Annali dell’Omosessualità di André Raffalovich – Parte 2: L’educazione inglese e l’omosessualità

Nel presentare la seconda parte degli Annali dell’Omosessualità di André Raffalovich, sento la necessità di fare una premessa. Si è detto da più parti che la sua conversione al Cattolicesimo ha profondamente mutato il suo modo di vedere l’omosessualità, ma bisogna riconoscere che molte delle posizioni di Raffalovich erano, fin dall’origine, di impianto tipicamente moralistico.

Nel brano precedentemente pubblicato, Raffalovich cita Sainte-Beuve in un modo che autorizzerebbe ad aspettarsi dallo stesso Raffalovich un pensiero laico: “È stato in parte distrutto il Tempio, ma i pezzi sono ancora buoni, e li si utilizzata, li si fa valere senza rendersene troppo conto.” Questa frase, però, può essere tranquillamente riferita a lui stesso, anche se certo non è un distruttore del Tempio! Per un verso desidera dire la verità sull’omosessualità ma per l’altro si limita a riabilitare solo la tendenza omosessuale dell’omosessuale casto.

Questo atteggiamento è quello tipico della Chiesa cattolica. Ma le analogie tra il pensiero ecclesiastico e quello di Raffalovich vanno oltre: per entrambi, i ragazzi devono essere messi al riparo dalla tentazione, rendendo di fatto impossibile o quantomeno difficile il loro contatto con l’omosessualità, come se l’omosessualità fosse una malattia da prevenire. Raffalovich critica il sistema scolastico inglese perché non si occupa della educazione sessuale dei ragazzi, ma, bene inteso, l’educazione sessuale, per Raffalovich deve essere una educazione alla castità, cioè non una educazione alla sessualità in un clima di libertà e di rispetto, ma una sostanziale repressione della sessualità. Lascio ora il lettore al testo.

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Sono le persone oneste che sono venute meno ai loro doveri e che ancora non si correggono; sono coloro che sono stati genitori e educatori così al di sotto del loro compito. Sono questi, oggi, che non vogliono che ci si veda chiaro. Sono loro che vanificano gli sforzi che si fanno per moralizzare l’infanzia e la giovinezza. Sono i custodi di molte turpitudini, i depositari di molti marciumi. Se vogliamo aiutare l’umanità, dobbiamo lottare proprio con queste brave persone (1) come dobbiamo lottare con la gente disonesta. Da un lato coloro che sono sessualmente onesti (eterosessuali o omosessuali), dall’altro lato coloro che sono sessualmente disonesti. Da una parte coloro che non vogliono rivelazioni sgradevoli che fanno riflettere e agire. D’altra parte coloro che trovano più facile soddisfare i loro vizi nell’oscurità e nell’incuria borghese.

Eppure è dall’Inghilterra, dove fiorisce l’unisessualità e imperversa ugualmente la morale delle brave persone, che arrivano delle minacce serie contro la tranquillità di quelle breve persone, e le minacce sono rappresentate dai padri e dagli insegnanti.

È con una donna che devo congratularmi in primo luogo. Una donna di esperienza e buon senso, la signorina Mabel Hawtrey, ha appena pubblicato un piccolo libro sulla coeducazione [educazione congiunta dei due sessi: classi miste, ambienti comuni per ragazzi e ragazze](2), e non solo io mi schiero dalla parte sua, ma consiglio a tutti coloro che si occupano di educazione o che sono interessati all’educazione, le calme e ragionevoli pagine della signorina Hawtrey. Scrive con una chiarezza insolita in una donna, che sarebbe ammirevole in un uomo. Questi tre capitoli dovrebbero essere tradotti in francese e in tedesco.

La signorina Hawtrey, che è molto consapevole del quadro dell’istruzione inglese, divide la colpa con molta giustizia tra insegnanti incompetenti e genitori che non vogliono scegliere docenti competenti, “C’è un insegnante, dice, in una delle nostre public schools (è ben noto il sistema inglese delle case, ciascuna guidata da un insegnante, che costituisce il collegio), che afferma di essere così ben sistemato da non potersi neppure accorgere se nel suo collegio ci sono degli studenti o se non ce ne sono. Ci si può solo meravigliare di vedere dei genitori mandare i loro figli da un uomo simile, ma non possiamo neppure prendere in considerazione tali collegi o tali maestri come tipici del sistema inglese. Le autorità spesso non hanno fatto il loro dovere, sono indietro, ma i genitori possono, in una certa misura, costringerle a correggersi.” E ne fornisce degli esempi.

Troviamo costantemente, dice, che un ragazzo viene inviato in una public school perché ci andavano anche suo padre e suo nonno. Così si sacrifica l’istruzione e la salute del bambino ad una tradizione di famiglia, perché i collegi non sono tutti uguali, e un ragazzo che si troverebbe in buone mani un collegio dove i suoi antenati non sono stati educati, si rovina o perde il suo tempo là dove lo mandano per un rispetto quasi cinese, dove lo mandano per snobismo o per pigrizia. Così Eton e Harrow ricevono tanti bambini indiscriminatamente.

Il Dr. Clemente Dukes medico di Rugby, ha detto cose molto serie in questa direzione. Ha parlato da medico e ha mostrato che è una colpa mandare in esilio dei ragazzi che hanno nevralgie, mali di petto o reumatismi, ecc. ecc., proprio dove il clima, l’umidità, il suolo, sarà loro dannoso. Le associazioni storiche, dinastiche, per così dire, non impediranno al piccolo di soffrire in un luogo famoso e malsano, ecc.. Il Dr. Dukes ha così alzato la voce contro i genitori che abbandonano ai maestri o ai medici (che non hanno scelto e di cui essi non hanno il diritto di fidarsi ciecamente) la cura della sessualità dei loro figli.

Questa è, naturalmente, anche l’opinione di Miss Hawtrey. Dato che in alcuni collegi non si prendono in considerazione i bambini il cui progresso è troppo lento (e non è sbagliato evitare di lasciare insieme bambini di età troppo diversa) sarebbe molto meglio mandare certi bambini là dove ci si occuperebbe meglio della loro salute.

Ad Uppingham, Thring , l’ultimo preside, volendo aiutare i bambini affaticati dalla crescita, non aveva istituito esami preliminari e si occupava della sanità fisica prima di chiedere al cervello quanto esso ancora non poteva dare. Non posso soffermarmi su tutti i consigli che dà la signorina Hawtrey, ma i rapporti che essa delinea tra l’igiene dei bambini della scuola e la loro sessualità (la loro unisessualità dal momento che è di collegio che stiamo parlando, di studenti interni) sono istruttivi per tutti noi. I nuovi collegi inglesi sono più igienici rispetto ai vecchi, ma dato che non hanno il prestigio proveniente dalla generazioni precedenti, i genitori continuano a mandare i loro figli in scuole di cui conoscono le condizioni antigieniche e insalubri.

Vediamo che i rimproveri così spesso rivolti ai genitori sono ben meritati. In certi collegi (e dei migliori) i dormitori non sono ventilati, i bambini sono nutriti in modo insufficiente. Non si dà loro abbastanza né quello che bisognerebbe dare. Immaginate salumi, birra e formaggio, subito prima di andare a letto. Per dare un’idea di come il sistema educativo inglese viene messo in pratica, la signorina Hawtrey ci assicura di conoscere un solo collegio, fra tutti i collegi inglesi, dove poteva essere certa che i bambini avrebbero ricevuto un’alimentazione sufficiente e igienica.

Alcune precauzioni igieniche, lei dice giustamente, potrebbero ridurre l’unisessualità dei collegiali inglesi, e cita questa caratteristica antigienica di Eaton, che non avremmo mai immaginato in Francia, dove si ammira, e spesso alla leggera, l’educazione inglese. Miss Hawtrey ha trovato che i costumi erano depravati soprattutto nei collegi in cui il direttore non nutriva abbastanza i ragazzi e non si preoccupava di procurare loro il riposo indispensabile. Così uno dei più orribili scandali unisessuali coinvolse i ragazzi di un collegio dove essi dovevano mangiare carne di maiale e carne conservata.

Questi disgraziati erano costantemente rimandati presso i loro genitori con delle ferite alle gambe causate (diceva il rettore) da calci nel giocare a pallone. I medici finirono per scoprire nell’alimentazione di questi ragazzi la causa del male. Come potete pensare che siano casti dei ragazzi mal nutriti che dormono in camere poco areate?

Miss Hawtrey vorrebbe anche proteggere i ragazzi contro le tentazioni dalle quali possono fuggire. Non bisognerà mai dire loro bugie, lei dice; e si leva contro la tragica codardia dei padri che mandano i loro figli a correre dei pericoli, almeno in parte evitabili, senza la minima preparazione e senza dare loro il minimo aiuto.

Quanto ai bambini che, dalla prima infanzia, sia per ragioni congenite sia sotto l’influenza di avventure sfortunate, mostrano molto anticipatamente certi istinti, certi appetiti, bisognerebbe proprio evitare di mandarli in una public school. Essi hanno bisogno di un trattamento speciale, di una cura individuale. E questo trattamento non può essere dato loro che da persone che abbiano studiato la patologia morale e che abbiano chiaramente tratto profitto dal loro studio.

Ho lasciato parlare Miss Hawtrey perché spero di vedere il suo libretto tradotto in Francese e mi fermo congratulandomi con lei per la sua opera utile e bella.(3)

Restando su questo argomento. Non posso passare sotto silenzio la testimonianza del sig. Kegan Paul, editore ben noto (e anche traduttore di d’En Route) contro Eaton. Ci sono certamente, dice (Confessio viatoris, 1891), delle nature privilegiate la cui rivolta istintiva contro tutto ciò che è impuro, le preserva e le difende.

Queste giovani anime passano attraverso i pericoli della prima adolescenza ignare e innocenti; ma di norma il ragazzo inglese non è né ignaro né innocente. Per strappare questa confessione al sig Kegan Paul, c’è stato bisogno di un risveglio della sua coscienza, del coraggio della verità, perché nulla è più sgradevole per la morale della brava gente d’Inghilterra che la verità a proposito di Eaton. Quando il ragazzo inglese giovane lascia sua madre, continua il sig. Kegan Paul, nessuno gli insegna i rapporti della religione con la morale. Nessuno gli parla della sua anima se non dall’alto di una cattedra, cosa che ha ben poco affetto pratico: non ci si occupa di lui individualmente, non gli si presta soccorso quando è tentato, non gli si dà la mano per tirarlo su quando soccombe.

Il padre ha paura di suo figlio; i maestri hanno il torto di trattare tutte le trasgressioni come delle infrazioni scolastiche, un errore così grave e così diffuso! Essi hanno anche la comoda risorsa abituale di ignorare volentieri tutto ciò che non salta agli occhi. Ogni bambino è così respinto su se stesso, e non è abituato ad uscire dalle sue difficoltà vantaggiosamente.

Il sig. Kegan Paul, a Eaton dai 13 ai 18 anni, non vi trovò un uomo solo che potesse guidarlo, che potesse aiutarlo. Sua madre, ogni tanto, gli parlava bene della religione, ma dato che essa ignorava del tutto i pericoli dell’adolescenza, non era capace di dargli alcun aiuto.
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(1) Non sto esagerando; e mi rammarico profondamente della verità di ciò che dico. Havelock in l’Alienist and Neurologist del mese di luglio parla molto ragionevolmente e molto apertamente della mancanza di volontà degli uomini incaricati della educazione inglese. I medici hanno molto da imparare, molto da insegnare. Ma i genitori dovrebbero sentire un po’ meglio la loro responsabilità.
(2) Pubblicato da Kegan Paul, London, 1896.
(3) Ci si domanderà che cosa ella pensa della coeducazione dei sessi [classi miste, coesistenza di ragazzi e ragazze]. È possibile, dice, che non ci siano inconvenienti nel far crescere insieme dei bambini piccoli o dei giovani uomini e delle ragazze già grandi, ma all’epoca che precede la pubertà e durante l’esplosione della pubertà, non possono che esserci inconvenienti e pericoli nel mescolare i due sessi.

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Gli “Annali dell’Omosessualità” di André Raffalovich

Mi accingo a pubblicare online, a puntate, una mia traduzione di un testo, unico nel suo genere, ossia degli Annali dell’Omosessualità di André Raffalovich. In realtà l’autore, nel titolo, usa il termine unisessualità e non omosessualità, ma il termine originale suonerebbe strano nel XXI secolo.

Mark André Raffalovich (Parigi, 11 settembre 1864 – 14 febbraio 1934) è un personaggio la cui vita e la cui opera sono piene di contraddizioni. Non era un medico anche se polemizzò con medici, psicologi e antropologi e scrisse di antropologia criminale. Fu soprattutto un omosessuale che raccolse una mole enorme di dati e di testimonianze sulla omosessualità che sono un’autentica miniera per la conoscenza dell’omosessualità alla fine dell’800.

Nato in una famiglia di ricchi banchieri ebrei di Odessa, fuggiti dalla Russia nel 1863, studiò a Oxford e si stabilì poi a Londra dove conobbe Oscar Wilde, il rapporto tra i due non fu mai di autentica simpatia. La vita di Raffalovich è comunque legata ad Oscar Wilde per un’altra ragione. Il Ritratto di Dorian Gray, capolavoro di Wilde, si ispira a John Gray, personaggio molto in vista della vita mondana londinese, un esteta di umili origini, nato nel 1866, che aveva abbandonato la scuola a 13 anni ma che era riuscito a farsi apprezzare nell’altà società. Nel 1892 Raffalovich, a Londra, conosce Gay, che aveva allora 26 anni (Raffalovich ne aveva 28) e tra i due nasce un amore profondo che li terrà uniti per tutta la vita, anche se in situazioni, all’inizio, neppure lontanamente ipotizzabili.

Nel 1896 Raffalovich pubblica “Uranismo ed unisessualità: studio sulle diverse manifestazioni dell’istinto sessuale”. Dello stesso anno sono gli “Annali dell’unisessualità”, di cui mi accingo a pubblicare la traduzione. Si tratta in pratica del primo tentativo di una pubblicazione scientifica di periodicità prevista come annuale, interamente dedicata allo studio dell’omosessualità e alla raccolta di documentazione in merito. Fino a questo punto Raffalovich appare come uno dei paladini della omosessualità; i suoi scritti sono enormemente più moderni di quelli di moltissimi uomini di scienza che si ritenevano esperti del settore.

Ma proprio dal 1896 la vita di Raffalovich e quella di Gray arrivano ad una svolta. Spinto da Gray, Raffalovich si converte al Cattolicesimo. Raffalovich entrerà nel terzo ordine domenicano, Gray diverrà sacerdote e Raffaolovich gli pagherà gli studi in seminario. Gray sarà nominato parroco ad Edimburgo e Raffalovich contribuirà in modo consistente alle spese per la sua nuova chiesa e si stabilirà in una casa accanto alla parrocchia dell’amico, per potergli rimanere vicino. Moriranno entrambi nel 1934 senza mai essersi separati e saranno sepolti nella stessa tomba.

Come avremo modo di vedere, per Raffalovich, anche nel 1896, la distinzione fondamentale non è tra omosessuali ed eterosessuali, ma tra onesti e depravati, ossia tra quanti sono in grado di controllare le loro pulsioni e quanti ne sono invece dominati.

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NOTE E DOCUMENTI
DI PSICOLOGIA NORMALE E PATOLOGICA

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Annali dell’unisessualità, di André Raffalovich. – Un progetto e un frammento di annali unisessuali. -La morale delle persone oneste. – Revisione critica dei libri e degli uomini:James, Maudsley, Dallemagne, Clement Dukes, Mabel Hawtrety Haverlock Ellis, Edward Carpenter, Howard, Hoche, Kurella, Krafft-Ebing, Næke, Penta, Lino Ferriani, Pelandi, Laupts, Legludic, Féré.
Appendice A: unisessualità francese. – Appendice B: unisessualità inglese. – Appendice C: Caso Cordes (Berlino). – Appendice D: Libri e letteratura frivola.

Quando si potrà inaugurare l’impresa che oggi sto per indicare? Conosciamo L’Année psychologique di Binet et Beaunis: un volume enorme che contiene alcuni articoli originali, molti rendiconti e una ricca bibliografia. È anche noto il giornale omosessuale una volta tentato dal poco giudizioso Ulrichs. Io non propongo né il tono di Ulrichs (e dei suoi numerosi imitatori), né le sue digressioni teoriche (1) né il peso dell’Année psychologique; non chiedo nessuna perorazione male intesa, nessuna pubblicazione troppo folta, ma mi piacerebbe vedere ogni anno un volume serio e ben nutrito, dedicato interamente all’unisessualità.

Vorrei che questo libro fosse caratterizzato da quella psicologia sana e maschile che, sola, può farci conoscere e capire l’unisessualità. Ci sono già abbastanza pensatori e osservatori capaci di accorgersi che gli invertiti non sono necessariamente né degenerati (2), né malati, né criminali; essi scoprono anche che gli invertiti non si dividono in passivi e attivi, la distinzione tra l’invertito maschio e l’invertito femmina spiega solo un piccolo numero di unioni unisessuali; essi cominciano a capire in un modo o nell’altro la mia classificazione, la mia divisione; passivi, effeminati, virili, ultra-virili.

In questi annali dell’inversione sessuale non ci si dovrebbe sottomettere alle affermazioni antiquate e retrograde. Si dovrebbero mettere da parte i luoghi comuni; non si parlerebbe affatto di antifisici, non si invocherebbe più la natura pretendendo che essa si contraddica in continuazione; ci si guarderebbe bene dagli epiteti infamanti (3), non li si metterebbe se non al posto giusto, e ci si ricorderebbe che il punto di vista scientifico e morale non è né eterosessuale né omosessuale (4).

