COPPIE GAY E PAUSE DI ATTESA

Caro Project, ti è mai capitato di sentirti distrutto da un’attesa? Distrutto no, ma malinconico parecchio? Perché è quello che mi sta succedendo. Ho 27 anni e il mio lui ne ha 25, ci vogliamo bene però io ho sempre paura di poter essere troppo invadente, di pretendere che lui sia mio e questa è probabilmente una pretesa stupida. Se vuole stare con me ci deve voler stare lui, ma senza sentirsi costretto o anche solo vagamente tenuto a stare con me, per questo io non lo cerco, o meglio lo faccio molto raramente e mi limito in genere a manifestargli il mio entusiasmo quando mi cerca lui.

In altri tempi gli ho manifestato un po’ di possessività e ho rischiato di mettere seriamente in crisi il nostro rapporto. In fondo non posso pretendere che lui non abbia una vita sessuale al di là di quella che ha con me. Lui mi vuole bene e anche sessualmente è proprio entusiasta di stare con me. Una certa preoccupazione ce l’ho per via delle malattie sessualmente trasmesse ma tra noi il sesso è veramente a bassissimo rischio e non è nemmeno una cosa frequente, perché ci vediamo poco e comunque lui non è uno sprovveduto.

Io so che lui vede altri ragazzi, lo so perché me lo ha detto lui ma, almeno fino adesso, questo fatto non ha mai messo in crisi i nostri rapporti. Non sono geloso ma mi pesano molto le pause lunghe che, però, tante volte potrebbero benissimo derivare e penso che derivino da impegni di studio o di lavoro. Io lo vorrei sempre con me, o almeno vorrei stare con lui quanto più frequentemente possibile. Mi dico che dovrei chiamarlo, ma poi ne faccio a meno e mi dico che se volesse stare con me sarebbe lui a chiamarmi come è successo quasi sempre.

Francamente non ho paura di perderlo, anzi penso che il rapporto con lui non si perderà proprio, ma lo devo lasciare anche libero. In effetti, fino adesso, anche se con pause lunghe pure due settimane o più, non ci siamo mai persi realmente di vista. Quando ci vediamo stiamo bene insieme, anche se io vorrei che ci vedessimo, o almeno ci sentissimo di più.

Qualche volta penso di avere di lui un’immagine piuttosto mitica e poco realistica ma, quando ci incontriamo, il rapporto tra noi è talmente sciolto e gradevole, da entrambe le parti, che i dubbi mi passano del tutto, salvo poi a tornarmi quando cominciano a passare alcuni giorni e mi torna in testa che forse potrebbe aver cominciato a mettermi da parte. In un certo senso io do per scontato che prima o poi succederà. Tutte le cose umane hanno un inizio e una fine e di cose che non si perdono col passare del tempo ce ne sono certamente, ma sono pochissime.

Però anche la consapevolezza che prima o poi lo perderò non mi smonta. Quando succederà succederà, ma fino allora con lui ci voglio stare bene, perché ci sto bene e vedo che anche lui sta bene con me. Il problema sono le pause, quando diventano troppo lunghe. Lui non è uomo di messaggini e di regaletti, queste cose non le capisce e lo infastidiscono pure. Anche se è giovane ha mille impegni e, secondo me, è destinato ad un futuro notevole e glielo auguro di cuore.

Non è un perditempo giramondo, non è discotecato, niente del genere, studia molto, prende le cose sul serio, prende sul serio anche me, ma non come obbligo, perché mi vede soprattutto come un momento di evasione, come una parte riservatissima della sua vita in cui può finalmente essere se stesso e sa di essere accettato e amato per quello che è e non per quello che fa. Io penso proprio che in me lui trovi la possibilità, probabilmente l’unica possibilità che ha, di essere accettato senza riserve.

Con altri ragazzi ai quali vuole bene certe volte arriva allo scontro o alle incomprensioni, con me non è mai successo. Ecco questa è una cosa che ho notato spesso, con me non entra mai in competizione, mi sta ad ascoltare e penso si senta gratificato dal fatto che gli dico che è una delle persone migliori che ho conosciuto, proprio moralmente, perché non mi ha mai raccontato balle, non so se lo ha fatto con altre persone, ma con me non è mai successo.

Quando non c’è, dopo qualche giorno mi manca, gli voglio bene, non so dire se ne sono innamorato, forse no, ma gli voglio bene, quando lo vedo preoccupato o ansioso vorrei poterlo fare stare meglio ma so che non posso fare gran che. Lui da me si aspetta un comportamento forte, non mi vede debole o esitante, se mi lascio andare mi rimprovera. Ci sono stati periodi in cui pensavo che stesse con me solo per il sesso, ma adesso non lo penso più. Non riesco a capire che cosa lui pensa veramente di me, cioè come mi giudica, e per cercare di capirlo mi devo basare sui fatti.

Di me si fida e d’altra parte io mi fido di lui, non mi ha mai messo in difficoltà con altre persone, non fa pettegolezzi e ha un rispetto sostanziale degli altri e con me, col passare del tempo, ha creato un rapporto veramente molto bello, anche se decisamente fuori schema per moltissimi aspetti. Io ho un mio ruolo, che è un ruolo serio che può sembrare limitato, perché in qualche modo è parziale, ma è autentico.

Nella mia vita mi è capitato di trovare altri due ragazzi che per me sono stati importanti, loro erano innamorati di me ma io avvertivo qualche nota dissonante e alla fine mi sono allontanato. Non so come dire, forse a me ci tenevano troppo, o a me sembrava che ci tenessero troppo. Loro dicevano cose splendide ma in qualche modo eccessive. Lui invece non ha mai fatto dichiarazioni, anzi mi ha sempre messo in guardia perché io non vedessi in lui quello che non c’era. Non ha promesso la luna, anzi non ha promesso proprio nulla, ma di fatto il rapporto con lui ha avuto fin dall’inizio un altro spessore. Con me non ha mai recitato.

Insomma, Project, mi manca, questo non lo posso negare, ma forse queste pause hanno anche un senso perché il nostro rapporto non si logora nel quotidiano e quando ci vediamo c’è veramente il piacere di stare insieme, anche se io penso che tutto potrebbe funzionare altrettanto bene in una dimensione quotidiana di convivenza. Comunque sarà quello che dovrà essere, senza forzature, il punto fermo è che ci vogliamo bene.

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COPPIE GAY TRA SESSO E AMORE

Caro Project, leggo da anni il forum, che mi piace e mi fa anche riflettere, vorrei dire che in certi casi mi mette in guardia contro problemi e situazioni che non avevo previsto. Ho 30 anni, il mio ragazzo ne ha 33, non siamo più giovanissimi, le cose tra noi vanno abbastanza bene, nel senso che in qualche modo vanno.

Siamo entrambi non dichiarati pubblicamente, io però tengo di più alla mia privacy, lui la sua la trascura un po’ ed è quasi convinto che le mie insistenze su questo tema siano esagerate, ma le accetta perché viviamo in ambienti molto diversi, sia a livello familiare che di lavoro. Noi non conviviamo, e la ragione, o almeno la ragione ufficiale, è essenzialmente una: la salvaguardia della mia privacy, però, anche prima che si parlasse di coming out e di convivenza, lui aveva messo bene in chiaro che l’idea di convivere con me non gli veniva affatto spontanea e che l’avrebbe considerata una forzatura.

Noi ci vediamo spesso, diciamo almeno una volta alla settimana, non di più perché i nostri orari di lavoro non si combinano e perché non viviamo nella stessa città ma in città vicine, collegate della ferrovia. La maggior parte delle volte vado io da lui, lui viene raramente a casa mia. Tra noi c’è una regola non scritta, che a me non piace per niente, cioè che non si resta a dormire a casa dell’altro e si va via in orario tale che permetta di prendere l’ultimo treno della sera, poco prima di mezzanotte. Questa regola non l’abbiamo mai decisa e non ne abbiamo mai parlato, ma l’abbiamo sempre rispettata.

Considera che lui a casa sua ha un letto solo e ne avevo uno solo anche io, poi mi venne l’idea di comprare un secondo letto, e quando lui lo vide mi chiese per chi fosse. Era evidente che era per lui, ma gli ho dovuto dire che nel caso fosse venuto a trovarmi un amico, avrebbe anche potuto restare una sera a casa mia, a lui è venuto in testa che quel letto potesse essere magari per un ragazzo che io potevo vedere quando lui non c’era, questo lo ha pensato, anche se è del tutto assurdo, ma penso che non gli sia nemmeno passato per la mente che quel letto potesse essere stato messo lì per lui e questo, non lo posso negare, mi ha indisposto parecchio, ma ci sono anche altre cose che non riesco a capire.

Un giorno siamo andati fuori insieme in campagna e ci siamo portati il pranzo al sacco ma ciascuno si è portato le provviste per sé, una volta arrivati a destinazione io ho provato a offrirgli un panino fatto da me, basandomi sui suoi gusti, ma non lo ha voluto e mi ha detto che aveva i suoi, che ovviamente non mi ha offerto. Si comporta come se io potessi contagiarlo con chissà che cosa e questo succedeva ben prima del covid. Ultimamente è molto restio a venire a casa mia, e se io insisto, lui preferisce saltare del tutto l’appuntamento per quella settimana, nell’ultimo mese, per esempio sono andato sempre io da lui e mai vice versa. Certe volte mi viene in mente che potrebbe ritenermi repellente per qualche ragione, al punto di attuare una specie di distanziamento sociale, ma poi, quando facciamo sesso, non esiste più nessuna remora, allora io vado bene al 100% e non si fa complessi di nessun genere.

Non so che peso lui dia al sesso ma penso che lo consideri molto importante ma non come elemento comunicativo, almeno quando ne parla sembra che sia così, ma quando stiamo a letto insieme non è affatto così, ma poi finita la serata di sesso (lui non usa mai la parola amore che sente come un vincolo e una limitazione), sembra quasi pentirsi di essersi lasciato andare e tornano gli atteggiamenti di distanziamento sociale e di svalutazione di quello che ha appena fatto e francamente questo atteggiamento mi crea forte disagio. È come se dopo aver fatto sesso con la massima partecipazione, ci ripensasse e si rendesse conto di avere fatto qualcosa che non voleva fare o alla quale avrebbe dovuto resistere, e allora si comporta come se fossi stato io a portarlo a fare sesso con me. Può essere anche vero che io ho favorito la strada verso il sesso, ma lui poteva benissimo dirmi di no.

In altri tempi lui aveva altri ragazzi coi quali aveva un rapporto affettivo che a me sembrava serio, in una situazione simile posso anche capire che lui svalutasse la serata di sesso passata con me, perché magari la vedeva come un tradimento nei confronti del ragazzo di cui allora si sentiva innamorato, ma adesso? Forse ha ancora un ragazzo che lui considera veramente il suo ragazzo e magari è innamoratissimo di quel ragazzo, però dico solo forse, perché non mi sembra che sia così e non posso nemmeno chiederglielo perché ho paura della risposta, e francamente sapere che nel nostro rapporto io conto per quello che faccio e non per quello che sono, mi riesce inaccettabile.

È vero che alla fine si accetta tutto o comunque molto di più di quello che si pensava, però il disagio si sente. Insomma, Project, che senso ha tutto questo? E la risposta non è così semplice, perché lui ha anche atteggiamenti che sembrano smentire del tutto questi comportamenti, con me non tende a prevalere, ha dei momenti di dolcezza e di affettività che non ti aspetteresti assolutamente. È vero che certe volte mi sento a disagio con lui ma certe volte ci sto veramente bene, paradossalmente sto bene con lui quando lui sta peggio perché magari è depresso o frustrato nelle cose che a lui interessano veramente, ma quando la depressione lascia spazio ad altri progetti io mi sento del tutto marginale e penso di staccarmi da lui, cosa che forse non sarebbe nemmeno così difficile, basterebbe non farsi sentire, non rispondere un paio di volte alle sue chiamate e penso che la cosa finirebbe da sé.

Lo penso, però non lo so e qualche volta non lo penso affatto, anzi penso proprio il contrario. Però forse, e sottolineo forse, lo sto svalutando perché magari ho chiuso le porte del mio cervello sulla base delle mie frustrazioni, che potrebbero venire anche dalle mie fisse piuttosto che dai suoi atteggiamenti. Certe volte mi chiedo: “Ma come si fa a dare al sesso solo un valore connesso al fatto in sé senza pensare all’altro in termini anche affettivi?” E penso che io non ci riesco e lui sì, o almeno così mi sembra. Però non è realmente così, lui non si sente a suo agio nemmeno riducendo il sesso a una cosa essenzialmente fisica, in sostanza non è che quei comportamenti lo fanno stare bene, lui in realtà non sta bene in nessun modo.

Dell’affettività ha evidentemente paura, mi allontana e mi scoraggia quando cerco di portarlo sul mio terreno, mi dice che devo parlargli chiaro e che se viglio fare sesso con lui glielo devo dire, ma se gli dico che non vorrei che si riducesse tutto al sesso e basta, lui mi dice che sono ipocrita e che non devo fargli discorsi “appiccicosi” che lo mettono in difficoltà. Però quando gli dico che una sua telefonata mi ha fatto piacere, lui mi risponde: “Anche a me…” e sono convinto che sia vero, cioè un contatto affettivo vero c’è e questo non lo posso negare.

All’inizio non avevo minimamente previsto una involuzione così complicata, pensavo che mi sarei dovuto adattare a lasciarlo libero o addirittura ad incoraggiarlo verso i ragazzi di cui si innamorava, ma alla fine il problema non è stato questo. Lo vedo profondamente diviso, ha paura di finire nei vincoli di una relazione troppo stretta che non gli piacerebbe affatto, ma nello stesso tempo si sente gratificato dall’essere cercato proprio come persona e non solo come partner sessuale. Questa sensazione per lui è nuova e originale ma comincia ad apprezzarla. Una relazione con la convivenza l’avevo anche sognata, ma con lui è una cosa impensabile e forse è impensabile qualsiasi tipo di relazione codificata, e qui mi sarebbe venuto di scrivere “slavo, ammesso che abbia realmente un senso, una relazione di solo sesso”, però devo dire che se per lui le cose codificate non vanno bene, una relazione vera con lui esiste e questo non lo posso negare, sembra che sia basata soprattutto sul sesso e anche lì con la presenza costante di ripensamenti e di malumori e in apparenza senza serenità.

Però lui si merita di più, lo sto denigrando senza un vero motivo. Io ho un difetto di fondo, gioco sempre di rimando, perché tra noi le cose sono complicate, e in tutto questo casino io che faccio? Semplicemente non faccio niente e aspetto che faccia tutto lui, che faccia quello che vuole ma che prenda finalmente una posizione chiara che temo che comunque non ci sarà mai. Non sarà mai il mio ragazzo, o meglio lui non accetterà mai questa definizione, ma sarà di fatto il mio ragazzo. Comincia ad avere paura che resterà solo, anche se sa che non succederà mai, ma allo stesso tempo ha allontanato tutti quelli che forse a lui ci tenevano almeno un po’ e certe volte mi sembra che stia allontanando anche me, ma solo certe volte, perché altre volte, non so se lo fa coscientemente o meno, mi ascolta con attenzione e mi gratifica in modo inatteso quanto desiderato, e forse nemmeno se ne rende conto.

Quando mi gira male, io mi convinco che non faccio che aspettarlo, settimana dopo settimana, e penso che prima o poi si stancherà anche di me, o meglio anche di fare sesso con me, perché di me, da tutti gli altri punti di vista, si è stancato da un pezzo, e forse da prima di cominciare. Ma ci sono momenti in cui credo che non ci sia uomo migliore di lui perché sento proprio la sua presenza accanto a me.

Sono un po’ frastornato, Project, comincio a pensare che cercare di vederlo tutto di una tinta unica sia proprio una partita persa. Non gli do mai colpe, non per mia generosità ma perché probabilmente proprio non ne ha, ma vedo che sta male e questo non mi piace per niente. Se lo vedessi sereno con un altro ragazzo prenderei le distanze senza ripensamenti, ma nella situazione in cui sono oggi, penso che nel suo mondo potrei esserci rimasto solo io, anche qui posso dire che lo penso, ma non lo so, perché di queste cose non parla mai. Vedremo che cosa ci porterà il futuro per il momento posso solo continuare ad a volergli bene.

