettera entusiasta.

La poesia drammatica ora interessa Platen. Scrive il Tesoro di Rhampstnit, Aucassin e Nicolette. Il 21 agosto 1824 si reca a Venezia. Il suo primo volume di commedie gli è valso 154 fiorini. La zia di Hannover gli ha mandato sei luigi d’oro. Venezia gli ispira gli ammirevoli sonetti veneziani, e si entusiasma dei pittori italiani, per il vangelo della bellezza. Il suo gusto artistico si perfeziona e matura.

Venezia gli fa dimenticare la sua vita passata, e si trova in un presente senza ieri.
Il 24 ottobre festeggia il suo compleanno a Venezia andando la mattina a vedere Barbara de Palma nella chiesa di S. Maria Formosa, poi Tiziano e Bellini a S. Giovanni e Paolo, poi il Cristo di Campagna a San Giuliano, poi va a S. Crisostomo a vedere Piombo, poi a San Samuele a vedere il “Sebastiano” del Veronese, io non continuo l’itinerario. Il 9 novembre, si stacca da Venezia e il 19 arriva a Monaco dopo sette anni di assenza. Pensa che lì era stato felice, sconosciuto e impegnato. Va a trovare Xylander e sua moglie e altri amici, vecchi e nuovi. Viene festeggiato, i suoi sonetti sono applauditi.

Rivede dopo sette anni Eufrasia, che aveva creduto di amare, e che nessun’altra donna era venuta a cancellare nella sua mente. – Torna a Erlangen che ora lo annoia, viene punito militarmente per aver superato il suo periodo di congedo militare, e resta dal 2 gennaio al 22 marzo agli arresti a Norimberga. Legge molto in questo periodo e scrive in prosa e in versi.

Il 23 marzo, riceve una lettera di una poetessa malinconica, innamorata di Platen. Erlangen non gli piace di più dopo Venezia e Monaco. I suoi amici sono troppo occupati, e ha bisogno di vedere facce nuove, posti nuovi.

14 giugno a Erlangen va in scena la sua commedia (Aucassin e Nicolette) con grande successo davanti ad un pubblico giovane e amico.

È acclamato dal pubblico e viene portato quasi suo malgrado sul palcoscenico. Schelling dopo lo spettacolo riunisce degli amici per onorare il poeta.

È qui che si fermano i frammenti del diario che dobbiamo al professor Engelhardt e a Karl Pfeufer.[7]

Nel 1826 Platen scrisse una commedia aristofanesca e anche ventisei sonetti per Karl-Theodor German, sonetti e elegie, di ribellioni, di desideri, di passione. In una lettera a Fugger, dice che l’autore della commedia è il più sfortunato degli uomini.
Questi sonetti a Karl-Theodor German sono tra i più belli della letteratura tedesca. Platen nel sonetto vola al di sopra sopra tutti poeti tedeschi, compreso Goethe.
La perfezione della forma, l’emozione struggente e sontuosa si riflette in essi perfettamente. Il sentimento è lo stesso dei sonetti di Shakespeare (con la nota personale) e la forma è quella del sonetto italiano o francese. Platen nei suoi sonetti ha raggiunto una delle vette della poesia. Ma non ricevette apparentemente che ostilità e male da parte di questo German, e fu perseguitato ancora una volta dalla sua scelta infelice. Quelli che amava di più gli sono stati portati via dall’assenza o non sono mai stati suoi. È sempre stato pronto ad amare fedelmente, costantemente, sempre, e non ha mai avuto l’occasione di dimostrare la sua sincerità, ma ha mantenuto almeno una promessa, quella di dare l’immortalità, la celebrità.

Chi conoscerebbe Otto von Bulow o Karl-Theodor German senza il grande poeta?

L’ultimo sonetto (il ventunesimo) [8] del poeta imbevuto di amarezza si conclude così: “Quanto sono stanco della mia patria!”

E nello stesso anno si recò in Italia dove rimase fino alla sua morte a Siracusa, con l’eccezione di un viaggio a Monaco per vedere la sua amata madre divenuta vedova.

La raccolta di novantasette sonetti termina in un modo sorprendente e unico. Dopo essersi consolato delle sue sofferenze d’amore, ricordando che ha sempre ripristinato l’equilibrio della sua vita con tutta la forza e tutta la dignità della sua anima, il poeta che ha tanto amato e tanto sofferto, termina con una epitalamio di amore unisessuale vittorioso e con il suo proprio epitaffio, dicendo con calma quello che ha fatto, vantando quello stile puro che non è stato superato, le sue odi e sonetti, e la sua influenza sulla lingua tedesca.

Arrivò a Roma il trentesimo anniversario della sua nascita e morì a Siracusa 5 Dicembre 1835.

Questa non è una biografia di Platen, e neppure la sua storia letteraria. Per questo poche righe saranno sufficienti. Avendo avuto grande successo (ed essendone cosciente) nella ghasele, nella canzone, e nel sonetto, l’ode è l’unica forma lirica che lo incanta e ne scrive di sempre più complicate e formalmente rigorose. Ora si conosce a fondo. Ciò che diverte gli altri laggiù nel suo paese, non lo diverte. La natura, per la sua sofferenza, ha affinato suo udito e gli ha permesso di utilizzare la musica per perpetuare ogni dolore. È stato calunniato e, nonostante il suo silenzio, ne soffre molto. Anche in politica (e la politica lo interessa sempre di più) non può dire quello che pensa. Bisogna dunque mettere da parte (dice in un’ode) il manto dell’illusione, l’abito ricamato dei sensi.

E l’ode seguente, con la sua malinconia amorosa dei baci di miele, i suoi sospiri e i suoi sguardi, messaggeri di felicità, forse, e il silenzio e l’oscurità, mostrano che il sentimento poetico non dormiva nemmeno in questa attraente Italia. Non vedeva forse allora frequentemente un giovane artista italiano, la più bella creatura che avesse mai incontrato? Ma ben presto la sua bontà, il suo affetto e il suo desiderio di essere utile lo legano ad August Kopisch, musicista e poeta, che ha espresso lui stesso la sua gratitudine verso il suo illustre amico.

“Il nostro legame non è come la maggior parte dei legami, ha detto Platen, i nostri testimoni sono il mare e la terra. L’immagine della tua immagine da lungo tempo era in me, dal momento in cui la vocazione all’amicizia si era risvegliata nella mia anima che desidera tanto rivedersi, ma più nobile, in un altro. Petto contro petto, servi dell’amore, costruiamogli una nuova Roma.”

Dopo il 1829 le poesie d’amore cessano. Quell’anno compare l’Edipo Romantico, grande commedia Aristofanesca; poi, nel 1833, una storia del Regno di Napoli dal 1414 al 1443, quindi la Lega di Cambrai; poi, nel 1834, il bel poema in nove canti, gli Abassidi; poi, nel 1854, la seconda edizione delle sue poesie. Dopo la sua morte furono pubblicate le sue poesie politiche.

Il clima dell’Italia, i suoi molti amici italiani, i Tedeschi che vi viaggiavano, gli ammiratori che gli scrivevano, i suoi amici in Germania che lo amavano sempre, e l’assenza delle coercizioni che aveva subito in Germania, certamente gli resero più felici gli anni d’Italia. E si può essere certi che anche in questa Italia così voluttuosa e meno ipocrita della sua Baviera, Platen non rinunciò né ai suoi principi, né alla sua dignità. Il piacere senza amore non lo ispirò mai, e un poeta così autobiografico avrebbe sicuramente cantato i bei corpi e le carezze classiche se l’amore venale avesse giocato un ruolo importante nella sua vita. E un uomo così onesto e veritiero (sua madre, che gli sopravvisse, diceva che non aveva mai detto una bugia), se avesse scritto, avrebbe scritto la verità. Prima del 1829 si trovano ancora delle odi d’amore molto belle, e ci si stupirebbe se dopo aver tanto sofferto di amare senza corpo, Platen non fosse stato tentato da corpi senza anime; tentato, ma non sconfitto.