Non ci si lascerebbe spaventare da coloro che affermano l’impossibilità di non essere guidati dalla equazione personale, dalla risposta individuale. Ci sono così tanti spauracchi dei quali bisogna rendersi conto e che bisogna evitare. Ci si terrebbe al corrente dei libri pubblicati, di quelli relativi all’unisessualità di quelli che la chiariscono in un modo o nell’altro. Si reagirebbe alla grande congiura contro la verità. Noi si disdegnerebbero alcuni libri frivoli (5) più di quanto non si disdegnano le confidenze di uomini frivoli quando si sa come farne uso, e ci sarebbero il tempo e lo spazio necessari per soffermarsi su opere significative e di peso.

Se vogliamo cogliere le verità sconosciute non possiamo cominciare certo alla leggera né superficialmente. E bisogna non avere paura né di infastidire né di divertire. Non si trascurerebbero neppure le ricerche storiche, le documentazioni vaste, e un giorno non saremo più costretti a leggere queste visioni storiche sorprendenti che ignorano l’unisessualità dei tempi cavallereschi e in cui il patriottismo interviene per chiamare italiano, francese, tedesco, greco, inglese, asiatico, ciò che appartiene a tutte le epoche storiche, a tutta la terra abitata. Le biografie dei morti sarebbero per noi sempre più interessanti (6).

Le osservazioni contemporanee sarebbero recepite; gli osservatori che ancora non si decidono a scrivere i loro romanzi o a pubblicare le loro memorie potrebbero venirci in aiuto. Gli stessi giornali fornirebbero una messe abbondante, anche se difficile da stimare in termini di valore, ma la cui attualità compenserebbe in qualche modo la mescolanza. Inizialmente un volume sarebbe sufficiente per l’Europa e l’America; ma a poco a poco ogni grande nazione da sola potrebbe produrre annualmente un simile volume. I documenti così raccolti, consultati, confrontati, controllati, fornirebbero agli avvocati, ai medici, agli educatori, ai genitori, gli uomini che conservano e rappresentano la coscienza mutevole della civiltà dei materiali necessari, le conclusioni inevitabili.

Ora mi accingo a cominciare con un frammento dell’annata 1896 questi annali molto al di sopra delle forze di un solo uomo, ma che richiedono una direzione per essere veramente utili e seri.

Prima di iniziare vorrei che si leggesse attentamente quello che Sainte-Beuve ha detto della moralità delle persone oneste; questo ci aiuterà a capire una delle grandi difficoltà dello studio della sessualità in generale e dell’unisessualità in particolare:

“Questa morale delle persone oneste non è la virtù, ma un composto di buone abitudini, buone maniere, metodi onesti basati solitamente su uno sfondo più o meno generoso, su una natura più o meno ben nata. 
Essere di buona famiglia, come si dice, avere intorno a sé esempi onorevoli, aver ricevuto un’educazione che ha conservato i nostri sentimenti, non mancare di coscienza, preoccuparsi soprattutto di una giusta considerazione, ecco, con mille varianti che si possono facilmente intuire, con più fuoco e generosità quando siamo giovani, con più cautela e calcolo, ben inteso, dopo trent’anni, ecco più o meno quello che compone questa morale delle relazioni ordinarie, come ce la offre all’inizio la superficie della società di oggi, e che penetra nella società anche molto prima … entrano a farne parte dei risultati filosofici, vi si mantengono delle abitudini e delle massime cristiane; è un compromesso che serve così alle esigenze della giornata. 
In quello che ha di meglio, direi che è un cristianesimo razionalizzato o piuttosto passato allo stato di pratica sociale utile. È stato in parte distrutto il Tempio, ma i pezzi sono ancora buoni, e li si utilizzata, li si fa valere senza rendersene troppo conto. Questa nuova forma dello spirito e delle abitudini pubbliche deve essere considerata come un progresso? socialmente, di sicuro; interiormente e profondamente parlando, la cosa è più dubbia. 
Pascal diceva: Le invenzioni degli uomini avanzano di secolo in secolo: la bontà e la malizia del mondo in generale rimane la stessa. Ora questa morale delle persone oneste rientra piuttosto tra le invenzioni di uomini, e se si tratta di un progresso in questo senso, non va in profondità, non tocca affatto il fondo generale della bontà o della cattiveria umana … 
Uno dei metodi una delle strategie di questa morale consiste nell’ignorare tutto il male che essa non vede direttamente e che non salta agli occhi. La società, la cui facciata e i cui piani principali hanno di solito, nei momenti prestabiliti, un’apparenza onesta e decente, nasconde nelle cantine e nei sotterranei molte malvagità; e talvolta è una parete molto sottile che le divide … Quando tutto questo non deborda visibilmente, la morale delle persone oneste non ne tiene alcun conto, e non suppone nemmeno che quelle cose esistano. »

Non potremmo definire meglio lo stato attuale della morale inefficace (per molti versi) delle persone oneste.
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(1) Il suo temperamento, la sua condotta, le circostanze, le sue disavventure, lo hanno portato alle peggiori stravaganze; ma questo declassato, questo ribelle, questo sessuale, questo sensuale accecato, ha svolto un ruolo di un’importanza riconosciuta, di un’ utilità ancora problematica, ma indubbia.
(2) Tranne che nel senso che farebbe di tutti gli uomini dei degenerati: l’assoluta armonia fisica e mentale non si verifica; su questo punto il determinismo e il cristianesimo potrebbero andare d’accordo. Il mio molto leale e simpatico avversario ed amico, il signor Dallemagne nel suo interessante articolo sul mio libro (e Uranisme et Uniseanialité, A. Storck, 1896) dice che devo avere “un parere molto personale sulla degenerazione – e temo che sia anche molto isolato – per credere che ci possono essere invertiti sessuali che non siano né degenerati né squilibrati. “(Annali della società di medicina legale del Belgio, Anno VIII, n. 2). Dovrei citare invece, per contro, i quattro articoli di M. P. Næcke sullo stesso libro (Zeitschrift fur psychiatrie, Irrenfreund, Centralblatt di Kurella, Archivio delle psicopatie sessuali di Penta) che crede certamente che degli invertiti sessuali possano non essere dei degeneri? Dovrei citare Havelock Ellis, e gli altri? Se il signor Dallemagne accetterà di trattare tutti gli uomini come degenerati, allora dirò con lui che tutti invertiti sessuali sono degenerati. La degenerazione mi sembra che somigli sempre di più al peccato della teologia e uno spirito scettico potrebbe divertirsi a fare risaltare questa somiglianza. Uno psicologo così delicato come W. James ha potuto superare abbastanza il suo pudore istintivo e acquisito da ammettere la probabilità, la possibilità dell’universalità dell’unisessualità. Egli ammette che tutti gli uomini ne sono capaci (Psychology, Volume 2, pagina 439). Ed è di mala voglia che il professor James è stato costretto a parlare così e a sostenere con la sua autorità una verità che tanti scrittori senza misura possono gridare troppo forte. La sua squisita prudenza su questo tema dà ancora più merito alla sua testimonianza. Credo che molti pensatori e scrittori stiano cominciando a reagire contro un’applicazione o troppo estesa o non abbastanza estesa della degenerazione. H. Maudsley per esempio in Alienist and Neurologist ha riportato il suo discorso, pronunciato nel mese di agosto 1895 davanti alla sezione psicologica della British Medical Association, egli si lamenta dell’abuso che si fa della teoria della degenerazione. Essa ha avuto, dice Maudsley, significato e valore, ma ha cambiato molto il senso della parola facendole significare tutte le specie e tutti i gradi di deviazione da un modello ideale, tutte le deviazioni da un modo di pensare e di sentire ideale, e queste deviazioni vanno dalle cattive abitudini di pensare e di sentire fino alla più grave idiozia, e alcune di queste deviazioni non sono più serie della lunghezza del naso o delle gambe. E sottolinea il pericolo delle parole che così tante persone utilizzano come se avessero un senso ben definito. Ognuno tira la parola un po’ dalla parte sua, ed una confusione grave è inevitabile. M. Tarde ha ottimamente detto queste cose della parola eredità.
(3) È spesso difficile. Ci sono delle glorificazioni dell’iperestesia sessuale scritte da uomini illustri e citate da medici così rivoltanti. E si riesce a mantenere il proprio sangue freddo solo ricordandosi delle grossolane indecenze eterosessuali. Quando l’erotismo si esprime in modo alto, le sessualità si equivalgono e si assomigliano.
(4) Mi riferisco al mio libro (Uranisme et Unisexualtté) e a quello del signor Legludic (Attentats aux mœurs). Spero che sia prossimo il tempo in cui non dovrò più citarmi, quando avrò solo l’imbarazzo della scelta per sapere a chi rinviare il lettore.
(5) Vedi Appendice D.
(6) Ne ho citati molti nel mio libro, ma ne conosco parecchi che aspettano ricerche coscienziose e penetranti.

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IL DOTT. ALETRINO E I GAY NORMALI

Arnold Aletrino (1 Aprile 1858 – 16 Gennaio 1916) era un medico olandese, professore di Antropologia criminale; nel Congresso di Antropologia criminale, tenutosi ad Amsterdam dal 9 al 14 Settembre 1901,(1) presentò una sua relazione “La situazione sociale dell’Uranista” che scatenò un astioso risentimento moralistico da parte di alcuni suoi colleghi che lo identificarono come difensore dell’immoralità. Aletrino, per la prima volta in un congresso scientifico, presentava l’omosessualità come normalità e non come patologia e identificava le radici della sofferenza degli omosessuali non nell’omosessualità ma nelle reazioni sociali assolutamente incongrue alla omosessualità. Le sue argomentazioni erano assolutamente laiche, tendevano a separare nettamente l’analisi antropologica dalla morale e miravano, diversamente dall’uso del tempo, a concentrarsi sulla sofferenza del soggetto, da liberare dalle pressioni di tipo sociale, più che sulla sua presunta pericolosità sociale. Nel 1912 Aletrino partecipò alla fondazione del ramo olandese del Comitato Scientifico Umanitario, nato in Germania nel 1897 per opera di Magnus Hirschfeld, pioniere della lotta per i diritti dei gay. Riporto qui di seguito, la mia traduzione della Relazione di Aletrino e delle repliche degli altri congressisti. Sottolineo che le posizioni contro le quali Aletrino prendeva posizione nel 1901, sono molto simili a quelle tuttora sostenute dalla Chiesa Cattolica.

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Quinto congresso internazionale di antropologia criminale

Tenuto ad Amsterdam nel 1901

Sessione del venerdì mattina

Presidenza del professor BENEDIKT. Il primo punto all’ordine del giorno è quello della sessualità. Il Sig. Aletrino legge il suo rapporto sulla situazione sociale del Uranista. 

Relazione del sig. Dr. A. Aletrino, medico, Professore Associato di antropologia criminale presso l’Università di Amsterdam.

LA SITUAZIONE SOCIALE DELL’URANISTA

Prima delle pubblicazioni di CASPER e TARDIEU, altri già, sia in Germania che in Svizzera e in Francia, hanno concentrato l’attenzione sulle persone con anomalie sessuali. Generalmente queste pubblicazioni contengono solo osservazioni riportate dagli autori così come le avevano annotate, senza commenti. Basterà ricordarvi i nomi di RAMDOHR e di MEINERS nel XVII secolo, e quelli di MORITZ, di EHRENBERG, di HUFFLI, di KAAN di BRIÈRE DE BOISMONT, di MICHÉA, ecc. ecc.. Ma anche prima di loro, le manifestazioni della vita sessuale che si definiscono come contro natura erano già note. La Bibbia le menziona (Sodoma e Gomorra), i Greci le riconoscevano (ZEUS e GANIMEDE, SCOCRATE e ALCIBIADE), tra i Romani, al tempo della decadenza, abbondavano (PETRONIO ci segnala come persone che avevano queste abitudini, CESARE, CALIGOLA, NERONE, ELIOGABALO, etc.); e nel Medioevo, soprattutto presso i Cavalieri Templari e nel mondo in “menestrelli” erano note in Germania e in Inghilterra. L’amore degli uomini per gli impuberi, in Oriente, fin dall’antichità più remota, era una manifestazione universalmente conosciuta e riconosciuta della vita sessuale.

Il primo che introdusse la parola Urning nella lingua fu ULRICHS, che nel 1864, si pose, sotto lo pseudonimo NUMA NUMANTIUS, come difensore del buon diritto degli uomini che si sentono più fortemente attratti verso l’uomo che verso la donna. Nel suo zelo nella difesa di una causa che era un po’ la sua (perché lui stesso aveva una natura uranista) arrivò fino a desiderare l’approvazione legale ed ecclesiastica del matrimonio e del rapporto sessuale tra uomini!

Nonostante gli altri nomi che si è cercato di fare adottare, quello di Urning graziosamente trasformato dai Francesi in “uranista” è rimasto, e serve ancora per designare una certa classe di uomini in cui esiste questa particolarità che il loro proprio sesso è più attraente per loro che il sesso opposto.

Classificando gli uomini secondo le loro manifestazioni sessuali, gli uranisti(2) formano una classe distinta. Quindi non bisogna confonderli con i sadici, i masochisti, il necrofili, i feticisti, i flagellanti e gli effeminati, che, tutti, sono persone con anomalie sessuali. Eppure questo è esattamente ciò che è stato fatto finora e ciò che viene fatto anche oggi; molti studiosi li assimilano ancora agli effeminati. E questa assimilazione non è affatto sorprendente. Perché il medico alienista KRAFFT-EBING è stato uno dei primi, dopo CASPER, a rivangare il problema dei sentimenti sessuali. Dato che studiava le anomalie sessuali emerse tra i suoi pazienti, è chiaro che egli considerava tutte le inclinazioni uraniste, come stati di malattia. Con o senza la pederastia e l’effeminatezza, quelle inclinazioni erano per lui solo i sintomi di una anomalia psicologica o anatomica.

MOLL, LAUPTS, CHEVALIER e altri, per lo più medici come lui, seguendo i suoi passi, non potevano che commettere lo stesso errore, poiché anch’essi non vedevano che malati che imploravano l’aiuto dei medici contro le loro aberrazioni sessuali, che dopo l’esame, si dimostravano come sintomi delle loro anomalie psichiche. Non giudicando, dunque, che sulla base di coloro che, sentendosi malati, andavano a consultare il medico alienista, e dimenticando che ci potevano essere molti altri che, non considerandosi malati, non avrebbero mai avuto l’idea di andare da un medico, pur sapendosi diversi alla generalità degli uomini, non si notava la selezione involontaria a causa della quale lo studio non poteva che seguire una strada sbagliata. È proprio in seguito a questa distrazione dei medici e al fatto che la maggior parte di coloro che erano autorevoli nello studio della vita sessuale contro natura erano medici alienisti, che si è attribuita all’uranismo una certa degenerazione e che si è classificato l’uranista tra i degenerati. Eppure, non c’è nulla di più irrazionale e quasi di più illogico.

La verità innegabile che ci sono dei degenerati nei quali l’aberrazione sessuale si mostra come un sintomo di degenerazione non può mai giustificare l’attribuzione di tutte le diversità sessuali (e ora stiamo prendendo in particolare in considerazione l’uranismo) a una degenerazione. L’idea sbagliata che l’uranista debba essere assimilato ad un pederasta, a un effeminato e un degenerato, o che sia identico a loro, rimase fino a quanto MARC-ANDRÉ RAFFALOVICH non portò ordine in questa confusione pubblicando i suoi studi sull’uranismo. È stato lui che per primo ha parlato di un “uranista normale”. È stato il primo che ha considerato l’uranista normale alla pari dell’eterosessuale normale: e inoltre il primo che non si è limitato allo studio della sua vita sessuale. Se ci fosse solo questo fatto che l’uranista – cioè colui che, fin dalla sua giovinezza, prima della pubertà, si sentiva interamente ed esclusivamente attratto da persone dello stesso sesso, e questo “sessualmente, emotivamente, sensualmente, amorosamente e intellettualmente”, come disse Raffalovich – è esposto al disprezzo del suo ambiente, che lo rende infelice, una correzione delle opinioni che lo riguardano non sarebbe strettamente necessaria. Ma ora, dato che si tratta della felicità di molti individui, la correzione è necessaria, tanto più che il nostro senso di giustizia ci vieta di condannare il nostro simile.

Questo giudizio dalla società sull’uranismo è la conseguenza di due false premesse:

1) una morale sessuale prefissata e

2) l’opinione corrente sulla natura della vita sessuale.

Consideriamo in primo luogo questa seconda opinione. Per giudicare l’uranismo bisogna esaminarlo – esattamente come l’eterosessualità – in modo neutro; bisogna considerarlo come un’espressione della sessualità. Ci dimentichiamo e abbiamo sempre dimenticato che, per valutare la situazione sociale dell’uranista, una morale sessuale prefissata è fatalmente fuorviante. Questa dimenticanza è in qualche modo scusabile, se non perdiamo di vista la falsa asserzione, sempre ripetuta da tutti: che ogni individuo nasce con un debole determinato per l’altro sesso; in altre parole che, dalla differenziazione sessuale, la donna è attratta verso l’uomo e l’uomo verso la donna. Ora i fatti sono lì a dimostrarci il contrario.

CONNOLLY NORMAN così come MAX DESSOIR e W. JAMES hanno mostrato che quasi ogni individuo normale che abbia raggiunto un’età tra i dodici e i quindici anni, attraversa un periodo di indifferenza sessuale, che la prima manifestazione della vita sessuale di ciascuno di essi è sconosciuta e che i gusti sessuali di ogni persona normale possono manifestarsi in direzione del proprio sesso.