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FINE DI UNA STORIA GAY

Che cosa porta con sé la fine di una storia, francamente, proprio non lo so, posso dire che cosa ha portato a me la fine di una mia storia, ma ovviamente non è una regola generale.

La fine di una storia non mi ha portato né odio né risentimento nei confronti del mio ex ma mi ha portato un forte senso di impotenza e di frustrazione, come se esistesse un destino ineluttabile contro il quale è inutile combattere. Mi è rimasta anche un’altra sensazione fortissima e cioè quella di essermi creduto onnipotente, capace di cambiare cose che mi sembravano alla mia portata ma erano molto più forti di me.

Non odio il mio ex-compagno, quello che è successo, o meglio che non è successo, non dipende nemmeno da lui, anche lui è una vittima e il fatto che non se ne renda conto non lo rende certo un vincitore. Il nostro dialogo era in effetti un dialogo tra sordi, che hanno certamente parlato tra loro ma ciascuno di essi ha capito quello che ha potuto capire sulla base della sua esperienza. Non c’è stata di fatto nessuna relazione di coppia, eravamo e siamo rimasti due singoli che intendevano proiettarsi nell’altro assumendolo come secondo protagonista della loro storia personale. Qualche forma di comprensione, in certi periodi, c’è pure stata, ma sempre in risposta ad esigenze strettamente individuali, è mancata del tutto, onestamente da entrambe le parti, la volontà di costruire qualcosa in due. I distinguo, il mettere i puntini sulle i, e soprattutto il sottolineare quello che il nostro rapporto non era, sono stati in fondo la nota dominante di tutti i nostri momenti di confronto, nell’ultimo periodo, è venuto meno anche il dialogo, in qualche modo messo da parte dalla sessualità che si presumeva potesse risolvere tutti i problemi, cosa che non è affatto accaduta.

Oggi, a distanza di un po’ di tempo, non riesco ancora a dargli colpe di nessun genere, mi dispiace che soffra. Certe volte penso che lui possa soffrire non tanto della perdita del nostro rapporto, quando dell’orgoglio ferito, ma è difficile interpretare i pensieri di un altro. Quanto a me, mi sono chiesto perché ho voluto pervicacemente andare avanti, nonostante il fatto che il nostro rapporto scricchiolasse da anni. Mi sono domandato se sono andato avanti per mia scelta o perché lui voleva che si andasse avanti. Comunque non ha senso porsi domande del genere. Ci siamo ingannati e strumentalizzati a vicenda e il nostro rapporto è finito per motivazioni in fondo superficiali che non avremmo mai pensato potessero mandarlo in frantumi. L’ordinario e il banale hanno avuto ragione su di noi come su mille altre presunte coppie.

Non provo vero dispiacere per la rottura, quando si prende atto che una cosa è impossibile si smette pure di ragionarci sopra. Ha senso la fine di una storia? Sì, almeno insegna che il fallimento esiste ed è una regola con poche eccezioni. Per evitare di finire male bisogna evitare di cominciare, come se poi cominciare fosse una scelta e non solo un convergere di circostanze, ma queste cosiddette scelte sulle quali il cervello gira a vuoto sono un problema che non mi pongo più da tempo. Non sento più il bisogno di nessuno, di amicizie forse, ma più formali e distaccate, con confini rigidi, non desidero nessuna relazione speciale. Non è un rifiuto, ma proprio l’assenza di un bisogno. Potrebbe essere stata questa, forse, la causa che ha portato alla fine della mia ultima storia, non l’incompatibilità. Anche lui potrebbe essersi logorato in una relazione accettata ma non veramente voluta né da lui né da me, una relazione nata per fare esperienza, per vedere che cosa succede. Finita l’ebbrezza del provare non ci resta più niente.

Mi dispiacerebbe se lui si sentisse ingannato da me, che gli avevo detto cose bellissime alle quali poi non ho dato seguito, ma qui comincerebbe la resa dei conti, che tra noi non c’è mai stata, non siamo mai arrivati a quel livello di meschinità. Io spero che un rispetto reciproco possa rimanere. Noi non ci capiamo e abbiamo probabilmente vite diversissime ma avevo creduto che a qualche livello si potesse costruire qualcosa, mi dispiacerebbe se stesse male. Non capirsi non è una colpa ma solo un fatto. Lui non ha bisogno di altre brutte esperienze, perché ne ha vissute già tante.

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COPPIE GAY E TENEREZZA

Oggi è successa una cosa strana. Mi chiama e mi chiede se mi va che lui passi da me, che in altre parole è una proposta  di fare sesso insieme. Non è questa la cosa strana perché succede e anche piuttosto regolarmente da anni, la cosa strana sarà il modo.  Io ero stanco morto, ma non posso negare che la sua presenza mi mancava e gli ho detto subito di sì. Insomma, quando vedo comparire la sua telefonata sullo smartphone … beh, diciamo che non mi è mai indifferente, mi fa piacere, ma qualche volta mi mette un po’ in ansia, ma ultimamente l’ansia tende a sparire e la reazione è totalmente positiva. Seguendo il solito copione, quindi, sapevo più o meno che cosa potevo aspettarmi, cose comunque gradite e gradevoli ma con qualche dubbio sul come poi la serata sarebbe finita, cioè se sarebbe o meno andato via di cattivo umore, come era successo molte volte, per non dire quasi sempre, salvo forse nell’ultimissimo periodo. Al telefono mi sembrava di umore piuttosto buono e questo mi ha incoraggiato a dire subito di sì, e poi onestamente mi mancava e durante la giornata avevo notato più volte che erano ormai quasi due settimane che non si faceva sentire. È arrivato dopo una mezz’ora ed era sorridente, forse proprio sorridente no, ma sembrava tranquillo, si è comportato con la massima disinvoltura, perché conosce molto bene casa mia, evidentemente anche lui si è sentito rassicurato da me e dal fatto che gli ho detto subito di sì. In effetti, se ci penso bene, devo dire che altre volte ho fatto un po’ troppe storie stupide invece di dirgli subito di sì e questa deve essere stata una delle cause più frequenti che gli facevano cambiare umore. Sentirsi rispondere in modo evasivo ad una proposta di fare un po’ di sesso insieme deve essere veramente sgradevole, comunque questa volta non è capitato. Questa volta ero stanco ma molto ben disposto nei suoi confronti, e in particolare piuttosto ben disposto dai nostri ultimi incontri che mi erano piaciuti molto e avevano lasciato anche a lui un’impressione molto positiva. Insomma, quando arriva, se ne va subito in camera da letto, si spoglia e si mette sotto le coperte, perché effettivamente nella stanza ci fa freddo. Io alzo il riscaldamento ed entro anche io nel letto. Ci abbracciamo, nudo contro nudo, è una sensazione fortissima ma soprattutto dolce. Resto molto impressionato da quell’abbraccio, perché è molto lungo e perché è la prima volta che ci abbracciamo così. In genere non si lascia andare molto facilmente a gesti affettuosi di questo tipo, poi andiamo avanti, nessuno di noi due dice una parola ma lui è molto coinvolto sessualmente, cosa che però, praticamente, gli succede quasi sempre, dopo un po’ comincio a sentirmi stanco e gli dico che ho bisogno di una pausa, lui si mette a sedere nel letto, intanto il condizionatore ha riscaldato un po’ l’ambiente e non si sente più il freddo di prima, anche io mi siedo nel letto e gli chiedo come sta, lui mi risponde: “Bene.” E si vede che non è un modo di dire. Gli prendo la mano e la bacio. In genere non gradisce troppo questi gesti, ma questa volta li accetta, non fa commenti, ha gli occhi un po’ rossi, poi chiude gli occhi e io mi appoggio a lui. Mi chiede: “Ti va di continuare?” Io gli rispondo: “Certo!” E aggiungo che ho desiderato la sua chiamata e che non lo cambierei con nessun altro al mondo e che quando c’è lui mi sento felice, lui non dice nulla, esce dal letto perché comincia a fare caldo, si stende sulla coperta ed è proprio bellissimo.  Esco dal letto anche io. Penso che in quei momenti qualche pensiero molto emotivo gli abbia attraversato la mente, magari ha pensato a persone che io non conosco o conosco solo di nome, o a qualche ricordo di quando era bambino o ragazzo. Io non gli ho fatto domande, gli ho solo detto che aveva gli occhi umidi e lui ha fatto un minimo sorriso, poi li ha richiusi. Dopo che abbiamo finito di fare sesso, in genere, lui guarda il cellulare per vedere che ore sono e mi dice che se ne deve andare subito, questa volta non è successo, ha preso il cellulare, ha guardato l’ora e ha detto: “È tardi ma non mi va di andare via…” Io gli ho detto: “Allora resta qui e te ne vai domani mattina.” Lui mi ha risposto con un’alzata di ciglia possibilista però, poi ha aggiunto: “No, domattina devo essere al lavoro molto presto, devo proprio tornare a casa…”. Ma è stata la prima volta in assoluto che gli è passata per la mente l’idea che avrebbe potuto anche dormire a casa mia. Era tardissimo, molto più tardi delle altre volte, ma non se n’è andato subito comunque. L’ho accarezzato tanto, una cosa di cui comincia a capire il senso, che prima non capiva, lui mi ha risposto con un bacetto leggerissimo, più accennato che altro e mi ha detto: “Fammi andare se no faccio veramente troppo tardi. … Quando arrivo a casa ti mando un sms così non ti preoccupi.” Anche quella dell’sms è stata una assoluta novità. In altri momenti, se gli avessi chiesto io una cosa simile lui mi avrebbe risposto che non ce n’era alcun bisogno e sarebbe finita lì, oggi invece me l’ha proposta lui. Quando è andato via io mi sentivo felice, non del fatto che fosse andato via, è ovvio, ma di tutta la serata passata insieme, mi sembrava un sogno, la realizzazione di qualcosa che avevo desiderato per anni. L’ho sentito vicino come mai era successo prima. Ho sentito più chiaro del solito che anche lui mi vuole bene, in effetti lo sapevo, anche se lui non è mai stato molto espansivo, ma oggi ho avuto l’impressione che si sia lasciato andare a qualche forma di tenerezza in più. Quando si è rivestito di tutto punto per andare via l’ho guardato attentamente ed era proprio bellissimo e mi sono sentito al settimo cielo perché anni fa non avrei mai immaginato una serata come quella di oggi. L’uomo che mi vuole bene è proprio l’unico uomo di cui mi sono veramente innamorato. Con lui non ci avrei mai provato,  mi sembrava un obbiettivo assolutamente irraggiungibile, ma ha fatto tutto lui. Ha capito che probabilmente sarei scappato e me lo ha impedito, ha avuto pazienza e soprattutto si è fidato di me. Prima di conoscerlo ho avuto altre storie ma con lui è stato diverso fin dall’inizio, tutto era molto più problematico ma anche molto più serio, quando l’ho incontrato è cominciato il periodo 2.0 della mia vita, mi ha messo in crisi ma mi ha voluto bene in un altro modo, a modo suo, certo, ma mi ha voluto bene proprio ad un altro livello e soprattutto lui a me ci ha tenuto veramente, non lo ha mai detto con le parole ma lo ha dimostrato coi fatti. Lui ha dovuto affrontare la mia stupidità e la mia ritrosia a credere che tra noi potesse esistere qualcosa di veramente importante, mi ha trattato come uno che a me ci tiene veramente. Non mi ha permesso di lasciare prevalere la mia stupidità, ha allargato i miei orizzonti, ha demolito i miei miti stupidi, mi ha fatto crescere, mi ha fatto capire che c’erano tantissime cose che io giudicavo ma delle quali non capivo assolutamente nulla e questo vale prima di tutto per il sesso. Fare sesso con lui non era un rito, con gli altri ragazzi era tutto già codificato, con lui no, certe volte mi spiazzava, mi dava risposte che mi gelavano, erano momenti che mi mettevano in crisi e che mi facevano pensare di essere inadeguato, ma tutto questo non lasciava traccia. Il giorno appresso mi chiamava col suo modo di fare un po’ spiccio, per assicurarsi che non l’avessi presa troppo male. Certe volte passava momenti di crisi profonda e voleva rassicurazioni da me e mi chiedeva di andare a prenderlo nei posti più incredibili e alle ore più incredibili, e quelli erano momenti emotivamente intensissimi per lui e per me. Sono cose che non mi sono capitate con nessun altro, probabilmente avevamo un bisogno profondo uno dell’altro, insieme sentivamo di costituire un mondo capace di resistere a tutto. Ora parliamo poco ma non per reticenza, adesso ci capiamo al minimo cenno, non è stato sempre così ma adesso è così. Oggi mi sono sentito felice, non ho la minima paura del futuro perché c’è lui, per me è una certezza, tra noi il sesso ha un significato tutto suo, è qualcosa di rassicurante, di tranquillizzante, e soprattutto di vero, non è mai stato un gioco, ma una forma di dialogo, un modo di capirsi, in certi momenti ci sono degli scambi di sguardi che non hanno bisogno di interpretazioni e che esprimono i sentimenti meglio di tante parole. Oggi, per me, la cosa più bella è stata il dopo-sesso, quei venti minuti in cui puoi dire “ti voglio bene” magari con altre parole e ti senti felice perché ti basta guardarlo negli occhi per capire che questa espressione ha un valore anche per lui. Oggi ho assaggiato per la prima volta che cosa potrebbe essere una convivenza con lui, ma non ci deve essere nessuna pressione, perché la convivenza potrebbe essere anche distruttiva. Oggi va bene così, perché ci vogliamo bene veramente. Non devo desiderare di togliergli la libertà, lui deve essere libero, senza vincoli di nessun tipo. Io lo sento come il mio ragazzo, lui forse non lo è del tutto, ma questo non conta nulla, noi ci vogliamo bene e questa è l’unica cosa che conta. In certi momenti vedo che è proprio contento di stare con me e per me è una soddisfazione grandissima. Se non lo avessi conosciuto la mia vita sarebbe stata molto più vuota. Oggi come oggi non riesco a concepire un futuro senza di lui, e non ho nemmeno paura di perderlo. Anni fa questa paura ce l’avevo, oggi non più, tra noi c’è stima profonda, io non lo vedo come un partner sessuale, ma in un certo senso proprio come un compagno di vita, non un compagno casuale, ma uno che ha scelto di stare con me, e per lui era una scelta tutta in salita, ma l’ha fatta, l’ha voluta fare e ha portato anche me a crederci. So che non se ne andrà e so che non ci stancheremo uno dell’altro. Oggi ho provato momenti di serenità profonda e già sono in attesa di quando ci rivedremo.