Quando ci si deciderà a pubblicare il diario completo di Platen, penso che la morale, la psicologia e la letteratura ne guadagneranno molto.

Platen è, secondo me, chiaramente il poeta maschio e uranista dell’amicizia entusiasta e dell’uranismo più elevato. E, come lui stesso ha detto, se è impossibile lodare la sua concezione dell’amore, è temerario incolparla. Volle soddisfare nella maniera più intellettuale e ideale le esigenze della sua natura delicata e ardente, ricercando sempre l’immagine che aveva dentro di sé, cercando di trovare questo nobilissimo specchio, non contento di nessun’altra consolazione che l’amicizia e l’arte, quando gli mancava l’amore. Perché non si devono confondere le sue amicizie e i suoi amori. Le sue amicizie furono durature in quanto erano basate sulle sue solide virtù; i suoi amori non lo furono perché erano un’illusione, un ideale da perseguire, dei simboli di culto.

“Ci sono due anime che si capiscono completamente? Ha detto; che l’uomo cerchi la risposta a questo enigma, cercando degli uomini come lui, fino alla morte, fino a quando potrà cercare e morire.”

In una lettera a Schwab Guslav, da Roma, 16 febbraio 1828, Platen parla di un giovane Waiblinger che aveva scritto una poesia per lui e ne desiderava una. Il poeta rifiutò perché questo Waiblinger gli ripugnava troppo. “Ha talento, ma non abbastanza. La sua permanenza in Italia gli è funesta. Le sue poesie non sono migliori perché ci mette il Pantheon, il Colosseo, ecc.. Ma come volete che si diventi un Sofocle quando si è vissuto come un maiale, cosa che egli stesso ammette ogni giorno, perché la sua franchezza, non teme di essere disgustosa. Lord Byron, è vero, è stato in grado di dare qualche credito ai geni libertini, ma certamente non si è comportato male nemmeno la metà di quanto hanno detto, e poi viveva nel lusso e non aveva bisogno di frequentare taverne e bordelli.”

I rapporti tra veracità, bugie e vita sessuale sono stretti. Gli effeminati sono bugiardi a tutti i livelli, dalla perfidia minuziosa all’incoscienza, fino all’incontinenza delle falsità. Osservano male e riferiscono male ciò che hanno osservato. Si conoscono dagli isterici, dai malati, dai criminali, dagli alienati, le esagerazioni della menzogna e della sessualità.

Le cortigiane o le indipendenti, Ninon de l’Enclos e i suoi seguaci si sono talvolta piccati di essere onesti, cosa che è molto difficile per molti effeminati, e impossibile per un certo numero.

L’uranista, l’unisessuale maschio, come Platen o Michelangelo, che è sincero con se stesso e con gli altri, è in una posizione particolare per quanto riguarda la sua sessualità, una volta raggiunta l’età della ragione.

Il suo temperamento focoso, vivace, infiammabile, gli fa desiderare furiosamente un amore completo senza paura, senza ritegno e senza sospetto, la sicurezza nell’amore, allo stesso tempo ha un ideale del quale non saprebbe fare a meno. Non può fingere di amare qualcuno che non gliene sembra degno per ottenere la dolcezza dell’illusione. Gli effeminati, i presuntuosi, gli avidi, i volubili, i curiosi, quelli che si abbandonerebbero all’apparenza per un po’ di divertimento, non possono capire la posizione dell’uranista che la verità e la veridicità difendono dai piaceri frivoli, dalle passioni ingannatrici, dai rapporti che non durano, e che hanno troppo da fare, troppo da sperare, per ubriacarsi dei piaceri dell’Eros di strada.

Insegniamo in primo luogo la verità, la veracità, la sincerità, se vogliamo che l’uomo sessuale, eterosessuale o unisessuale, non inciampi sotto il peso della sua sessualità.
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[1] Oggetto di queste poesie giovanili è l’amore di una ragazza per il suo beneamato.

[2] La stessa timidezza, la stessa “taciturna natura” [in Italiano nel testo], la stessa lentezza e “ritrosità” [in Italiano nel testo] verso le nuove conoscenze, la stessa testardaggine, la stessa ostinazione. Era contento, come lui, di essere nobile perché poteva più facilmente disprezzare i pregiudizi della sua casta senza essere accusato di invidia. Non gli piaceva neanche la danza. Non poteva abituarsi alla coercizione militare, e provava sempre una certa malinconia, quando non gli piaceva qualcuno o qualcosa.

[3] Ancora una volta devo trascurare parecchie sfumature interessanti e parecchie gradazioni delicate.

[4] Come Michelangelo in molte poesie.

[5] Heine ha commesso l’azione volgare di citare solamente questo emistichio e non il successivo.

[6] Una biografia di quest’uomo interessante è auspicabile.

[7] Pubblicato nel 1860.

[8] A K. T. German.

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STORIE DI OMOSESSUALITA’ IN FEDERICO IL GRANDE E IN VERLAINE

I due capitoli di “Uranismo e Unisessualità” che esamineremo oggi presentano, pur nella loro brevità, notevoli elementi di interesse. Il primo si riferisce a Federico il Grande e alla sua amicizia per il nobile de Suhm e il secondo al rapporto tra Paul Verlaine e Lucien Létinois. Per capire esattamente il senso dei brani citati da Raffalovich occorrono alcuni chiarimenti di carattere storico.

Consideriamo prima di tutto il brano di Sante-Beuve che riguarda Federico il Grande. Va tenuto presente innanzitutto che Federico era notoriamente omosessuale e lo era stato dalla sua giovinezza.

Riporto qui di seguito un mio breve articolo, comparso di Gay e Storia (Biblioteca di Progetto Gay) e intitolato “Federico il Grande e von Katte”.

“Sulla omosessualità di Federico II di Prussia (24 gennaio 1712- 17 agosto 1786) si è scritto molto. Voltaire, il cui rapporto problematico di amore-odio con Federico II è ben noto, si lascia andare a pettegolezzi e a coloriture che sanno molto di gossip moderno di bassa lega, come ben fa rilevare Roger Peyrefitte [Archiivio storico del Corriere della sera, 16/10/1992] Voltaire è ironico, afferma che Federico non amava gli uomini gradi ma gli uomini belli, ma poi si sofferma sul rapporto di Federico col padre Federico Guglielmo I (1688-1740) e con i toni leggeri che gli sono propri accenna a due episodi emblematici del dramma che Federico fu costretto a vivere. Quando Federico era ancora giovanissimo aveva una specie di innamorata figlia di un maestro di scuola della città di Brandeburgo, che abitava a Potsdam. Voltaire ritiene che Federico non ne fosse innamorato realmente ma credesse solo di esserlo, sbagliandosi (o forse fingendo), dato che il suo interesse non era rivolto verso le ragazze. Ma il punto non è questo. Il re padre, Federico Guglielmo, notò che il figlio Federico si comportava da innamorato di quella ragazza, e pensò bene di fare correre quella donna in giro per la piazza di Potsdam, guidata dal boia a colpi di frusta, sotto gli occhi di Federico. Si tratta già di un segnale di un rapporto terribile tra padre e figlio, ma non c’era ancora di mezzo la questione della omosessualità. Col passare del tempo il rapporto padre-figlio divenne intollerabile per Federico che arrivò ad augurarsi che il padre morisse al più presto. Quando Federico aveva 18 anni, o anche meno, conobbe Hans Hermann von Katte (28 febbraio 1704 – 6 novembre 1730) che allora prestava servizio nella guarnigione di Küstrin e aveva all’epoca 26 anni. Guglielmina, sorella di Federico, annota nel suo diario:

“i due sono divenuti inseparabili. Katte è intelligente, ma non ha educazione. Egli serve mio fratello in ogni suo desiderio con reale devozione, e lo tiene informato di tutte le azioni del re.”