Durante questo periodo, l’individuo non si sente attratto né dall’uno né dall’altro sesso, ma prova amore e amicizia, o uno o l’altro, altrettanto bene per una persona del suo stesso sesso che per una persona del sesso opposto. Generalmente questa indifferenza non persiste dopo la pubertà. È proprio allora che si definisce l’interesse sia per una persona del sesso opposto sia per una dello stesso sesso: l’individuo diventa eterosessuale o omosessuale. Poiché riteniamo che, durante questo periodo di indifferenza, l’ambiente possa spingere il bambino in una o nell’altra direzione, è chiaro che, a nostro avviso, il soggetto in questione merita l’attenzione degli educatori.

Tuttavia ci sono casi in cui l’individuo nasce con tendenze omosessuali, di cui vediamo le manifestazioni dalla sua prima giovinezza. Per dimostrare che un’inclinazione omosessuale può verificarsi a volte in eterosessuali adulti e che Raffalovich ha quindi ragione quando dice: “Così gli eterosessuali hanno tutti, chi più chi meno avuto tendenze unisessuali [omosessuali]”, voglio citarvi il caso una donna di alto livello, eterosessuale, sposata, la quale mi ha assicurato che molto tempo prima del suo matrimonio, lei era innamorata di una donna, e con un amore assolutamente simile a quello provato per le persone di sesso opposto, senza alcun desiderio sessuale. E ancora quella di un mio amico, un uomo di cui nessuno potrà contestare l’alto valore, che è sposato, che tiene le donne in grande considerazione, che le ama molto e per due volte si è anche sentito attratto verso gli uomini da un sentimento simile a quello che si prova per una donna, ma senza desiderio sessuale.

Siamo convinti che un gran numero di casi simili potrebbero essere forniti se ciascuno si sottoponesse ad un controllo minuzioso su questo punto, o se facesse delle ricerche di questo tipo nel suo ambiente. Tuttavia, il periodo di indifferenza sessuale e l’attitudine che consegue a uno sviluppo bilaterale sia per suggestione sia per influenze ambientali, dimostrano che una tendenza uranista non è sempre una situazione patologica, ma è innata nell’uomo. La prova di questa capacità dell’istinto sessuale di manifestarsi in una delle due direzioni ci è fornita, inoltre, anche dal fatto noto che ci sono tanti uomini eterosessuali che intrattengono relazioni omosessuali, quando manca loro l’occasione di manifestazioni eterosessuali, per esempio durante i lunghi viaggi in mare, nelle carceri e nei campi di prigionia.

Mi si obietterà, forse, che queste persone dovrebbero essere più o meno degeneri! Ma questo non sminuisce il fatto che la maggior parte di coloro che, nelle situazioni di cui sopra, stringono relazioni omosessuali non hanno mai sentito questa tendenza omosessuale durante il periodo in cui hanno avuto la possibilità di soddisfare la loro inclinazione eterosessuale. E non è ammissibile che l’individuo possa acquisire la tendenza omosessuale in età adulta, se non c’è in lui la capacità, la disposizione, il germe, il cui sviluppo può essere favorito dalle circostanze. Al massimo si potrà dire che l’inclinazione omosessuale latente in ognuno, può essere risvegliata più facilmente e rapidamente nei degenerati in questione, dal momento che sono più suscettibili ad essere suggestionati e la loro forza morale è troppo bassa perché possano resistere alle loro passioni. Da quello che ho appena detto consegue che il periodo di indifferenza sessuale, così come il fatto che una persona che è sempre stata eterosessuale talvolta acquisisce, sotto l’influenza dell’ambiente, tendenze omosessuali che scompaiono non appena le circostanze sono favorevoli alla manifestazione eterosessuale, dimostrano che l’uranismo non è un’anomalia. E per dimostrare che entrambe le manifestazioni sessuali possono verificarsi alternativamente nello stesso individuo, si possono aggiungere a questi casi di “persone di una forza morale inferiore” non solo quelli di persone niente affatto inferiori che, anch’esse, hanno conosciuto un periodo omosessuale e sono di nuovo ritornate eterosessuali, ma anche quelli che si dicono ermafroditi psichici. Perché è chiaro che la maggior parte di queste persone sono eterosessuali chiaramente caratterizzati con delle inclinazioni omosessuali, oppure persone innegabilmente omosessuali con delle inclinazioni eterosessuali.

Il fatto che ci si ostini, in tutti questi casi, a considerare la tendenza omosessuale un sintomo di degenerazione non dimostra affatto che sia effettivamente così. Al contrario, i casi degli uomini molto superiori che hanno avuto inclinazioni uraniste dimostrano che queste inclinazioni possono certamente essere presenti in individui normali, dotati di sentimenti nobili e di facoltà morali e intellettuali altamente sviluppate.

Esaminiamo ora più da vicino la questione della morale sessuale. Lascio da parte la questione del disgusto che si può provare nell’immaginare la manifestazione sessuale di un uranista. Questo disgusto è assolutamente soggettivo, come lo è anche l’avversione che ognuno di noi può sperimentare immaginando le manifestazioni sessuali eterosessuali, sia in generale che in un caso speciale. Non proverò nemmeno a spiegare il fatto, piuttosto enigmatico, che, quando si parla di un uranista tutti, più o meno distintamente, ma sempre e subito si immaginano le sue manifestazioni sessuali, mentre non facciamo così quando si tratta di eterosessuali. Nella vita ordinaria facciamo anche finta di non pensarci mai! Da dove deriva tutto questo? Deriva forse dalla convinzione errata che omosessualità e pederastia siano sinonimi, errore che ci fa vedere un pederasta in ogni uranista? È probabile.

Ma allora c’è qualcuno che logicamente possa spiegare il fatto che vediamo sempre nell’uranista una persona di cui bisogna diffidare, che fa la posta ad ogni ragazzo e ce lo immaginiamo come uno che vive solo per la soddisfazione i suoi desideri lussuriosi? Invece, parlando di un eterosessuale, nessuno penserà in continuazione alle prodezze sessuali di quell’individuo, non si avrà paura che costui consideri ogni donna e ogni ragazza minorenne che incontra come una preda ambita? Perché, allora, l’uranista non è tollerato nella nostra società? Perché anche a giudicare con mitezza, si considerano le sue manifestazioni sessuali contro natura, e grazie a loro, si considera la persona stessa immorale.

L’opinione corrente su ciò che è naturale o innaturale nella vita sessuale è il risultato del punto di partenza delle idee su questo argomento. Si parte dall’idea che non ci possa e non ci debba essere che un solo tipo di accoppiamento di individui, vale a dire quello di due persone di sesso diverso, perché ogni unione deve mirare alla fecondazione. E dove questo obiettivo non è evidenziato, dove si tollerano le unioni cosiddette platoniche, si sostiene comunque che il fine di ogni contatto sessuale deve essere la fecondazione. Ecco anche perché ci sono molte persone che condannano i matrimoni non fertili, soprattutto quelli che lo sono volontariamente e li qualificano come immorali. E anche per questo che ci sono così tante persone che definiscono immorale il coito eseguito secondo le norme anti-concezionali. Ma questa idea che il contatto sessuale avrebbe come scopo la fecondazione è un errore. Esaminando l’evoluzione filogenetica della vita sessuale si vede che l’istinto primordiale è l’istinto di perpetuare e preservare la specie e che l’impulso a fecondare, il mezzo per raggiungere questo scopo, è per così dire secondario. Questo impulso è la combinazione di due sentimenti, uno dei quali è quello che MOLL ha definito Detumescenztrieb (desiderio di scaricarsi), vale a dire la tendenza a produrre solo un cambiamento in organi troppo pieni e tesi per l’abbondanza del loro contenuto (nel caso specifico gli organi genitali).

Fu solo più tardi, in animali già meglio organizzati, che la Contrectationstrieb (il desiderio di toccarsi, di unirsi) si collega ad esso, mentre ancora più tardi, nell’organizzazione degli animali superiori, in particolare degli esseri umani, il desiderio è accompagnato da un fattore psicologico: il desiderio di abbracciare una particolare persona. Ma la Detumescenztrieb è e rimane fondamentale. Al più basso grado dell’evoluzione, non c’è la fecondazione propriamente detta; presso gli animali meglio organizzati la fecondazione avviene per caso, l’organo teso si scarica sia che ci sia sia che non ci sia fecondazione dopo lo svuotamento dell’organo sovraccarico di umore. La fecondazione ne può seguire o meno. Non è una conseguenza inevitabile. Inoltre, tutti sanno che molto spesso il coito dell’eterosessuale non è affatto fecondante. Non sappiamo come accada – ed è soprattutto di grande interesse per gli animali di ordine superiore – che il desiderio di scaricarsi nasca in un momento particolare, in una stagione speciale, etc.. A poco a poco, magari attraverso la selezione e l’ereditarietà, i mammiferi hanno sviluppato il concetto e la tendenza a scaricarsi, a depositare lo sperma nella vagina della femmina, forse perché in questo modo l’eccitazione è più adatta a procurare una sensazione piacevole per l’animale.

Certamente gli animali meglio organizzati non hanno acquisito la propensione al deposito di sperma nella vagina insieme all’impulso fecondatore. Ma questo metodo si è dimostrato il più favorevole alla fecondazione rispetto a qualsiasi altro. Originariamente la riproduzione viene effettuata solo per scissione. Tra gli organismi che sono ancora sui primi gradini della scala evolutiva ce ne sono già di quelli la cui riproduzione avviene solo dopo un reciproco scambio di materiali. Ma una differenza di genere non esiste ancora. Negli organismi più sviluppati la riproduzione avviene attraverso cellule speciali. Nel regno animale è solo tra individui policellulari che distinguiamo cellule maschili e cellule femminili. Queste cellule differenziate si producono nei diversi organi sessuali. All’inizio le troviamo ancora unite in ogni individuo, in modo però che la fecondazione richiede l’unione di due individui (ermafroditi).

È solo negli organismi meglio organizzati che uno dei due organi, o l’ovaio o i testicoli, non riesce a crescere e che l’individuo mantiene solo un tipo di ghiandola sessuale. Tra gli animali superiori, infine, vale a dire tra quelli che partoriscono, vediamo lo sviluppo di organi utili per ricevere e mantenere l’uovo fecondato (utero). Possiamo dare per certo che nella riproduzione degli animali meglio organizzati, compresi gli esseri umani, la tendenza a depositare lo sperma nella vagina della femmina è solo un mezzo per riunire due cellule, lo spermatozoo e la cellula ovarica, e tale atto non è istintivo o non deve la sua origine al fatto che l’animale era a conoscenza della finalità che stava perseguendo. Molto probabilmente è stato solo più tardi, vale a dire, dopo lo sviluppo dell’intelligenza, che si è capito e riconosciuto che questa modalità di espressione sessuale è la più appropriata allo scopo, la più efficace. Tuttavia, è impossibile affermarlo con certezza e fornirne la prova. Perché si tratta di dare una spiegazione dell’istinto sessuale, come di diversi istinti (ad esempio, l’istinto viaggiatore di alcuni uccelli).

A questo proposito ci si è impegnati in speculazioni filosofiche; si sono date anche molte definizioni della parola “istinto”, ma finora non si è risolta in modo positivo la questione se gli istinti debbano essere spiegati con il fatto che, dal principio l’individuo sarebbe stato a conoscenza dello scopo che questi atti chiamati “istintivi” gli facevano raggiungere. Dal momento che non ci sono prove a favore dell’opinione che affermerebbe che, dalla sua origine, la fecondazione, mentre essa non poteva che essere un processo fisiologico che portava a volte a questo risultato, sarebbe stata lo scopo previsto dello scaricamento degli organi sessuali (che è solo il mezzo per raggiungere l’obiettivo), non è corretto parlare di atti contro natura, quando un matrimonio o una convivenza rimangono senza figli. Ne consegue che, se l’argomento “natura o contro natura” viene quindi annullato, è perfettamente indifferente dal punto di vista della morale, che qualcuno si scarichi su un individuo dello stesso sesso o su un individuo del sesso opposto. Inoltre, lo scarico può anche avvenire in modo diverso dal rapporto sessuale. Voglio solo ricordarvi la masturbazione, le eiaculazioni notturne in uno stato di sogno, il rapporto extra-vaginale, e soprattutto i casi citati dal Dr. MOLL nel suo De Libido Sexualis. In questi casi di eterosessuali ben definiti, in cui non si tratta di perversione, la propensione a realizzare il coito in un modo qualsiasi manca totalmente ed è sempre mancata. Basta a questi uomini guardare il corpo della donna o abbracciarla e si verifica l’eiaculazione. Benché il grado di soddisfazione provata dopo qualche atto non possa mai essere un argomento scientifico, voglio prevenire in anticipo l’affermazione che tali scarichi non potrebbero mai dare la solita soddisfazione constatando che i fatti la contraddicono, e qualsiasi modalità di scarico dà la stessa soddisfazione. Da qui si deduce che la soddisfazione sentita dall’uranista dopo il suo scarico è identica a quella sentita da una persona che esercita il coito in modo diverso rispetto al solito. L’idea che il rapporto sessuale tra due persone di sesso diverso (nella nostra società, il matrimonio) avviene a scopo riproduttivo, o meglio, sarebbe il risultato di un impulso istintivo tendente alla fecondazione, ha poco valore. Come abbiamo visto, l’impulso che tende a fecondare non è primordiale, ma solo un mezzo per raggiungere l’obiettivo di mantenere e perpetuare la specie. Non è impossibile che in tempi antichi esso fosse istintivo nell’uomo. Ma è assolutamente certo che ora non lo è più. Noi vogliamo citare, come elementi di prova, il caso in cui il coito è effettuato anche se la donna è in stato di gravidanza, il caso in cui una delle due persone sappia che l’altra è sterile e il caso in cui il coito ha luogo quando la donna ha già superato il climaterio. Inoltre, nella nostra società, la vita sessuale, l’espressione sessuale con l’intenzione di riprodursi è diventata un atto deliberato. Ha completamente perso il carattere speciale degli istinti, poiché può essere un atto di volontà e contiene, in ogni caso, l’intervento del pensiero e della riflessione sulla conservazione della specie. Questo intervento del pensiero e della riflessione non è forse dimostrato dall’aumento progressivo del numero dei matrimoni che sono volontariamente sterili, vale a dire, dal progresso del neo-malthusianesimo?

Se consideriamo il coito di per sé, senza partire dall’idea che esso non debba essere permesso se non al fine di mettere al mondo figli; se per giudicarlo, non assumiamo pregiudizialmente il punto di vista di una certa morale sessuale, acquisiamo la convinzione che l’uranista debba essere giustificato e trattato sullo stesso piano dell’eterosessuale. La causa dell’attrazione provava per un’altra persona, sia da un uranista che da un eterosessuale, non si trova nell’analogia o nella differenza degli organi sessuali, ma in alcune disposizioni di cui nessuna delle due parti sembra essere in grado di dare una spiegazione soddisfacente. È sia la somiglianza che la diversità, o entrambe le cose insieme (Raffalovich). Che l’unione sia omosessuale o eterosessuale, uno dei due è sempre l’elemento predominante. Mentre la dissomiglianza sessuale, vale a dire, la differenza di caratteri sessuali, primari o secondari, è l’unica forza di attrazione che porta ad una unione di due persone di sviluppo intellettuale inferiore o di persone poco suscettibili ai sentimenti, si può osservare tutti i giorni che nelle unioni delle persone più civilizzate, è piuttosto la somiglianza intellettuale o emotiva che ha determinato la preferenza. La dissomiglianza sessuale è servita a qualcosa, ma non tanto quanto la somiglianza intellettuale. E vediamo che l’influenza di quest’ultima è generalmente dovuta allo sviluppo intellettuale o ai sentimenti di un coniuge.

Attualmente un uomo che vuole sposarsi desidera, generalmente almeno, che la donna gli sia quanto più simile possibile per quanto riguarda le idee, i sentimenti e il dovere. E più lei gli è intellettualmente simile, tanto più lui si sentirà attratto da lei. Per contro, quanto più la donna è intellettualmente dissimile da lui, più lui si sentirà lontano da lei. È vero che potremmo citare casi in contrario, ma questi casi citati confermano la regola, che è questa: che in ogni unione di eterosessuali di livello superiore, la somiglianza di intelligenza e sentimenti è l’elemento più importante, non solo la causa che la fa nascere, ma soprattutto la forza che la fa durare. E necessario che, accanto a questa somiglianza esista anche dissomiglianza (le caratteristiche sessuali), che, anch’essa aiuta a portare avanti l’unione. Ma un rapporto più immateriale, un rapporto ideale è possibile solo quando la somiglianza è quasi completa. In ogni unione di intelletti superiori, il lato materiale di questa unione è relegato su un piano secondario, il rapporto spirituale è il principale, quasi l’unico che dura e che può durare.

Ora può accadere che l’amore per la somiglianza sia così grande che un individuo si senta attratto solo da un individuo sui generis [del suo genere], perché per quanto simile possa essere una persona del sesso opposto, questa somiglianza è necessariamente incompleta in quanto la persona amata avrà sempre le qualità inerenti al suo proprio sesso e queste qualità necessariamente esercitano la loro influenza sulla sua intelligenza e sui suoi sentimenti. Ora, l’unica differenza tra un eterosessuale e un omosessuale consiste in questo: nel primo, l’attrazione non nasce unicamente dalla somiglianza intellettuale, ma anche dalla diversità corporale, mentre per quanto riguarda l’omosessuale, l’unica causa del suo attaccamento è il suo gusto esclusivo per la similarità, corporale così come spirituale.