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RELAZIONI GAY SERIE MA NON ESCLUSIVE

Il mio ragazzo ha tanti difetti, non è come me lo sognavo, ma per certi aspetti è pure meglio. Ha una sua personalità, non è un’ameba. È uno che mi tiene testa ma con buon senso. È un bel ragazzo, almeno fino ad un certo punto questo è vero, non è bellissimo, cioè non è una statua greca, ma mi piace. Non ho mai pensato di potermi cercare un ragazzo più bello, lui è soprattutto dolce, ma dolce in modo maschile, in modo un po’ ruvido, in certi momenti mi guarda negli occhi e incanta. La sua presenza è ormai una costante della mia vita, non stiamo appiccicati come due fidanzatini che non vedono l’ora di stare insieme, spesso non ci vediamo per lunghi periodi. Io gli voglio bene e lo ammiro perché tutto quello che ha realizzato lo ha fatto con le sue forze, ha passato momenti bruttissimi in cui ho avuto paura che potesse cedere rovinosamente, ma non è successo. Stiamo insieme da anni, più di 10 ormai, le nostre telefonate sono piuttosto rare ma molto significative, ci cerchiamo reciprocamente quando ne abbiamo veramente bisogno. Tra noi non si fanno complimenti, si parla chiaro. Le incomprensioni ci sono ma lui non accetterebbe mai di mettere in crisi il nostro rapporto per queste cose. Le incomprensioni ci sono sempre state e ci saranno sempre, voglio dire tra noi, lui non pretende di prevalere, è quasi sempre più conciliante di me nella sostanza, non sempre nella forma, non vuole vincere la partita a tutti i costi ma vorrebbe che tra noi non ci fossero tensioni, che però sono una cosa rara. Lui mi rimprovera una certa tendenza al fatalismo che, nei rapporti con gli altri, non con lui, mi porta a rinunciare allo scontro non tanto per la sfiducia nella mia capacità di avere successo, quanto per quieto vivere. Lui però mi rimprovera a parole ma alla fine fa come faccio io. Col passare degli anni è cambiato. Prima era fumantino, scattava molto facilmente quando qualcuno gli faceva un torto o quando vedeva qualcosa che non gli stava bene, anche adesso interviene e pure con fermezza, ma non c’è più l’aggressività. I nostri discorsi oscillano tra il serissimo, quando parliamo dei nostri problemi più profondi, e il gioco un po’ standardizzato quando si parla di sesso. Questo tipo di gioco gli piace molto. All’inizio lui era molto disinibito e io ero praticamente bloccato, poi, con gli anni, abbiamo trovato un nostro equilibrio. Il mio problema, se lo vogliamo chiamare problema, è uno, lui ha altri ragazzi, che per lui sono importanti. Il rapporto con me c’è ma c’è anche il resto e non è una cosa marginale. Prima pensavo che fosse marginale ma poi ho dovuto prendere atto che non era marginale per niente e che lui tiene ad uno di questi ragazzi forse più di quanto tiene a me. Me ne ha parlato, non è stato un tradimento, mi ha detto che doveva dirmi una cosa e mi ha detto che mi voleva bene però non voleva bene solo a me. Un po’ me lo aspettavo, ma quando ho capito che l’altro ragazzo per lui era veramente importante ci sono rimasto male e ho pensato di allontanarmi, di sparire in modo tranquillo per non creare traumi, ma poi non ce l’ho fatta e sono rimasto con lui, magari a metà, e adesso con la consapevolezza piena che è una cosa a metà. Però questa cosa a metà esiste veramente. Al principio pensavo, o meglio mi auguravo che sarebbe stato lui a tagliare, dato che aveva una storia più importante della nostra, cercavo di diradare le già rade telefonate, ma lui mi chiamava e non strappava quel filo che ci teneva uniti e il rapporto con me non diventava comunque banale. Questo modo di fare mi ha colpito, perché non me lo aspettavo. Uno in una situazione come la sua, secondo me, prima o poi dovrebbe tagliare i rapporti con me per andarsene con l’altro ragazzo, ma non è successo così. Una volta sola ci siamo andati vicino, io gli ho detto che avremmo fatto bene a tagliare, lui ha detto che non mi avrebbe chiamato più, ma poi, dopo un paio di settimane, mi ha chiamato lo stesso, è venuto a casa mia e abbiamo passato la notte insieme. Avrebbe fatto una cosa del genere se mi avesse considerato un ramo secco da tagliare? Penso proprio di no. Lui dà assolutamente per scontato che la nostra relazione andrà avanti indefinitamente, forse non si rende conto di quanto mi costa dal punto di vista emotivo. Però lui c’è, non è un fantasma e quando facciamo l’amore (o facciamo sesso, come dice lui) sento che lui c’è veramente. In certi momenti di intimità comincio a pensare  a lui che fa l’amore con l’altro ragazzo, e mi viene da allontanarlo, come se io potessi pretendere l’esclusività. Caro Project, queste situazioni sono veramente difficili da gestire, non sai mai che cosa fare, sei sempre contento a metà, realizzato a metà e guardi il futuro senza vederci niente di chiaro. È uno strano modo di volersi bene, che non avrei mai accettato prima di conoscerlo, poi ci siamo conosciuti e, nonostante tutte queste complicazioni, tra noi si è creato un rapporto vero.

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SESSO GAY TRA CONDIVISIONE E INCOMPRENSIONI

Caro Project,

vorrei proporti un argomento che mi pare pressoché inesistente nel forum e anche nel manuale, parlo del fatto che il sesso, che dovrebbe essere motivo di unione, cioè che in fondo dovrebbe costituire un legame forte, nella realtà rischia di essere un motivo di stress nella coppia; parlo però di uno stress che spesso non porta alla rottura della coppia perché c’è da entrambe le parti una forma di adattamento, cioè un tentativo di salvare il salvabile, ma lo stress c’è, le preoccupazioni si fanno sentire da entrambe le parti, perché si capisce che c’è qualcosa che non funziona.

Ti faccio un esempio concreto: in una coppia uno dei due resta nella coppia per motivi affettivi e l’altro solo per motivi sessuali, entrambi finiscono per adattarsi, stanno e restano insieme ma dal punto di vista di entrambi si percepisce che c’è qualcosa che non va. In una situazione del genere si condivide ben poco, ciascuno dei due è bene o male strumentalizzato dall’altro, la cosa è reciproca e si accetta per quello, ma i due viaggiano su binari paralleli che non si incontreranno mai.

Sia ben chiaro, Project, io non tendo a sublimare il sesso, lo considero una componente essenziale di un rapporto di coppia, ma che cosa vuol dire sesso? E non è nemmeno una questione di pratiche sessuali ma di senso e di valore che si dà a quelle pratiche.

Io ho un compagno più o meno fisso da anni, lui ha anche altri partner ma il problema non sarebbe nemmeno questo, io non li ho, cioè, adesso non ne ho, ma non me ne faccio nessun merito, non ne ho semplicemente perché non ne sento il bisogno. Lui lo sente, ok, non crolla il mondo. Il problema vero sta nel fatto che lui dà un peso enorme a certi comportamenti sessuali che per me non hanno nessun significato speciale.

Certe volte mi chiede se mi è piaciuta questa o quella pratica sessuale e in quei momenti è evidente che per lui quelle cose hanno un significato che io non riesco proprio a trovarci. Non è una questione di moralismo, le cose che a lui interessano particolarmente le faccio anche io, ma non ci trovo niente di speciale. Su queste cose si creano spesso dialoghi imbarazzanti, lui mi fa domande e evidentemente si aspetta delle risposte ben precise ma io non capisco dove voglia andare a parare, e così restiamo delusi in due, perché lui non si sente capito (cosa che accade realmente) e io non capisco che tipo di risposta lui voglia da me.

Lui è un brav’uomo, questo è innegabile, e noi in un certo senso ci vogliamo bene ma ci sono molti limiti. Io non lo capisco, cioè non riesco ad entrare nella sua logica quando mi fa domande sulle pratiche sessuali per capire se certe cose mi piacciono o meno, forse lui vorrebbe delle risposte nette: tipo questo mi piace e questo non mi piace ma poi si rende conto che io a quelle cose non attribuisco nessun valore speciale, che per me una cosa vale l’altra.

Aggiungo che lui, stando a quello che penso io, non mi fa tutte quelle domande per assillarmi ma per capire quale comportamento sessuale è considerato da me più eccitante proprio perché vuole venirmi incontro e vuole farmi vivere una sessualità che sia per me quanto più possibile soddisfacente. Lui in sostanza ha una finalità che non è egoistica ma si sente deluso da me, o meglio direi svalutato, perché una cosa che lui fa con la massima buona volontà, di fatto, non viene capita e lui pensa che sia sottovalutata o che non sia stata affatto notata, e qualche volta è realmente così.

Ci vogliamo bene, ma questa espressione per lui e per me significa cose diverse, cerchiamo di fare qualcosa di buono l’uno per l’altro ma il concetto di cosa buona che abbiamo non è lo stesso. Tra noi non c’è nessun problema a letto, se lui avverte che c’è qualcosa che a me non sta bene, la mette da parte e io cerco di fare lo stesso, il problema viene quando ne parliamo, quando cerchiamo di spiegare a parole quello che pensiamo e che proviamo o quando cerchiamo di capire il mondo dell’altro, perché allora le incomprensioni si fanno radicali, anche se comunque la relazione va avanti. Io penso che lui si senta in imbarazzo quando si accorge che io non ho capito il senso di quello che lui ha fatto “per me!” per quanto possa sembrare paradossale.

Lui si ricorda puntualmente quello che abbiamo fatto le ultime volte che siamo stati a letto insieme, e se lo ricorda anche a distanza di mesi e resta stupito che io invece non mi ricordi gran che e si sente trascurato per questo. Io sto bene con lui perché c’è lui, che poi si faccia questo o quello non mi cambia praticamente nulla. Se cerco di allontanare la sua attenzione dai contenuti tipicamente sessuali e di insistere sul fatto che gli voglio bene e gliene vorrei anche se non andassimo a letto insieme, mi dice che sono ipocrita e che non gli dico la verità, il che forse in un certo senso è pure vero. Mi dice che io non parlo mai di sesso in modo esplicito e che questo gli dà fastidio, che deve essere sempre lui a fare il primo passo, ma quando ho provato a fare io il primo passo, dopo mi ha detto che allora io stavo con lui solo per quello.

Comunque, recriminazioni a parte, i problemi arrivano sempre dopo il sesso, quando si tratta di analizzare e interpretare i fatti. Come vorrei che non ci fossero commenti! Ma forse son utili anche quelli. Noi siamo bravi col sesso ma con le parole siamo un disastro. Quando gli dico che è un uomo serio, che non ti pianta per motivi stupidi e che ha una elasticità mentale che non ce l’ha nessuno, lui si adombra, non vuole sentire questi discorsi. Lui preferisce parlare di sesso, o meglio preferisce farlo quando ci vediamo e quando non ci vediamo preferisce parlare al telefono solo di quello spaccando pure il capello.

Noi andiamo d’accordo? Che domanda perentoria! Direi che andiamo avanti, ma l’accordo, l’accordo vero, è più un sogno che una realtà. Non so se riusciremo ad andare avanti per molto. Io ho conosciuto altri ragazzi e li ho anche frequentati per un po’, ma francamente con lui sto meglio, diciamo che con gli altri c’era un apparente andare d’accordo su tutto, ma in fondo ciascuno preferiva pensare ai fatti propri. Con lui è diverso: noi siamo sempre in crisi, diciamo che stare in crisi per noi è una malattia cronica, ma alla fine non c’è mai stata una ragione vera che ci abbia separato definitivamente.

Tra noi il dialogo è difficile, funziona proprio poco. Prima, quando mi chiamava ero contentissimo, adesso sono ancora contento ma sono anche preoccupato: andremo a letto insieme ma poi, e dico proprio subito dopo il sesso, lo vedrò insoddisfatto, frustrato ma frustrato dalle mie mancate risposte verbali e non dal sesso.

Qualche volta mi dice che sono un caso patologico ma non me lo dice come inizio della resa dei conti finale, ma come spunto per farmi capire che secondo lui almeno un po’ è proprio così. E pure io qualche volta penso che lui abbia qualcosa di patologico o forse lo penso solo perché lui non ragiona come me. A me sembra nevrotico, almeno qualche volta, e certe volte comincio a pensare che sarebbe meglio andarcene ciascuno per la propria strada. Lo penso per un po’, ma poi, non saprei dire se per amore o per abitudine cerco di rimuovere tutto quello che non va e di salvare il rapporto con lui e penso che lui faccia più o meno lo stesso con me.

Sono anni che andiamo avanti così: sesso senza problemi, perché proprio non ce ne sono, e frustrazioni derivanti dalla mancanza di vera sintonia. Si può stare con un ragazzo col quale la condivisione è essenzialmente sul piano fisico? Evidentemente la risposta è sì, perché alla fine lui ad avvicinarsi a me e a capire il mio modo di ragionare ci prova, non lo posso negare, ha pazienza, rispetto, non si arrabbia, ma si sente comunque frustrato e per me è più o meno lo stesso. Ecco, quello che condividiamo veramente è lo spirito di adattamento reciproco.

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PREGIUDIZI E RIPENSAMENTI GAY