In quel periodo Federico aveva in mente di fuggire in Inghilterra, dato che per parte di madre aveva legami di stretta parentela con i re d’Inghilterra Giorgio I e Giorgio II. Programmò quindi la fuga con l’aiuto di Katte, ma il principe e il suo attendete furono catturati prima di passare in Francia, il coinvolgimento di von Katte fu subito evidente e l’ufficiale fu arrestato a Küstrin. Il re Federico Guglielmo umiliò Federico davanti ai servi e Federico e von Katte furono portati davanti al tribunale militare di Köpenick che condannò von Katte all’ergastolo per diserzione e si dichiarò non competente per giudicare il principe ereditario. Ormai il re Federico Guglielmo aveva capito la natura del legame tra Federico e von Katte.

Federico Guglielmo pensò di costringere Federico, che riteneva indegno del trono, a rinunciare al suo diritto di successione a favore del fratello, ma Federico non rinunciò e il padre andò su tutte le furie ma non poté metterlo a morte per l’intervento dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Il re Federico Guglielmo si vide quindi costretto a risparmiare il figlio e a dover perfino accettare che rimanesse nonostante tutto il primo in linea di successione al trono, ma fece pesare in modo terribile la sua collera. Facendo uso delle sue prerogative reali, Federico Guglielmo commutò d’autorità la condanna all’ergastolo inflitta a Katte dal tribunale in condanna a morte, ordinò che Katte fosse portato nella fortezza di Küstrin, dove si trovava Federico, per l’esecuzione della sentenza, e fu imposto al principe di assistere all’esecuzione. Carlyle, nella sua Vita di Federico II, volume 2, pag. 489, descrive così la scena:

“A Katte era stato ordinato di indossare un abito bruno, esattamente eguale a quello del Principe, il quale era già stato condotto in basso, in una sala, per fargli vedere Katte mentre passava di lì (l’ordine reale era di fargli vedere Katte mentre veniva giustiziato, ma la fecero passare come una disposizione ormai decaduta), e Katte sapeva che Federico lo avrebbe visto.”

Besserer, il cappellano della guarnigione, citato da Carlyle, descrivendo la scena mentre si avvicinavano al castello, dice: “Qui, dopo un lungo e bramoso sguardo tutt’intorno, finalmente vide il suo amato Gionata ad una finestra del castello, e da lui si congedò con l’espressione più gentile e più tenera, parlando in francese, senza alcuna emozione che ne tradisse il dolore.”

«Pardonnez moi, mon cher Katte», gridò Federico. «La mort est douce pour un si aimable prince», rispose Katte, e continuò a camminare, girando dietro l’angolo della fortezza, almeno così sembra, e non poté vedere Federico, il quale svenne senza poter dare un’occhiata a Katte prima che morisse.” Federico aveva allora 18 anni e von Katte ne aveva 26. È ben difficile immaginare una forma più inumana di violenza di un padre verso il figlio.”

Tanto premesso, vediamo ora chi è il sig. Suhm di cui parla Sante-Beuve. Troviamo la risposta nella “Storia della vita e del regno di Federico II Re di Prussia”, scritta in Francese dall’Ab. D. Carlo Denina, versione italiana, Venezia 1789.

Denina ci dice che il principe Federico iniziò lo studio del filosofo Christian Wolff (1679 –1754), e aggiunge (rimetto il testo in Italiano moderno):

“Ma Wolff prima di comporre in latino i suoi immensi trattati sopra tutte le parti della filosofia, aveva scritto in tedesco . Quantunque abbia molto contribuito ad arricchire la lingua di termini propri ed espressivi, il suo stile era rozzo e duro.

Convenne che Federico se lo facesse tradurre per poterlo studiare. Ulric di Suhm, di cui è stata pubblicata la corrispondenza con Federico, gli rese questo servizio.

Cotesto gentiluomo Sassone era stato inviato dal re Augusto II alla corte di Prussia: il principe in lui trovò intelligenza e competenza, e gli dimostrò amicizia. Suhm fu richiamato nei 1730, sia perché un simile legame col principe reale non piaceva al re Federico Guglielmo, sia per dissapori sopravvenuti tra la Prussia, e la Sassonia.”
Va sottolineato che il rapporto tra il futuro Federico il Grande e Suhm non era superficiale e lo stesso Federico aveva discusso con Suhm del processo contro von Katte. Quando il re Federico Guglielmo si rese conto dell’amicizia nata tra suo figlio e Suhm si diede immediatamente da fare per allontanare Suhm.”

Dopo l’uccisione di von Katte la situazione del principe Federico fu all’inizio pesantissima, col tempo e col progredire della malattia del re suo padre, Federico ebbe sempre maggiore autonomia di azione.

Ci dice Denina che “Il buon Suhm, per cui Federico aveva avuto una sincera amicizia, e che gli traduceva Wolff, non ebbe tempo di godere della fortuna che il suo amico divenuto re gli aveva destinata. Era partito da Peterburgo appena il nuovo re gli aveva manifestato le sue intenzioni, ma la sua salute non era stata mai vigorosa; si affaticò talmente nel suo viaggio, che morì a Varsavia prima di vedere il nuovo re di Prussia che lo attendeva.”

Il capitolo dedicato da Raffalovich all’amore paterno, è in sostanza una citazione di una poesia di Verlaine. Tutti conoscono, almeno per sommi capi, il burrascoso rapporto di Verlaine e Rimbaud, ma la poesia citata da Raffalovich si riferisce ad un altro ragazzo amato da Verlaine: Lucien Létinois. La sua storia è molto triste e la lettura delle poesie a lui dedicate nella raccolta “Amour” offre un’immagine decisamente poco nota di un Verlaine innamorato e malinconico.

Lucien Létinois nasce il 27 febbraio 1860 in un villaggio delle Ardenne, da una famiglia di agricoltori. Nell’ottobre del 1877, a 17 anni, è allievo dell’Istituto dei padri Gesuiti Notre-Dame di Rethel, dove Paul Verlaine è ripetitore di letteratura, storia, geografia e inglese. Verlaine è affascinato dal ragazzo e gli regala una copia con dedica dei suoi Romances sans paroles.

Nell’agosto del 1878 il contratto di Verlaine col collegio Notre-Dame non è rinnovato, ufficialmente per ragioni di bilancio, e Verlaine riceve anche una lettera di ringraziamento da parte del rettore. A settembre, Paul e Lucien partono insieme per l’Inghilterra dove si dedicano all’insegnamento in città diverse. Verlaine raggiunge poi Lucien a Londra dove, secondo la poesia VIII (O l’odieuse obscurité) della sezione Lucien Létinois di “Amour” (1888), i due divengono amanti. Lucien aveva 18 anni e Verlaine ne aveva 34. L’interpretazione della poesia appena citata non è però condivisa da tutti i biografi.

Nelle poesie dedicate al ragazzo Verlaine ne parla come di un figlio che veniva a sostituire il suo vero figlio, che gli era stato tolto per punirlo della sua vita libera con Rimbaud. Alla fine di dicembre 1879 i due tornano in Francia e vanno a vivere presso i genitori di Lucien. Col denaro di sua madre, Verlaine compra una fattoria e la intesta al padre di Lucien. Dalla fine del 1880 Lucien presta servizio militare fino all’autunno del 1881 come artigliere a Reims. Verlaine, per restargli vicino, ottiene un lavoro come sorvegliante generale in un collegio di quella città.

Il 7 aprile del 1883 Lucien muore improvvisamente per una febbre tifoide all’ospedale della Pietà; aveva da poco compiuto 23 anni. Verlaine è sconvolto, gli dedica 25 poesie alla fine della raccolta “Amour” (1888). La morte di Lucien rappresenta per Verlaine l’inizio della fine; comincia una vita da vagabondo alcolista dalla quale non uscirà più; morirà l’8 gennaio del 1896.

Ma ora veniamo ai testi:
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Federico il Grande e il Sig. di Suhm

“Si vede brillare in questa mutua corrispondenza quasi la luminosità di una di quelle amicizie di Platone, fatte per unire coloro che sono animati dal medesimo culto del bello e del vero. Si ha davanti gli occhi un Federico senza empietà. Senza nulla di quell’aria di scherzo cinico che credeva talvolta di buon grado di dover utilizzare indirizzandosi a dei corrispondenti francesi.”