Supponiamo ora che una scarica si verifichi in questi due casi diversi di accoppiamento. È chiaro che l’unione omosessuale non potrà mai ottenere un risultato dalla sua manifestazione sessuale che da ogni punto di vista sia pari a quello dell’unione eterosessuale. Perché quest’ultima può portare alla nascita di un bambino. (Mi si concederà comunque che questo risultato potrebbe non esserci. Un eterosessuale molto superiore potrebbe certamente, sotto l’influenza dei suoi sentimenti altruistici, provare per il bambino stesso un tale amore da desiderare di non averne.)

La differenza tra i risultati di questi due tipi di unione è solo la conseguenza delle differenze anatomiche e non, per quanto riguarda l’unione eterosessuale, e non dell’istinto di fecondazione. Nessuno potrà mai affermare che nell’unione eterosessuale, la nascita del bambino sia sempre il risultato di un precedente desiderio, meditato o meno, di avere figli da una determinata persona, né che essa sia sempre la conseguenza di un desiderio di avere figli, intimamente legato all’amore per quella persona determinata, o che sia la conseguenza di un desiderio di fecondazione senza il quale il sentimento d’amore che precede l’unione sarebbe impossibile. Anche questa nascita non è forse sempre la causa, ma è sempre il risultato della scarica, perché il pensiero del bambino che nascerà forse dall’unione o, per meglio dire, il pensiero della fecondazione di quella donna speciale o della fecondazione di questa donna da parte di un uomo speciale, non ha preceduto se non molto raramente il desiderio di abbracciarsi. Solo più tardi, quando, dopo il matrimonio, la tensione degli organi ha raggiunto il suo più alto grado e quando si è verificato lo scarico, il pensiero del bambino che ne può nascere si risveglia in uno dei coniugi o in entrambi.

Di solito un uomo e una donna non si innamorano uno dell’altra a causa del loro desiderio di dare la vita ad un bambino. È vero che un bambino nasce come conseguenza di un amore reciproco, ma solo perché la Detumescenztrieb e Contrectationstrieb si aggiungono al fattore psicologico. Se lo scopo naturale prefissato dell’unione sessuale di due persone fosse la fecondazione; se un coito non potesse avere luogo senza che ne seguisse la fecondazione e se l’impulso a fecondare fosse un istinto primordiale, allora l’omosessuale sarebbe diverso dall’eterosessuale rispetto alla vita sessuale. Ma ora che la correttezza di questo punto di partenza non è dimostrata, sono uguali sotto questo profilo. Perché tutti e due cedono alla Determescenztrieb e alla Contrectationstrieb riunite e né l’uno né l’altro pensano ad un futuro bambino durante l’atto. Nella maggior parte dei casi non ci pensano nemmeno dopo. Solo l’eterosessuale si accorge qualche tempo dopo l’atto che questo atto ha o avrà un seguito. Con pochissime eccezioni, non c’è mai stato un coito eterosessuale allo scopo speciale di fare un figlio. Per esprimere un giudizio sulla vita sessuale di una persona, non dobbiamo tener conto se non della sua frequenza e della sua causa, mai della sua natura. Che essa sia eterosessuale o omosessuale, la manifestazione deve essere giudicata, in entrambi i casi, nello stesso modo e sulla base degli stessi parametri. Come ho detto prima, l’eterosessuale non sarà mai giudicato solo dalla sua vita sessuale. Ci si baserà su considerazioni diverse da quelle relative alla vita sessuale per formarsi un’opinione su di lui. Di solito non se ne parla ma si faranno valere le sue qualità e i suoi difetti. Tuttavia, per quanto riguarda questi, l’uranista è perfettamente uguale all’eterosessuale. Entrambi possono essere buoni o cattivi, persone posate o libertini, sensuali o casti; in breve, non c’è nessuna qualità morale di cui uno di loro abbia il monopolio, nemmeno la pederastia e l’effeminatezza, erroneamente attribuite principalmente agli uranisti. Incontriamo la pederastia altrettanto bene nell’uranista come nell’eterosessuale. La pederastia in realtà è un sintomo di depravazione o disturbo mentale.

Né l’uranista normale né l’eterosessuale normale si danno alla pederastia o manifestano il loro desiderio sessuale in questo modo. Solo l’uranista depravato è o può essere pederasta, esattamente come l’eterosessuale depravato può essere infatuato da questo vizio. È un errore credere che qualcuno sia necessariamente pederasta perché è uranista; in altre parole, è un errore credere che l’uranismo sia inevitabilmente accompagnato dalla pederastia. Per quanto riguarda l’effeminatezza è lo stesso: l’uranista normale non mostra un’inclinazione all’effeminatezza più dell’eterosessuale normale. L’effeminatezza è un’aberrazione che non appartiene esclusivamente all’uranista. La si incontra anche nell’eterosessuale. Del resto, tutte le aberrazioni sessuali dell’uranista si trovano tra gli eterosessuali. La seduzione e l’abuso di ragazze minorenni da parte di eterosessuali corrisponde esattamente alla seduzione e depravazione di ragazzi (Knabenliebe: l’amore di un uomo per gli impuberi) da parte dell’uranista.

Nell’uranista superiore come nell’eterosessuale superiore, questa dipendenza morbosa si riscontra molto raramente. L’ideale dell’uranista superiore è raggiungere una somiglianza che non si incontra mai in una relazione eterosessuale, poiché è impossibile trasformare la donna in modo che diventi simile all’uomo. Non abbiamo il diritto di chiamare un uranista superiore impudico o immorale, per il fatto che la sua manifestazione sessuale non può creare un bambino. La manifestazione sessuale in sé non è sinonimo di impudicizia. L’idea che l’uranismo sia sempre legato alla sensualità, ragione sufficiente per considerare l’uranista inferiore all’eterosessuale, è sbagliata, preconcetta e infondata.

Se giudicheremo onestamente e imparzialmente in base a tutte le manifestazioni intellettuali, emotive e sessuali, non solo dalle manifestazioni sessuali, saremo costretti a riconoscere che ci sono omosessuali, così come ci sono eterosessuali, degni del nostro rispetto e della nostra stima. Ci renderemo conto che ci sono eterosessuali sensuali e depravati esattamente come ci sono omosessuali sensuali e depravati; che come ci sono nevrotici eterosessuali, afflitti da aberrazioni della vita sessuale, possiamo vedere tali aberrazioni anche negli uranisti malati o neuropatici. E saremo costretti ad ammettere che né l’inclinazione uranista né la sua manifestazione sessuale sono prove di depravazione o di malattia. L’una cosa e l’altra dimostrano soltanto che l’uranismo è semplicemente una varietà.

Gli esempi a sostegno di questa tesi non mancano. Non si potrà dire né di MICHELANGELO, né di FEDERICO IL GRANDE, né di WALT WHITMAN, né del gran CONDÉ, né di MOLIÈRE né del principe EUGENIO, né del conte VON PLATEN, né di WINCKELMAN né di GRILLPARZER, che fossero nevrotici, depravati o effeminati. Per quanto riguarda la sessualità, l’umanità è stata divisa, fino ai nostri giorni, in due campi rigorosamente distinti: omosessuali e eterosessuali. RAFFALOVICH fu il primo a dimostrare che una separazione così rigida non è sostenibile. Egli ci ha dimostrato che in ciascun individuo si ritrovano entrambe le sessualità, a volte in proporzioni uguali, a volte ineguali. Una di queste due sessualità può anche presentarsi con un carattere così poco pronunciato da essere quasi impercettibile. Dobbiamo fare un’eccezione solo per le persone che si trovano alle due estremità della linea che congiunge i due estremi, cioè, per quelli che sono puramente eterosessuali e per quelli che sono puramente omosessuali. Tra questi due estremi c’è spazio per tutte le varietà.

Ora, il fatto che (sia inconsciamente in gioventù, o successivamente, in modo consapevole dopo che è passato il periodo di indifferenza sessuale) quasi tutte le persone si collocano tra le due estremità della linea che collega gli eterosessuali agli omosessuali, e il fatto che queste persone possono provare, provano o hanno provato attrazione per le persone del loro stesso sesso accanto all’attrazione per le persone dell’altro, dimostra chiaramente che non esiste alcuna differenza essenziale tra le due esperienze, ma solo una graduale differenza tra le due specie (eterosessuali e omosessuali). Come dice RAFFALOVICH: “non c’è una linea di demarcazione tra omosessuali ed eterosessuali.” Tanto poco l’eterosessuale si sente infelice a causa delle sue inclinazioni eterosessuali, quanto poco l’omosessuale è reso infelice dal suo uranismo.

La letteratura sugli uranisti e le loro autobiografie ci fanno vedere che gli uranisti superiori non si sono mai sentiti infelici per il solo fatto di avere tendenze omosessuali. Sono solo il giudizio umano e l’opinione pubblica che rendono l’uranista infelice, che gli fanno sopportare la vita come un fardello, che lo cacciano dalla società e creano in lui la sensazione di essere un reietto. È già una follia chiedere ad un uranista la castità a qualsiasi prezzo, cosa che non si chiede invece all’eterosessuale, e che metterebbe quest’ultimo nel ridicolo. D’altra parte, l’opinione corrente su ciò che è pudico o no è così arbitraria nella sua origine e nella sua applicazione che ci si dovrebbe stupire che sia servita per così tanto tempo a condannare tante persone.

Consideriamo per il momento solo gli eterosessuali. Mi si concederà che si fa dipendere il giudizio sulla natura delle loro manifestazioni sessuali, delle istituzioni sociali, da ordinanze e convenzioni tutte diverse tra loro a seconda del tempo, dell’ambiente sociale e dei costumi del paese. La manifestazione sessuale in quanto tale non è impudica; la vita sessuale non è un motivo di condanna. Solo la causa e la conseguenza di questa vita sessuale possono motivare un giudizio sul pudore dell’individuo. Ciò che rende questo giudizio favorevole o sfavorevole non è il fatto che qualcuno ha ceduto a una tendenza eterosessuale matrimoniale o extramatrimoniale, ma il motivo che lo ha portato a cedere ad essa; non la questione se diamo o no la vita a dei bambini, ma le circostanze in cui questi bambini, una volta nati, dovranno vivere; in altre parole: la questione se l’unione renderà o meno infelice uno dei coniugi. Possiamo applicare tutto questo ragionamento alle manifestazione sessuali degli uranisti. Come abbiamo potuto vedere, la loro unione, la loro coabitazione può essere di origine diversa. Essa può venire da una concezione molto elevata come da una molto vile dell’accoppiamento. Anche in questo caso, il fatto che da questa relazione uranista sia esclusa la nascita di un bambino non può mai essere la base per una condanna. Un confronto tra le unioni sterili perché uraniste e quelle che lo sono benché eterosessuali, non farà pendere la bilancia dal lato degli eterosessuali.

E per quanto riguarda la depravazione che accompagna così spesso l’uranismo, essa non può ragionevolmente essere il motivo per considerare l’uranista inferiore all’eterosessuale. Tutti coloro che approfondiscono un po’ la questione della prostituzione e quella della vita sessuale degli eterosessuali acquisiscono la convinzione che l’influenza corruttrice esercitata sulla società dagli eterosessuali è più forte di quella esercitata dagli omosessuali. Perché l’omosessuale che seduce – supponiamo che la parola “sedurre”, che viene utilizzata generalmente sia in questo caso la parola adatta – un eterosessuale o un omosessuale, non colpisce che una sola persona. Un eterosessuale che seduce e rende madre una donna è da biasimare molto di più, in considerazione delle nostre istituzioni sociali: la sua azione non solo mette in difficoltà moralmente la donna, ma anche il bambino che lei partorirà.

Come ha ben detto Raffalovich “Tra omosessuale infame e eterosessuale immorale, sembra che ci sia una grande distanza, ma si toccano molto da vicino!” Dal momento in cui si discuterà più apertamente di quanto non sia stato fatto finora la questione dell’uranismo; dal momento in cui si capirà che esso sgorga, così come l’eterosessualità, dalla stessa sorgente: la sessualità, dal momento in cui si riconoscerà che l’uranismo ha il diritto di esistere tanto quanto l’eterosessualità, dal momento che è, come quella, una manifestazione sessuale – da quel momento gli uranisti potranno essere utili alla società come gli eterosessuali superiori o ordinari, non depravati e morali. Perché un rapporto ideale come PLATONE lo voleva, come WALT WHITMAN lo ha descritto, come GUSTAV VON PLATEN lo sentiva, non può che essere utile alla società, non può che esercitare una benefica influenza su tutti coloro che frequentano degli uomini di così alta intelligenza.

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Il Sig. GROCQ risponde al Sig. Aletrino: Lo scopo della relazione del Sig. Aletrino è senza dubbio di riabilitare l’omosessuale e di difendere l’uranista contro l’opinione pubblica. Il relatore inizia sviluppando l’idea, già difesa da Baffalovich, che l’uranista sia pienamente uguale all’eterosessuale, che ci sono degli uranisti normali, che tra loro ce ne sono alcuni casti, alcuni temperanti, alcuni viziosi e alcuni dissoluti, come ci sono eterosessuali casti, temperanti, viziosi e dissoluti. Gli argomenti di “natura e contro natura” non hanno alcun valore per Aletrino: “È irrilevante, ha detto, dal punto di vista della morale, che qualcuno si scarichi su un individuo dello stesso sesso o su un individuo di sesso opposto.” “L’influenza corruttrice sulla società esercitata dagli eterosessuali è più forte di quella esercitata dagli omosessuali. Perché l’omosessuale che seduce – supponiamo che il termine “sedurre”, che viene usato in genere, sia la parola adatta – un eterosessuale o un omosessuale, colpisce una sola persona. Un eterosessuale che seduce una donna e la fa la madre è molto più da biasimare, in considerazione delle nostre istituzioni sociali: l’atto non solo mette in difficoltà la donna dal punto di vista morale, ma anche il bambino che partorirà.” Su questa base, il relatore arriva a dichiarare che gli uranisti sono utili per la società e che hanno il diritto di esistere tanto quanto gli eterosessuali.

Leggendo questa relazione, del resto abilmente presentata, ci si chiede perché l’autore non si spinga alle deduzioni finali e perché non concluda che l’uranista è superiore all’eterosessuale, e che ci sarebbe modo in futuro di incoraggiare l’inversione sessuale attraverso misure legali. Se questa conclusione non è espressa nella relazione, essa ci si trova comunque in modo virtuale, perché dato che gli uranisti possono essere utili alla società, che le loro pratiche sono di minore portata rispetto a quelle degli eterosessuali, necessariamente è opportuno proteggerli e promuovere il loro sviluppo.

Ammetto che ero stupito leggendo il lavoro del Sig. Aletrino; ma ne ero anche spaventato perché mi chiedevo dove si potrebbe arrivare se uomini notevoli come il nostro collega prendono le difese degli invertiti sessuali; ho provato a immaginare le conseguenze disastrose per la moralità pubblica che la diffusione di queste idee potrebbe avere. Sappiamo tutti come, nella scienza, sulla base di dati discutibili, si possa arrivare a provare le cose più assurde e più contrarie alla sana ragione; partendo da false premesse, un uomo erudito e di talento può arrivare, se lo vuole, a fare ammettere da parte del suo uditorio le idee più inammissibili. Lui stesso, a volte, si lascerà trasportare dall’apparenza dei suoi discorsi e arriverà a farsi una convinzione assolutamente falsa. Penso che se il signor Aletrino è arrivato a sviluppare per noi le idee contenute nella sua relazione, questo è accaduto perché si è fatto penetrare dal lavoro, molto discutibile, di Raffalovich, e si è inavvertitamente fatto suggestionare da questo lavoro e, seguendo la sua idea fissa ed essendo in un vero stato di mono-ideazione, ha accumulato i documenti più diversi per arrivare a concretizzare il pensiero del suo suggestionatore.

E se, in questa assemblea, non ci alziamo tutti in massa per combattere le teorie del relatore è per il fatto che molti di noi sono stati sedotti dalle sue deduzioni molto ardite e, anche se ritengono che le sue conclusioni siano assolutamente contrarie alla ragione e alla morale, esitano a parlare contro affermazioni che sembrano supportate da fatti ben osservati. Fortunatamente questi fatti sono tutt’altro che irrefutabili.

Nego categoricamente che ci possa essere un uranista normale. L’uranista è sempre anormale; sia casto, temperante, vizioso o dissoluto, l’omosessuale è sempre un degenerato. Ma prima di andare avanti, è necessario definire cosa si debba intendere per uranista, ed è questo, forse, il punto di partenza delle discussioni in corso. Il Sig. Aletrino dipinge così l’uranista: l’uomo in cui è presente questa particolarità che il suo stesso sesso è più attraente per lui del sesso opposto. Questa è una definizione molto elastica. Abbiamo tutti sentito nella nostra vita una simpatia più o meno grande, un’attrazione cerebrale più o meno marcata per alcuni uomini. Molti di noi si trovano più a loro agio in compagnia di uomini che in compagnia di donne, e per motivi facili da capire. Siamo per questo uranisti? Assolutamente no, tra l’attrazione omosessuale dell’uomo normale e l’attrazione omosessuale dell’uranista c’è la stessa differenza che c’è tra la condivisione delle idee, l’amicizia, anche l’affetto, e il desiderio, la differenza che c’è tra l’amore fraterno e l’amore coniugale. Potremmo chiamare il primo amore cerebrale e il secondo amore sessuale. Questa differenza è ben nota a tutti noi, tutti l’abbiamo sperimentata; e ci è anche successo qualche volta di sentire l’amore sessuale trasformarsi in amore cerebrale e di costatare che una donna che una volta ci ispirava attrazione e desiderio, dopo un po’ di tempo, ci suscitava solo un’attrazione motivata da un affetto profondo, senza desiderio.