Caro Project,
leggere il forum a pezzettini, cioè andare a scavare nei vecchi post e leggerli uno per volta, perché molti sono pure lunghi, è diventato uno dei miei sport serali preferiti. Alcuni mi lasciano quasi indifferente, ma altri sono proprio belli, nel senso che mi ci ritrovo. Vedo ragazzi che ragionano come me e vivono cose che, salvo qualche condizione esterna di contorno, sono molto simili a quelle che vivo o che ho vissuto io. Apprezzo molto i post di quei ragazzi che ammettono di aver cambiato atteggiamento e non credono che la coerenza sia sempre una virtù. Quando sei molto giovane hai comunque le tue idee in testa che per te sono oggetto di fede, sono cose nelle quali tu credi, alle quali dai un valore assoluto. Tutto quello che non è in linea con le tue idee ti sembra sbagliato o comunque estraneo. Spari giudizi assoluti e senza appello e soprattutto presumi che non cambierai mai atteggiamento. È capitato così anche a me. A vent’anni sognavo di trovarmi un ragazzo che per me fosse tutto, che vivesse solo per me in un rapporto assolutamente esclusivo che avrebbe dovuto rappresentare la felicità perfetta per lui e per me. Ho provato ad approcciarmi al mondo gay con queste idee per la testa. Immaginavo che una coppia gay fosse un analogo della coppia etero, magari senza ruoli o con ruoli piuttosto sfumati, che le mie fantasie sessuali fossero identiche a quelle di tutti gli altri ragazzi e che tutti gli altri ragazzi ragionassero esattamente come me. Credevo che essere innamorati significasse stare ore al telefono, mandarsi messaggini, farsi regaletti, dirsi tutto e per contro trovare anche una risposta adeguata, sentirsi gratificati dal proprio ragazzo e mettere da parte malumori e sofferenze di qualsiasi genere, in pratica pensavo che innamorarsi fosse la felicità perfetta. Mi sentivo in grado di giudicare, pensavo di capire tutto e di essere pienamente padrone di me stesso. Ero molto propenso a dare credito a chiunque mi promettesse amore e fedeltà totale, davo molto peso alle parole e ai buoni propositi e avevo in mente un mio modello di innamorato, totalmente altruista e dominato dai buoni sentimenti. Per contro davo giudizi molto netti e taglienti sui ragazzi che davano molto valore al sesso, che non erano “fedeli” al loro partner, che non erano propensi a parlare d’amore con trasporto lirico e ne parlavano solo in termini di sesso. Mi sentivo in qualche modo moralmente migliore, diciamo così, uno scalino più in alto, mi sentivo un gay di altro profilo morale e umano. In realtà ero uno che non sapeva nulla del mondo e credeva di sapere tutto. Ho incontrato ragazzi che mi sono sembrati il coronamento dei miei sogni, ai quali avrei dato anche l’anima, che poi si sono dimostrati l’esatto contrario di quello che apparivano, ho incontrato altri bravi ragazzi come me (e lo dico con ironia) che si sono rivelati fragilissimi e i cui “fortissimi” sentimenti sono svaniti di fronte alla prima difficoltà. A 25 anni ho incontrato Livio (nome di fantasia), che aveva un anno meno di me e mi piaceva molto. Per la prima volta, con lui, mi sono trovato di fronte alle mie contraddizioni. Proprio perché istintivamente mi piaceva molto, ho messo da parte ogni forma di prudenza e ho provato subito a contattarlo, un comportamento del tutto al di fuori della mia teoria dell’amore. Livio è stato gentile con me ma penso che mi abbia considerato anche con enorme distacco, perché mi sentiva molto diverso da sé. Non lo vedevo gran che coinvolto. Un po’ sì, ma non si comportava affatto come il mio innamorato ideale avrebbe dovuto. Io non l’ho mollato, ho insistito, con la mia tecnica di approccio: sms, mezze paroline affettuose, ecc. ecc.. A un certo punto mi ha detto: “Se vuoi venire a letto con me, dillo subito, senza tante smancerie, per me si può anche fare.” Io gli ho detto: “Ma prima bisogna conoscersi bene, perché mettersi in coppia è una cosa impegnativa.” Lui mi ha guardato perplesso e mi ha detto: “Io ho parlato di andare a letto insieme, non di vivere la vita insieme. Conoscersi … sì, e come? No! .. Le cose troppo serie non sono per me. Sei un bel ragazzo, se vuoi fare un po’di sesso con me si può fare ma non ti mettere in testa idee assurde.” Ricordo che lo trovai estremamente sgradevole, aggressivo e volgare, assolutamente incapace di sentimenti profondi. Non ci misi molto a trovarmi un ragazzo che mi piaceva e che corrispondeva al mio modelli di innamorato ideale. Si chiamava Bruno (nome di fantasia), non era bello come Livio ma era il classico bravo ragazzo, parlava poco di sesso e molto di grandi sentimenti. Mi piaceva quello che diceva, ci ritrovavo lo stesso mio modo di ragionare. Bruno mi affascinava perché mi gratificava dicendomi che per lui io ero tutto, e che lui non poteva vivere senza di me, era diventato il mio mito. Non era delle mia regione e passavamo ore al telefono come due innamorati. Poi ci siamo anche incontrati dal vivo. Di persona era meglio che in chat, lui non parlava di sesso, o meglio, diceva che quello è l’ultimo dei problemi e non il primo, mi sorrideva in modo dolcissimo e io mi scioglievo nei suoi occhi. Poi a un certo punto, da un giorno all’altro, è sparito e non si è fatto più vivo, cioè ha proprio bloccato i miei contatti, mi ha isolato, e ho saputo da un amico comune che si era trovato un altro ragazzo e ci sono rimasto malissimo, cioè ho saputo che se lo era trovato ben prima di incontrarmi di persona. Non capivo come si potesse dire a un ragazzo le cose che mi diceva lui e nello stesso giorno dire le stesse cose pure ad un altro, eppure era proprio quello che era accaduto. Io l’ho paragonato a Livio e ne ho concluso che erano della stessa specie, una specie che non mi piaceva affatto. Qui ho commesso il mio primo errore grave, ho pensato di poter dire a Bruno quello che pensavo di lui, io, che pensavo di avere il pieno controllo su me stesso, ho fatto una cosa veramente incredibile, mi sono fatto dire dal nostro amico comune come ritrovare Bruno all’università (ma proprio in una città a più di 200 km dalla mia), ci sono andato in treno e l’ho aspettato alla fine delle lezioni. Quando mi ha visto ha cercato di cambiare strada ma io l’ho inseguito e lui non ha potuto sgattaiolare da nessuna parte ed è stato costretto a parlare con me. Gli ho detto, anzi meglio, gli ho vomitato addosso tutto il livore che mi portavo dentro per essere stato tradito e lui mi ha guardato come se fossi un mentecatto e mi ha detto: “Ma chi ti credi di essere? Sei proprio fuori dal mondo… Lasciami in pace che ho da fare!” L’incontro è finito così e io sono tornato nella mia città con un senso terribile di rabbia repressa. Avevo finito male le mie due prime storie e mi sono messo alla ricerca di un altro ragazzo, questa volta tramite un’Ap, e così ho trovato Paolo, che a prima vista mi piaceva molto ed era pure della mia città. Le chiacchierate in chat sono durate molto poco, ci siamo incontrati dopo pochissimi giorni. Era veramente un bel ragazzo, diciamo così, il mio tipo. Non c’è voluto molto per arrivare a parlare anche di sesso, non aveva mai avuto un ragazzo e questo fatto mi tranquillizzava molto, allora non pensai che era una cosa un po’ strana per un gay 25enne. Sicuramente lo avevo già incontrato all’università ma incredibilmente non mi aveva colpito particolarmente e non sapevo spiegarmi il perché. Esco con Paolo, mi sembra timido, imbranato, anche se fisicamente è proprio bello, non sembra vantarsene molto. Parliamo degli studi, io gli racconto di Livio e di Bruno e lui mi sta a sentire e mi dà ragione su tutta la linea, mi dice che ragazzi come quelli è meglio perderli che trovarli, che quelli non sanno niente dell’amore, ecc. ecc.. Con Paolo sto bene, non corre troppo col sesso, dice cose molto tenere, mi manda sms affettuosi agli orari più incredibili del giorno e della notte, io mi aspetto che prima o poi mi faccia qualche proposta anche di tipo sessuale, ma anche minima, anche di coccole, o anche solo di tenersi la mano, ma non succede, Paolo non mi tocca, discorsi ne fa tanti e da manuale ma mi chiedo dove sia il suo interesse sessuale verso di me, lui dice che le cose devono venire da sé ma i giorni passano e non succede nulla. Un sabato sera lo vedo da lontano per strada, potrei chiamarlo, fermarlo, ma non lo faccio, comincio a seguirlo, vedo che si ferma in piazza e si siede su una panchina da solo, io penso che sia una cosa strana e continuo ad osservarlo da lontano. Lui è di spalle e certamente non mi vede. Dopo 10 minuti tira fuori il cellulare e fa una chiamata al telefono, poi va in una pasticceria e ne esce con un pacchetto, poi suona il citofono ad un portone sotto i portici e sale su. Dal comportamento è ovvio che non è salito a casa sua. Vado a vedere il citofono ma ci sono tanti nomi e non ho praticamente nessuna possibilità di capire dove sia andato. Decido di aspettarlo, ma non esce si fanno le undici, poi mezzanotte e Paolo non esce. Io mi trovo una panchina che sia un punto di osservazione riparato, che nello stesso tempo consente di tenere sotto osservazione un lungo tratto di strada davanti al portone dove lui era entrato. Per fortuna era estate e non faceva freddo. Ho cercato di resistere anche alla necessità di andare a fare pipì, che si faceva sentire, e non ho perso d’occhio il portone. Ho passato lì tutta la notte perché dovevo capire e quando mi ci metto vado fino in fondo. La mattina della domenica, poco prima delle nove, Paolo è uscito dal portone insieme con una ragazza e l’ha accompagnata fino ad un altro portone non molto lontano, dove la ragazza ha suonato ed è salita. Si sono salutati “molto” affettuosamente, poi Paolo è andato a prendere il tram della linea che prende sempre, probabilmente per tonare a casa. In sintesi: la ragazza non era sua sorella né una sua parente, lui c’è andato portando il pacchettino della pasticceria, ci ha passato tutta la notte e poi l’ha riaccompagnata a casa dei genitori. La mia logica mi diceva che Paolo mi aveva detto la verità quando mi aveva detto che non aveva avuto nessun ragazzo, ma non me l’aveva detta tutta perché non mi aveva detto che aveva una ragazza e se uno ha una ragazza e passa la notte con lei, poi è ovvio che non si senta tanto trasportato dall’idea di fare sesso con un ragazzo! Il quadro sembrava decisamente coerente. Faccio mente locale e mi ricordo di avere visto Paolo all’università, ho proprio un flash e rivedo la scena, lui sta scherzando con una ragazza e lo sta facendo talmente di cuore che, pure se lui è un bel ragazzo, lo mette del tutto fuori dei miei possibili interessi. Tiro le conclusioni: è meglio prendere le distanze da Paolo, non voglio fare scenate con lui, scelgo una via soft, quando mi chiama gli dico che non me la sento di andare avanti e lui non mi sembra affatto sconvolto e anzi mi sembra piuttosto sollevato che il problema della pseudo-relazione con me si sia risolto in modo spontaneo. Non gli ho nemmeno detto che sapevo della ragazza e che lui mi aveva detto solo la metà della verità. Abbiamo chiuso la telefonata dicendoci che saremmo rimasi amici ma io non l’ho più chiamato e lui si è guardato bene dal farlo lui. Così era finita anche la mia terza storia e avevo messo anche Paolo nella lista dei fallimenti. Tempo dopo ho conosciuto Leone, bello, forte, di classe, è stato il primo ragazzo col quale sono andato a letto, era un seduttore, non proprio quello che avrei sognato, ma mi piaceva molto, aveva però un difetto che io ho potuto notare solo a distanza di tempo, pensava di essere il mio padrone, mi teneva legato col suo fascino e con una serie di comportamenti che io non potevo ricambiare, era ricco, molto educato, formalmente, ma era intimamente convinto di poter fare tutto quello che voleva con i ragazzi. All’inizio sembrava un ragazzo assolutamente normale ma poi, piano piano ha cominciato ad alzare il tiro delle sue proposte che sono finite rapidamente fuori della mia portata, ma evidentemente non della sua. Quando gli dicevo che su quel terreno non lo potevo seguire, perché proprio non me lo potevo permettere, lui mi rispondeva: “Ma non è un problema.” Io le prime volte davo a questa risposta un senso tutto mio, cioè che lui avrebbe rinunciato ai suoi progetti, per fare qualcosa che fosse accessibile pure per me, ma mi sbagliavo, lui non rinunciava ai suoi progetti e pensava che il problema fosse solo nel fatto di trovare i soldi e non capiva che io mi sentivo a disagio a pensare che le spese le doveva pagare lui, anche se, in effetti le spese non le pagava nemmeno lui, perché non lavorava, e quindi le spese le pagava la sua famiglia. La prima volta mi sono adattato, la seconda volta l’ho vissuta proprio come una forzatura, mi sono sentito come una mantenuta che va appresso al suo protettore, una sensazione veramente sgradevolissima. Ma la terza volta non c’è stata. Gli detto: “Mi sono sentito a disagio per tutto il tempo, è meglio che io torni nel mio mondo…” Lui ha cercato in tutti i modi di farmi cambiare idea, c’è rimasto malissimo, non era abituato all’idea che un ragazzo potesse dirgli di no, si è addirittura messo a piangere e a dire che avrebbe cambiato modo di fare ma se uno non si accorge nemmeno che tu stai a disagio e che ti sta mettendo i piedi in testa, non è credibile che possa cambiare cervello da un momento all’altro. Sono stato irremovibile e devo dire che ne avevo proprio le scatole piene delle storie coi ragazzi. Ne ho conosciuti altri, comunque, ma mi vedevano molto diffidente e ironico se non addirittura cinico con loro e se ne andavano quasi subito. Poi ho conosciuto casualmente un ragazzo che conosceva Livio e che era anche stato con lui, gli avrei raccontato volentieri la mia storia con Livio anche solo per sfogarmi, ma ho preferito aspettare e vedere che cosa mi avrebbe raccontato lui e sono rimasto stupito, mi ha detto che lui voleva bene a Livio, che si vedevano ancora qualche volta, il che nel suo linguaggio voleva dire che qualche volta andavano a letto insieme, era evidente che stimava Livio, che lo considerava uno come si deve. Gli ho chiesto: “Ma è il tuo ragazzo?” e mi ha risposto: “No! Non è il tipo che si mette stabilmente con qualcuno…” Ho insistito: “Ma ti ha tradito?” Lui mi ha guardato sorridendo e mi ha detto: “Che cosa? … No! Io lo sapevo benissimo, me lo aveva detto lui…” Qui mi sono cadute le braccia è ho insistito: “Come, te lo aveva detto lui? E tu che hai fatto?” Mi ha risposto: “Io gli voglio bene perché è uno come si deve ma se ha bisogno anche di altro, bisogna che segua la sua strada…” Io ho insistito: “Ma vi sentite ancora?” E lui mi ha risposto: “Sì, perché? Ti sembra strano?” Io gli ho detto: “Ma se lui ha un ragazzo?” E mi ha risposto: “Ma il ragazzo lo sa…” Io ero proprio frastornato da questi discorsi e gli ho detto: “Ma in che mondo vivete?” E lui mi ha risposto: “Ma in che mondo vivi tu?” Gli ho chiesto: “Ma riesci ad essere felice così?” e mi ha risposto: “Beh, sì, abbastanza, Livio mi vuole bene, non è che mi vuole bene di meno perché qualche volta sta con un altro ragazzo, perché Livio vuole bene anche a lui. Quel ragazzo non mi sta rubando niente…” Allora mi è venuta in mente una domanda assurda ma non mi sono trattenuto e gliel’ho fatta: “Ma, puta caso, io mi mettessi con Livio, o meglio se Livio facesse un po’ di sesso anche con me, tu come la prenderesti?” Mi ha risposto: “E come la devo prendere? Se almeno un po’ vi volete bene, ok, dove sta il problema? Non credo che Livio troncherebbe i contatti con me per questo, quindi sentiti libero… dico sul serio, non mi crolla proprio nulla!” Io gli ho detto che avevo conosciuto Livio e che tra noi tutto era finito prima che cominciasse, e lui mi ha detto che Livio gli aveva detto di un ragazzo che non voleva stare con lui se non ci fosse stato un rapporto tipo fidanzamento, che gli aveva parlato pure bene di quel ragazzo (cioè di me) e che gli era dispiaciuto che io mi fossi allontanato del tutto. Dopo una quindicina di giorni ho fatto una cosa che pensavo non avrei mai fatto. Ho ricontattato Livio e ci siamo rivisti. Devo dire che è stato molto contento di vedermi, siamo andati a prendere un caffè e abbiamo parlato un po’, non ci sono state proposte di nessun genere né da parte sua né da parte mia, però ci siamo lasciati con un abbraccio molto caloroso. Che cosa potrà succedere non lo so, in effetti è stato l’unico ragazzo che non mi ha raccontato balle, nei prossimi giorni dovrò prendere una decisione, o forse no, però il mio giudizio su Livio è radicalmente cambiato e le mie prospettive si sono molto allargate. Tutto qui.

ELOGIO DEL MIO PARTNER GAY

Caro Project,

ti sarai domandato perché ho messo un titolo alla mail e perché non ho scritto “elogio del mio ragazzo”. Intanto non gli piace sentirsi il ragazzo di nessuno, poi perché non è più un ragazzo, ha 45 anni, e poi perché un elogio se lo merita.

Io non ho mai avuto un carattere facile, faccio molte chiacchiere, spacco il capello in quattro ma rinvio sempre le decisioni e ho paura di tutto, cioè preferisco evitare di decidere, quando posso. Ho trovato pochi ragazzi che mi corressero dietro e quei pochi, dopo poco tempo, si stancavano e se ne andavano perché mi vedevano spento e poco partecipativo. Puoi capire che chances potevo avere io di trovarmi un ragazzo. In pratica manco lo cercavo. Non ero chiuso per principio a cose del genere però erano solo eventualità che io non andavo cercando.

Poi arriva lui, ormai parecchi anni fa. Ha due anni meno di me, ma a vederlo sembra proprio giovanissimo. Ci conosciamo all’università, frequentiamo lo stesso corso di laurea ma io sono al terzo anno, lui si è appena immatricolato. Io lo avevo notato perché era proprio bello, o almeno mi piaceva molto, aveva cominciato a scambiare due parole con me, come succedeva con cento altri ragazzi, ma poi quella chiacchieratina di cinque minuti è diventata di dieci, poi di venti, poi gli ho chiesto dove abitava e gli ho detto che lo avrei accompagnato volentieri a casa, lui mi ha sorriso e mi ha detto “grazie!” Tutto è cominciato così, non abitava vicino all’università e quindi passavamo insieme almeno 20-25 minuti ogni giorno. Mi parlava dei suoi studi, di quello che avrebbe voluto fare “da grande”, ecc. ecc., io gli raccontavo dei corsi degli anni successivi, dei professori e degli esami, non parlavamo di cose personali, ma l’abitudine di accompagnarlo a casa è diventata una regola. Non potevamo studiare insieme perché eravamo di anni diversi ma stavamo bene insieme. Il discorso tra noi era più significativo per quello che non diceva che per quello che diceva, non abbiamo mai parlato di ragazze, il che ovviamente si nota. Avevamo certamente qualcosa in comune: mai in discoteca, pensavamo soprattutto a studiare e a costruirci un futuro, provavamo entrambi una certa insofferenza per il nostro ambiente familiare, e soprattutto stavamo bene insieme.