“Ha per il sig. Shhm un’alta stima mescolata con la simpatia e la tenerezza, e per esprimerla sembra prendere qualcosa in prestito dai dialoghi degli antichi: “Sapete, senza che io ve lo ripeta, che la conoscenza delle perfezioni è il primo motore del nostro piacere, nell’amore e nell’amicizia che è fondata sulla stima. Ed è questa rappresentazione della vostre perfezioni che si crea la mia anima, rappresentazione che il fondamento della perfetta stima che io ho per voi.” In altri giorni ci definisce il suo amico con termini meno metafisici ma affascinanti per la loro grazia; tremando per la sua salute, nel momento in cui lo vede allontanarsi per andare in Russia: “Il vostro corpo delicato, gli dice, è il depositario di un’anima fine, spirituale e sciolta”. Certo alludendo a questo fragile contenitore che l’anima divora, lo chiama familiarmente mio caro Diafano. Quando sa che è malato e lo vede vicino a svanire nella sua pura essenza, grida: “Il solo pensiero della vostra morte mi serve come argomento per provare l’immortalità dell’anima; come può essere possibile che questo essere che vi muove e che agisce con tanta luminosità di nettezza e di intelligenza in voi, che questo essere, dico, così differente dalla materia e dal corpo, quest’anima dotata di tane virtù solide e di tante attrattive, questa nobile parte di voi stesso che è la delizia della nostra amicizia, non sia immortale?” Sainte-Beuve.

L’amicizia paterna

Forse è permesso prendere da “Amour” di Paul Verlaine qualcuna della pagine che celebrano l’amicizia paterna.

XV

Dal momento che già di nuovo la follia si fa sentire
spiega dunque la cosa, o poeta infelice.

Ho conosciuto questo ragazzo, la mia amara dolcezza,
in un pio collegio dove ero professore.
I suoi diciassette anni ribelli e magri, la sua reale
intelligenza e la sua purezza veramente bella
che i suoi occhi ei suoi gesti e la sua voce raccontavano,
incantarono il mio cuore e ispirarono la mia scelta
di lui come figlio, dal momento che il mio vero figlio,
le mie viscere, me lo nascondono per rappresaglia
per non so quale colpa carnale e soprattutto per
una fiera partenza alla ricerca dell’amore,
lontano da una vita rassegnata ai luoghi comuni!
Sì, soprattutto e più che altro per la mia fuga
indignata con una compagnia illustre e fraterna verso
tutti i punti dell’universo fisico e morale
– sembra che la gente abbia detto fino a Sodoma –
Dove dovrebbero morire le grida di madame Prudhomme![1]
Gli ho detto del mio piano. Lui ha accettato.
Aveva genitori che amava, che ha lasciato
di buon animo per essere mio, pur restando padrone di se stesso
e padrone del suo cuore e forse della su anima,
ma non più del suo spirito. È stato un bene, è stato bello.
E sarebbe stata una cosa fin troppo buona,
se non ci fosse stata la tomba. Giudicate voi.
Mentre tutte le mie idee
(quelle buone!) entravano nella suo spirito, precedute
dall’Amicizia cospargendo il loro percorso di fiori.
l’esempio di lui, semplice e bianco come un giglio calmo, dai colori
d’innocenza candida e di speranza verde,
scendeva sulla mia anima socchiusa
e sul mio cuore che egli penetrava pieno di pietà,
attraverso una strada disseminata dei fiori dell’Amicizia,
esempio delle virtù gioiose, la sincerità,
la castità, la fede ingenua nella Chiesa,
esempio delle virtù austere, vivere in Dio,
amarlo teneramente in qualsiasi momento e temerlo in ogni luogo,
sorridere, sia che il momento sia lieve sia che sia grave,
perdonare, che non è cosa da poco!

Tutto questo è durato sei anni, e poi l’angelo è volato via,
da allora io vado in giro smagrito e come ubriaco. È tutto.

[Paul Verlaine (1844-1896); Amour (1888) – Lucien Létinois]

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[1] Il signore e la signora Prudhomme erano una coppia di personaggi caricaturali francesi del XIX secolo, creata da Henry Monnier. Erano una coppia borghese. Paul Verlaine prende spunto da loro per il suo “Monsieur Prudhomme”, uno dei suoi “Poemi saturnini” (1866).

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OMOFOBIA E DISCRIMINAZIONE IN ITALIA SECONDO L’UNIONE EUROPEA

Riporto qui di seguito, in traduzione mia, un documento del European Union Agency for Fundamental Rights (FRA) del Marzo 2009 che ritrae la situazione della omofobia e della transfobia in Italia.

http://fra.europa.eu/sites/default/files/fra_uploads/379-FRA-hdgso-part2-NR_IT.pdf

Credo non ci sia molto da aggiungere. Si tratta di un documento ufficiale della Unione Europea.

“La situazione sociale dell’omofobia e della discriminazione per motivi di orientamento sessuale in Italia”  Marzo 2009

 Una sintesi della situazione globale delle persone LGBT

Per eredità storica l’ordinamento italiano è caratterizzato dalla negazione piuttosto che dalla repressione dell’omosessualità. Le relazioni tra persone dello stesso sesso, così come l’omofobia, rimangono invisibili alla regolamentazione statale. L’unica eccezione rilevante è il decreto legislativo n . 216/2003 recante attuazione della direttiva 2000/78/CE, in cui l’orientamento sessuale è indicato come una delle cause di discriminazione.

In generale, il sistema giuridico italiano manca di documenti, statistiche e giurisprudenza in materia di discriminazione per motivi di orientamento sessuale. Non c’è il riconoscimento di coppie dello stesso sesso a livello nazionale e non c’è accesso all’adozione per le coppie dello stesso sesso.

Diverse organizzazioni LGBT si stanno mobilitando per il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali e contro l’omofobia e la discriminazione e stanno cominciando a parlare contro l’influenza della Chiesa cattolica che ostacola le nuove disposizioni legislative in materia. Diversi studi mettono in evidenza le molestie e il bullismo nelle scuole e crimini di odio omofobo come oggetto di preoccupazione.

Principali risultati

Atteggiamenti verso le persone LGBT

 Le indagini che esaminano l’accettazione e gli atteggiamenti verso l’omosessualità sono state effettuate a livello europeo nel 2008 e nel 2006.

L’ Eurobarometro 2008 ha posto questa domanda: ‘ Come ti sentiresti personalmente ad avere un omosessuale (gay o lesbica) come vicino di casa ? ‘ ( 1 significa ‘molto a disagio’ e 10 significa ‘molto a mio agio’) . La cifra risultante dal sondaggio, in Italia, è stata 6,7, con una media UE di 7,9. In Romania si è avuta la cifra più bassa con 4.8.

Nel Eurobarometro del 2006, gli atteggiamenti verso il matrimonio omosessuale sono stati esaminati in ogni Stato membro. Il 42% dei cittadini dell’Unione europea ha convenuto che tali matrimoni dovrebbero essere autorizzati in tutta Europa, in Italia la percentuale è stata del 31% (i Paesi Bassi hanno raggiunto la percentuale più alta con l’82%. La percentuale minima si è ottenuta in Romania con l’11 % ).

Per quanto riguarda l’adozione, il livello di accettazione diminuisce in Europa e in Italia. Il 31% degli europei ritiene che le coppie omosessuali dovrebbero essere autorizzate ad adottare bambini in tutta Europa, in Italia la percentuale è del 24% (i Paesi Bassi registrano la percentuale più alta con il 69% per cento e la Polonia e Malta quella più bassa con il 7 per cento).

Secondo Arcigay e Arcilesbica , lo stigma sociale legato alle persone LGBT è molto diffuso. La conseguenza dello stigma sociale è spesso l’esclusione sociale delle persone LGBT o delle persone percepite come aventi determinate identità sessuali o di genere. Le ONG ritengono che questi atteggiamenti siano sostenuti da un’offensiva ideologica dal Vaticano e dai partiti di destra che si concentrano sui valori tradizionali della famiglia e prendono di mira le persone LGBT usando un linguaggio aggressivo e dispregiativo nei discorsi pubblici.