Uno dei miei colleghi, parlando con me su questo problema, una quindicina di anni fa, mi diceva: “C’è l’amore del di sopra e l’amore del di sotto.” Questa definizione, anche se un po’ triviale, ciò non di meno è spesso esatta. L’uranismo ovviamente non può essere confuso con quello che abbiamo chiamato amore cerebrale; l’uranista è uno che prova un’attrazione sessuale, un amore sessuale per una persona del suo sesso. L’uranismo non esiste senza desiderio carnale, ma è complicato frequentemente dall’amore cerebrale, l’amore cerebrale è anche molto spesso il punto di partenza dell’uranismo. Ma l’uranismo nasce solo il giorno in cui compare il desiderio sessuale. Possono essere casti, temperanti o depravati, ma gli uranisti sentono dei desideri carnali che possono portare anche solo al toccarsi o al baciarsi, ma possono anche dare luogo a pratiche più immorali.

Nel libro di Raffalovich si trovano descrizioni molto suggestive di queste diverse forme. Ora che abbiamo definito bene l’uranismo e che abbiamo evidenziato la sua natura sessuale, non esitiamo a ripetere che tutti gli uranisti sono anormali. Per distruggere questa affermazione, non basta avanzare argomenti teorici e impegnarsi in un ragionamento più o meno seducente. Bisogna fornire prove, raccogliere con pazienza gli antecedenti ereditari e personali e sottoporre queste informazioni a critiche rigorose. Certo non troveremo sempre una chiara tara ereditaria, ma cercando con attenzione, arriveremo comunque sempre a convincerci dell’anomalia degli uranisti. Sono spesso mistici, pudichi all’eccesso, in presenza di persone del loro sesso, bugiardi, vanitosi; spesso le loro funzioni genitali sono anormali, l’orgasmo è causato dal contatto, dalla vista, anche dall’odore di quelli che amano; quasi sempre, sono emotivi all’eccesso, bizzarri, originali; in breve, un attento esame della loro evoluzione personale denota l’anomalia psichica.

Non possiamo necessariamente riportare qui le osservazioni per dimostrare che essi appartengono alla categoria degli anormali, ci limiteremo a dire che tutti quelli che noi abbiamo osservato ne facevano parte. Questa opinione, del resto, è condivisa dagli osservatori più autorevoli. Tuttavia, il relatore non tiene conto di questi fatti e preferisce basarsi sul suo ragionamento per dimostrare il contrario. Se avesse esaminato molti uranisti invece di farsi portare dalla sua immaginazione, noi crediamo che sarebbe giunto a conclusioni molto diverse. Tuttavia, anche se abbiamo il diritto di pretendere una serie di osservazioni che dimostrano che gli uranisti sono normali, ci accingiamo a passare rapidamente in rassegna gli argomenti effettivamente addotti per dimostrare la normalità dell’omosessualità.

Il relatore ritiene che una morale sessuale prefissata comporti la falsa affermazione che ogni individuo nasce con una particolare predilezione per l’altro sesso. Per dimostrare la falsità di questa affermazione, si riferisce a un presunto periodo di indifferenza sessuale nell’individuo normale che è arrivato ad un’età tra i dodici e i quindici anni. Secondo lui, a questa età, il giovane non sarebbe attratto né dall’uno né dall’altro sesso; noi attraverseremmo tutti, dunque, un periodo di semi-omosessualità.

C’è in questo argomento, come in tutti quelli invocati dal Sig. Aletrino, qualche verità. È ovvio che il bambino, in cui i desideri sessuali sono pari a zero, non ha preferenza per un determinato sesso; ma arrivato alla pubertà, quando i sensi si risvegliano, si sente innegabilmente attratto dal sesso opposto. Questa è la regola generale che, purtroppo, è osteggiata da molte circostanze ambientali. L’individuo provando già quella che Moll chiama Detumescenztrieb, cioè il desiderio di scaricarsi causato dallo stato di tensione degli organi, e non trovando la possibilità di eseguire l’atto in quantità fisiologica, si dà, da se stesso o su consiglio dei suoi compagni, alla masturbazione; quindi, se è in contatto con giovani viziosi e sempre perché non può avere rapporti sessuali eterosessuali, si impegna in manovre omosessuali. Ma non è per il suo gusto che sceglie individui dello stesso sesso, è solo per necessità; se avesse avuto a sua disposizione una donna, non avrebbe esitato un attimo ad abbandonare le sue pratiche contro natura. E così, ogni volta che ne avrà la possibilità, abbandonerà le sue abitudini viziose e adotterà definitivamente gli approcci eterosessuali.

Ci saranno certamente, tra i giovani, dei soggetti continueranno a preferire i rapporti omosessuali, ma essi saranno anormali. Un altro argomento sostenuto dal relatore è che gli eterosessuali stringono delle relazioni omosessuali quando manca loro l’occasione di manifestazioni eterosessuali, per esempio durante i lunghi viaggi in mare, nelle carceri o nelle colonie penali. Qui ci troviamo nuovamente nelle condizioni indicate sopra; l’impossibilità di soddisfare la Detumescenztrieb in condizioni normali spinge l’individuo a ricorrere a pratiche contro natura. Ma, appena il giovane di cui parlavamo in precedenza avrà la possibilità di essere in contatto con persone dell’altro sesso, il marinaio, il prigioniero, etc., abbandonerà subito le sue abitudini viziose per fare ricorso agli approcci naturali; anche in questo caso, ci saranno degli individui che continueranno a preferire dei rapporti omosessuali; ma ancora una volta quelli saranno degli anormali.

Per difendere l’uranismo si è anche citato il fatto che l’omosessualità esiste tra gli animali; questo fatto, lungi dal confermare la normalità dell’omosessualità, è a sostegno di ciò che abbiamo appena detto, dato che concerne le tendenze particolari degli individui della medesima razza isolati da ogni contatto con il sesso opposto. Negli animali, infatti, le pratiche contro natura sorgono quando sono isolati, quando sono nell’assoluta impossibilità di soddisfare la Detumescenztrieb. H. Sainte-Claire Deville(3) ha sottolineato questo fatto e ha dimostrato, tra l’altro, che degli arieti separati dalle pecore si danno a queste pratiche contro natura e che questi animali tornano alle loro normali abitudini quando ritornano alla vita comune. Huber(4) ha osservato lo stesso fatto nelle formiche maschio che, in mancanza di femmine, violano le operaie.

Analogamente gli accoppiamenti di animali di razze diverse si possono ottenere solo a costo di un isolamento prolungato. Come ha fatto notare Féré, la masturbazione esiste in molti animali (scimmie, pecore, cani, cavalli, cammelli, elefanti), ma qui, ancora una volta, le pratiche anormali sono determinate da condizioni particolari, come l’assenza di un animale di sesso diverso o la perdita dei caratteri sessuali in un animale vecchio o mutilato: “L’anomalia sessuale, dice Féré(5) scompare quando vengono ripristinate le condizioni normali. In realtà l’esistenza dell’inversione sessuale come la intendiamo nell’uomo, l’amore omosessuale congenito non è affatto dimostrato negli animali.” L’omosessualità è quindi, negli animali e nell’uomo, un’anomalia, una tendenza contro natura.

E aggiungo anche che se esistesse come depravazione negli animali, non sarebbe questo un motivo per cui l’uomo, colto e moralizzato, dovrebbe dedicarcisi. Per il fatto che gli animali, privi di qualsiasi morale, si danno alle loro passioni e soddisfano i loro bisogni in pubblico, possiamo noi ritenerci autorizzati a considerare questi atti come naturali per noi?

Per dimostrare che l’omosessualità non è un’anomalia e che gli uranisti possono non essere degenerati, il relatore cita un fatto, al quale egli attribuisce grande importanza, e cioè che alcuni uomini eminenti, e anche alcuni geni, hanno avuto tendenze omosessuali. Ecco un argomento che apparirà molto debole a tutti coloro che si sono occupati di degenerazione, perché tutti sanno quanto il genio confini con la degenerazione e quanti uomini straordinari hanno mostrato segni, ereditari e personali, di degenerazione inequivocabile. Dal fatto che Napoleone aveva l’epilessia, per esempio, possiamo forse concludere che l’epilessia non è una condizione patologica, o un segno di degenerazione? Cosa è rimasto degli argomenti addotti dal Signor Aletrino per dimostrare che l’omosessualità è normale e che l’espressione “contro natura” è priva di senso? Assolutamente nulla, se non delle frasi abilmente rigirate, seducenti per la loro logica apparente, che potrebbero suscitare un dubbio nella mente del volgo, ma non susciteranno alcun dubbio in questa dotta assemblea. L’omosessualità è chiaramente un’anomalia, un fatto contro natura, che offende i nostri sentimenti più nobili, che è in contrasto con le nostre aspirazioni innate, con la moralità più elementare e che deve essere oggetto della nostra disapprovazione e anche del nostro disgusto.

Il Dott. Etienne MARTIN protesta contro le ultime parole che il Dott. Grocq ha appena pronunciato. Non è ammissibile che dei medici considerino l’omosessualità un oggetto di repulsione e di disgusto. L’individuo nasce con la sua inclinazione omosessuale e, fin dall’infanzia, un’osservazione attenta permette di rendersi conto delle tendenze istintive che presenterà più tardi.

Negli archivi di antropologia criminale, abbiamo fatto una vasta indagine sull’uranista, indagine che ha portato alla pubblicazione del libro di Raffalovich di cui tanto si è parlato. Abbiamo avuto confessioni in gran numero, ricevute da giornalisti e da medici. Abbiamo potuto convincerci del numero abbastanza grande di questi anormali. Essi sono alla ricerca di consigli, di sostegno da parte del medico, in cui hanno riposto la loro fiducia, quando al momento della pubertà si esprime la crisi sessuale. Sono sorpresi di non avere gli stessi gusti di quelli che li circondano e vengono a chiederci il motivo di questa anomalia. Ne deriva, in alcuni di loro, ansia, malinconia, poi essi superano il loro disagio mentale e danno libero sfogo ai loro istinti o li tengono a freno.

Un uranista casto non è un pericolo sociale. Diventa un pericolo per la società solo quando è pervertito e cerca di pervertire quelli che lo circondano. Dobbiamo insistere molto su questa distinzione, che non è ancora chiara in tutte le menti: un invertito non è un pervertito. L’invertito omosessuale non deve essere oggetto di riprovazione sociale che quando diventa pervertito. È impossibile imputare a lui il difetto innato da cui è colpito e di cui soffre spesso fino al punto di attirare su di sé l’interesse e la benevolenza di coloro che sono i suoi confidenti.

RAFFALOVICH ha evidenziato un punto sul quale vorrei richiamare l’attenzione. Uno dei migliori capitoli del suo libro si occupa dell’educazione degli invertiti. Da parte mia, conosco le notevoli difficoltà che può avere un invertito che abbia raggiunto la virilità, nel modificare l’energia della sua inclinazione istintiva, ma mi sembra che diagnosticando l’omosessualità fin dall’infanzia, si possa arrivare a modificare, in una certa misura, le tendenze del bambino e a sviluppare in lui dei gusti eterosessuali.

Enrico Ferri fa un parallelo tra l’invertito e il criminale nato. Vengono al mondo sia l’uno che l’altro con delle disposizioni anatomiche che determineranno in modo definitivo la loro condotta nella società. Egli crede poco nell’influenza modificatrice dell’educazione sugli invertiti.

Il Sig. professore BENEDIKT: Recentemente ho pubblicato le mie idee sull’uranismo e sulle sue relazioni con la criminologia e ho insistito perché questa perversità sessuale sia perseguita energicamente. Eppure la differenza tra le mie idee e quelle presentate dal Dott. Aletrino nella sua relazione al Congresso, almeno in teoria, non è così grande come sembra in un primo momento.

Prima di tutto, condivido la sua opinione che l’uranismo congenito non è un fenomeno patologico che si possa annoverare tra i fenomeni di degenerazione. L’uranismo è un altro modo di essere, un fenomeno di atipia, un’“agénération”, nel senso che ho dato a questa parola. Almeno in teoria, non possiamo negare che un uranista può essere in tutte le sue altre qualità un uomo normale e anche un uomo al di sopra di mediocrità intellettuale, un uomo morale e pieno di attività (Juristische Briefe V: Sexuelle Perversitaat und Strafrecht. Allgem. Oesterr. Gerichtszeitung, 1901, n. 28). Dobbiamo avere di lui la massima compassione, perché egli è condannato dalla crudeltà della natura a vivere in una società che ha delle condizioni ben diverse dalla sua per il godimento della vita. Ma in ogni caso, è un individuo “mperfetto” perché potersi moltiplicare è una qualità innata in ogni creatura vivente perfetta e anche in ciascun elemento degli esseri viventi – le cellule -.

È vero che noi non abbiamo nessun diritto di rifiutare ad un uranista la stima che merita per i suoi meriti intellettuali, estetici e morali, fino a quando egli non pecca contro le nostre leggi sociali. Non avremmo neanche in questo caso la possibilità di esprimergli il nostro disprezzo, dato che la sofferenza dell’uranista astinente ci è sconosciuta, con l’eccezione forse di qualche esperto.

L’uranista astinente avrà nella sua condotta delle particolarità di comportamento sociale. Sarà misogino, non avrà la felicità degli uomini normali, si isolerà. Ma tutte queste caratteristiche si ritrovano anche nel debole sessuale, nell’onanista e in altri uomini, e la folla non indovinerà nulla e lo prenderà per un uomo eccessivamente serio.

L’esperto starà in silenzio, perché altrimenti, potrebbe essere condannato per calunnia, dato che non avrà le prove legali della sua affermazione. Il naturalista esperto dedurrà le sue convinzioni di altri segni. L’uranista vero, congenito, è in genere stigmatizzato; questo significa che ha dei segni di evoluzione corporea, che è diverso dagli altri uomini, egli mostra dei segni del suo diverso modo di essere.

Lo psicologo che conosce la vita e non l’uomo soltanto attraverso i libri e attraverso le sue idee speculative, sa a priori che la vita di un uranista è ben diversa da quella di un uomo normale, pari all’uranista in tutte le altre qualità, tranne la sessualità. Questo psicologo sa bene che la natura ha legato con innumerevoli catene tutta la vita fisica e cerebrale del singolo con la vita riproduttiva e potrà ogni tempo della vita trarre delle conclusioni, dalla totalità della vita, sulla vita sessuale di un individuo e vice versa. Il cambiamento radicale delle qualità sessuali di un uranista ha un’influenza attiva e passiva troppo profonda su tutta la sua condotta per poter sfuggire ad un esperto.

L’esperto non ha il diritto di esprimere il suo sospetto se non in casi molto rari, per esempio, se una famiglia forza uno di questi disgraziati a sposarsi e se lui non ha il coraggio di confessare la sua condizione.

Ora dobbiamo confutare i sofismi a favore dell’omosessualità, derivanti dalle simpatie omosessuali. Se un Pinturicchio è entusiasta di un giovane uomo di cui riconosce le grande superiorità e immortala questo entusiasmo per il giovane Raffaello in uno degli affreschi del duomo di Siena, non c’entra nulla l’omosessualità. La stessa relazione naturale può esistere ad esempio tra uno studente e il suo maestro, tra un soldato e il suo generale, tra un servitore e il suo padrone, che egli adora. Tali rapporti non devono essere identificati o giustificati con l’omosessualità. La simpatia fino al grado dell’amore tra uomini e uomini, tra donne e donne, tra uomini e donne, può avere e di fatto ha fonti diverse dall’istinto riproduttivo. Ci sono degli amori “platonici”, che non hanno solamente lo scopo di nascondere sotto frasi spiritualiste le schifezze di Socrate.

Ci sono altri sofismi in favore dell’uranismo derivanti dalla fisiologia per così dire fisica dell’amore sessuale. Non è il caso qui di entrare molto nei dettagli. Ma devo sviluppare alcune leggi biomeccaniche che bisogna conoscere per ragionare correttamente. La legge fondamentale costruttiva biologica dice: La natura raggiunge il suo fine con una spesa minima di energia e materia e con la materia più idonea.

Questo assioma sembra essere contraddetto dall’esperienza, dal momento che vediamo che si può vivere, se parte di un organo è distrutta. Ma questa opposizione all’assioma è illusoria. La costruzione sul principio apparente di abbondanza esiste perché gli esseri viventi sono creati per una certa durata di vita e per questo ogni organo funziona in ogni momento solo con una parte delle sue energie e del suo materiale.

Per nessuno scopo biomeccanico la natura è così abbondante come per la fecondazione. Essa dispensa eccitazioni materiali e occasioni in un grado esorbitante, e soprattutto nel genere homo. La natura ci incoraggia a sentire almeno momentaneamente, come un godimento quello che è, in realtà, una costrizione più volte crudele e triste. Ma lo scienziato logico non dovrebbe paragonare gli sforzi infruttuosi agli sforzi sterili a priori.

L’uranista comincia a preoccupare la società dal momento in cui cessa di essere astinente. La società potrebbe essere tollerante se l’uranista trovasse facilmente esseri ugualmente imperfetti come lui. Ma essa deve proteggere i suoi membri, che sono creati dalla natura come esseri perfetti, impedendo loro di essere guastati e anche rovinati.