Abbiamo cominciato a vederci anche la domenica, ufficialmente per andare in giro per musei e simili, ma in pratica solo per stare insieme. Stavamo insieme solo la mattina, poi, all’ora di pranzo lo riportavo a casa perché il pomeriggio dovevamo studiare. Tra noi c’era uno scambio di sorrisi unico, la mattina della domenica giocavamo come due ragazzini, dicevamo stupidaggini e ridevamo per qualsiasi cosa. Ricordo che c’era un manifesto pubblicitario del tonno “consorcio” che lui leggeva “con-sorcio” staccando bene le parole e si metteva a ridere e la risata si contagiava!

Il tempo passava, la situazione era gradevole, molto gradevole, ma non evolveva. Ovviamente avevo fatto più di un pensierino su di lui, ma avevo mille complessi, per me il sesso era solo una questione di fantasia, l’idea di poterci provare veramente ce l’avevo ma la respingevo con mille ragionamenti, dalla paura delle malattie, al fatto che lo avrei deluso, fino a scrupoli morali di vario tipo, residuo della mia educazione cattolica, nel senso che pensavo che in qualche modo fare sesso con lui sarebbe stato un po’ come fargli fare un’esperienza negativa, diciamo come sporcarlo un po’ ecc. ecc.. Lui, in teoria, non sapeva che io fossi gay, come io non lo sapevo di lui, non ce lo eravamo mai detto esplicitamente,  ma, dopo sei mesi, solo un cretino avrebbe potuto avere dubbi e io ce li avevo e mi sentivo un cretino. Ho cominciato ad avere i dubbi amletici: glielo dico o non glielo dico? Ma non glielo dicevo comunque. Non mi chiedevo che cosa potesse pensare lui, che sarebbe stata la cosa più sana, pensavo a quello che potevo o non potevo fare io e basta, ma in questo modo non si andava avanti. Poi abbiamo cominciato a parlare di cose un po’ più personali e io ho cominciato ad avere paura che mi mettesse alle strette, ma non lo ha fatto, si è esposto lui per primo e mi ha raccontato di una mezza storia con un suo compagno di scuola che nemmeno lo guardava, ma che a lui piaceva molto, in pratica il suo coming out è stato questo. In quella situazione è ovvio che gli devi dire anche di te e io l’ho fatto e gli ho detto: “Non sono mai stato con un ragazzo, ma mi sa che non sono ancora pronto per queste cose”. La mattinata è finita come tutte le domeniche precedenti, l’ho accompagnato a casa e ci siamo salutati, ho notato che questa volta non ci siamo stretti la mano, come facevamo sempre, ma lui mi ha sorriso guardandomi negli occhi e mi ha detto: “Oggi sono molto contento” e io gli ho risposto: “Anche io”.

Project, a quel punto uno si aspetterebbe che si vada oltre, lui probabilmente se lo aspettava, ma io avrei fatto volentieri macchina indietro, avrei voluto cancellare quella domenica mattina, perché ormai avevo fatto un passo senza ritorno e avrei voluto non  averlo fatto. È paradossale, ti trovi finalmente nella condizione che porterebbe a fare sesso con il ragazzo che hai sognato, perché per me era proprio al top, gli altri erano zero in confronto, e invece hai paura e cerchi di rinviare, di prendere tempo, di non decidere. In fondo il coming out lo aveva deciso lui, io come al solito non avrei fatto nulla, e mi chiedevo che cosa avrei fatto se avesse provato lui a fare ancora un passo avanti. Qui la tentazione era grande, ma anche la paura.

I suoi tentativi sono stati molto prudenti e graduali. La prima volta che mi ha toccato deliberatamente la mano, per avere un minimo di contatto fisico con me, io l’ho tirata indietro, allora lui ha ripetuto il gesto e io l’ho lasciato fare, non sapevo che cosa fare, volevo andare oltre ma volevo anche andarmene via. Ho provato a spiegarmi, ma era perplesso, non capiva, il mio comportamento gli sembrava assolutamente assurdo, diciamo pure patologico.

Vivevamo entrambi coi nostri genitori, quindi non potevamo vederci in casa e in macchina, la domenica mattina, si poteva arrivare a tenersi un po’ per mano, cosa alla quale eravamo arrivati non senza problemi stupidi da parte mia e non senza arrabbiature immediatamente represse da parte sua. Certo però che oltre quel livello non si poteva andare e devo dire che questo mi tranquillizzava. Io ero eccitatissimo quando stavo con lui, anche solo a tenerci per mano, ed era eccitatissimo anche lui.

Una domenica mi chiede se mi piacerebbe passare con lui un weekend, gli chiedo se intende dire anche dormendo insieme e mi dice di sì, e io comincio a tergiversare come mio solito, a non rispondere e a fare finta di niente e di essere distratto, lui insiste e io gli dico che non me la sento. Lui fa una smorfia di disappunto e mi dice: “Vabbe’, ho capito…” apre lo sportello della macchina e se ne va. Mi rendo conto, a distanza di anni, che deve esserci rimasto malissimo, perché in pratica io l’avevo rifiutato. Io, invece, sul primo momento mi sono sentito un grand’uomo, un eroe morale che gli aveva detto di no perché gli voleva bene veramente, al di là del sesso! Poi però già dopo un’ora mi mancava moltissimo, pensavo che non mi avrebbe più guardato in faccia, che forse non solo non avevo fatto niente di buono per lui ma l’avevo offeso in modo profondissimo. Però anche in questa situazione non ho preso il telefono per dirgli come mi sentivo, mi sono tenuto i miei malesseri e anche la mia soddisfazione “morale” di averlo fatto per lui e non ho pensato a come lui poteva stare veramente.

Il giorno successivo vado a lezione, ma faccio un giro diverso per i corridoi per non passare davanti all’aula dove lui segue le lezioni. Alla fine dell’ultima ora di lezione me lo trovo davanti alla porta come al solito, come se niente fosse successo tra noi, non accenna al fatto che la mattina non sono passato a salutarlo come al solito, tutto si svolge come se la domenica precedente non fosse successo niente, ma lui non sta recitando, sembra proprio che l’arrabbiatura gli sia passata. La nostra vita procede come prima, io penso intanto che non l’ho perso, e la cosa mi tranquillizza parecchio, e che lui forse ha accettato l’idea che il sesso per il momento è da mettere da parte.

Un paio di settimane dopo, mi dice che la famiglia ha una casetta in montagna dove non va mai nessuno e che ci si potrebbe andare una domenica, poi mi guarda in faccia e mi dice: “Non ti salto addosso, stai tranquillo!” Io gli dico che se ne può anche parlare. Lui vuole arrivare a farmi dire che per me va bene anche per la domenica successiva, ma io ricomincio con le esitazioni e con i discorsi stupidi e lui mi dice: “Ma perché devi rovinare sempre tutto? Ma di che hai paura? Non ti attacco malattie, non sono mai stato con nessuno, proprio mai.” Io continuo a tergiversare e lui se ne esce dalla macchina e se ne va senza salutarmi.

Io di nuovo ci sto male, ma poi alla fine, per la seconda volta, mi consolo e mi dico che comunque lo faccio per il suo bene e che devo mettere da parte le malinconie. Il giorno dopo, passo davanti alla sua aula e lo saluto come se non fosse successo nulla, lui mi guarda con un atteggiamento di sfida ma non di disinteresse. Alla fine delle lezioni lo riporto a casa come al solito e lui mi dice: “Non mi dire che non ti interessa! Lo vedo benissimo che sei tentato e pure molto! Ma di che hai paura?” Io ricomincio col discorso delle malattie, “nel senso che non vorrei nemmeno io attaccargliene, io a lui”. Lui mi guarda e dice: “Mi hai detto che non sei mai stato con nessuno, allora non è vero…” Gli ho giurato che era vero e lui mi ha detto, ma se facciamo prima il test tutti e due, tu dopo non hai più scuse, ok?” Io gli ho risposto: “Beh…” e lui stava per perdere la pazienza un’altra volta, poi si è trattenuto e mi ha detto: “Intanto facciamo il test! Ok?” Io gli ho risposto facendo un cenno di sì con la testa, lui mi ha detto: “Va bene, ci penso io…” Io credevo che fosse un modo di dire e ho fatto di nuovo cenno di sì con la testa. Allora lui mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha detto: “Però non mi dare buca!” e io gli ho detto solo: “Ok!”.

Pensavo che il discorso fosse molto vago e che se ne sarebbe parlato in un futuro indefinito, e invece, non ho fatto a tempo a rientrare a casa che mi è arrivato un sms in cui mi diceva che dovevo passare a prenderlo l’indomani sotto casa sua alle 6.45, per andare insieme a fare il prelievo, perché aveva preso l’appuntamento per le 7.15, in un laboratorio vicino all’università. Io gli ho risposto “Ok”.

L’indomani ci siamo visti e siamo andati a fare il prelievo, poi la giornata ha seguito il solito corso. Non avevamo la minima ansia per il test, né lui né io. Quando l’ho riaccompagnato a casa mi ha detto: “Venerdì pomeriggio andiamo insieme a ritirarlo…” e così abbiamo fatto. I risultati erano evidentemente entrambi negativi, cosa che era praticamente scontata, non avevamo malattie sessualmente trasmissibili, ma così cadeva anche la mia scusa per dirgli di no. Mi propone di andare in montagna la domenica e io mi sento un po’ forzato e un po’ tentato e alla fine gli dico di sì.

La domenica mattina passo a prenderlo, dopo circa un’ora di macchina arriviamo alla sua casetta, un posto sperso in mezzo alle montagne. Secondo il programma concordato saremmo rientrati la sera. Io non avrei accettato di passare lì la notte per evitare di dormire con lui, so che sembra patologico, ma allora per me le cose funzionavano così. Una volta a destinazione, io volevo andare in giro per non trovarmi solo in casa con lui, non che stare con lui mi dispiacesse, anzi! Ma non sapevo che cosa mi sarei potuto aspettare e mi sentivo ancora troppo condizionato. Siamo andati in giro fino all’ora di pranzo e gli ho proposto di andare a mangiare da qualche parte, sempre per non stare a casa con lui, ma mi ha detto che si era portato il pranzo da casa e che la borsa con le provviste stava nel portabagagli, e io ho dovuto accettare di andare a casa con lui. Era inverno e faceva un freddo cane, abbiamo acceso la stufa ma il freddo si sentiva fortissimo. Abbiamo scaldato le cose cucinate e abbiamo mangiato, poi è finito quel po’ di sole che c’era e si gelava, il freddo era proprio fortissimo. Lui se ne è andato nella stanza da letto dove c’era un letto largo da una piazza e mezzo, ha tirato fuori dall’armadio una grande trapunta matrimoniale di piuma, alta come un materassino e anche una grande coperta matrimoniale di lana, ha steso la coperta di lana sul letto e la trapunta sopra, si è tolto le scarpe e si è steso sul letto, vestito com’era, e si è coperto con la trapunta, poi mi ha guardato e mi ha detto: “Che fai? Vieni, che ti muori di freddo… io non ti tocco, almeno stiamo al caldo…” Io gli ho detto: “Promesso?” e lui mi ha detto. “Promesso!” Mi sono tolto le scarpe e mi sono sdraiato sotto la trapunta accanto a lui. Effettivamente si stava bene, ma io mi tenevo a distanza da lui. Lui mi dice: “Ma avvicinati, così ci scaldiamo meglio! Siamo pure vestiti, ma di che hai paura?” Allora io mi avvicino un po’, sento il suo calore, lui si gira verso di me e mi guarda con i suoi occhi bellissimi e mi dice: “Sono contento che non sei scappato!” E io gli dico solo: “Zitto!”

Poi mi prende la mano e la stringe, la sua è caldissima, e mi dice: “Hai le mani gelate, sei freddissimo, fammi accostare che ti scaldo un po’…” Così si è creato il nostro primo contatto fisico, ho sentito il suo calore, si è appoggiato a me. Ogni tanto mi chiedeva: “Ti dà fastidio?” E io gli dicevo: “No…”. A un certo punto si è addormentato. Era pomeriggio avanzato e fuori era buio, ma la luce era accesa e io lo vedevo da vicinissimo, era sereno, si fidava totalmente di me. Io l’ho lasciato dormire, poi verso le sette l’ho dovuto svegliare perché dovevamo tornare in città. Si è stiracchiato come un gatto, poi mi ha detto: “Qui si sta bene e fuori fa un freddo cane… e se ce ne andiamo domattina? Se partiamo alle 6.30 ce la facciamo benissimo ad essere all’università in orario…” Io gli ho detto: “Ok, però devo avvisare a casa.” Lui ha detto: “Pure io.” Abbiamo chiamato senza alzarci dal letto, poi mi ha detto: “E per la cena che facciamo?” io gli ho risposto: “Ne facciamo a meno, restiamo qua che si sta bene.” Poi lui ha cominciato ad accarezzarmi la faccia e mi ha detto che si sentiva la barba, poi mi ha passato la mano tra i capelli e mi ha infilato le dita nel colletto, io un po’ l’ho lasciato fare, poi ho pensato che si potesse spingere oltre e gli ho ricordato che mi aveva promesso che non ci avrebbe provato e lui mi ha detto: “Ok, però non ho promesso che non ci avresti provato tu, a me piace tanto essere accarezzato, ti fermi quando vuoi tu, ok?” E io ho detto: “Ok!” Stavamo veramente bene, al caldo, non avevamo altri pensieri per la testa. Gli ho accarezzato per un po’ il viso e i capelli, poi, a un certo punto mi ha detto: “I pantaloni sono stretti e mi danno fastidio, ti crea problemi se me li tolgo?” Io una cosa del genere più o meno me l’aspettavo e gli ho detto: “Dai, io me ne vado a dormire nell’altra stanza, nell’armadio c’è anche un altro sacco a pelo…” Facendo una vocetta un po’ delusa mi ha risposto: “Lo so che c’è… ma mi lasceresti qui da solo?” poi ha visto la mia faccia un po’ contrariata e ha aggiunto: “Va bene, tranquillo, i pantaloni me li tengo ma non te ne andare a prendere freddo! Io vado bene almeno come stufa!” Io gli ho risposto: “Quanto sei scemo!” e lui ha detto: “Mi sa che lo scemo sei tu… ma vabbe’…” Poi si è accostato a me e mi ha detto: “Almeno posso stare un po’ così?” Io gli ho detto: “Certo!”, lui mi ha risposto: “Però se ti sto dando fastidio, dimmelo, non sei costretto a sopportarmi per forza…” Io non sapevo che cosa dire e allora non ho detto nulla ma gli ho passato un braccio sopra le spalle e lui si è stretto ancora di più a me e mi ha detto solo: “Buonanotte!”

Questa è stata la prima notte che abbiamo passato insieme. Posso dire che ero estremamente felice, sentire il suo calore mi sembrava bellissimo. Forse proprio il fatto che lui non abbia insistito per arrivare a fare sesso con me ha cominciato a spuntare le mie armi, se avesse cercato di andare oltre mi sarei sentito quasi in dovere di dirgli di no, quasi per principio, ma lui non aveva insistito e non se ne era nemmeno andato sbattendo la porta. Durante quella notte ho dormito pochissimo. Lui era addormentato accanto a me e mi faceva una tenerezza fortissima ed era una tenerezza sessuale, io potevo cercare di negarlo, di sublimare, di fare finta che non fosse così, ma era così, e cominciavo a rendermene conto. Mi chiedevo: “Ma perché devo resistere a questo ragazzo? Ma che ci sarebbe di male se tra noi ci fosse anche un po’ di sesso? Perché dovrei pensare che è meglio dirgli di no per il suo stesso bene? Il suo bene lo deve valutare lui. Se a lui sta bene e sta bene anche a me, dove sta il problema? E poi, il fatto di stare insieme nello stesso letto era una cosa tenera, il nostro era un volerci bene, piano piano cominciavo ad accettare l’idea, ma mi dicevo che bisognava procedere con calma, per tappe successive, senza correre troppo.