Tuttavia, la ricerca mostra che vi è stato un certo cambiamento di atteggiamento verso gli omosessuali nel corso degli ultimi decenni. Due terzi della popolazione italiana considerava l’omosessualità una malattia ancora negli anni ’70. Vent’anni dopo, solo il 17 % delle persone di età tra i 15 e i 34 anni condivideva ancora questa idea. Si è anche ridotta la quota di popolazione che considera l’omosessualità immorale, dal 66 % nel 1981 al 30 % nel 1999. Di conseguenza, le persone che si sentono a disagio a contatto con gli omosessuali sono diventate una minoranza, nel 1999 il 29 % non voleva avere un omosessuale come vicino di casa.

I cambiamenti sono particolarmente evidenti nelle indagini su persone tra e 15 e i 34 anni: la percentuale che considera l’omosessualità accettabile in base ai propri valori è stata del 37% nel 1983 e del 50% nel 1996.

Diritto Penale – crimini d’odio

Non esiste attualmente alcuna disposizione di legge penale o civile in Italia in materia di incitamento all’odio relativo alla omofobia o di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale. Il diritto penale sanziona solo espressioni di odio relative alla discriminazione per motivi di razza, etnia, nazionalità o religione. Inoltre, l’ordinamento giuridico italiano non tiene conto – sia nella legislazione che nella giurisprudenza – del fatto che un crimine sia commesso con intento omofobico. Non esistono dati ufficiali sul numero di casi giudiziari non penali avviati in collegamento con dichiarazioni omofobiche o fatti legati all’omofobia.

Durante il periodo della XV legislatura (aprile 2006- febbraio 2008) , diversi disegni di legge sono stati presentati al Parlamento per estendere le disposizioni penali anche alla discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, tuttavia, nessuno di questi è stato approvato a causa della crisi di governo e del conseguente scioglimento anticipato del Parlamento nel febbraio 2008.

I dati disponibili mostrano che la violenza omofoba – in termini di attacchi fisici o verbali – è parte dell’esperienza di molte persone LGBT. Secondo un sondaggio Web recente, la metà delle persone LGB si sente meno sicura a causa della propria sessualità. Uomini gay e bisessuali spesso sperimentano la violenza nei luoghi pubblici e nelle aree di incontro (per esempio nei parchi), mentre le donne lesbiche e bisessuali hanno maggiori probabilità di sperimentare la violenza in altri ambienti privati o a casa. Più di cento omicidi di uomini gay, su base omofoba, sono stati identificati tra il 1990 e il 2001. I crimini d’odio e le minacce sono stati ritrovati anche l’interno della famiglia stessa. La violenza indirizzata contro persone o luoghi o organizzazioni LGB ha acquisito maggiore visibilità nei media.

I gay e le lesbiche non sembrano fidarsi di istituzioni statali in materia di protezione dalla violenza: raramente riferiscono alla polizia di essere stati vittime di violenza omofoba.

Nel caso di discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, come accade con altri tipi di discriminazione, la vittima deve portare il caso in tribunale e pagare le spese, se perde la causa.

Libertà di riunione

In Italia né i gay pride né le dimostrazioni omofobe possono essere vietati dalle autorità pubbliche se sono organizzati pacificamente e senz’armi. Il diritto di tenere entrambi i tipi di incontri è completamente protetto dalla Costituzione.

Nel 2008, l’ appena nominato ministro delle Pari Opportunità ha rifiutato di appoggiare il Pride di Roma, sostenendo che gli omosessuali non sono più discriminati in Italia e che lei non è d’accordo con l’obiettivo degli organizzatori, da lei identificato nel il riconoscimento ufficiale delle coppie omosessuali allo stesso livello delle coppie sposate.

Manca una valutazione statistica della portata dei crimini contro sedi LGBT. Tuttavia, è comune percezione generale delle organizzazioni LGBT che la violenza contro le organizzazioni LGBT e le sedi delle comunità sembra essere in aumento e ritengono che questa tendenza alla omofobia sia rafforzata dalle posizioni della Chiesa cattolica e dalla crescente attività dei gruppi neofascisti.

Molti luoghi che vengono utilizzati per i dibattiti pubblici, come teatri o cinema, sono di proprietà della Chiesa cattolica. Ci sono casi in cui l’accesso a questi luoghi è stato vietato per eventi riguardanti i diritti delle persone LGBT. Altri casi segnalati da organizzazioni LGBT concernono le autorità locali che hanno negato l’uso dei loro spazi per congressi o seminari sulla vita e i diritti delle persone LGBT.

Il divieto per le organizzazioni LGBT di partecipare a discussioni pubbliche sulle politiche familiari ha caratterizzato la Conferenza governativa sulla famiglia, organizzata dal Ministero della Famiglia nel maggio 2007. Il ministro ha dichiarato che, a differenza di altre organizzazioni che si occupano di questioni familiari, alcune organizzazioni LGBT non hanno potuto partecipare perché si tratta di una conferenza sulla famiglia, quella definita dall’articolo 29 della Costituzione, fondata sul matrimonio. L’ unica organizzazione LGBT che ha avuto accesso al convegno è stata l’Agedo, l’associazione delle famiglie e degli amici di gay e lesbiche.

Famiglia e altre tematiche sociali

Il sistema giuridico italiano non riconosce il matrimonio omosessuale come qualsiasi altra forma di partnership eterosessuale fuori dal matrimonio o LGBT. Non vi è alcuna possibilità per le coppie LGBT di adottare bambini e nessun riconoscimento del rapporto tra bambini e cogenitorialità nelle famiglia LGBT.

Le Organizzazioni LGBT e le persone sperimentano conseguenze negative di tutto questo sia a livello pratico che simbolico. La questione dei diritti della famiglia è al centro del dibattito pubblico su questioni LGBT e all’ordine del giorno delle organizzazioni LGBT.

La coppia omosessuale sta guadagnando una maggiore visibilità nel dibattito pubblico e nell’agenda del movimento LGBT. La ricerca mostra che il 20,5 % degli uomini gay italiani e il 17,7 % delle lesbiche sono genitori e che il desiderio di avere dei figli e di espandere le famiglie è aumentato. La fecondazione assistita è ancora un fenomeno raro, ma l’interesse sembra essere in rapida crescita, soprattutto tra le lesbiche, anche se all’inseminazione artificiale in Italia è illegale.

Secondo Arcigay e Arcilesbica, è più difficile ottenere case popolari per coloro che non sono sposati.

Partner dello stesso sesso non hanno diritto al permesso di soggiorno sulla base della loro relazione. La libertà di movimento è pienamente assicurata per singole persone, indipendentemente dalle condizioni personali e dall’orientamento sessuale. Tuttavia, la legge italiana non considera il matrimonio omosessuale, o l’unione registrata o la relazione stabile debitamente attestata come diritto autonomo di godere di libertà di movimento pari a quella delle persone eterosessuali sposate.

Vi è un numero crescente di casi di cittadini italiani che si sposano, o comunque registrano legalmente la loro relazione in un altro paese dell’UE, e chiedono il riconoscimento del loro status come coppia in Italia. Un certo numero di cause è attualmente pendente.

Diverse le Pubbliche Amministrazioni locali e regionali riconoscono le unioni civili o le coppie dello stesso sesso, tuttavia, senza una normativa nazionale, questo ha più valore simbolico che pratico. Allo stesso modo, alcuni governi regionali riconoscono i diritti del partner dello stesso sesso nei regolamenti di loro competenza.