Gli autori che dubitano del pericolo che deriva alla società dagli uranisti non conoscono la legge fondamentale della biomeccanica, che dice che ogni organizzazione e ogni organo, fino alla cellula, segue la legge della moltiplicazione a volte enorme, purché l’ambiente fornisca gli elementi chimici semplici per la crescita e la moltiplicazione. Questa legge val bene anche per la vita psicologica. Una volta che un uomo preistorico ha riconosciuto che una pietra a forma di cuneo è più adatta a rompere, l’idea e l’uso dell’ascia è entrato nel cervello di miliardi di persone. E da quello è derivata una guerra implacabile contro gli infelici che la natura ha condannato ad una sfortunata fatalità.

Signori, meditate bene e siate coraggiosi nell’arrivare alle conseguenze finali della fatalità riconosciuta. Non cercare di “salvare” gli imperfetti e i degenerati a spese della società e agite cum studio, sed sine odio. La mania di “salvare” di alcuni tra noi è il più grande ostacolo al successo della nostra scuola. Credo che il Congresso di Amsterdam avrebbe un grande successo se dalle sue discussioni derivasse il perseguimento penale dell’uranismo attivo. L’uranismo congenito è troppo raro per essere intrinsecamente pericoloso e, se fosse applicata la legge, l’uranismo non sarebbe più una cosa frequente. La legge deve colpire nello stesso modo gli uomini delle classi superiori, e gli uomini eminenti in altri sensi. Se dobbiamo trovare giusto che un giudice corruttibile come l’autore del Novum Organum sia punito, non dobbiamo giustificare uno sporcaccione uranista, fosse anche un grande filosofo.

In conclusione, credo opportuno precisare qui che è pericoloso e scorretto discutere, sotto forma di pubblicazioni accessibili a tutti, i problemi relativi alle perversioni sessuali. Queste pubblicazioni hanno contribuito all’immoralità sessuale più di tutte le seduzioni dei viziosi e delle viziose. Se un famoso autore ha scelto il motto: “Honni soit qui mal y pense” dichiaro qui ad alta voce: Penso male e non mi sento affatto svergognato.

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1  CONGRÈS INTERNATIONAL D’ANTHROPOLOGIE CRIMILEE – COMPTE RENDU – DES TRAVAUX DE LA CINQUIÈME SESSION tenue à Amstardam du 9 au 14 Septembre 1901 – Publié par les soins de M. le Professeur J. K. A. Wertheim Salomonson, Secrétaire général du Congrès. – Imprimerie de J. H. De Bussy – Amsterdam. Online in:

http://data.decalog.net/enap1/Liens/fonds/T7C48.pdf

2  Parlando qui di Uranisti, considero prima di tutto gli uomini che, come uomini, si sentono attratti da altri uomini, senza chiedermi se questi ultimi si sentono più, altrettanto o un po’ meno virili di quelli. Pertanto scarto tutti gli effeminati, sia gli effeminati propriamente detti come quelli che lo sono diventati per perversione, per l’influenza dell’esempio o per depravazione.

3 SAÏNTE-CLAIRE DEVILLE: L’internato nell’educazione, Rivista dei corsi scientifici, 1872, 2a ed. t. I, p. 219.

4 HUBER citato da FÉRÉ: L’istinto sessuale, l’evoluzione e dissoluzione. Paris, 1899, p. 75.

5 FÉRÉ: op. cit., p. 76.

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IL PROCESSO AD OSCAR WILDE 3

L’ultima fase di questo spiacevole affare si svolse dal 22 al 25 maggio. Alle ultime udienze, Wilde si mostrò molto abbattuto: Il suo coraggio e la sua arroganza dei primi tempi, il suo crollo rispetto al primo processo in corte d’assise avevano dato spazio a un atteggiamento serio e un po’ prostrato. A Londra si pensava che il suo stato in quel momento fosse pietoso e che lui fosse intellettualmente in calo. Alle udienze assistevano, separatamente, in marchese di Queensberry e suo figlio, che qualche giorno prima avevano avuto a Picadilly una rissa in cui erano volati colpi tra padre e figlio. Da questo si possono immaginare i buoni costumi di tutto questo mondo.

Questi nuovi dibattimenti, interessanti forse dal punto di vista giudiziario, non aggiunsero niente di nuovo sull’accusato. Si contestarono a Wilde le sue lettere a lord Alfred Douglas che cominciavano con queste parole “My own boy” [ragazzo mio] e la sua frase: “Le vostre labbra porporine sono fatte per la musica dei canti e per la follia del bacio.” Rispose paragonando la sua lettera a un sonetto di Shakespeare, deducendone che, in uno stile simile, si poteva, per indirizzarsi a un uomo giovane e distinto, di spirito largo e colto, impiegare delle espressioni letterarie pompose. Quanto alla sua amicizia con Taylor, si difese dicendo che considerava quest’ultimo come un gaio compagno, “la lode, da dovunque venisse, era sempre per lui, Wilde, cosa squisita e deliziosa” Infine Wilde, secondo il sistema che aveva costantemente seguito. Negò tutti i fatti immorali che gli venivano rimproverati e che i testimoni, invece, affermavano.

Dopo l’eloquente supplica di sir Edward Clarke, dopo la requisitoria molto bella di sir Franck Lockwood e il riassunto del giudice Wills, la giuria giudicò Wilde e Taylor “colpevoli”. Il giudice si pronunciò allora per il massimo della pena: due anni di prigione con lavori forzati. [Dall’uditorio parte un grido, uno solo: “Vergogna!” Da chi viene quel grido? Non ci si preoccupa nemmeno di domandarselo. Tutti gli occhi sono fissi su Wilde. Impallidisce ancora e si vede il suo viso livido decomporsi. Si ha l’impressione che nel suo cervello si faccia notte. Le sue labbra si agitano ma senza giungere ad articolare alcun suono. Nel momento in cui due guardie lo prendono, stava per cadere per terra: lo portano via: Taylor lo segue, all’apparenza indifferente.]

Nelle grandi linee essenziali, questo è il processo che appassionò vivamente l’opinione pubblica inglese.

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IL PROCESSO AD OSCAR WILDE 2

È questo [quello riportato nel precedente post], riassunto dal Times, il secondo atto di questo processo, che al momento era ben lungi dall’essere terminato. Il terzo atto si svolge davanti alla corte d’assise. Gli stessi fatti immorali sono rimproverati a Wilde. Il suo avvocato Edward Clarke fa una difesa tanto abile quanto è possibile dimostrando lo scarso valore delle persone citate come testimoni a carico, e la poca affidabilità delle loro dichiarazioni. Si ascolta Wood, il maestro cantore, Atkins, il commesso dell’allibratore, che Wilde ha portato con sé in viaggio di piacere a Parigi e col quale aveva cenato un una stanza separata. Il povero testimone Edward S…., domestico di uno degli editori di Wilde arriva piangendo a raccontare nuovamente la sua miserevole caduta. Legge una lettera indirizzata da lui a Wilde nella quale gli rimprovera la sua immoralità e si lamenta del fatto di averlo conosciuto, il poveretto fa pena e produce una certa sensazione di intenerimento. Wilde lo guarda piangere alzando le spalle e sorridendo sdegnosamente. È il primo segno di emozione che dà da quando il processo ha preso una strada così pericolosa per lui. Ha perso tutta la sua arroganza, non dà più segni di gioia, resta impassibile e all’apparenza indifferente.

Il processo continua con delle fasi diverse. L’avvocato di Wilde rileva delle contraddizioni e delle menzogne nelle deposizioni dei testimoni; ma il numero dei testimoni, l’onorabilità di qualcuno di essi sembrano mettere fuor di dubbio che Wilde ha tenuto una condotta del tutto immorale. Si ascolta anche l’editore di Wilde che ha congedato il suo domestico a causa delle sue relazioni con l’autore, il proprietario dell’Albermale Hotel, il gioielliere che ha venduto a Wilde tutti i gioielli che egli offriva ai suoi accoliti, e infine i domestici – due dipendenti del Savoy Hotel – che dichiarano di aver visto Wilde portare spesso nella sua camera dei giovani.

La requisitoria fu molto dura. Il sig. Gill sfruttò un certo numero di frasi, di pensieri pretenziosi che Wilde si era lasciato sfuggire al tempo del suo primo processo. Le frasi seguenti, in particolare, produssero un effetto deplorevole per l’accusato.

“L’indifferenza è la madre della perfezione. Non ho mai adorato che me stesso. Il piacere è la sola cosa per la quale io vivo, nulla mi invecchia più dell’avversità. Amo lo scandalo negli altri. Quanto e me, nessuno scandalo mi tocca. La perversità è un mito inventato dalla brava gente per designare il fascino delle seduzioni che essi non comprendono.”

“Il peccato si imprime da se stesso sulle facce degli uomini. Il vizio segreto non esiste; da quando un uomo ha un vizio, quel vizio si manifesta dalle pieghe delle sue labbra.”

Leggendo questa frase, il sig. Gill si girò verso Wilde e guardandolo fisso, sembrò scoprire sulla sua fisionomia delle tracce delle passioni di cui lo accusava.

Alle domande del suo avvocato, Wilde rispose con la più totale tranquillità che tutte le supposizioni fatte a suo riguardo erano false. Diede dei dettagli sui suoi lavori, la sua vita, la sua famiglia, al centro della quale dichiarò di aver sempre vissuto, tra sua moglie che ha sposato nel 1884 e i due figli che ha avuto.

Poi venne il controinterrogatorio del sig. Gill, di cui ecco dei frammenti: (Estratti dal giornale Times)
D. Nel precedente processo due poesie di lord Alfred Dougles sono state lette. Le trovate belle?
R: Sì, molto belle. Esprimono sentimenti che io ho saputo ispirare al mio amico e che molti non comprendono, perché quei sentimenti compongono un affetto tanto profondo che Platone lo considerava e lo descriveva come l’inizio della saggezza. Oggi, questo sentimento è assai mal compreso, anche se è così fecondo e capace di ispirare tanti artisti: un’amicizia intellettuale tra due uomini, uno più grande e uno più giovane, il più grande che possiede un’esperienza del mondo e il più giovane che racchiude in sé la gioia, la speranza, la bellezza della vita. Questa è una cosa, lo ripeto, che la nostra epoca non comprende; e che pota, forse, alla berlina!
Scoppiano degli applausi in un angolo della galleria superiore, con viva sorpresa dell’uditorio e suscitando l’indignazione del giudice che minaccia di espulsione i manifestanti. Poi l’interrogatorio riprende:
D. Avete ascoltato le deposizioni del massaggiatore e della cameriera del Savoy Hotel. Sono deposizioni gravi. Come rispondete?
R. Tutto quello che hanno detto è falso.
D. Allora mentono?
R. Non dico che mentono; possono sbagliarsi. Chiunque è esposto al rischio di affermare un fatto falso con la convinzione intima che sia vero.
D. E Edward S…?
R. Oh! Quello è un bugiardo, una sorta di squilibrato, di lunatico. Non ho mai avuto per lui altro che un’amicizia letteraria.
D. Un’amicizia letteraria per un domestico?
R. Perché no?
D. Avete cenato con lui al Savoy?
R. Non c’è una parola di verità in tutto questo, non più che in quello che ha osato raccontare Frederick Atkins.
D. Comunque, avete portato con voi Atkins a Parigi?
R. Non l’ho mai negato.
D. Atkins ha mai cercato di ricattarvi?
R. Mai.
D. E voi non avete avuto nemmeno alcun motivo di risentimento contro Burton?
R. Nessuno, non lo conosco neppure.
D. Negate che Atkins sia venuto da voi in Tite street, cioè nel domicilio della vostra famiglia, e che voi siete andato a trovarlo a casa sua?
R. No, non lo nego questo; ma una visita di Atkins o una mia visita ad Atkins non ha alcuna importanza.
D. Dite che Wood ha mentito?
R. Sì, su molte cose. Wood mi è stato presentato da Lord Alfred Douglas e io ho fatto conoscenza con Taylor attraverso Schwabe. Non sono mai andato a caccia di relazioni; sono le relazioni che vengono da me.
D. Chi incontravate da Taylor?
R. Degli altri, dei cantori, e altra gente ancora. Sono rimasto amico di Taylor fino all’ultimo processo.

Wilde nega tutti i fatti contestatigli, di cui alcuni non possono essere citati qui.
Si ascolta allora Taylor. Trentatré anni; è nato a Malborough, ha fatto ottimi studi a Preston e ha passato qualche tempo sotto le armi, nella milizia. Nel 1883, ricevette in eredità da uno zio una fortuna di 1.125.000 franchi che dissipò in piaceri a Londra e in cattive speculazioni. Nel 1893 fu dichiarato fallito. Nel marzo dello stesso anno fu presentato da Sghwabe a Oscar Wilde, e ha riconosciuto di avergli presentato a sua volta i fratelli Parker, ma afferma che in questo non c’era alcuno scopo immorale.

Poi afferma che gli abiti femminili travati a casa sua erano destinati a un travestimento per un ballo in costume.

Finiti questi due interrogatori, sir Edward Clarke riprende la difesa del suo cliente, contro il quale, dice, non può essere invocata alcuna prova formale di colpevolezza.

– Paragonate, dice, il passato di oscar Wilde al passato degli individui che lo accusano e la causa sarà giudicata. Noi abbiamo dimostrato che sono tutti organizzatori di ricatti, glielo abbiamo fatto confessare. Quanto a me, su tali testimonianze, non oserei condannare nemmeno un cane!

L’accusa è già tornata indietro e voi la farete tornare ancora più indietro: voi gli mostrerete quanto è stata male ispirata nel farvi assistere a questa sfilata di individui reclutati in tutti i posti peggiori e che la polizia avrebbe dovuto conoscere molto meglio pur avendone già perseguiti, arrestati e sorvegliati alcuni. Nulla si può rimproverare a Wilde! Non c’è nulla contro di lui se non la superiorità della sua natura, il carattere artistico tipico di tutti i suoi scritti, di tutte le sue parole e di tutte le sue azioni. Da questo deriva l’errore dell’opinione pubblica circa le lettere indirizzate a Lord Alfred Douglas.

La perorazione di sir Edward Clarke è stata sostenuta con un vigoroso e irresistibile talento. Ha concluso tra gli applausi che il giudice non tentava nemmeno di fermare.

Ascoltandolo, Wilde ha dato segno di una profonda emozione. Ed è con le lacrime agli occhi che si è alzato per stringere entrambe le mani di sir Edward Clarke.
Si sa come si concluse questa parte del processo. Il giudice Charles, come vuole la legge inglese, sintetizzò il dibattimento; dopo che l’accusato era stato lasciato nelle mani della difesa e dell’accusa, pronunciò un vero discorso molto eloquente e di una nettissima chiarezza, i suoi punti più interessanti sono i seguenti:

1° Il giudice si congratula con l’accusa per aver abbandonato le accuse relative alla cospirazione e alla incitazione alla dissolutezza, essendo tutti i complici di Wilde dei dissoluti o dei maestri del ricatto;

2° Una giuria non deve mai confondere l’uomo e l’autore o giudicare il primo guardando al secondo. Ricorda il motto di Coleridge “Non giudicate alcun uomo dai suoi liberi”. Infine facendo allusione e quelli tra i testimoni che non erano tarati, terminò così:

“Quelli, cioè i testimoni che hanno una onorabilità, sono sinceri; e dovete chiedervi se le loro deposizioni sono sufficienti e motivare un verdetto di colpevolezza. Se voi accettate quello che vi hanno detto come corrispondente al vero, sapete quello che dovete fare… Vi dicevo poco fa di dimenticare l’uomo di lettere ma non preoccupatevi nemmeno dell’uomo di mondo. Nessuno qui ha un passato né degli antecedenti. Solo i fatti della causa devono interessarvi. Quanto e me mi sono fatto la mia opinione e mi auguro caldamente di trovare il giudizio che mi farete rendere come magistrato in accordo con la mia libera coscienza!”

I giurati non poterono sentirsi. Tre di loro, tra i dodici, si dice che abbiano rifiutato un verdetto di colpevolezza. Dato che la legge inglese richiede per il verdetto l’unanimità dei voti, il giudice decise che Wilde e Taylor sarebbero stati mandati davanti ad un’altra giuria.

Tutto era da rifare.

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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul Forum di Progetto Gay:

http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=19&t=5000

IL PROCESSO AD OSCAR WILDE

Nella Biblioteca di Progetto Gay non compare ancora il nome di uno dei maestri del Decadentismo europeo, cioè di Oscar Wilde, ben noto per la sua omosessualità. Lascio la critica letteraria agli specialisti per limitarmi a parlare di Wilde sotto il profilo della sua omosessualità. In questo campo è oggettivamente difficile fare un discorso scientifico, cioè libero da pregiudizi, si può tuttavia, come la scienza richiede, concentrarsi sui fatti riservando le valutazioni solo ad un momento successivo. Della omosessualità di Wilde si parla molto, ma troppo spesso in modo astratto e ideologico e non storico come si dovrebbe.

Nella mia prefazione al “Romanzo di un invertito nato” della Biblioteca di Progetto Gay, ho fatto riferimento ad un libro: “Perversion et perversité sexuelles – Une enquête médicale sur l’inversion. Notes et documents. Le roman d’un inverti-né. Le procès Wilde. La guérison et la prophylaxie de l’inversion.” del Dr. Laupts, con la prefazione di Émile Zola, uscito a Parigi nel 1896 nella collezione Tares et poisons, per i tipi dell’editore Georges Carré. Il terzo capitolo di questo libro è dedicato ad Oscar Wilde. Le opinioni espresse dall’autore devono essere prese con le molle e non sono certo adeguate alla moderna visione della omosessualità, ma la descrizione puntigliosa delle fasi del processo di Wilde, costruita sulla stampa inglese dell’epoca, costituisce un documento storico di notevole importanza per conoscere che cosa sia stato realmente il processo a Wilde e per fare luce sul suo modo di vivere l’omosessualità. È proprio per questo che intendo proporre a puntate sui siti di Progetto Gay la traduzione del capitolo III.
Come primo passo esamineremo qui le prime due fasi del processo.