L’indomani la sveglia ha suonato alle sei in punto, intorno era notte fonda, uscire da sotto l’imbottita è stato veramente un trauma. Lui mi chiede: “Come sei stato stanotte?” Io gli dico: “Benissimo”, e lui mi dice: “Ci veniamo anche sabato prossimo?” e io gli faccio cenno di sì con la testa, allora lui mi fa gli occhi indiavolati e comincia a muoversi verso di me come se volesse provare un approccio sessuale, io alzo le braccia per difendermi e lui mi scarmiglia solo i capelli e mi dice ridendo: “Hai avuto paura eh!” Io gli dico: “Non sfottere!” Poi ripartiamo. Durante il viaggio riprende il discorso: “Però la prossima volta senza pantaloni…” io gli ripeto: “Non sfottere!” e lui mi dice: “Tanto tu stai nell’altra stanza!”

La settimana trascorse coi soliti ritmi: lezioni e studio, ma io cominciavo a vedere nel mio cervello quello che sarebbe potuto accadere nel weekend successivo e cominciavo pure a fare i paragoni tra quelle fantasie e i miei cosiddetti principi morali. Dopotutto i test li avevamo fatti, lui sembrava che ci volesse proprio arrivare, perché avrei dovuto continuare a dirgli di no? Non mi sembrava più una cosa ovvia il fatto che il sesso potesse lasciargli qualcosa di negativo. Combattevo con me stesso o meglio coi residui della mia educazione, però, giorno dopo giorno mi andavo convincendo che il sabato successivo avrei veramente fatto un passo decisivo. Il sabato arrivò, ricordo che la mattina feci una doccia più accurata del solito, segno che consideravo almeno come probabile il fatto che tra noi sarebbe successa qualcosa proprio a livello fisico. Andai a prenderlo a casa sua e partimmo. Era una tipica giornata gelida d’inverno, io avevo le catene in macchina perché, specialmente di notte la strada poteva essere ghiacciata. Quando entrò in macchina sentii una ventata di profumo più intensa del solito e pensai che anche lui potesse aver fatto una doccia molto più accurata e questo pensiero mi fece pensare a una forma di complicità non dichiarata e mi fece sorridere. Per tutto il viaggio lui non parlò di argomenti, diciamo così, pericolosi, ma certi silenzi erano troppo lunghi e non erano normali, come mio solito evitai comunque di affrontare l’argomento. Ci fermammo a fare colazione lungo la strada, tutti imbacuccati, e poi riprendemmo il viaggio. Questa volta lui aveva portato una grossa borsa piena di provviste che dovevano bastare per il pranzo e la cena del sabato e per il pranzo della domenica. Data la giornata, non sarebbe servito nemmeno il frigorifero, gli accordi erano che saremmo rientrati la domenica pomeriggio per evitare il rischio delle strade ghiacciate.

Una volta a destinazione pensavamo di andare a fare una passeggiata in paese, ma faceva così freddo e tirava un vento così forte che un’idea simile ci sembrò del tutto assurda. Sistemammo le provviste, ma ci volle poco, poi cominciammo a sentirci congelati. Era ancora presto, non erano nemmeno le dieci del mattino. Accendemmo il riscaldamento. La casa era una tipica casetta di montagna, di quelle col soffitto basso per non disperdere il calore, ma faceva comunque un freddo cane. Lui mi disse: “Mi sa che io vado a mettermi a letto, se no mi congelo.” Tirò fuori dall’armadio La coperta e l’imbottita, come la volta precedente. Una volta sistemato il letto, mi disse: “Senza pantaloni?” Io lo guardai con due occhi di fuoco e lui mi rispose: “Va bene, va bene! Coi pantaloni!” Qui io mi sentii spiazzato, avrei voluto che lui insistesse e io avrei ceduto, ma lui scelse la via morbida ed evitò di insistere e io ci rimasi proprio male e cercai di rimediare aggiungendo: “Stasera senza…” Mi guardò con tanto d’occhi e fece una faccia furbetta e disse solo “Wow! … almeno stiamo più comodi…” Io lo guardai e gli dissi: “Non mi prendere in giro!” Lui disse solo: “Beh, intanto vieni a letto adesso…” Ci mettemmo a letto coi pantaloni ma ormai le remore della prima volta non c’erano più, lui si accostò stretto a me e mi abbracciò e rimanemmo così per tutto il tempo che ci volle per riprendere calore, ormai il tenerci per mano e l’accarezzarci era una cosa automatica e scontata. Notavo però che le carezze, sia le sue che le mie, anche se erano insistenti, si tenevano alla larga dalla zona, diciamo così, più pericolosa. Nessuno di noi due voleva fare passi falsi. Questa volta non provavo scrupoli di nessun genere, mi comportavo in modo molto più spontaneo del solito anche se non proprio spontaneo al 100%, per me era una sensazione stranissima, stavo con un altro ragazzo e potevo comportarmi in modo spontaneo o quasi, e lui mi corrispondeva, mi capiva, provava le stesse cose che provavo io, non lo sentivo come un individuo diverso da temere e dal quale tenersi comunque a una certa distanza, non mi sentivo aggredito da lui, stavo cominciando a vedere la sessualità in un altro modo, cioè come complicità, come gioco di coppia ed era una cosa che mi piaceva molto.

Siamo rimasti a coccolarci al caldo per un paio d’ore e mi sentivo veramente felice. Poi è venuto il momento di alzarsi per preparare il pranzo. È stato letteralmente un momento da brivido. Prima mi sono messo seduto nel letto, diciamo così, per raffreddare i bollenti spiriti, perché ero in erezione e non mi andava di farmi vedere così, l’aria gelida ha effettivamente prodotto i suoi effetti in pochissimo tempo e allora sono uscito dall’imbottita e mi sono rimesso la giacca a vento, perché faceva un freddo terribile anche dentro casa, lui invece ha aspettato un po’ ad alzarsi e non gli ho chiesto perché, anche se potevo immaginarlo. Sono andato in cucina e ho messo il pranzo nel microonde. Nel frattempo lui si è alzato e mi ha raggiunto in cucina e ha messo a fare una pentola intera di tè bollente. Dopo pochi minuti il pranzo era ormai scaldato e abbiamo mangiato tutto in 10 minuti. Avevamo i piatti di carta, quindi non c’erano nemmeno i piatti da lavare. E poi per lavare i piatti sarebbe stato necessario aspettare gli effetti del riscaldamento perché nei tubi l’acqua non scorreva perché era ghiacciata. Fuori ha cominciato a nevicare fitto. Lui mi ha detto: “Speriamo che smetta presto, se no la strada si ghiaccia e non possiamo più rientrare. Comunque qui c’è tutto quello che serve per la sopravvivenza per parecchi giorni… Se stanotte nevica molto e domani c’è sole bisogna spalare la neve almeno fino alla macchina e dalla macchina alla strada. La macchina ha l’antigelo, quindi dovrebbe ripartire comunque, ma bisognerà mettere le catene almeno fino a valle.” Gli chiedo: “Qui c’è la tv?”, mi dice di no, gli chiedo se c’è internet e mi dice che c’è, io gli dico: “Che facciamo?” e lui mi risponde: “Ce ne torniamo al letto, … senza i pan… “. Non gli permetto di finire la frase e lo guardo con occhi di fuoco, ma più per gioco che per altro e lui risponde: “Ma i pantaloni danno fastidio… è solo per quello … insomma… e poi guarda non ti salto addosso, puoi stare quasi sicuro… “. Gli dico: “Come sarebbe a dire quasi?” e lui mi risponde: “Vabbe’, il primo passo lo faccio fare a te … comunque tu hai promesso che stasera si va a dormire senza, te lo ricordi?” Io ho risposto con un mugolio: “Mh… “ Lui ha insistito: “Come hai detto? Non ho capito… “ e io gli ho strillato: “Sì, però stasera… “ Lui non ha mollato la presa e ha continuato: “Ma adesso è già sera … e poi ci vogliamo alzare un’altra volta per mangiare? Naaa! Una volta al giorno basta!” Io ero molto tentato e gli ho detto: “La prima mossa falla tu…” Lui ha risposto: “Wow! Allora procedo…” Si è sfilato i pantaloni restando sotto l’imbottita e li ha lanciati sulla sedia, poi ha detto: “Ah… almeno sto comodo!” Io non mi decidevo a fare la mia parte e mi aspettavo che lui mi incitasse a farla, ma non lo fece e si limitò a dire: “Così sto molto meglio … se te li togli pure tu non ti salto addosso, staresti più comodo, poi se hai paura, fai come vuoi…” A questo punto gli ho fatto un discorso strano e gli ho detto: “Tu mi ripeti sempre che non mi salti addosso, mannaggia, mi sa che ti sembro proprio imbranato…” Lui mi ha risposto: “Imbranato no, ma frenato sì…” Allora anche io mi sono tolto i pantaloni e li ho lanciati sulla sedia, effettivamente mi sentivo molto meglio così. Mi ha chiesto se mi sentivo in qualche modo costretto a fare cose che non volevo e gli ho risposto convintamente di no. Lui aveva due anni meno di me ed era molto meno imbranato di me. Poi mi ha chiesto: “Mi posso appoggiare a te?” E gli ho detto di sì. Ci siamo abbracciati e il contatto fisico è stato fortissimo, ci siamo tenuti stretti per alcuni minuti, poi mi ha stretto la mano e ha intrecciato le sue dita con le mie e mi ha detto: “Veramente è stato bellissimo!” e io gli ho risposto: “Sì, una cosa fortissima che non avevo mai provato”.

La notte non abbiamo dormito ed è stata per noi la prima volta, molto timida e prudente ma molto coinvolgente e molto vera. Una volta finito con il sesso io ero veramente contento però mi sono accorto che lui era molto malinconico. Non sapevo che fare. Gli ho chiesto come si sentiva e mi ha detto che non lo sapeva, che era stato bene ma aveva tanti pensieri per la testa, una grande confusione dove c’è di tutto, dalla felicità alla tristezza. Aveva le lacrime agli occhi. Gli ho chiesto: “Ma c’è qualcosa che non va? Ho fatto qualcosa di sbagliato?” Mi ha guardato e mi ha detto: “Non parlare, abbracciami e basta…” Io l’ho abbracciato e l’ho tenuto stretto, ma era chiuso nella sua malinconia. Poi mi ha detto: “Ti sei sentito costretto in qualche modo?” Gli ho risposto: “Ma quando mai…” e l’ho stretto più forte, poi si è addormentato tra le mie braccia.

La nostra storia è cominciata così tanti anni fa. Negli anni successivi le cose si sono complicate per ragioni esterne, tra noi non ci sono mai state vere incomprensioni. Lui mi ha fatto sentire amato, importante, mi ha considerato un elemento determinante nella sua vita, come d’altra parte lui lo è stato nella mia. Ne sono innamorato oggi più di allora perché è un uomo eccezionale che si spende per gli altri, che non è mai andato appresso al denaro, che è profondamente altruista ed è esattamente l’opposto di un arrivista. Ha ottenuto grandi successi nel lavoro perché lavora moltissimo ma purtroppo è anche molto stressato, io sono stato spesso la sua valvola di sfogo, cosa che mi onora e mi riempie di felicità, da qualche anno però lui lavora all’estero. Io trascorro con lui le mie ferie, ma poi nel resto dell’anno possiamo sentirci solo in chat e per un tempo limitato, perché ha mille impegni. È un uomo profondamente buono, con me ha avuto una delicatezza e un rispetto unici, mi ha voluto bene e me lo ha dimostrato in mille modi. Quando ho qualche dubbio su una scelta, mi chiedo come si comporterebbe lui nella stessa situazione e cerco di fare quello che farebbe lui. Adesso è ancora bello, ma non siamo più ragazzi e chiaramente a livello fisico sia lui che io, non siamo più quelli di vent’anni fa, ma lo stimo come uomo, ho scoperto tanti aspetti della sua personalità che mi hanno affascinato. Non è mai aggressivo, è calmo, è molto dolce e paziente, mi incoraggia, mi sostiene e mi permette di fare lo stesso con lui, qualche volta mi tira un po’ le orecchie e mi dice che dovrei essere più aperto a capire i problemi degli altri, ma non si riferisce ai suoi problemi ma ai problemi di quelli che non la pensano come noi. C’è un solo punto che mi preoccupa veramente ed è il fatto che è stressatissimo dal lavoro, certe volte, quando la sera ci sentiamo in chat, e io parlerei con lui per ore, siamo comunque costretti a limitare i tempi e molte volte gli dico solo che gli voglio bene e lui mi risponde “Anche io! Se non ci fossi tu io non sarei nessuno!” Questa frase, anche se non è vera, mi fa sentire orgoglioso. Io spero che la nostra vita proceda così ancora per tanti anni!!

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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=22&t=7004

UN RAGAZZO GAY E IL PIACERE DI STUDIARE

Caro Project,
ho 19 anni, fino a poco tempo fa mi sentivo deluso e frustrato, ho finito il liceo da poco e ho tirato un sospiro di sollievo, avevo bisogno di libertà, di gente nuova, di un mondo meno falso, ero deluso dalla scuola ma non speravo niente di diverso dall’università, sapevo che avrei dovuto studiare, solo studiare, per arrivare poi a fare un lavoro qualunque per sbarcare il lunario mese dopo mese finché campo.

Le lezioni all’università sono cominciate da pochissimo, è tutto diverso dal liceo, qui nessuno ti controlla e sei libero, ma poi devi pagare il conto agli esami e agli esami sei solo e sono tosti. Le materie mi piacciono ma qui si fanno poche chiacchiere e sono già in affanno perché mi rendo conto che a scuola ho solo perso tempo, un po’anche per colpa mia, ma soprattutto perché ero circondato da deficienti, da gente sbandata che ci veniva solo per perdere tempo e per farne perdere agli altri. Adesso devo pagare il conto e mi devo rimettere in pari se non voglio finire sommerso da cose delle quali non capisco quasi niente.

Come avrai capito, con l’università potrei avere parecchi problemi, ma non mi voglio arrendere anche se sarà faticoso. Però a lezione sta succedendo qualcosa che non mi sarei immaginato. Ho visto un bel ragazzo, non ha niente di particolarmente bello ma nel complesso mi piace, cioè non ha niente che mi dispiace, diciamo che è armonico e poi, sì, è carino, dolce soprattutto. Il primo giorno c’è stata confusione all’ingresso, c’erano ragazzi che chiacchieravano a voce alta e ridacchiavano non so di che, lui aspettava da una parte, aveva uno zaino di quelli dove si mettono i libri, ma era quasi vuoto. Qualcuno fumava, lui no, si guardava intorno con un’aria spaurita. Mi sono deciso e gli ho detto ciao e abbiamo cominciato a parlare. Devo dire che mi sono sentito un cretino perché lui parlava benissimo anche se solo di cose scontate, ho capito che era informatissimo sulla facoltà, sulle materie, e perfino sui professori, mi diceva dei programmi, proprio dei contenuti, di come si fanno gli esami, delle varie materie e di tante cose di questo genere. Gli ho detto: “Mi sa che sei un genietto!” Lui è diventato rosso e mi ha detto: “Non mi prendere in giro!” e io ho alzato le mani.

Poi hanno aperto i cancelli e sono cominciate le operazioni di verifica del green-pass e casualmente siamo entrati tra i primissimi nella nostra aula e ci siamo messi vicini nella prima fila, cosa molto strana per me, perché a scuola stavo sempre agli ultimi banchi (quelli dei somari). Insomma, prima della lezione tira fuori un quadernone grande per prendere appunti e la penna, vede che io non mi sono portato niente appresso e allora tira fuori dallo zaino un secondo quadernone nuovo e un’altra penna e me li passa e dice: “così puoi prendere appunti”, io mi limito a sorridere e dico solo: “grazie, ma non vorrei farti sprecare un quaderno…” Lui mi dice: “Gli appunti servono…”

Poi entra il prof., è giovane, non giovanissimo. Si limita a dire solo: “Buongiorno a tutti” si sente rispondere un coro chiassoso di buongiorno, allora fa cenno con la mano di stare calmi e si gira alla lavagna e comincia a scrivere l’oggetto della lezione e poi attacca con le prime definizioni ma le scrive tutte con dei simboli strani che non ho mai usato, li ho visti qualche volta ma non so proprio che cosa possano significare, comunque ricopio tutto sul quaderno, mi rendo conto che il prof. dà per scontate moltissime cose delle quali non so assolutamente una mazza, e mi comincia a venire il panico. Vado avanti con la forza della disperazione ma comincio a pensare che forse sarebbe meglio cambiare facoltà per non cominciare subito a perdere tempo.