Il mercato del lavoro

Il mercato del lavoro è l’ unico settore in cui l’orientamento sessuale è esplicitamente riconosciuto come motivo di discriminazione da parte della legislazione italiana. La direttiva 2000/78/CE sul lavoro è stata recepita in Italia dal Decreto legislativo n. 216 del 7 maggio 2003, emanato dal governo su delega dal Parlamento. Tuttavia, secondo la Commissione Europea, alcune parti della direttiva non sono state applicate correttamente : 1 ) i casi in cui le differenze di trattamento giuridico non possono essere qualificate come discriminazioni, perché sono giustificate sulla base di requisiti professionali essenziali, 2 ) il ruolo delle associazioni nelle procedure giudiziarie o amministrative contro le discriminazioni, 3) l’onere della prova, e 4) la vittimizzazione.

Le indagini sociologiche approfondiscono più ampie e più sottili forme di svantaggio sul lavoro, rispetto agli episodi che sono chiaramente riconoscibili e riconosciuti dalle loro vittime come una discriminazione. Le persone LGB spesso non percepiscono l’abuso verbale omofobico come discriminazione.

La maggior parte dei lavoratori dipendenti LGB confidano il loro orientamento sessuale ad almeno un collega, ma molto raramente sono visibili a tutti. I gay e le lesbiche in particolare evitano manifestare il loro orientamento sessuale ai loro datori di lavoro. Le donne tendono ad essere particolarmente prudenti, e la visibilità è limitata a persone con alto livello di educazione.

La comunicazione del proprio orientamento sessuale di solito va incontro all’accettazione, all’indifferenza o alla curiosità. Negli studi recenti, meno del 10 per cento ha riferito reazioni di risentimento aperto. Più frequente è l’esperienza di assistere a discriminazioni o molestie nei confronti di altre persone LGBT sul posto di lavoro. Ci sono stati casi di persone LGBT licenziate o costrette a lasciare il lavoro a causa di reazioni omofobe.

Educazione

I sondaggi indicano molestie diffuse e bullismo nelle scuole. In un sondaggio del 2001 a Torino, il 48 per cento degli uomini gay e il 10 per cento delle donne lesbiche ha riferito molestie o isolamento sociale da parte di altri studenti quando erano a scuola. Cifre simili ( 41% degli uomini e il 21% delle donne ) sono stati trovate in un campione più recente. Sebbene le molestie da parte degli insegnanti sembrino essere più rare, le vittime lamentano la loro indifferenza e la mancanza di sostegno.

Il bullismo omofobico ha guadagnato visibilità sui media nel 2007 a causa di un suicidio a Torino. La madre del 16 enne che si è suicidato ha riferito che il figlio era angosciato perché era stato identificato come omosessuale e aveva subito atti di bullismo a scuola. Il caso è stato al centro di dibattiti dei media e di incontri pubblici. Organizzazioni LGBT hanno sottolineato che non è stato un caso isolato.

I programmi scolastici, compresa l’educazione sessuale, sono caratterizzati dal silenzio sulle tematiche LGBT. La visibilità degli insegnanti LGBT sembra essere particolarmente limitata ed è percepita come molto rischiosa.

Servizio Sanitario

I partner dello stesso sesso non sono spesso riconosciuti come parente prossimo, e di conseguenza sono negate loro le informazioni sanitarie sul partner e non hanno nessuna influenza sul trattamento del partner. Spesso non c’è il riconoscimento delle particolari esigenze dei pazienti LGBT (per esempio, le lesbiche si preoccupano ed evitando gli esami ginecologici). I gay non possono donare il sangue. Anche se l’omosessualità non è considerata ufficialmente una malattia è ancora in qualche misura considerata un disordine.

Una ricerca del 2005 ha indagato questioni di salute e sessualità sottolineando la necessità di proseguire l’azione di prevenzione dell’HIV/AIDS rivolta specificamente alle persone omosessuali: un terzo degli intervistati di sesso maschile ha detto che è difficile trovare informazioni su quali comportamenti sessuali comportano rischi di infezione. Le donne hanno riferito una mancanza di informazioni sulle pratiche di prevenzione in materia di sesso tra donne.

La maggioranza degli intervistati nel sondaggio di cui sopra non erano visibili come gay o lesbiche per i loro medici. I sondaggi mostrano che circa un terzo degli intervistati avevano paura che avrebbero ricevuto un trattamento peggiore dagli operatori sanitari a causa del loro orientamento sessuale. Il 14,5% delle persone, sia uomini che donne, ha detto che dopo aver discusso il loro orientamento sessuale, il loro rapporto con il loro medico è migliorato. È peggiorato nel 4,5% dei casi e non è cambiato nell’81% dei casi .

 Religione

Le Organizzazioni LGBT denunciano l’influenza della Chiesa cattolica sulla politica italiana. Le gerarchie della Chiesa cattolica sono state fortemente critiche verso la possibilità di riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, sostenendo pubblicamente che tali unioni sono contro natura e non devono essere trattate in Parlamento. I dirigenti della Chiesa hanno anche criticato le trasmissioni TV che presentano immagini positive di gay e lesbiche.

Non vi è alcuna ricerca sociologica sul grado di omofobia e discriminazione contro le persone LGBT nelle istituzioni della Chiesa cattolica in Italia. Tuttavia, ci sono diversi episodi che attestatno tale comportamento, ad esempio molestie da parte di insegnanti nelle scuole cattoliche, bullismo nei gruppi giovanili cattolici e offese verbali e violenze fisiche da parte di preti.

Sport

La visibilità delle persone LGBT nello sport è molto bassa e gruppi neofascisti che esprimono il sentimento anti-LGBT sono presenti tra diversi fan club e gruppi di tifosi. Tuttavia, negli ultimi anni, gruppi sportivi LGBT sono emersi anche in Italia e alcuni eventi relativi hanno ottenuto finanziamenti pubblici.

Media

Le Organizzazioni LGBT e le tematiche LGBT sono trattate in modo limitato e distorto dai media e son stati segnalati casi di omofobia presentati nei media da parte dei politici e dei leaders della chiesa. Uno studio sociologico su come i media hanno affrontato la genitorialità gay e lesbica ha confermato la scarsa visibilità delle organizzazioni LGBT e dei loro argomenti.

Asilo e protezione sussidiaria

La direttiva 2004/83/CE è stata recepita con il decreto legislativo 251/2007. L’articolo 8 riconosce che la persecuzione per appartenenza a un determinato gruppo sociale caratterizzato dalla caratteristica comune dell’orientamento sessuale è da considerarsi tra i motivi di asilo.

I dati ufficiali forniti dal Ministero dell’Interno per quanto riguarda il periodo tra il 2005 e l’inizio del 2008 hanno mostrato che almeno 29 delle 54 richieste di asilo per motivi di persecuzione dovuta all’orientamento sessuale sono stati accettate. In questi casi è stato concesso lo status di rifugiato o una forma diversa di protezione umanitaria.

Due recenti decisioni della Suprema Corte di Cassazione sul riconoscimento dello status di rifugiato affermano che il richiedente deve dimostrare che nel paese d’origine l’omosessualità , come pratica personale privata e non solo come una manifestazione pubblica di indecenza sessuale, è considerata un reato penale. Le Organizzazioni LGBT sottolineano che la concessione dell’asilo dipende in buona parte dall’opera di avvocati che fanno uno sforzo di raccolta di informazioni sulle condizioni nei paesi di origine.

 Ricongiungimento familiare

A causa della mancanza di un riconoscimento ufficiale delle coppie dello stesso sesso, in Italia, le persone LGBT non hanno accesso al ricongiungimento con partner che non siano cittadini italiani. I dati relativi al ricongiungimento familiare non esistono, dal momento che l’ordinamento italiano prevede il ricongiungimento familiare solo per i coniugi, ed esclude quindi il matrimonio omosessuale (art. 2 e DL 5/2007 , art. 29 Decreto Legislativo 286/1998 ).

Le Organizzazioni LGBT sottolineano il crescente numero di italiani che vivono all’estero con i loro partner stranieri e che desiderano tornare in Italia. Nei casi di unione registrata, come nel caso di una coppia proveniente dalla Nuova Zelanda, al partner non viene concesso il permesso di soggiorno.