CAPITOLO III
OSSERVAZIONE TIPO DI UN INVERTITO PEDOFILO

Oscar Wilde; il suo processo. – Prima fase: Oscar Wilde contro il Marchese di Queensberry. Domande imbarazzanti. Colpo di scena. La desistenza di Oscar Wilde; il suo arresto. – Seconda fase : Fatti rimproverati a Oscar Wilde. – Terzo atto: La corte d’assise. Nessun verdetto. – La Denuncia: La seconda assise, la condanna – L’opinione di M. Raffalovich: il caso Wilde. – Opinione di uno scrittore parigino sull’inversione e sull’adulterio. – Conclusioni: differenze tra Oscar Wilde e l’invertito nato. – Il ruolo dell’egoismo, della vanità; argomento derivato dall’arte: Dorian Gray. – È un’inversione dovuta all’ambiente, nata da una civiltà avanzata: accanto alla perversione esiste la perversità, accanto ai perversi esistono i pervertiti.
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Gli invertiti non si somigliano affatto. Per chi potrebbe mette in dubbio questa affermazione, credo che nulla possa essere più convincente della storia del processo del romanziere e autore drammatico Wilde, invertito sessuale condannato da una giuria inglese, la cui psicologia differisce in un modo notevolissimo da quella del feminiforme di cui abbiamo appena esaminato la confessione.[Nota di Project: nel Romanzo di un invertito nato]

Non si tratta più qui, come nel caso precedente, di un modo di essere difforme, comparso, senza una causa spiegabile a priori, in una famiglia regolarmente costituita, tutti i cui membri apparivano sani e normali;1) non è più un personaggio di sesso maschile, il cui centro sessuale cerebrale è femminile; e infine non si tratta affatto di un individuo con una tendenza sessuale nettamente orientata verso lo stesso sesso al quale egli appartiene, che preferisce, tra i rappresentanti di questo sesso, quelli che sono i più forti e i più maschi. Ma al contrario di tratta di un uomo che, avendo condotto un’esistenza normale, sposato, padre di famiglia, in un dato momento della sua vita, sotto l’influenza di cattivi consigli, di abitudini perniciose, trasmessegli da amici tarati e viziosi, si trova trascinato verso degli esseri del suo sesso, ma verso degli esseri più giovani, meno forti, più femminili d’aspetto o di abitudini, rispetto a lui.

Prima di studiare il personaggio dobbiamo intanto vedere, dato che non lo conosciamo, gli elementi che ci permetteranno di farci un giudizio su di lui. Gli elementi ci sono forniti dagli estratti dei giornali che hanno fatto il rendiconto del processo e, in larga misura, dalla informazioni che mi ha voluto fornire uno scienziato di Londra M. André Raffalovich, molto al corrente dei problemi dell’inversione sui quali ha molto sensatamente e brillantemente scritto a più riprese.

Il Processo

Il processo comprende diverse farsi distinte. Per una sorta di anomalia, è Oscar Wilde, il futuro condannato, che attacca. Egli intentò al marchese Queensberry un processo per diffamazione. Oscar Wilde, autore molto conosciuto, brillante di un vivo splendore in un certo mondo di scrittori, tollerato e anche alla fine ricercato dalla società e dai migliori ambienti letterari in Inghilterra e all’estero, viziato, coccolato per la sua vanità, per la sua nonchalance, i suoi difetti, la sia iattanza e la sua buffoneria, adulato da certi amici e da una compagnia molto sospetta che si portava appresso, Oscar Wilde dunque attaccava il marchese Queensberry che da molto tempo cercava di strappare suo figlio lord Alfred Dougles ai suoi esempi perniciosi.

Il 3 aprile 1895, nella Old Bailey, si riunirono le assise della Central Criminal Court. M. Carson e sir Edward Clarke, colleghi nel precedente ministero conservatore, erano, il primo l’avvocato del marchese e il secondo l’avvocato di Oscar Wilde.

L’addebito era questo: il 28 febbraio scorso, Osar Wilde, arrivando al suo club, vi trovava una carta del marchese di Queensberry sulla quale erano scritte alcune parole ingiuriose, all’indirizzo del romanziere, che lo accusavano, se non di avere, almeno di atteggiarsi ad avere costumi inconfessabili.

Avendo Wilde sporto querela, il marchese fu arrestato e fu concessa l’autorizzazione al processarlo davanti alla corte d’assise. Wilde si presenta arrogante, come sua abitudine; con gesticolare superbo e posa maestosa cercava di stupire il giudice e il pubblico.

Alle domande del suo avvocato, sir Edward Clarke, rispose di essere un uomo sposato dal 1884, di avere due figli, di essere uno scrittore e che le sue opere avevano avuto successo. Disse di essere amico di lord Alfred Douglas dal 1884 e di essere stato a cena con quest’ultimo in compagnia del marchese. Nel 1893 aveva saputo da un certo Wood che quattro lettere scritte da lui, Wilde, erano state trovate in una tasca di un vecchio vestito di lord Alfred Douglas. Wood, al quale quest’ultimo aveva dato l’abito, le offrì a Wilde che gli diede in cambio 500 franchi al fine di permettergli di andare a New York a tentare la fortuna.

Sfortunatamente per Wilde, solo tre lettere gli furono riconsegnate e con la quarta un signor Allen, che se l’era procurata non si sa come, cercò di ricattare Wilde: “me ne danno 1500 franchi, scriveva a quest’ultimo”, e Wilde gli avrebbe risposto: “Vendila, mai un brano così corto mi è stato pagato così caro”.
Ecco, la traduzione di questa lettera, come è stata riportata dai giornali.

“Mio caro ragazzo (my own boy), il vostro sonetto mi delizia ed è una cosa ammirabile che le vostre labbra rosse, simili a petali di rosa, si adattino altrettanto bene sia per la musicalità del canto che per l’ebbrezza del baciare. La vostra anima oscilla tra la passione e la poesia. Giacinto, così follemente amato da Apollo nell’antichità, siete voi, ne sono certo. Perché state da solo a Londra? E quando andrete a Salisbury ? Andate, congelate le vostre mani nella grigia penombra delle cose gotiche e venite qui, è un posto delizioso. Mancate solo voi, ma andate prima a Salisbury. Sempre con amore imperituro, il vostro Oscar”.

Oscar Wilde rifiutò di pagare, diede ad Allen dieci scellini e tornò in possesso della sua lettera, che gli fu restituita, sporca e strappata, da un certo Clyburn, al quale Wilde consegnò pure 10 scellini, dicendo, alla vista dello stato miserevole di quello straccio che gli veniva restituito: “Come è possibile prendersi così posa cura di un mio manoscritto originale?”

Nel febbraio 1895, avendo il teatro di Saint-James messo in scena una commedia di Wilde, L’importanza di essere serio [Nota di Project: L’importanza di chiamarsi Ernesto] il marchese di Queensberry cercò di fare uno scandalo in teatro. Non essendoci riuscito, si vendicò mandando all’Albermale-Club la carta per Wilde, contenente commenti sprezzanti.

Wilde attaccò molto follemente il marchese. Con poche e incisive parole, M. Carson capovolgeva l’accusa, facendo del marchese l’accusatore.

Wilde è costretto a difendersi. All’inizio lo fa in modo arrogante, assumendo quel tono di gioco e si scherzo che gli era abituale. Quando gli viene chiesto se l’articolo Il prete e l’accolito, che era stato pubblicato su Il Camaleonte e che descriveva dei costumi vergognosi, è immorale : “è peggio – esclama – è scritto male!” È solo a detta di persone rozze che tratta di costumi vergognosi” aggiunge, in risposta ad una domanda di M. Carson. Quindi Wilde espone una teoria molto classica dell’arte per l’arte e conclude negando che un uomo possa avere su un altro una qualunque influenza morale. E quindi, di conseguenza, come potrebbe un libro pervertire un lettore?

È poi la volta di Doran Gray. “Avete mai voi adorato, come questo giovane del romanzo che adora con follia e stravaganza e assurdamente un giovane uomo così idealmente bello?” E Wilde risponde: “Io non ho mai adorato altri che me stesso.”
Enfaticamente, pretenziosamente, più per abbagliare che per convincere, tiene testa alle insinuazioni. “Tutto quello che io faccio è straordinario” risponde a una domanda imbarazzante di M. Carson su una lettera molto straordinaria di Wilde al suo amico. E mentre Wilde impiega argomenti così sbagliati, la logica del suo avversario lo assilla con mille colpi difficili, impossibili da parare. Perché questa amicizia intima con Wood, un giovane maestro cantore diciottenne, che Wilde chiama per nome, che invita a cena e al quale presta denaro? Perché questo legame con un giovane commesso di libreria al quale regala più di 200 franchi? Perché vestire elegantemente un giovane vagabondo, Alfonso Conwell, e alloggiare con lui una notte a Brighton?

L’indomani, 4 Aprile, il processo continua. M. Carson se la prende allora con l’amicizia di Wilde per Taylor,2) questo procacciatore di giovani, segnalato alla polizia, uomo losco, nel cui appartamento, con le tende sempre chiuse, bruciano profumi violenti”. Gli domanda ironicamente se è per fargli ammirare le sue opere letterarie che Wilde lo prega così spesso di andare a cena da lui.

Questo Taylor un giorno fu arrestato con una banda di domestici o impiegati di cui molti furono condannati per abitudini vergognose. Non ci sono prove contro Taylor, ma si sa che fece fare a Wilde conoscenza con cinque o sei ragazzi senza una lavoro confessabile, che divennero le vittime del romanziere.

Il sig. Carson interroga Wilde su ciascuno di questi ragazzi. “Perché lo invitavate a cena? Perché gli davate del tu? Perché lo chiamavate per nome? Perché gli avete fatto dei regali? Avete passato una parte della notte con lui? Ecc.

Wilde ha perso la sua bella fiducia in se stesso, risponde come può con stizza: “Io preferisco- dice – il piacere di chiacchierare per un’ora con un uomo giovane anche al piacere di essere interrogato in corte d’assise”.

L’interrogatorio continua su Atkins che ha coabitato con Wilde a Parigi nel boulevard des Capucines; su Scott, domestico che ha cenato con Wilde ed ha ricevuto da lui un portasigarette, su Walter Grainger, a proposito del quale l’avvocato chiede a Wilde se l’ha abbracciato – “No – risponde maldestramente Wilde – era troppo brutto.” E appena il sig. Carson sottolinea la stupidità della risposta, Wilde si arrabbia e chiede che la smettano di insultarlo. Al fine di risollevare il suo cliente, Sir Edward Clarke si lancia in una serie di considerazioni politiche, alle quali molto abilmente cerca di fare largo spazio nella storia del processo. Ma invano. La simpatia unanime va al marchese di Queensberry; suo figlio: “che egli si rimprovera come un crimine di ave messo al mondo” appare odioso, soprattutto alla lettura delle lettere nelle quali per rispondere ai rimproveri del marchese circa il rapporto con Wilde, diceva a suo padre: “che singolare ometto vi rendete” o ancora “quando voi sarete morto nessuno vi rimpiangerà” o lo minacciava, alla fine, di ammazzarlo con il colpo di pistola. E così l’eloquenza del sig. Carson si spiega senza impedimenti, quando prendendo tutti insieme i sospetti che pesano su Wilde costruisce contro di lui la requisitoria più probante che fosse possibile pronunciare.

L’indomani, alla fine dell’arringa difensiva, sir Edward Clarke ritira l’accusa portata contro il marchese di Queensberry, che è rimesso in libertà. La sera stessa, all’Hotel Cadogan di Sloane street, Oscar Wilde è arrestato è finisce in prigione dopo avere inviato all’Evening News una nota nella quale dichiara che, non potendo consentire che lord Alfred Douglas – benché lui si fosse offerto – fosse chiamato a testimoniare contro suo padre, prendeva sulle sue spalle tutto il peso dello scandalo e ritirava la querela.

L’11 Aprile Wilde comparve davanti ai giudici con più come accusatore ma questa volta come accusato.

Lascio la parola al redattore del giornale Times che ha ritratto in modo molto abile la fisionomia di questo processo. Non penso d’altra parte che si debba dare spazio, dal punto di vista scientifico a tutti i dettagli di questa faccenda. Basterà indicare i grandi tratti e le sessioni principali in modo da delineare con sufficiente precisione l’atteggiamento di Oscar Wilde.

Raramente un accusato – dice il Times – si è presentato davanti ai giudici accompagnato da così veementi antipatie. Le manifestazioni dell’opinione pubblica contro Oscar Wilde hanno preso ogni giorno, voi lo avete visto, un carattere sempre più accentuato di ostilità.

Ma benché quelle antipatie non fossero affatto ignorate dal lui, sembra che lui non abbia perso nulla della sua sicumera. Mentre continua a lamentarsi amaramente del regime al quale è sottoposto nella prigione di Holloway, mangia quanto il suo esigente appetito gli permette e beve tanto quanto il regolamento può tollerare, troppo poco, secondo lui! Ieri sera, dopo avere ingerito una zuppa, una sogliola fritta, un pollo arrosto e delle patate saltate, un pudding al riso, del formaggio e della frutta, si è lamentato col suo guardiano che il ristoratore lo lasciava “crepare di fame” e ha fatto chiedere al ristorante dell’Holloway Castle Hotel, che una cena più abbondante gli fosse servita questa sera dopo l’udienza. Nella mattina aveva potuto incontrarsi finalmente con lord Alfred Douglas che non aveva più rivisto dopo il suo arresto, ossia da venerdì pomeriggio. Il figlio del marchese di Queensberry gli aveva portato una bel calice di cristallo ornato con una montatura di argento dorato, ma il prigioniero non ha potuto accettare questo regalo e ha dovuto servirsi del bicchiere di stagno regolamentare, nonostante le proteste. Il giovane Alfred Douglas è stato incaricato dal prigioniero di regolare tutte le questioni di interessi in discussione da una settimana.

Se Oscar Wild aveva potuto illudersi circa i sentimenti che ispirava nella popolazione londinese, ora potrebbe definirli chiaramente. Stamani quando la vettura che lo portava via da Holloway si è avvicinata a Bow street, una folla notevole, radunata là dalle sette, nella speranza di trovare un posto all’udienza, ha accolto il prigioniero apostrofandolo in modo oltraggioso. Nel mettere piede a terra nella corte, l’autore di Un marito ideale era in preda ad una visibile emozione nervosa. Ha subito chiesto del suo avvocato sir Edward Clarke che non era ancora arrivato. Wilde è un po’ impallidito e i suoi amici assicurano che il regime di temperanza al quale è sottoposto (!) non aveva potuto che fargli bene; altri, più inteneriti, sostengono che queste privazioni rovineranno la sua salute.

La folla è enorme. Le persone munite di biglietto sono entrate a stento nella sala.
Il giudice, ser John Bridge apre l’udienza alle 11.10 e ordina che i prigionieri siano disposti, come d’abitudine, nel dock, una specie di gabbia con le grate dove Wild e Taylor vanno a prendere posto. Wilde è elegantemente vestito con un doppiopetto nero e un soprabito grigio, in testa un cappello di seta foderato di camoscio chiaro. Taylor, molto ben vestito ma senza la minima distinzione, sembra un valletto di camera, abbigliato coi vestiti del suo padrone.

M.F.G. Gill sostiene l’accusa in nome delle Tesoreria, Wilde è assistito da sir Edward Clarke e dal procuratore Humphrey.

Il signor Arthur Newton si presenta per Taylor.

L’udienza è aperta, sir Edward Clarke fa una dichiarazione che lascia sperare che il dibattimento non vada avanti. A nome del suo cliente, rinuncia a interrogare i testimoni sentiti sabato.

Ma il sig. Arthur Newton reclama il controesame per il suo cliente e specialmente per quanto riguarda i fratelli Parker.

Charles Parker viene sentito. È lui, certamente tutti se lo ricordano, che Wilde ha condotto in una camera dell’Hotel Savoy, dopo un’abbondante cena.
Egli dichiara:

“Non avevo che 19 anni a quel tempo, e non mi ero mai reso colpevole i alcun atto di immoralità prima di incontrare Oscar Wilde.”

Interrogato dall’avvocato di Taylor, Parker sostiene di non avare affatto provocato l’interesse dell’accusato e di non avere cercato di attirare la sua attenzione quando lo incontrò per la prima volta in un pub. Al contrario Taylor sarebbe venuto da lui facendo i primi passi che dovevano avere per risultato la sua presentazione a Oscar Wilde e la notte passata in albergo.

Conferma di essere stato arrestato nell’agosto scorso in una casa sospetta di Fitzroy square, ma ha cura di specificare che non conosceva affatto le persone con le quali si trovava e che d’altra parte non era stato perseguito.

Domanda: Perché avete abbandonato il vostro mestiere di valletto di camera?

Risposta: Il mio ultimo padrone credeva che lo avessi derubato e mi ha cacciato per questo sospetto.

Domanda: Non avete forse rubato una moneta da 25 franchi al sig, Taylor?

Risposta: Lo ha detto lui, ma è falso.