Finita l’ora ci sono 15 minuti di pausa. Chiedo a quel ragazzo come si chiama e mi dice che si chiama Leonardo e aggiunge che è uno dei nomi maschili più usato in Italia, io gli dico che mi chiamo Nicola, nome tipicamente meridionale, decidiamo di accorciare i nomi in Leo e Nico che è più comodo. Gli dico che non ho capito quasi niente ma mi risponde che sono ancora tutte banalità e cerca di farmi coraggio e di scacciare l’idea di cambiare facoltà.

Nella seconda ora c’è una professoressa di mezza età, è un po’ lagnosa, nel primo quarto d’ora parla molto ma scrive poco e sembra che qualcosa si capisca, poi si gira verso la lavagna e comincia a scrivere esercizi che sembrano semplici ma ci fa delle considerazioni sopra che non capisco che cosa significano, l’idea di cambiare facoltà torna nel mio cervello. Nell’intervallo vado con Leo alla caffetteria e facciamo colazione, lui cerca di incoraggiarmi e un po’ ci riesce. Quando beve il cappuccino mi accorgo che ha delle mani proprio belle e anche gli occhi non sono niente male. Parla solo con me, poi rientriamo in aula dove abbiamo lasciato i quaderni sul banco perché non ci freghino i posti.

La terza ora arriva un signore anziano, quando entra si crea il gelo nell’aula, non so chi sia ma parla con voce bassa e non usa il microfono, scrive sulla lavagna degli indirizzi internet dove trovare materiale e poi comincia la lezione dando per scontate cose di cui ho solo vagamente sentito parlare, parla di scale logaritmiche e della lettura dei diagrammi logaritmici, io vagamente intuisco il concetto, ma lui fa dei calcoli su quei diagrammi di cui non capisco proprio niente. Uno studente lo interrompe e gli dice che molti dei presenti, al liceo, non hanno proprio studiato quelle cose, il prof. risponde che l’università non può farsi carico di quello che non è stato fatto in altri gradi di istruzione e chi pensa di avere delle carenze bi base può provare a colmarle impegnandosi al massimo o dovrebbe pensare di cambiare facoltà. Segue un brusio in aula, ma il prof. non si scopone, si gira verso la lavagna e continua a scrivere.

All’intervallo mi sento scoraggiato, ma Leo mi frena: “Non sono cose così trascendentali, le cose di cui hanno parlato oggi in un pomeriggio si chiariscono.” Io sono perplesso, poi cominciano le ultime due ore di esercitazioni, qui ho l’impressione che non sia tutto buio pesto ma certo i punti oscuri sono tanti.

Finite le lezioni, tra gli studenti il chiacchiericcio è forte, c’è qualcuno che comincia a pensare che bisognerebbe protestare, Leo non si intromette ma mi dice solo che “bisognerebbe studiare senza perdere tempo.” Gli chiedo una cosa sui diagrammi logaritmici e ce ne andiamo in un’aula di studio per chiarire la questione. Lui si rende conto che io non so niente nemmeno dei logaritmi e si mette lì a spiegarmeli e io comincio a capire di che si tratta, poi rifacciamo insieme le cose che ha fatto il prof. e le cose cominciano a chiarirsi. Poi lui tira fuori i suoi appunti e mi dice che in serata li rimetterà a posto per seguire lo svolgimento del programma giorno per giorno, ma poi quel lavoro lo facciamo subito, rifacciamo tutti gli esercizi e di tutte le materie, mi spiega l’uso di quella simbologia di cui non capivo nulla e ci facciamo sopra degli esercizi. Insomma, stiamo lì a studiare fino quasi alle dieci di sera, poi mi dice che non abbiamo mangiato ma è tardi per andare a prendere una pizza, tira fuori dallo zaino due panini, e me ne passa uno. Mi dice “Nico, intanto oggi abbiamo fatto quello che dovevamo fare.” Mi chiede se ho un mezzo mio, gli dico di no e mi accompagna a casa, quando scendo dalla sua macchina mi sorride e mi dice: “Se vuoi domattina passo a prenderti alle 7.15, ok?” Io gli dico: “ok!” e ci stringiamo la mano. E la serata finisce così.

Questa è la cronaca del mio primo giorno di università. Chi è Leo? Il dubbio è grande come una casa. Se uno non è interessato non si comporta come si è comportato lui e nemmeno come mi sono comportato io. Non oso tirare le somme di questo ragionamento. A casa sono cotto di stanchezza mio padre e mia madre mi chiedono come è andata la prima giornata all’università e gli dico che sono stato a studiare fino a pochi minuti prima e mio padre sgrana tanto d’occhi, mi chiede se ho mangiato, gli dico di sì, me ne vado nella mia stanza e metto un disco di Louis Armstong e lo sento cantare:

I see friends shaking hands, sayin’,
“How do you do?”
They’re really sayin’, “I love you.”

Questa canzone mi sembra la più bella del mondo! Ma non vado a dormire, mi metto a trascrivere gli appunti al computer, in modo da avere un file con tutti gli appunti da mandare a Leo. Trovo e scarico un programma che si chiama latex che permette di scrivere qualsiasi cosa, pure di matematica o di chimica e di inserire grafici. Sto a lavorarci sopra quasi fino all’una di notte, ma mi viene bene e, con le cose che mi ha spiegato Leo il pomeriggio, capisco quello che sto facendo!. Alla fine mi stampo gli appunti in due copie e li metto via per l’indomani e poi, finalmente me ne vado a dormire stanchissimo ma felice.

L’indomani sveglia alle 6.30, preparazione rapidissima e alle 7.15 sono in strada, Leo è già lì, gli chiedo a che ora è arrivato e m dice che è arrivato da pochi minuti, ripartiamo, appena siamo all’università, dentro, gli faccio vedere gli appunti, lui mi guarda e mi dice: “Ma sono bellissimi, sembrano un libro!” e io mi sento fiero di me. Il secondo giorno di lezioni c’è meno gente, Leo dice che probabilmente seguono via web, oppure si sono già decisi a cambiare facoltà. Leo mi passa una cartellina piena di fogli, con gli esercizi scaricati dai siti indicati dal prof. il giorno precedente e mi dice: “Questi li facciamo oggi pomeriggio.” Io gli dico: “Tutti? Perché sono 45.” e lui mi fa cenno di sì con la testa.

La mattinata è densissima, le pagine di appunti sono tante e penso che a rimetterle in ordine ci vorrà moltissimo tempo, ma mi sento meno smarrito del primo giorno. Leo ha un portatile veramente bello, gli dico che ne ho uno anche io e mi dice: “Portalo, così impari a prendere appunti direttamente sul PC!”, lui col PC è rapidissimo ma i grafici copiati a penna sono approssimativi ma si possono copiare, al PC ci vuole troppo tempo, e in fondo farli perfetti non serve. Allora lui prende nota delle formule e dei calcoli e io ricopio i grafici. Intanto ci scambiamo gli indirizzi e-mail in modo da passarci gli appunti elaborati.

Arriviamo alla fine delle lezioni. Leo mi dice: “Lo vuoi un panino come ieri?” Gli faccio cenno di sì e poi aggiungo che però l’indomani i panini li avrei portati io. Andiamo nella sala studio, io voglio cominciare il riordino degli appunti, ma lui mi dice: “No! Prima gli esercizi! Una copia dei primi 5 esercizi a lui e l’altra a me e ci separiamo in modo da lavorare ciascuno per conto proprio, ci diamo un tempo di venti minuti.” Io mi metto a lavorare, il primo e il secondo sono facilissimi e mi sento incoraggiato, già il terzo mi richiede più attenzione, attacco a fare il quarto e non mi ci raccapezzo, non riesco proprio a capire che via seguire, lo lascio lì e passo al quinto che è meno difficile e mi viene quasi subito, suona il segnale dei 20 minuti e penso che in effetti ne sono venuti quattro su cinque.

Leo si avvicina e mi chiede: “Tutto ok?” Io gli dico che il n. 4 non so proprio come farlo. Lui ovviamente li ha fatti tutti e mi passa la sua soluzione dell’esercizio n. 4, io gli dico: “Ma era una banalità!” Mi accorgo che quella banalità, se mi fosse capitato quell’esercizio all’esame, mi avrebbe rovinato l’esame, perché lì non ci sarebbe stato Leo, e allora aggiungo: “… comunque ho capito.” Passiamo agli esercizi dal 6 al 10, con la stessa tecnica, questa volta me ne vengono solo 3 e mi sento demoralizzato, Leo ovviamente li ha fatti tutti! Mi spiega le cose che ho sbagliato e passiamo agli esercizi da 11 a 15, questa volta ne faccio 4 su 5 e uno è di un tipo che non avevo saputo fare a prima botta, proseguiamo fino all’esercizio 45 e la mia media migliora e quelli dell’ultimo gruppo li faccio tutti e 5.

Comincio a mettere via gli esercizi ma mi dice: “Aspetta. Ti riscrivo qui in un ordine casuale gli esercizi che non avevi saputo fare a prima vista e vediamo come te la cavi.” Mi scrive nove esercizi e si siede vicino a me. Ci metto pochissimo tempo e ne faccio perfetti 8 su 9, di uno sbaglio solo i calcoli. Leo mi fa segno che adesso va bene! Poi passiamo alle altre materie dove però non ci sono ancora esercizi da fare e si tratta solo di riordinare gli appunti. A fine serata andiamo a prendere un cappuccino e un cornetto in un bar (come cena) e mi riaccompagna a casa, non mi chiede nemmeno se mi deve accompagnare, semplicemente lo dà per scontato. Ci salutiamo con la solita stretta di mano, che a me sembra che duri un istante di troppo, ma poi penso che forse sono un illuso.

Torno a casa e mi metto subito a trascrivere gli appunti e lavoro fino a mezzanotte. Poi vado a dormire, ma invece di dormire mi metto a fantasticare su Leo, penso che è gay e che si sta innamorando di me. So che non mi devo illudere, che le probabilità che le cose vadano come vorrei sono decisamente basse, ma anche le probabilità che succedessero le cose che sono successe, in fondo, erano decisamente basse. E poi una cosa del genere non mi è mai successa con nessuno. Abbiamo parlato solo di scuola, manco mezza parola fuori dal seminato, ma il suo cellulare non ha squillato mai in due giorni, e poi lui è uno sveglio e preparato, in fondo che motivo poteva avere lui per studiare con me, io potevo solo fargli perdere tempo, e invece mi accompagna a casa, studiamo insieme, perde tempo per farmi fare gli esercizi… insomma, ti pare che questi siano comportamenti neutri? A me no! E poi ha un modo di sorridermi che è diverso da quello che usa con gli altri, lui mi guarda dritto negli occhi, li altri li guarda di sfuggita, questo l’ho notato sia ieri che oggi.

Oggi in classe c’era una ragazza che gli ha chiesto una cosa, lui ha risposto con cortesia ma proprio al minimo sindacale perché io lo stavo guardando e lui non voleva farsi sorprendere a familiarizzare con una ragazza, e anche con gli altri ragazzi al massimo un ciao. Con me si vede che si sente a suo agio pure se parla solo di scuola. Io di lui non ho detto niente a nessuno nemmeno un semplice accenno, Leo è una questione mia, magari ci prendo una tranvata, ma io penso che non ce la prendo, non lo so, ma lo sento. Leo è contento di stare con me, adesso io non lo devo deludere, non devo perdere tempo e non gli devo fare perdere tempo, intanto si studia e non potevo trovare un compagno meglio di lui e poi sarà quello che sarà, ma che andrà bene lo sento! Fai gli scongiuri per me, Project!

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UNA COPPIA INTERGENERAZIONALE DI INGEGNERI GAY

Ciao Project,

leggo regolarmente il forum, ma tu non rispondi mai, lasci che lo facciano gli altri. I pochissimi che lo fanno lo fanno magistralmente ed è già qualcosa. Aggiungo solo che una risposta, almeno privata, me la devi.

Ho 47 anni, vedo avvicinarsi a grandi passi la cinquantina, l’età limite, un po’ la resa dei conti di noi gay, lo spartiacque tra quelli che sono ancora alla ricerca, se si può dire così, e quelli che ormai hanno fatto fallimento, almeno nella vita affettiva. So che è solo una data simbolica ma la vedo avvicinarsi con una certa ansia.

Non posso dire di non aver fatto esperienze, anzi ne ho fatte probabilmente troppe, qualcuna pure travolgente, che alla fine mi ha lasciato travolto come se mi fosse passato sopra un tir, ma adesso è tutta acqua passata da un pezzo, poi ho avuto qualche anno in cui mi sentivo assolutamente refrattario a qualsiasi tipo di storia, ho avuto ragazzi e non più ragazzi che con me ci hanno provato seriamente ma proprio non mi dicevano niente, parlavano troppo o troppo poco o di cose che non mi interessavano, e non mi attraevano nemmeno sessualmente. Ma questo periodo di indifferenza affettiva non è stato inutile. ho lavorato tanto, mi sono laureato con un immenso ritardo ma ci sono arrivato e mi sono trovato un lavoro migliore, con i ragazzi, comunque, avevo già 5 anni fa la chiara impressione di avere chiuso la partita.

A quarantadue anni, l’anno in cui mi sono laureato, ho conosciuto per puro caso all’università un ventiquattrenne, che qui chiamerò Luca. All’inizio dell’anno accademico lo avevo notato subito per due ragioni, prima di tutto era l’unico bel ragazzo del gruppo e poi perché oltre ad essere classicamente bello, aveva una faccia intelligente, che lasciava sperare bene, cioè mi era pure simpatico. I primissimi giorni ci si salutava a distanza ma niente di più. Io mi ero preso due anni di pausa dal lavoro (in pratica non ero pagato) per portare a termine gli studi e vivevo dei miei risparmi cercando di spendere il meno possibile.  

Con Luca ci siamo conosciuti chiacchierando durante gli intervalli tra le lezioni, anche lui doveva laurearsi, ma lui era perfettamente in regola con gli studi, anzi, era uno dei pochissimi in regola con gli studi, mentre io mi sentivo proprio vecchio e andavo avanti con la forza della disperazione in una situazione che per me era chiaramente imbarazzante: dovevo per forza arrivare alla laurea, altrimenti avrei buttato via due anni senza concludere niente e l’atmosfera del fallimento sarebbe diventata oppressiva. Insomma, mi capita una cosa assolutamente inattesa e che io avevo desiderato molto, ci mettono nello stesso gruppo di studio, perché nella nostra facoltà alcuni esami si preparano in gruppo, svolgendo ciascuno un parziale di un progetto complessivo. Nel gruppo siamo in quattro: io, Luca, Letizia e Carmen. Letizia e Carmen sono amiche e si conoscono da anni, ma sono in lieve ritardo con gli studi (un paio d’anni). Il professore ci assegna il tema del progetto e ci dice che abbiamo circa due mesi per elaborarlo.