Problemi transgender

Per quanto riguarda la procedura di riassegnazione del sesso, una persona transessuale deve fare due richieste a un giudice: in primo luogo, lui/lei deve essere autorizzato a sottoporsi all’intervento chirurgico richiesto. L’ autorizzazione giudiziaria permette alla persona di ottenere questo tipo di chirurgia negli ospedali pubblici a titolo gratuito. In secondo luogo, lui/lei può chiedere un ordine giudiziario che dà il consenso per modificare il sesso e il nome nei registri dell’Ufficio dello Stato civile.

È molto difficile raccogliere giurisprudenza in materia. Da quanto si rileva:

– La mancanza di previa autorizzazione di un giudice per la chirurgia non può escludere un successivo riconoscimento del diritto a una diversa identità sessuale, se l’autorizzazione avrebbe potuto essere data in quello specifico caso.

– La riassegnazione del sesso da maschio a femmina è solitamente autorizzata solo quando il maschio ha avuto un intervento chirurgico complesso comprendente orchiectomia, penectomia e vaginoplastica. Se la persona non è in grado (per esempio a causa di malattia) o non vuole sottoporsi a queste procedure complesse, non può ottenere l’ordine giudiziario e la conseguente riassegnazione del sesso, anche se prende gli ormoni sessuali prescritti. Solo in due casi, a quanto pare, un giudice ha ordinato una riassegnazione del sesso dopo una semplice orchiectomia, e solo in un caso un giudice ha disposto la riassegnazione del sesso senza alcuna operazione, considerato che il transessuale in questione era molto malato e probabilmente vicino alla morte.

– Tra transizione da femmina a maschio di solito è autorizzata quando la femmina ha avuto un intervento chirurgico, compresa mastectomia e isterectomia. Per contro, la chirurgia per la ricostruzione del pene non è richiesta perché è un’operazione molto difficile, con un alto tasso di fallimento .

Coloro che si sposano dopo la transizione hanno la possibilità di proporsi come genitori adottivi. Secondo le organizzazioni transessuali e transgender, tuttavia, i pregiudizi nel processo di valutazione vanificano questa possibilità.

La ricerca sociologica qualitativa sulle condizioni di vita delle persone transessuali e transgender ha messo in evidenza le tante forme di disagio sociale ed economico che caratterizzano il periodo di transizione prima della riassegnazione legale del sesso. Questo periodo può durare diversi anni o essere uno status permanente per coloro che non vogliono sottoporsi ad intervento chirurgico di riassegnazione del sesso.

Il lavoro è una delle principali aree di disagio. La ricerca ha dimostrato l’alto rischio di essere vittima di molestie sul posto di lavoro o di essere licenziato, e la difficoltà delle persone transessuali nel trovare un posto di lavoro quando il loro aspetto non corrisponde con i loro documenti.

Secondo Arcigay e Arcilesbica, la mancanza di accesso al mercato del lavoro relega un numero relativamente elevato di persone transgender (in particolare donne transgender) alla prostituzione, e il divieto di prostituzione in Italia emargina ulteriormente i lavoratori del sesso transgender.

Discriminazione multipla

Le Organizzazioni LGBT riconoscono che le lesbiche e le donne bisessuali devono affrontare ulteriori problemi rispetto agli uomini gay e bisessuali, perché si trovano ad affrontare anche la discriminazione di genere. Arcilesbica si è separata da Arcigay nel 1997 al fine di dare priorità e visibilità alla dimensione lesbica.

Arcilesbica e Arcigay sottolineano anche i migranti LGBT e le persone LGBT appartenenti a minoranze etniche possono sperimentare la discriminazione multipla e hanno ulteriori difficoltà specifiche a causa della loro specifico retroterra. Recenti ricerche su disabilità e omosessualità mostrano forti effetti di discriminazione multipla, nel senso che gay e lesbiche disabili sperimentano l’esclusione sia da parte delle organizzazioni per le persone disabili che dall’interno della comunità omosessuale.

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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul Forum di Progetto Gay:

http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=16&t=3800

GAY, OMOFOBIA E SITI DI INCONTRI

Questo post intende sottolineare le conseguenze dalla mancata integrazione sociale della omosessualità e della diffusa omofobia ambientale sulle persone gay in termini di perdita della dimensione affettiva della sessualità e di aumento della dimensione trasgressiva della sessualità e del rischio aids.

Di fronte ai numerosi suicidi di adolescenti gay che in tutto il mondo arrivano a fare notizia sui giornali (molti restano volutamente nascosti per scelta delle famiglie), di fronte a quanti hanno perso la vita per ragioni di odio omofobico, di fronte alla frequente e marcata istigazione alla discriminazione e all’odio operata da ambienti religiosi, le persone che hanno un senso morale non possono rimanere indifferenti. Gli atteggiamenti omofobici e discriminatori ricevono ogni giorno incredibili legittimazioni. Fortunatamente, in molti stati la civiltà del diritto costituisce un freno all’odio omofobico e una spinta alla integrazione degli omosessuali, ma è innegabile che ancora nel XXI secolo, anche nei paesi in cui l’omosessualità non è considerata un crimine e perfino in quelli in cui sono state estese ai gay le norme sul matrimonio e sull’adozione, sussiste tuttavia, a livello sociale, una forma di silente ma potente discriminazione che agisce sulle persone gay fin dall’adolescenza e le abitua alla emarginazione come se fosse il loro destino ineluttabile.

Quali sono le conseguenze di tutto questo?

Quando un adolescente si rende conto che la sua affettività e la sua sessualità sono profondamente e spesso violentemente discriminate sia delle famiglie che dall’ambiente sociale, le reazioni possono essere molteplici: dalla tendenza alla auto-repressione e alla depressione, fino ad atteggiamenti di rivolta e di sfida verso la famiglia e la società. In ogni caso, al di là delle reazioni esterne, si mette in moto un meccanismo di ricerca di confronto e di dialogo che non trova alcuna risposta seria né nelle famiglie, né nelle istituzioni scolastiche né in quelle religiose, sociali o ricreative. Ed è proprio a questo punto che intervengono altri strumenti, oggi disponibili, che hanno modificato le prospettive dei gay da una decina di anni a questa parte, parlo di internet e di quanto i ragazzi possono trovare su internet, non solo in termini di confronto e di dialogo ma anche il termini di offerta sessuale facile, cioè di siti di incontri e di video-chat.

Esistono in rete siti estremamente seri di informazione e di confronto tra persone gay ma va comunque detto che costituiscono una parte nettamente minoritaria dei servizi offerti via web e anche l’utenza è decisamente minoritaria. La grande maggioranza dei siti etichettati gay è costituita da pornografia, da siti di incontri e da video-chat.

Tutto ciò che per un ragazzo etero costituisce la normale vita affettiva e sessuale, che può essere vissuta sotto gli occhi di tutti, famiglia compresa, come innamorarsi, scambiare tenerezze con la persona amata, potere parlare apertamente dei propri sentimenti, per un ragazzo gay è di fatto o impossibile o estremamente complicato. Un ragazzo gay trova gravi difficoltà nel dichiarare il proprio amore ad un altro ragazzo, non ne può parlare con gli amici o con la famiglia e se arriva ad avere un ragazzo, salvo rarissime eccezioni, lo tiene molto lontano dall’ambiente familiare.

Se un ragazzo gay non ha la possibilità di realizzarsi nel suo ambiente familiare e sociale tende inevitabilmente a realizzarsi attraverso altre strade e qui la strada più facile è anche la più pericolosa: parlo dei siti di incontri e delle chat erotiche.