Parker confessa in seguito di avere, di concerto con altri due individui, preso parte a un ricatto ai danni di un gentiluomo di cui lui minacciava di svelare i cattivi costumi. Per questo fatto ha ricevuto 750 franchi.

Il secondo testimone si chiama Frédérik Atkins, un giovane uomo di figura e di abbigliamento sospetti, che si potrebbe condannare anche solo per il suo aspetto.

Ho incontrato per la prima volta Oscar Wilde nel novembre 1892, davanti al caffé Florance. Avevo allora un po’ più di 17 anni. Mi abbordò e mi invitò a cena. A tavola mi offrì di accompagnarlo a Parigi dove sarai passato per suo segretario, e io accettai. Ci siamo ritrovati l’indomani alla stazione e abbiamo fatto il percorso col treno di lusso. A Parigi siamo scesi in un albergo del boulevard des Capucines, dove occupavamo due stanze contigue. L’indomani siamo andati dal parrucchiere del Grand Hotel e Oscar Wilde si è raccomandato che io fossi pettinato coi ricci in un modo particolare. La sera abbiamo cenato insieme.

Domanda: Una buona cena?

Risposta: La migliore che io abbia mangiato in tutta la mia vita, poi Wilde mi ha dato un luigi col quale sono andato, malgrado la sua proibizione, a passare la serata al Moulin-Rouge: sono rientrato alle due e mezza del mattino e l’ho trovato in compagnia di uno chiamato Schwab. Alle nove, il mattino seguente, Wilde venne a trovarmi nella mia camera da letto e mi mise in guardia contro la frequentazione delle donne, che erano, a sua detta, “la rovina dei ragazzi”.

Lo stesso testimone racconta che Wilde aveva l’abitudine di abbracciare i ragazzi del ristorante che lo servivano e aggiunge che il loro soggiorno a Parigi è durato tre giorni: “Ritornando a Londra, io possedevo tre sterline e un portasigarette d’argento datomi da Wilde. L’indomani mi ha chiamato da lui, a casa sua, quando la famiglia non c’era”

Il resto della deposizione di Frederik Atkins non può essere riportato. La sua deposizione ha provocato la rivolta dell’uditorio. Solo Oscar Wilde è rimasto impassibile sentendo raccontare pubblicamente che aveva ricevuto la notte questo commesso di allibratore nella casa abitata da sua moglie e dai suoi figli! Un lungo mormorio di indignazione rimbomba tra l’uditorio. Wilde resta addossato alla grata del “dock” con la fronte appoggiata sulla mano guantata, guardando il testimone con un occhio chiaro e tranquillo.

Frederick Atkins confessa in seguito di aver vissuto nelle condizioni della peggiore immoralità con un certo sig. Burton e con un altro individuo, il cui nome non viene pronunciato. Nega di essersi ma associato a qualche manovra di ricatto.

Sir John Bridge: Voi passavate per il segretario di Oscar Wilde, gli avete mai fatto da segretario?

Risposta: Una sola volta ho copiato dei brani di una sua commedia: Una donna senza importanza.

Il terzo testimone è molto imbarazzato. Questo giovane uomo, Edward S… ha fatto la conoscenza di Wilde in una libreria di cui è commesso , o secondo il sig. Gill, lui è il domestico. Poco dopo Wilde l’ha invitato per lettera a raggiungerlo all’Albemarle Hotel. C’è andato, ha cenato con lui e lo ha seguito in una casa privata, dove hanno passato un’ora a chiacchierare fumando delle sigarette e lì Wilde gli avrebbe fatto delle proposte oscene.

L’interesse di questa deposizione, per il sig. Arthur Newton, consiste nello stabilire che questo incontro non ha avuto luogo nell’appartamento del suo cliente Taylor.

Il testimone, il cui imbarazzo e la cui esitazione aumentano ad ogni domanda, non si ricorda dove Wilde l’ha portato. L’indomani ha passato la serata con lo scrittore in un palco all’Independent Theatre. Hanno cenato all’Albermale Hotel, poi ha pranzato con Wilde al Club Principe di Galles e ha ricevuto da lui delle copie dei suoi libri con dediche affettuose. Wilde voleva portarlo con sé a Parigi, ma lui non ha acconsentito.

Messo a confronto con Taylor, Edward S… dichiara di non averlo mai visto.

Si ascolta quindi la signora Rumsley, la proprietaria della casa doveva aveva abitato Charles Parker, che riconosce Oscar Wilde per averlo visto molte volte salite dal suo locatario. Le singolari visite che Parker riceveva gli valsero lo sfratto. La signora Margery Bancroft, altra proprietaria di Parker, ha visto più volte Wilde e Taylor nella sua casa.

La signora Sophie Grey, proprietaria di Taylor, riferisce che costui riceveva solo giovani e che Wilde gli fece molte visite, sia solo che accompagnato.

Durante la sospensione dell’udienza, Oscar Wilde ha confortevolmente pranzato con un polletto saltato, una omelette alle punte di asparagi, una pesca e una mezza bottiglia di vino. Taylor non ha toccato nulla di quello che gli era stato portato.

L’audizione dei testimoni riprende.

La proprietaria dell’Albermale Hotel dichiara di aver chiuso la sua casa a Wilde perché lui ci riceveva dei giovani e si dimostrava troppo disinvolto coi ragazzi e i camerieri. Una serva del Savoy Hotel riferisce che le chiacchiere più inquietanti correvano tra il personale sull’uso che Wilde faceva delle camere da lui prese in affitto nella casa.

Il sig. Charles Matthews, che depone successivamente, è uno degli editori di Wilde. È da lui che il prigioniero ha incontrato il giovane Edward S… – che era esattamente il suo domestico e non il suo commesso. Quando il sig. Matthews ha saputo che S… andava a cena con lo scrittore, lo ha messo alla porta. Comprendendo, dice lui, che dei simili rapporti non potevano essere che disonorevoli per l’uno e per l’altro.

L’ultimo testimone è l’ispettore di polizia Charles Richard, che ha proceduto venerdì scorso all’arresto di Wilde. Il dialogo seguente intercorse tra l’autore e l’ispettore:

– Signor Wilde, io sono un ufficiale di polizia e vi porto un mandato di arresto contro di voi.
– Bene, dove mi porterete?
– A Scottland yard e di là in prigione a Bow street.
– Potrei pagare una cauzione?
– Non credo.
– Posso scrivere delle lettere?
– No.

Perquisito, si trovò che Wilde aveva con sé due lettere di Taylor, una del giorno prima e una del giorno stesso.

Sir John Bridge, rispondendo a una richiesta della difesa, rifiuta di mettere Wilde in libertà sotto cauzione. La seduta è tolta alle sei. E i dibattiti sono aggiornati a venerdì 19 Aprile.

Oscar Wilde ha dimostrato una tranquillità straordinaria durante questa terribile udienza. Non un movimento di indignazione o di collera, non una protesta, non un grido, non una parola, niente! Per venti volte le manifestazioni dell’aula hanno interrotto il dibattito e perfino il giudice. Wilde sembra rimanere estraneo a tutta la faccenda.

19 Aprile

Sir John Bridge prende posto sul seggio presidenziale alle undici e mezza. Sir Edward Clarke, difensore di Wilde, dichiara di nuovo che non intende sottoporre i testimoni ad alcun controesame. È ascoltato una seconda volta William Parker, che fornisce delle informazioni già note sul modo di vivere di Taylor. Afferma che suo fratello Charles era un ragazzo onesto prima di conoscere Oscar Wilde, e che Taylor ha esercitato su di lui la peggiore influenza. M.C.F. Gill, che gestisce l’azione penale per conto della Tesoreria, fa chiamare di nuovo Charles Parker che, dopo aver confermato le sue deposizioni precedenti, racconta di essere stato ricevuto più volte da Oscar Wilde in Tite street, a Chelsea, cioè nella casa coniugale, quando Wilde aveva preso tutte le precauzioni per rimanere solo. Ci si ricorda che il testimone Frederik Atkins aveva fatto una dichiarazione simile la settimana scorsa. Rispondendo a domande di M.C.F. Gill, questo testimone entra in dettagli che non possono essere riferiti. Il testimone seguente è un poliziotto, l’agente Curley della divisione E. La proprietaria di Taylor in Little-college street gli ha fatto avere una cappelliera piena di lettere: la corrispondenza intima dell’accusato. L’avvocato dell’accusa richiede che alcune di queste lettere siano lette, solamente quelle che stabiliscono la continuità piuttosto che la natura delle relazioni tra Oscar Wilde e Taylor.

Potrei chiedere la lettura di tutte queste lettere, dice rivolgendosi al giudice ma ne risulterebbe uno scandalo talmente abominevole che ci rinuncio per risetto della giustizia e per compassione dell’opinione pubblica già troppo afflitta.

Per conseguenza è data lettura di lettere già molto strane per chi considera i personaggi che se le scambiavano. In una di essere Wilde si scusa di non poter cenare con Taylor. “Me ne dispiace fino alla disperazione” scrive. Altre sono relative a degli appuntamenti nella stanza del Savoy Hotel, altre annunciano o accompagnano invii di denaro.

I testimoni successivi non fanno conoscere alcun fatto nuovo. Poi un impiegato dell’Hotel Savoy, depone su fatti oggi di notorietà pubblica. Sir John Bridge ascolta due impiegati della Banca di Londra e di Westminster che avrebbero molto da dire sugli assegni incassati da Taylor e sulle firme di questi assegni, se gli avvocati di comune accordo col giudice non avessero deciso che la loro deposizione scritta e l’estratto dei loro libri che la conferma, sarebbero stati aggiunti al dossier, in modo da non pronunciare nessun nome estraneo alla causa presente.

Il giudice recepisce quindi, sentiti gli avvocati, una copia legalizzata del rendiconto scritto di M.J.W. Lehman, stenografo, delle tre udienze consacrate dalla corte di Old Bailey alla causa Wilde contro Lord Queensberry, che si era risolta con l’assoluzione del marchese.

In poche parole M.C.F. Gill riassume e specifica l’accusa.

Noi abbiamo dimostrato – egli dice- che esistono contro Oscar Wilde e Taylor delle prove sufficienti che essi hanno insieme immaginato, preparato, combinato l’esecuzione di atti osceni (with conspiring, confederating and combining to procure acts of gross indecency) e che hanno compiuto questi atti osceni con diverse persone conosciute o sconosciute, tra le quali Alfred Wood, Frederik Atkins, i fratelli Parker e altri. E per di più è stato dimostrato che molti di questi individui erano minorenni al momento in cui gli atti osceni sono stati commessi.

I difensori si Taylor e Wilde si inchinano in segno di assenso. Sir Edward Clarke prende la parola per chiedere ancora la messa in libertà provvisoria del suo cliente, i cui amici, dice, sono disposti a versare la somma che il giudice riterrà di richiedere.

M.C.F. Gill – Alla prima e alla seconda udienza mi ero opposto alla liberazione su cauzione. Questa mattina, prima dell’udienza, sentito dal mio onorevole collega sir Edward Clarke, ho dichiarato che questa volta non mi sarei più opposto. Sotto certe garanzie che le sono state offerte, e che le ispirano piena fiducia, la Tesoreria consente alla liberazione su cauzione, se piacerà a vostro onore di ordinarla.

Sir John Bridge: La giustizia non si deve occupare di ciò che succede fuori della corte e degli accordi intervenuti tra gli avvocati. Io decido che le prove sono in effetti sufficienti e ordino che i prigionieri siano deferiti alla corte d’assise per rispondere lì delle accuse qui di seguito specificate e siano giudicati quindi da una giuria. Rifiuto loro la libertà su cauzione. La causa non comporta una tale condizione di favore.

Durante questi dibattiti che sono terminati alle tre, Wilde non si è rialzato dal suo atteggiamento prostrato: le spalle curve, il mento fra le mani. La decisione del giudice, sir John Bridge, non lo sveglia. Taylor che è stato introdotto nel dock prima di lui, si alza, si tira indietro i capelli aspettando che il suo co-accusato gli liberi il passaggio. L’altro non si sposta. Taylor gli mette la mano sulla spalle. Su, che c’è? Wilde ha l’aria di uno che esce da un sogno. Si alza in piedi appoggiandosi a una sbarra del dock e segue il poliziotto di servizio. Lo si vede sparire curvato, annientato…
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1) C’è forse bisogno di notare nel romanzo di un invertito l’influenza dell’incrocio di esseri di razza essenzialmente diversa: il padre latino e la madre ebrea? C’è forse bisogno d’altra parte di credere che l’inversione sia più frequente nella razza ebraica, rimasta interamente ed esclusivamente orientale, a dispetto delle apparenze estremamente variabili e mobili ? Questo punto richiede una spiegazione.
2) Ritratto di Taylor disegnato in una delle udienze successive (6 Aprile). Vedi il giornale Times. M.F. – C. Gill, che esperiva azione giudiziaria in nome della Tesoreria e M: Humphrey rappresentante legale incaricato provvisoriamente della difesa, avevano appena raggiunti i loro posti e si vide entrare tra due poliziotti l’individuo che la polizia cercava e che passava per il “fornitore” [Nota di Project: mezzano, procacciatore di ragazzi] del sig. Wilde. È stato appena arrestato vicino alla casa di Pimplico. È uno chiamato Alfred Taylor: molto ben messo e sembra intelligente. La sua attitudine durante i dibattiti è la stessa del sig. Wilde, solo con un po’ di cinismo in più perché lui sorrideva ai dettagli particolarmente ripugnanti raccontati dai testimoni.
Questi ripetono la descrizione dei fatti vergognosi già confessati agli avvocati del marchese di Queenberry. Non posso insistere su questo. Il giovane Parker, un valletto senza impiego, è presentato con suo fratello, il fattorino, al sig. Wilde da Taylor; cenano insieme ad un locale separato e dopo molte libagioni di champagne, Parker accompagna lo scrittore all’Hotel Savoy, Essi dovevano aver avuto diversi tête à tête che fruttavano al giovane valletto dai 50 ai 75 franchi in media… Wood racconta più o meno la stesa storia, solamente, più attento di Parker, ruppe molto presto le sue relazioni con “persone simili”.
Poi è il turno del massaggiatore dell’Hotel Savoy, le cui accuse contro il sig. Wilde sono confermate da una cameriera.
Ecco infine la signora Grant, proprietaria della casa già abitata da Taylor a Little-College street, che depone che questo personaggio riceveva spesso dei giovani nelle sue stanze fastosamente ammobiliate, illuminate da una luce speciale, e dove bruciavano profumi. Agli “afternoon tea” che dava in quelle stanze, Taylor compariva in una elegante vestaglia “come una piccola padrona di casa”…

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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul forum di Progetto gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=19&t=5000

UN PROBLEMA DI ETICA GRECA di JOHN ADDINGTON SYMONDS

Sono felice di annunciarvi la Biblioteca di Progetto Gay si arricchisce di un nuovo volume, UN PROBLEMA DI ETICA GRECA di JOHN ADDINGTON SYMONDS, (traduzione italiana di Project). Si tratta di un’opera di straordinario interesse, che affronta con spirito scientifico la pederastia greca.

Quanti oggi sentono parlare di pederastia o di amore greco sono facilmente indotti a pensare che la pederastia greca fosse in qualche modo analoga all’odierna pedofilia. In realtà i due concetti sono lontanissimi e la lettura di questo saggio lo renderà evidente.

L’“Etica greca” di John Addington Symonds rappresenta una colonna portante degli studi sulla omosessualità nella storia e nella letteratura, che permette al lettore interessato di entrare in modo scientificamente documentato in una dimensione storica molto diversa da quella attuale e di comprendere il senso e il peso che la pederastia ha avuto nella storia, nella letteratura e nella filosofia greca. Il lettore, attraverso il saggio di Symonds, potrà capire che la pederastia nasceva da un codice etico preciso, tipico delle comunità doriche in cui la dimensione del cameratismo militare era indispensabile alla sopravvivenza del gruppo in un tempo in cui la guerra era un evento comune.

Symonds segue l’evoluzione del concetto di pederastia lungo tutta la storia greca attraverso l’analisi di moltissimi testi e ne evidenzia la complessità e allo sesso tempo la centralità, sottolineando che le forme alte di pederastia, alle quali fanno riferimento Socrate e Platone, erano considerate onorevoli ed erano socialmente approvate e che spesso le coppie di amici pederastici erano temute dai tiranni perché erano capaci di suscitare nel popolo l’amore della libertà. Solo le forme più degradare, che sfociavano nella prostituzione, erano oggetto di biasimo e di discredito sociale ma non di pregiudizio. Basti ricordare il caso di Fedone, schiavo di guerra che esercitava la prostituzione ad Atene, che fu poi acquistato da un amico di Socrate e divenne uno dei suoi discepoli più importanti, tanto che a lui Platone intitola il dialogo sull’immortalità.

Il saggio di Symonds, pur essendo stato scritto nel 1873, è un esempio magistrale di approccio serio, cioè senza pregiudizi moralistici, alla storia, alla letteratura e all’arte greca ed è di straordinaria attualità perché mostra a quale livello morale e sociale l’omosessualità possa giungere in una società che non la condanni pregiudizialmente.

Consiglio in particolare la lettura di questo saggio a chiunque si occupi, a qualsiasi tiolo, di storia, di letteratura o di arte greca.

http://gayproject.altervista.org/etica_greca.pdf

Il nuovo volume fa parte della Biblioteca di Progetto Gay che raccoglie testi di particolare interesse sul tema della omosessualità, tutti gratuitamente scaricabili dalla Home del Forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/

Ringrazio anticipatamente chiunque vorrà indicarmi errori od oscurità di qualsiasi tipo rilevate nella lettura del testo.