Come era inevitabile ci incontriamo la prima volta in un bar vicino all’università per organizzare il lavoro. Letizia e Carmen cominciano a farmi mille domande, sono parecchio impiccione, mi chiedono se sono sposato, se ho una ragazza e io mi sento in imbarazzo, vedo Luca che fa strane facce, non capisco se per le domande fuori luogo o per le mie risposte impacciate, poi fa cenno di andare al sodo e di pensare al lavoro che dobbiamo fare, ma le ragazze mi fanno comunque un’ultima domanda sulla ragione del mio enorme ritardo negli studi e si tranquillizzano relativamente quando dico che lavoro da diversi anni, e allora cominciano a fare mille domande a Luca, che indubbiamente è una persona molto più interessante di me, ma lui non si fa coinvolgere, le guarda con faccia scocciata, non risponde, taglia corto e dice: “Ragazze, stiamo qui per organizzare un progetto di studio, quindi cerchiamo di non perdere di vista l’obiettivo…” Già questo suo modo di affrontare il problema mi era piaciuto (molto meno imbranato del mio!). Le ragazze erano un po’ piccate, capivano di essere state zittite, anche se educatamente. Luca non faceva chiacchiere. Vedendo che la cosa andava per le lunghe tra silenzi e imbarazzi, a un certo punto ha detto: “Facciamo così, adesso ci pensate e ci rivediamo mercoledì dopo la lezione e così lavoriamo su qualcosa di concreto”, poi si è alzato. Le ragazze erano stranite, direi stizzite, hanno salutato più per educazione che per simpatia e se ne sono andate, Luca mi ha chiesto se volevo un passaggio e io gli ho detto ovviamente di sì.

Luca guida con la massima prudenza, mentre mi accompagna a casa parliamo solo del progetto e capisce subito che lavoro in un settore che è proprio quello del nostro corso di laurea, parliamo di cose tecniche e lui mi dice che si vede che ho la competenza di quelli che nel settore ci lavorano, quando arriva sotto casa mia mi dice: “Se ti va domani ci vediamo e abbozziamo il progetto.” Gli chiedo: “Con le ragazze?” Mi risponde: “No! Altrimenti non facciamo nulla!” Allora lo invito a venire da me, mi dice che va bene e che per l’orario lo decideremo l’indomani a lezione. Ci salutiamo senza darci la mano, io scendo dalla macchina e lo saluto agitando il braccio, lui non risponde al saluto, penso che forse sta attento alla guida o forse del mio saluto non se n’è nemmeno accorto.

A casa mi sentivo gasatissimo, non tanto per il progetto da sviluppare ma perché lo avrei sviluppato con Luca, il ragazzo più bello che avevo visto negli ultimi anni e mi sembrava pure intelligente, ma di più non sapevo.

Il giorno appresso è venuto a casa mia, temevo che si intrufolasse un po’ dappertutto, come altri ragazzi avevano fatto, ma non è successo niente del genere, siamo stati sempre nella stanza dove lavoro e abbiamo parlato solo del progetto, anzi, non direi che abbiamo solo parlato, mi ha chiesto se avevo il CAD e si è messo al computer, non c’è bisogno di dire che era molto più bravo di me, tanto che io ho potuto imparare da lui alcuni trucchetti che non conoscevo. Alla fine del pomeriggio, una bozza concreta del progetto era già fatta, molti aspetti di dettaglio restavano da definire, anche di quelli importanti, ma l’idea di base c’era e sembrava accettabile sia a lui che a me. Finito il lavoro, l’ho invitato a restare per la cena ma non ha accettato e mi ha detto: “Oggi non posso, magari la prossima volta…”

Luca era un ragazzo bellissimo ma parlava solo di lavoro, direi che era un eccellente collega di lavoro ma non era un amico e di lui non sapevo nulla. Mi ero permesso di chiedergli in che materia stesse facendo la tesi e avevo scoperto che la faceva nella stessa materia in cui io stavo facendo la mia e in un argomento molto vicino al mio. Mi ha detto che si sarebbe potuto sviluppare insieme un software specifico per risolvere alcuni problemi di calcolo molto rognosi e mi ha fatto vedere come, anche se tenendosi ovviamente molto sulle generali. Lui ha visto che io ne capivo e che lo seguivo benissimo e mi ha detto: “Ci potremmo lavorare insieme?” Io gli ho detto solo: “Certo! E verrà una cosa mostruosamente ben fatta!”

Il mercoledì dell’incontro con le due ragazze, la mattina, abbiamo saputo che Letizia e Carmen avevano chiesto al professore di passare ad un altro gruppo, un gruppo di 3 ragazze, che così diventavano 5. Luca mi ha guardato e ha detto semplicemente: “Beh, così perdiamo meno tempo e lavoriamo meglio!”

Il lavoro andava avanti alla grande, ma era solo lavoro e aveva l’aria che sarebbe rimasto solo lavoro fino alla fine, però le cose non sono andate esattamente così. Io davo per scontato che Luca fosse etero, fosse un etero forse al momento più interessato ai progetti che alle ragazze, ma comunque etero, non parlava mai di ragazze ma non parlava di cose private a nessun livello. Un giorno, un paio di settimane prima degli esami, finita la lezione mi dice: “Domani mi invito a pranzo a casa tua perché è il tuo compleanno, ok?” Io gli dico: “Benissimo! Ma come fai a saperlo?” E mi risponde: “Io so molte più cose di quello che credi… ma ne parliamo domani.”

Quella frase per me era sconvolgente. Sapeva in che giorno sono nato e mi diceva che sapeva molto più di quello che io potessi immaginare. Pensai che magari lui avesse conosciuto qualcuno dei ragazzi coi quali ero stato, ma la cosa mi sembrava improbabile, perché erano tutti molto più grandi di lui. Poteva sapere che ero gay? E da chi lo avrebbe saputo? All’università non lo sapeva nessuno. La notte non ci ho dormito. La mattina, già mezzo rincitrullito per la notte in bianco, ero tanto in agitazione che della lezione non ho seguito nulla. Poi siamo andati a casa mia e lui ha tirato fuori dalla borsa un pacchetto e me lo ha dato. Non c’era biglietto, ma solo il pacchetto, lo apro e dentro c’è una chiavetta di memoria per computer, lo ringrazio, e lui mi dice: “Dentro c’è la bozza del programma di cui abbiamo parlato, ci sono ancora tante cose che non sono soddisfacenti e adesso ti devi dare da fare perché questa è più competenza tua che mia!” Metto la chiavetta nel computer e passiamo tutto il pomeriggio e buona parte della serata a cercare di sistemare le cose in sospeso, ma non ci riusciamo. I risultati sono insoddisfacenti. Gli dico: “Lasciami la chiavetta un paio di giorni, che ci lavoro sopra, una mezza idea di come fare ce l’ho ma ci devo lavorare…” Ci salutiamo e lui se ne va.

Nota, Project, che il pomeriggio era stato un esaltante pomeriggio di lavoro, ma niente di più, ero stato in ansia aspettandomi che lui mi dicesse chissà quali segreti su di me e invece non era successo niente del genere, io mi aspettavo un regaletto, e invece era un lavoro da fare, però mi ero reso conto che, almeno sul lavoro, ci capivamo perfettamente. Poi, visto da vicino, Luca era proprio bellissimo, certo avere un ragazzo come Luca sarebbe stato bellissimo, ma anche avere un collega di studio e magari di lavoro come Luca non era certamente una cosa da poco. Non lo volevo deludere! Mi sono messo a lavorare sul programma come se aspirassi al Nobel e alla fine ho trovato la soluzione seguendo procedimenti matematici più evoluti di quelli seguiti da Luca. L’indomani gli porto la chiavetta col programma funzionante. Mi guarda negli occhi e mi dice: “Sei un genio! Ma ci sai proprio fare alla grande!”

Arriva il giorno degli esami e andiamo insieme ad illustrare il progetto, gli elaborati grafici sono da urlo, non c’è bisogno di dire che gli esami sono andati nel modo migliore possibile, ma in un certo senso noi lo davamo per scontato.

Dopo quell’esame avevamo ancora da perfezionare il programma di calcolo, ma l’informatica non era proprio il suo forte e il lavoro in pratica l’ho fatto da solo e gliel’ho portato già fatto, gli ho spiegato passo per passo tutto quello che avevo fatto e lui mi ha detto che valeva la pena di presentarlo al professore, cosa che abbiamo fatto, abbiamo detto che lo avevamo fatto insieme e che intendevamo usarlo per le nostre tesi. Il professore ha detto che era un lavoro molto originale e lo ha apprezzato.

In pratica, dopo queste belle cose, io non avrei avuto più niente da spartire con Luca e la cosa mi metteva di cattivo umore, pensavo che lo avrei perso, ma non è successo. Non si faceva sentire spesso, ma qualche volta mi chiamava e mi veniva a trovare, parlavamo delle nostre tesi, ma anche d’altro e piano piano tra di noi si è creata una strana amicizia, oggettivamente molto dissimmetrica, perché lui aveva 18 anni meno di me, ma la differenza di età sembrava non avere nessun peso, in fondo era un’amicizia e niente di più, anche adesso che ci conoscevamo un po’ meglio non c’era mai spazio per discorsi che entrassero troppo nel privato.

Ci siamo laureati lo steso giorno e abbiamo festeggiato soltanto tra noi. Lui ha trovato subito lavoro, io ci ho messo un po’ di più ma poco. Ero contento di essermi laureato anche se ero in età non dico da pensione ma certo non da primo lavoro, però ero triste di perdere Luca. Ma Luca non è sparito e anzi i nostri contatti si sono fatti più frequenti.

Non avevo mai visto Luca con una ragazza e lui non aveva mai parlato di ragazze, ma nemmeno di ragazzi, però io cominciavo a pensare che fosse gay e che con me si sentisse a suo agio e questo da un lato mi incoraggiava ad andare avanti e dall’altro mi frenava e mi creava una marea di problemi. Ho vissuto giornate molto difficili in quella situazione, che comunque era ancora soltanto un’ipotesi.

Poi un giorno viene a casa mia e non si siede sulla poltrona come faceva di solito ma viene a sedersi accanto a me sul divano e mi chiede: “Posso appoggiarmi a te?” Ovviamente io gli dico di sì e lui mi spiazza e mi dice: “Io non ho mai fatto sesso con nessuno e la prima volta voglio che sia con te.” Io, in fondo me lo aspettavo, gli ho preso la mano destra e gliel’ho stretta con forza, poi gli ho detto: “Tu non sei mai stato con nessuno, io invece sì e sarebbe meglio che prima facessi il test.” Lui mi ha detto: “Lo facciamo insieme, così stai più tranquillo anche tu.” E lo abbiamo fatto: eravamo entrambi negativi.

È successo quello che doveva succedere. Alla fine mi ha detto: “Mi sono sentito a mio agio, è stata una cosa bella, non so come andrà a finire ma è stata una cosa bella!” Io gli ho detto che anche io ero stato bene ma che mi sembrava di essere un ladro della sua giovinezza. Lui mi ha detto: “Non ti fare complessi, io preferisco stare con uno della tua età, i coetanei mi interessano meno, e francamente credo di aver fatto la cosa giusta. Poi magari le cose cambieranno, ma adesso è così.”

In questo modo è cominciata la nostra relazione. Devo dire che la fase dei complessi è durata poco, lo vedevo molto coinvolto e la complicità tra noi era totale, c’era una cosa, però, che mi metteva in crisi, lui voleva anche uscire con me, non capiva perché io cercassi di tenere la nostra relazione strettamente privata. Ho dovuto dirgli che mi sentivo in imbarazzo e lui sul primo momento l’ha presa male, come se io mi vergognassi di lui e io ho avuto paura che la nostra storia potesse essere arrivata al capolinea, poi, un po’ a malincuore, ha finito per accettare e per capire il mio punto di vista e la questione è stata superata.

Per me, in teoria, il rapporto con Luca avrebbe dovuto rappresentare la realizzazione di un sogno, ma non è stato così. Gli volevo bene e molto, ma mi sentivo profondamente in colpa e lui se ne accorgeva e pensava che io volessi troncare, siamo stati più volte sul punto di mandare tutto in rovina ma alla fine non è successo. Proprio in quel periodo ho scoperto Progetto gay, e ho letto nel manuale (Essere gay) il capitolo sui rapporti intergenerazionali, per me è stato illuminante, ci ho ritrovato esattamente quello che è successo tra me e Luca e tutta la dinamica della faccenda mi è sembrata molto più lineare. Non posso dire di aver messo da parte le mie ansie e i miei dubbi, ma ho potuto capire quello che poteva passare per la mente di Luca.

Cerco sempre di dirgli e di ripetergli che deve sentirsi libero comunque e che il volersi bene non è mai un vincolo, ma quando glielo dico mi guarda con una faccia arrabbiata e mi dice: “Ancora questi discorsi? Falla finita!” e questo mi piace molto. Adesso abbiamo in progetto di andare a vivere insieme, ma il problema dei rapporti sociali e della gente che vede c’è eccome. Una via sarebbe andare a vivere fuori città, cioè proprio in campagna, che forse sarebbe l’ideale, ma poi, per il lavoro, sarebbe un problema enorme, o si potrebbero comprare due appartamenti da rendere comunicanti, o magari due appartamenti anche in stabili diversi, che forse sarebbe pure meglio, ma molto vicini, tipo 50-100 metri uno dall’altro.

Ma penso che il problema più grosso sarebbero i suoi genitori, che abitano nella nostra città e che magari potrebbero venire a trovarlo quando meno se lo aspetta. E poi i suoi genitori sono molto all’antica e di Luca non sanno nulla e si aspettano che adesso, dopo la laurea e il lavoro, arrivino automaticamente il matrimonio e i figli. Che cosa direbbero se invece scoprissero che Luca convive con uno che ha quasi vent’anni più di lui? Se avessimo due appartamenti comunicanti, magari con una porta scorrevole accessibile dall’interno di un armadio sarebbe ancora meglio! Certe volte parto in quarta con idee da James Bond e da spie di altri tempi! Comunque lui i suoi genitori li teme. La madre ha solo quattro anni più di me, il padre sette! Confesso che sono ancora complessato da queste cose e oscillo molto tra lo sperare che la convivenza si concretizzi rapidamente e l’idea che qualcuno, intendo un suo coetaneo, possa arrivare a portarmelo via, certe volte penso che questa sarebbe la soluzione migliore, ma alla fine vedo questa ipotesi molto lontana dalla realtà.

Ho paura che se ne possa andare da un momento all’altro ma in un certo senso penso che sarebbe la soluzione migliore, e poi ho paura del futuro perché io sono ancora in buone condizioni ma gli anni passano e la paura di diventare solo una zavorra c’è eccome, e questo è il motivo di fondo per cui tendo a frenare un po’ sull’idea di andare a vivere insieme. E poi che cosa potrebbe raccontare ai genitori. Lui vive da sempre coi genitori, anche adesso che lavora vive a casa dei genitori, come potrebbe motivare l’idea di andarsene a stare per conto suo nella stessa città? Non avrebbe proprio senso! E se poi uscisse fuori che il motivo sono io mi posso immaginare il casino che ne verrebbe fuori. Adesso io e Luca siamo molto uniti, anche perché di fatto lui non ha amici e io per lui sono il suo “ragazzo” ma anche il suo amico, praticamente l’unico. Al momento va tutto bene, ci vediamo ogni due o tre giorni il pomeriggio a casa mia compatibilmente coi nostri orari di lavoro e stiamo bene, ma è rarissimo che possiamo passare una notte insieme. Mi sento tra color che son sospesi, Project, mi sento vivo, certamente molto più di prima, ma anche caricato di responsabilità perché mi sento anche un po’ papà, penso che devo dare un esempio positivo e ci provo con tutto me stesso.

Non siamo una coppia da romanzo di appendice, no! Ci vogliamo bene, ma discutiamo spesso, anche molto animatamente, lui non è minimamente remissivo, io in genere lo seguo senza discutere troppo, ma le rare volte che non lo faccio lui mi lascia strada libera e mi ascolta. Insomma siamo ormai incamminati nella strada della convivenza, che ci si arrivi o meno non è affatto scontato. Tutto questo mi è capitato quando io avevo già gettato le armi! La vita riserva sorprese inimmaginabili e ti stupisce, ti rendi conto che per qualcuno la tua vita ha un senso e un valore e capisci che a quasi 50 anni si può vivere una vera storia d’amore. Project, so che questa frase suona molto ingenua e ben poco adatta ad un quasi cinquantenne, ma è proprio quello che penso in questi giorni.

Ricordati che aspetto la tua risposta!

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