L‘enorme numero di utenti delle chat erotiche e dei siti di incontri dovrebbe fare riflettere. Questi siti sono una risposta, e spesso l’unica risposta, anche se disfunzionale, a delle reali esigenze di tipo affettivo e sessuale che non possono essere né ignorate né represse. Se per un ragazzo diventa impossibile vivere una vita affettiva e sessuale normale alla luce del sole, con la consapevolezza e l’accettazione delle famiglie e della società, è inevitabile che quel ragazzo cerchi altrove la realizzazione delle sue aspettative, che sono le normali aspettative di qualsiasi ragazzo ma che appaiono devianti e patologiche perché sono riferite ad un altro ragazzo anziché a una ragazza. Tentare di frenare e di reprimere una esigenza concreta e impedire che si sviluppi secondo i canali normali significa automaticamente favorire la creazione di canali alternativi attraverso i quali quella esigenza possa trovare risposta. Accade un po’ come per il proibizionismo: vietare l’uso dell’alcol nei comuni luoghi di vendita e di consumo significa incrementare altri canali di diffusione.

I SITI DI INCONTRI

I siti di incontri sono nati per offrire agli utenti incontri di sesso facile, questo vale per gli etero e vale ancora di più per i gay: se nella realtà quotidiana è pressoché impossibile trovare un ragazzo gay, o meglio ancora sceglierlo e poi trovarlo anche sessualmente disponibile senza alcuna complicazione, il sito di incontri ti risolve il problema, puoi vedere i profili dei ragazzi, le foto più o meno esplicite che hanno inserito, puoi caricare nel sito le tue foto e soprattutto hai la pratica certezza di trovare risposte numerose e rapide tra le quali scegliere il tuo partner ideale. Un ragazzo gay è indotto a credere che tutto quello che non è possibile nella vita quotidiana diventi invece reale attraverso il sito di incontri. In pratica il sito di incontri è visto come lo strumento unico e insostituibile per la realizzazione non di un contato sessuale ma della propria vita affettiva. Il sito si presenta come la risposta ad un’esigenza affettiva profonda che non trova altrove alcuna risposta ed è caricato quindi, proprio per questo, di attese affettive fondamentali.

I siti di incontri stanno diventando, con il passare del tempo, una componente accettata come “normale” nella vita di un gay e questo è dovuto proprio al rifiuto sociale della omosessualità cioè al “proibizionismo gay” che favorisce la creazione di canali alternativi per vivere comunque la propria vita affettiva e sessuale.

FASE DI ACCOSTAMENTO

Prima di registrarsi su un sito di in contri un ragazzo vive momenti di incertezza e di oscillazione tra tentazione e ridimensionamento razionale delle aspettative. Di fonte a persone che manifestano forti perplessità rispetto all’uso di questi siti le rispose classiche sono indicative: “Tu sei prevenuto!” “Conosco tanti ragazzi come si deve che si sono registrati.” “Ma non sono mica tutti maniaci sessuali.” “Io lo dico così ma mica mi sono registrato e non penso che lo farò” In genere una frase del tipo di questa ultima precede di poco la effettiva registrazione.

NARCISISMO

Quando un ragazzo entra in un sito di incontri è in genere impressionato molto favorevolmente dal fatto di trovare nel sito tantissimi ragazzi, molti dei quali anche della propria zona e quindi realmente contattabili. Pubblicare le proprie foto su un sito di incontri, tanto più se si tratta di un sito per gay, comporta un certo rischio di essere etichettati, ma questo rischio viene facilmente messo da parte per effetto di una pulsione narcisistica. In genere i ragazzi gay, anche quelli oggettivamente molto belli, sono convinti di non aver trovato un compagno per il fatto di non essere fisicamente all’altezza della situazione, il sito di incontri offre a questi ragazzi una risposta. Alla pubblicazione delle loro foto segue una pioggia di contatti, la dimensione narcisistica viene opportunamente gratificata: “se sono così numerosi i ragazzi che mi cercano vuol dire che io non sono affatto brutto!”

PROMISCUITÀ SESSUALE

In genere quando un ragazzo riceve molti contatti su un sito di incontri è portato a considerarli come considera una richiesta affettiva ricevuta nella vita ordinaria. L’alto numero di contatti ricevuti fa trascurare il fatto che i ragazzi che ci hanno lasciato il loro contatto hanno fatto esattamente lo stesso con molti altri ragazzi e che si tratta di richieste di scambi sessuali disimpegnati nei quali si arriva al sesso facilmente. Il rischio più grave dei siti i incontri è il rischio hiv, cioè il rischio di essere contagiati dal virus dell’aids ma esistono rischi di contagio per via sessuale per molte e gravi malattie come l’epatite virale, l’herpes virus e il papilloma virus.

La promiscuità sessuale è la prima variabile di rischio nelle malattie sessualmente trasmesse. È incredibile come ragazzi che hanno da altri punti di vista una razionalità altamente efficiente finiscano per mettere dal tutto da parte quella razionalità arrivando a parlare di “accettazione del rischio” o a sottovalutare il rischio sulla base del presupposto che il preservativo rappresenta una garanzia sufficiente. Spesso il livello di superficialità è tale che ci si accontenta di generiche dichiarazioni dell’altro in relazione al suo stato di salute: “Mi ha detto che sta benissimo e che fa il test ogni sei mesi”. Osservo per inciso che un ragazzo che frequenta siti di incontri e fa il test ogni sei mesi ha con ogni probabilità la fondata preoccupazione di essere sieropositivo. A seguito della diminuzione delle campagne anti-aids è anche comune la sottovalutazione dell’aids in sé e la convinzione che “adesso è una malattia che si supera con le cure giuste”.

LA FASE DEPRESSIVA E LA DIPENDENZA

Dopo i primi incontri sessuali i ragazzi cominciano a notare che i loro primi partner spariscono e che non si crea un rapporto affettivo. Tutto questo è talvolta vissuto come un “fare esperienze” nell’attesa che arrivi finalmente il ragazzo col quale si potrà costruire una storia seria, talaltra invece, e molto più frequentemente, come una realtà inevitabile che dimostra l’impossibilità per un gay di costruire rapporti seri di coppia.

Con il passare del tempo la sensazione che si tratti solo di un gioco sessuale che distrae da impegni necessari come quello dello studio e dal lavoro finisce per prevalere, ma si innesca un meccanismo di dipendenza, del tutto analogo a quello che crea la dipendenza dagli stupefacenti, si alternano cioè fasi in cui si fanno propositi di cancellare la registrazione dal sito di incontri e di eliminare tutti i contatti delle persone conosciute in quell’ambiente e fasi in cui la risposta depressiva al senso di vuoto conseguente all’abbandono del sito di incontri subentra rapidamente e induce al ritorno nel sito e alla ricerca di nuovi contatti. In genere la dipendenza più dirsi già instaurata quando l’intenzione di abbandonare il sito non è seguita dalla effettiva cancellazione dell’account e dei contatti, che restano quindi come ancora di salvezza.

CONSOLIDAMENTO DELLA DIPENDENZA

Quando la dipendenza si consolida negli anni si finisce per accettarla come irreversibile e per dare per scontato che “doveva andare così”. In realtà questi ragazzi, ormai uomini adulti, sono stati privati della loro affettività e l’hanno buttata via per cercare una soluzione semplice dei loro problemi. In questo modo l’omosessualità, che di per sé è un modo di amare, viene degradata all’esercizio di una sessualità senza affettività e porta inevitabilmente a sensi di profonda solitudine, che non dipendono dall’essere gay, perché di gay che si realizzano ce ne sono tanti, ma dall’avere trascorso anni e anni in una forma di vera dipendenza.

La droga non dà la felicità ma la momentanea illusione di essere felici al costo di divenire dipendenti, nello stesso modo i siti di incontri non realizzano e non posso realizzare i sogni d’amore di un ragazzo gay perché sono stati creati per un altro fine e portano anch’essi a forme di dipendenza. La responsabilità di tutto questo è dei ragazzi che cercano una possibilità di essere se stessi in un mondo ostile? È di quanti approfittano della ingenuità e dei problemi altrui per ottenere un utile economico gestendo siti di incontri? Oppure è di coloro che rendono tutto questo possibile alimentando l’omofobia e l’emarginazione dei ragazzi gay e favorendo di fatto, col loro moralismo discriminatorio, la crescita dei siti di incontri e l’espansione delle malattie sessualmente trasmesse, che sono inevitabilmente associate a questi nuovi usi sociali? A voi la risposta.

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